Card. Scola. Libertà di fedi, di culture e politica
Leggo da Radio Vaticana, un'intervista sull’ultimo libro del cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, dal titolo “Non dimentichiamoci di Dio. Libertà di fedi, di culture e politica”, edito da Rizzoli, che sarà presentato martedì prossimo. Ne stralcio l'incipit e non posso esimermi da alcune osservazioni, che seguiranno
R. - Lo scopo del libro è far vedere che questo tema – quello della libertà di religioni e di culture, all’interno del quale si trova anche la visione di chi dice di essere agnostico o ateo – presenta oggi una serie di nuovi problemi che debbono essere affrontati. Altrimenti, se viene meno una libertà religiosa di culture e la politica non la garantisce, essendo questa libertà lo scalino più alto della scale dei diritti dell’uomo, questa rischia di crollare.D. - Lo Stato moderno davanti alla proposta religiosa deve essere indifferente o neutrale?R. - Deve essere aconfessionale, cioè non deve assumere nessuna visione del mondo. L’aconfessionalità dello Stato non deve significare un distacco indifferente nei confronti delle visioni del mondo, ivi comprese le religioni, ma in una società plurale deve favorire un confronto serrato tra tutte le religioni e tutte le visioni del mondo. L’aconfessionalità mi sembra il termine più efficace riferito alla Stato, piuttosto dei termini "indifferenza" o "neutralità" perché dice che lo Stato non si assume una visione particolare, ma favorisce il confronto tra tutte, in vista dell’individuazione di quei temi comuni, materiali e spirituali, che permettono una vita buona associata.D. - Quando si parla di temi come la nascita, il matrimonio, l’educazione, la morte, le società democratico-liberali, quindi gli Stati, sembrano non tener conto della proposta religiosa…R. - Esattamente. Questo perché, secondo me, manca questa preoccupazione di favorire ciò che all’interno della società civile è in atto.
Dobbiamo dedurre dalle esplicite affermazioni del card. Scola che la Chiesa applica al suo interno - e dunque si comporta come tale - lo stesso principio che viene fatto proprio dallo stato aconfessionale, basato sul dato che "la libertà religiosa è lo scalino più alto della scala dei diritti dell'uomo". Questo porta a conferire a tutte le religioni, compresa la Fede cattolica, lo stesso piano di valore.
Ora, se questo può essere applicato[1] in un contesto civile, in tema di tutela dei diritti umani nella loro espressione più alta, quella religiosa (ma Scola esplicitamente non esclude neppure quella areligiosa, perché quando si entra in una spirale del genere è una conseguenza ovvia), siamo sempre nella sfera profana e dunque non può dirsi la stessa cosa per la Chiesa, ab intra ad extra e non viceversa, perché essa non è e non può essere aconfessionale, a meno che non lo sia diventata a nostra insaputa. La Chiesa, infatti, confessa e professa la Fede in Gesù Cristo nostro Signore, Nato Morto Risorto per la salvezza dell'umanità intera, che ha istituito e costituito la Chiesa sul fondamento degli Apostoli lasciandole il compito e la funzione di portarLo a tutti gli uomini di tutte le nazioni.
Dovremmo dunque dedurre che la Chiesa ha deposto, insieme al primato petrino, anche la sua funzione, il suo compito che rappresenta la sua identità conferitale dal Signore stesso ed è la ragione del suo essere-nel-mondo ma non del-mondo? Non possiamo, poi, dimenticare che questa funzione non appartiene semplicemente al campo dei diritti umani, per quanto nobile possa esserne la difesa, ma è indissolubilmente legata allo ius divinum al culto autentico nonché alla storia di salvezza che il Signore ha voluto e vuole realizzare con gli uomini, la sua Opera divino-umana, a partire da coloro che ha scelto e costituito come "Suoi". Se questo viene fatto venir meno, significa che alcuni "Suoi" lo stanno tradendo. Horribile dictu, ma anche horribile visu.
Conosciamo da dove vengono questi nuovi principi e non possiamo riconoscerli propri della Chiesa cattolica che amiamo e che ci ha costituiti. Parlo di chiunque ama ed è fedele alla Tradizione perenne, che non esclude il Concilio, ma le cui novità svianti tuttavia non le appartengono.
____________________1. in uno stato confessionale che non esiste più, dato che se ne è permesso lo sfaldamento, non avverrebbe
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