“Alla fine della sua prima via Crucis del Venerdì santo, papa [?] Bergoglio si è cimentato in un’affermazione sconcertante. Egli ha detto: “Dio non condanna nessuno”, aggiungendo, per attenuare il concetto, che “siamo noi a scegliere”. Nonostante l’attenuazione, la frase contraddice il Vangelo, – dove più volte si parla di condanne che il Figlio dell’Uomo infliggerà, di “maledetti dal Padre mio” e di “fuoco della Geenna” (Mt 13, 41-43 e 49-51; Mt 25, 41-46; Mc 16, 15-16, ecc.) -, nonché l’Apocalisse di San Giovanni, l’Antico Testamento (nel quale le punizioni divine sono all’ordine del giorno), e naturalmente la Tradizione della Chiesa dalla patristica in poi.”
A scriverlo è Martino Mora  (10/04/2013, Arianna Editrice, scheda fonte) ricordando tale singolare affermazione di Bergoglio. E continua:

“Naturalmente i mass media, così attenti nel narrare il minimo particolare sulla lavanda dei piedi del Giovedì santo, o sull’incontro tra i due papi (quello “emerito” e quello nuovo), non si sono concentrati su questa affermazione a mio parere molto significativa e, credo, rivelatrice. Ma sappiamo che seguire il circo mediatico significa condannarsi a non capire nulla. Invece comprendere il senso di quelle parole del papa è molto importante. È affermazione a mio parere rivelatrice, nel suo “buonismo”. Rivela, a mio parere, il solito atteggiamento cattolico [!] degli ultimi decenni, che sottovaluta la realtà del Male, del peccato e delle tendenze anticristiche, esterne e interne alla Chiesa stessa. Certo, negli ultimi decenni non è stata la prima volta che un papa [!] abbia sostenuto, in discorsi o interviste, tesi teologicamente molto azzardate [vedi false]. Solo per rimanere in tema e non toccare altri argomenti molto delicati (come ad esempio il rapporto del Dio cristiano con quello di altre religioni), potremmo ricordare la nota affermazione di Giovanni Paolo II sull’inferno: “L’inferno esiste, ma potrebbe essere vuoto” (discorso del 28 luglio 1999). Anche qui potremmo citare diverse affermazioni scritturali che smentiscono chiaramente questa ipotesi. A meno che qualcuno non ritenga che le affermazioni scritturali siamo una specie di mito platonico, cioè un racconto fantastico, utile al solo fine di estrapolarvi una verità razionale. Ma questo la Chiesa non l’ha mai sostenuto. La verità è che in nome di una pseudo carità presunta, buonista e mielosa, melensa e ruffiana, si vuole dimenticare la realtà profonda del Male e delle forze anticristiche presenti fuori e dentro la Chiesa. Da ciò nasce questo atteggiamento ottimista alla papa [?] Giovanni XXIII, i cui frutti sono sotto gli occhi di tutti coloro che davvero vogliono vedere. Dietro questa mentalità c’è Pelagio, e magari pure Jean Jaques Rousseau: l’uomo non è colpito dal peccato originale, il suo libero arbitrio non è stato scalfito dalla Caduta, la sua natura è sì imperfetta, ma tende al bene…
“Oggi la gran parte del clero, dall’ultimo pretino ai più alti gradi, è malata di buonismo, di “medicina della misericordia” giovannea. Siamo quindi, dicevo, nell’ambito della minimizzazione della dimensione tragica del Cristianesimo, per la quale la Città di Dio è perennemente in lotta con la Città dell’Uomo, che è ispirata dal Principe di questo mondo. Questo rifiuto della dimensione [agonica] del Cristianesimo, questo rifiuto di riconoscere le forze anticristiche e condannarle, rivela naturalmente il sottofondo pelagiano che è tipico, come diceva Del Noce, di qualsiasi modernismo teologico. Certamente, per non fare torto storico a Pelagio, bisogna ricordare che il monaco irlandese contemporaneo di Agostino era un ferreo rigorista, anche se la sua dottrina rischiava di rendere inessenziale la fede in Cristo. Oggi invece abbiamo un pelagianesimo di serie B: cè Pelagio, ma è un Pelagio lassista, accondiscendente, “buonista”, appunto. Un Pelagio alla moda. Un Pelagio perfetto per la società edonista. Così nei continui e ripetuti “mea culpa” di Giovanni Paolo II, a qualche anno di distanza possiamo cogliere non solo l’accettazione almeno parziale dell’interpretazione illuminista e protestante della storia della Chiesa (vista come una storia di crimini e nefandezze) ma anche l’incomprensione totale della dimensione tragica del Cristianesimo storico. Se infatti, come sosteneva il grande Agostino, la storia è il teatro dell’eterna antitesi tra la Città di Dio e quella dell’Uomo, e se la Città dell’Uomo è presente – con le sue forze anticristiche – anche nella Città di Dio in terra (la Chiesa), quest’ultima deve combatterla. Deve combattere l’Anticristo che è in Lei.
