ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 3 maggio 2013

Vestito da prete? moderno non farlo...


dialoghi D.C& G.P

03 Maggio 2013.
Caro don Chisciotte,
tempo fa tu mi chiedesti un parere sull’abito ecclesiastico che i sacerdoti devono indossare, perché mi dicevi che alcuni che tu ben conosci, non lo indossano mai. Anzi ostentano a tutti i costi di essere come gli altri. Io ti risposi, come al solito, con documenti alla mano. Ora c’è una novità! 
Il NUOVO DIRETTORIO PER LA VITA DEI PRESBITERI  pubblicato in vaticano ed inviato ai Vescovi, nel febbraio 2013 parla ancor di più dell’obbligatorietà dell’abito al N. 61 Importanza e obbligatorietà dell’abito ecclesiastico


61. In una società secolarizzata e tendenzialmente materialista, dove anche i segni esterni delle realtà sacre e soprannaturali tendono a scomparire, è particolarmente sentita la necessità che il presbitero – uomo di Dio, dispensatore dei suoi misteri – sia riconoscibile agli occhi della comunità, anche per l’abito che porta, come segno inequivocabile della sua dedizione e della sua identità di detentore di un ministero pubblico[247]. Il presbitero dev’essere riconoscibile anzitutto per il suo comportamento, ma anche per il suo vestire in modo da rendere immediatamente percepibile ad ogni fedele, anzi ad ogni uomo[248], la sua identità e la sua appartenenza a Dio e alla Chiesa.

L’abito ecclesiastico è il segno esteriore di una realtà interiore: «infatti, il sacerdote non appartiene più a se stesso, ma, per il sigillo sacramentale ricevuto (cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 1563, 1582), è “proprietà” di Dio. Questo suo “essere di un Altro” deve diventare riconoscibile da tutti, attraverso una limpida testimonianza. […] Nel modo di pensare, di parlare, di giudicare i fatti del mondo, di servire ed amare, di relazionarsi con le persone, anche nell’abito, il sacerdote deve trarre forza profetica dalla sua appartenenza sacramentale»[249].

Per questa ragione, il sacerdote, come il diacono transeunte, deve[250]:

a) portare o l’abito talare o «un abito ecclesiastico decoroso, secondo le norme emanate dalla Conferenza Episcopale e secondo le legittime consuetudini locali»[251]; quando non è quello talare, deve essere diverso dalla maniera di vestire dei laici e conforme alla dignità e alla sacralità del ministero; la foggia e il colore debbono essere stabiliti dalla Conferenza dei Vescovi;

b) per la loro incoerenza con lo spirito di tale disciplina, le prassi contrarie non contengono la razionalità necessaria affinché possano diventare legittime consuetudini[252] e devono essere assolutamente rimosse dalla competente autorità[253].

Fatte salve situazioni specifiche, il non uso dell’abito ecclesiastico può manifestare un debole senso della propria identità di pastore interamente dedicato al servizio della Chiesa[254].


Inoltre, la veste talare – anche nella forma, nel colore e nella dignità – è specialmente opportuna perché distingue chiaramente i sacerdoti dai laici e fa capire meglio il carattere sacro del loro ministero, ricordando allo stesso presbitero che è sempre e in ogni momento sacerdote, ordinato per servire, per insegnare, per guidare e per santificare le anime, principalmente attraverso la celebrazione dei sacramenti e la predicazione della Parola di Dio. Indossare l’abito clericale funge inoltre da salvaguardia della povertà e della castità.
Fonda questa obbligatorietà sul fatto che il prete è essenzialmente diverso dai laici e come tale deve essere riconosciuto e presentarsi.