“E crediamo davvero sia possibile combattere senza dimensione coercitiva? Crediamo che la Chiesa avrebbe potuto combattere, detto fuori dai denti, senza Inquisizione o senza Sant’Uffizio? Il rifiuto della dimensione tragica del Cristianesimo, della consapevolezza del Male e delle forze anticristiche presenti nella storia, conduce a interpretare insensatamente la storia della Chiesa come una storia terribile di cui vergognarsi  e scusarsi continuamente. È il famoso “pentitismo”, che iniziò con il bacio della pantofola del patriarca ortodosso Atenagora da parte di Paolo VI, e che poi ha raggiunto vette ineguagliate con Giovanni Paolo II, che avrebbe voluto riabilitare più o meno tutti, da Maometto a Lutero.
“Infine un sospetto o una malignità: che papa Bergoglio dica che Dio non condanna nessuno perché così, da suo Vicario in terra [?], si risparmierà la fatica di condannare e rimuovere molta gente? Egli, infatti, ha avuto un chiaro mandato, da parte dell’elite internazionale mondialista che veramente comanda, e da parte del circo mediatico ed essa legato, di colpire duramente i pedofili e gli artefici di scandali finanziari che fanno parte del clero. Benissimo, si dirà. Ma per quanto riguarda tutti gli “eterodossi” che rendono la Chiesa cattolica più simile ad un grande circolo liberale di discussione che ad una comunità religiosa coesa intorno alla fede e al dogma, il divieto di punizione – non scritto, ma evidente – permane intatto. La Chiesa non può più condannare o scomunicare nessuno (“scomunica” è divenuta parola maledetta e impronunciabile da parte di un papa). Altrimenti i lupi feroci del giornalismo laicista si scatenerebbero, e questo non sarebbe gradito da parte di un clero che ormai si è lasciato fortemente intimidire, quando addirittura non condivida esso stesso l’idea di Chiesa come grande società liberale dove persino l’eretico più estremo gode di non precisati “diritti”, che impediscono che possa essere messo alla porta.
“Quindi, per concludere, da un papa [?] che dice che “Dio non condanna nessuno”, non attendiamoci il superamento del pelagianesimo e la condanna delle forze anticristiche. In nome della buonistica e pelagiana “medicina della misericordia”, il Vicario di Cristo [?] non condannerà nessuno. Da don Gallo a don Giorgio de Capitani, dal priore di Bose ai nuovi Martini, l’eresia potrà tranquillamente convivere con l’ortodossia. Il vescovo di Vienna potrà continuare a ospitare nel museo diocesano mostre blasfeme su nostro Signore, e l’ultimo pretino coglione potrà esaltare i pornografi dal pulpito senza che nessuno lo riprenda/condanni. Se Dio non condanna, anche il suo Vicario è dispensato dal condannare. È forse ancor presto per dirlo con certezza, ma non credo che questo papa [?] possa risolvere la crisi della Chiesa. Naturalmente, sarei felice di sbagliarmi.”


La Chiesa vittima degli anticristi buonisti che degradano il mondo
Il discorso sopra è giusto ma diviene inconcluso se non segue, dopo quanto ha costatato, il giudizio fondato sui principi cattolici sulla vera autorità.
Fermi su di essi, nessuno incorre nell’infelicità di sbagliare. Brevemente:
Il vero Papa cattolico, Vicario di Cristo, ha una funzione rappresentativa per la conferma della Parola di Gesù, unico Capo della Chiesa. Se falsa questa Parola, incide in eresia e può essere giudicato. Se poi una serie di «papi» cambiano sistematicamente l’insegnamento intorno alle stesse verità riguardo all’Inferno, come qui è descritto, allora non siamo più di fronte all’eresia di un chierico, ma di un nuovo «sistema religioso» imperversante contro la Dottrina della Chiesa.
La Chiesa deve combattere l’Anticristo che è in Lei. Ciò è già stato descritto ripetutamente come la nuova dottrina del Vaticano 2º che, in rottura con la fede della Tradizione, fonda la nuova sua «chiesa conciliare».
Ora abbiamo qui occasione di verificarlo in rapporto all’Inferno.
La questione dell’inferno non aveva mai suscitato dubbi nel Cattolicesimo.
Ma poiché l’uomo moderno è incapace di concepire un Dio che punisce con un castigo eterno, la sua concezione soggettivistica della salvezza si è estesa al giudizio divino. Così solo efferati omicidi o scandalose truffe con grave ricaduta sociale o ambientale, delitti di guerrafondai, o mafiosi, o spacciatori di droghe sono visti come peccati degni di condanna, per il resto si smarrisce totalmente la gravità del peccato, così come del bene nel ritorno allo stato di grazia di fronte a Dio. Il peccato è inteso ormai naturalisticamente nell’ambito di una visione socio-politica della fede, come si è visto in fase avanzata nella teologia della liberazione.
Eppure, la società che scarta la certezza della «Giustizia divina» nell’Aldilà, non solo diventa diffusamente più immorale, ma ampiamente più criminale, per la semplice ragione che la maggior parte dei più gravi «peccati» politici e sociali delle grandi lobby o del grande capitale, sono occulti, quando non addirittura legalizzati; «peccati» di uomini per arraffare criminalmente potere e prestigio a scapito della verità e del bene dei popoli. Possono immaginare di rimanere senza condanna perché non riconosciuti in questo mondo?
Le gravissime conseguenze di quest’alienazione della Giustizia divina su tutto l’insegnamento dottrinale cattolico, che si estende dalla Morale alla soteriologia, hanno una ricaduta spaventosa anche su tutto l’ordinamento sociale, legato al livello generale di rettitudine delle coscienze. What if there is no Hell? È la domanda che oggi anche atei e liberali si pongono. E se non c’è l’Inferno? Come sarebbe la vita sociale se non ci fosse la coscienza dell’Inferno?

La nuova chiesa riduce l’Inferno ha un’idea alienante
La Chiesa di sempre ha già condannato le dottrine origeniane sull’apocatastasi, per cui alla fine tutti si salvano. Ma per i chierici che vogliono essere più buoni e giusti di Dio, anche la dottrina evangelica sull’Inferno va aggiornata alla luce di un modernismo più conforme ai tempi. Infatti, l’immagine veterotestamentaria del Dio giudice è divenuta insopportabile; considerata impropria davanti al Dio “buono e misericordioso”, escogitato da tanta religiosità contraddittoria.
Perciò, anche i conciliari ecumenisti, nella loro compulsiva rincorsa all’opinione dei media, tacciono sulla verità dell’Inferno che, se c’è, ospiterebbe al massimo dei demoni, sempre che si voglia credere all’esistenza di esseri particolarmente malvagi, alla stregua di mafiosi, antisemiti e dei vari narcotrafficanti di anime!