Mi chiedesti più volte un parere sulla 
misericordia di Dio . Se essa cioè equivalga a  “sconto” o a un  “va bene tutto” o se debba passare anche attraverso il ministero  del confessionale.
Ti dirò con soddisfazione che il Papa, grande annunciatore della misericordia e del sorriso di Dio, ha detto Il 29 aprile . “come è tenero un padre con i figli così è il Signore…. E’ quanto succede nel Sacramento della Confessione. Tante volte pensiamo di andare a confessarci come andare in tintoria. Ma Gesù nel confessionale non è una tintoria. La confessione è un incontro con Gesù che ci aspetta così come siamo……ci fa vergogna dire la verità, ma la capacità di vergognarci è una virtù cristiana. Vergognarsi è la virtù dell’umile.”   “Gesù aspetta ciascuno di noi….”  Tutto  il contesto della breve omelia ci fa comprendere che il Signore ci aspetta in confessionale, perché il peccato esiste ed è quello sanzionato dalla legge naturale e della chiesa.  (cfr. Osservatore Romano  Lun. Mart. 29 – 30 aprile  2013)
Anche il sedicente priore parla di misericordia, ma non lo senti mai parlare di confessione. Alla fine tutto viene perdonato senza il ministero della Chiesa (che lui non nega ma nemmeno afferma e così non dà fastidio ai protestanti)  Non dice mai, come afferma il Catechismo che la Confessione, per chi ha la possibilità di accostarvisi ,  è l’unico modo per ottenere la remissione dei peccati mortali. (altra categoria  assente dalle sue parole).  Il suo discorso generico sull’amore, sbilanciato sempre dalla parte dell’uomo,  va bene a Scalfari che lo paga per scrivere su Repubblica. Se parlasse in modo cattolico, Repubblica non lo pubblicherebbe.
Quanto all’abito, il nostro ne ha uno per tutte le stagioni. La tunica bianca quando si fa fotografare col papa, l’abito borghese quando accarezza il pensiero laicista.  Anche dal suo modo di vestire non si capisce per nulla se sia un monaco o non lo sia.
Toglimi  un altra curiosità: davvero ci sono diversi sacerdoti  giovani che -  diversamente da quanto fanno alcuni che operano nei paraggi dove abito- si vestono da prete si fanno chiamare Don, insegnano il catechismo ufficiale e non altre "sbrodagliette macedonia",  non hanno bruciato gli inginocchiatoi e ascoltano il Papa... sai io sono un "bucolico" e nel mio piccolo mondo il verbo bosiano è ormai da più di un lustro l'unico tollerato....  perdona l'insistenza, ma se davvero così fosse ci sarebbero motivi di rallegrarsi e di cui ringraziare Madonna e Assemblea  dei santi ( anche loro relegati nel dimenticatoio).....attendo curioso la tua risposta.
Alcuni sacerdoti, non solo a Modena, non vanno vestiti da prete. Cio' e' sbagliato perche' il Codice di diritto Canonico lo prescrive. (cfr. CJC can.284) Se cio' non bastasse la Conferenza Episcopale italiana aggiunge: " il clero in pubblico , deve indossare l'abito talare o il clergyman. (cfr notiziario CEI 9  - 1983 n . 209)C' e' da dire che i Vescovi non vigilano a sufficienza.    
Ma la cattiva abitudine e' un frutto di una cattiva dottrina secondo cui il prete e'  " uno come gli altri" ancora una volta ha colpito la ermeneutica della discontinuita' e lo spirito del concilio, bollati da Ben. XVI.Se leggi la "Pastores dabo vobis" di Giovanni Paolo II , vi troverai una dottrina contraria. E' sempre piu' chiaro che chi vuole fare il moderno, e' indietro di 50 anni.
Fortunatamente la maggior parte del clero giovane da noi a Modena si veste da prete anche se con combinazioni o colori non sempre appropriati ma almeno si fa conoscere senza complessi. Alcuni sono fedeli al catechismo vero. Ti potrei fare il nome di chi usa anche il catechismo di s. Pio X. 
Il vero problema del giovane clero e' che i loro formatori in seminario non fanno  conoscere pienamente la tradizione illustrando le sue motivazioni teologiche, forse superate ma pur sempre ben motivate e non da slogans. Tanto meno si e' fatta sperimentare la liturgia nuova anche in forma latina o si e' affermato che il canto gregoriano e l'organo devono aver e il primo posto. In Seminario ci sono ancora troppe chitarre e canzonette d'uso comune. Il clero dovrebbe essere molto " alto" nelle sue espressioni liturgiche.
Poi in parrocchia ci si adattera' facendo il possibile. 
Se pero' non si e' sperimentato il bello, sara' difficile comunicarlo e diffonderlo.Penso che il giovane clero, che ha sperimentato solo l'oggi piu' piatto, non abbia termini di paragone , per vedere anche altre espressioni della fede e della preghiera.  Pensa che l'istruzione "Universae Ecclesiae del 2011,   per l'applicazione del motu proprio Summ. Pont. prescrive che i futuri sacerdoti sappiano celebrare anche nella forma straordinaria del rito romano. (cfr n. 21)
http://bosecuriose.it/


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