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I grandi di tale aggiornamento dottrinale sono teologi del calibro di Hans Urs Von Balthasar, Karl Rahner, Edward Schillebeeckx, pensatori che hanno impresso una clamorosa virata alla riflessione religiosa per demolire verità di fede con il nefasto Vaticano 2º. Per essi la Grazia è ridotta a un dono di Cristo per far realizzare le potenzialità della fratellanza umana, più che per una virtuale vita soprannaturale. E così sparisce il senso espiativo del sacrificio, innato in ogni popolo d’ogni epoca, e divenuto universale con il Sacrificio di amore di Gesù Cristo. Tutti si potrebbero salvare – nonostante – ma anche negando e sputando sulla Sua croce.
Il riferimento conciliare di questa «redenzione universale” nonostante la fede è nella «Gaudium et Spes» 22. È il testo suggerito da Karol Wojtyla ripreso nella «Redemptor hominis», secondo cui Cristo, incarnandosi, avrebbe redento automaticamente l’umanità intera. Qui l’affinità nella riduzione della dannazione col più raffinato senso dell’Inferno vuoto del famoso ex gesuita Hans Urs Von Balthasar, che ci arriva attraverso raffinate riflessioni teologiche che sembrano perfino tradizionali, ma risalgono a uno strano livello “esoterico”. Una missione divina di riforma della Chiesa per tale «coltissimo teologo» sarebbe scaturita dal suo connubio con la “mistica” Adrienne Von Speyr, la donna (da lui convertita) con la quale ha convissuto e il cui misticismo ha impregnato tutta la sua teologia. In questa, la Cristologia e la Teologia trinitaria sono illuminate dalla teoria della kenosi, come annichilamento o svuotamento. Da questo deduce la separazione del Cristo Verbo incarnato, che al momento della morte in croce continua le sue sofferenze nella discesa agl’inferi per riscattare non solo i Patriarchi e i giusti in attesa che il Santo Sacrificio aprisse le porte del Cielo, ma pure i condannati, alieni ad ogni fede e morale. È l’Inferno svuotato, secondo le visioni della Von Speyr nelle sue passioni mistiche, che viene diffuso come verità dall’eruditissimo Von Balthasar! Ed ecco che Giovanni Paolo 2º lo promuove cardinale.

 

“La Civiltà Cattolica” corregge. L’inferno non è vuoto, è solo poco affollato

“In un articolo intitolato “L’inferno vuoto”, il gesuita Giandomenico Mucci smonta la tesi secondo la quale “l’inferno c’è ma è vuoto”. E lo fa sull’ultimo numero della “Civiltà Cattolica”, quindi con l’imprimatur della segreteria di stato vaticana che esamina e autorizza prima della stampa ogni articolo della rivista. La formula “l’inferno c’è ma è vuoto” è un luogo comune il cui moderno rilancio viene generalmente attribuito al teologo svizzero Hans Urs von Balthasar, promosso cardinale alla fine della vita. Ma c’è chi sostiene che anche Benedetto XVI velatamente approvi tale formula nella sua «Spe salvi»”. (Espresso blog).
Ciò è citato qui affinché si capisca la continuità «conciliare» nella «riduzione» della verità sull’Inferno e anche sul Limbo.
L’idea dell’inferno vuoto non è casuale, vista la linea ecumenista per cui ognuno si salva nella buona volontà verso la propria credenza. Ciò è stato continuato e intensificato nell’«apostolato» conciliare attraverso i nuovi catechismi, sinodi ecc, quando, non solo la nozione di castigo, ma di peccato, sono state mutate.
Vi è stato perfino il Sinodo del 1983 in cui la questione è stata trattata insieme a delle nuove categorie di peccati sociali. Naturalmente riducibili con assoluzioni impartite mediante nuove tasse, come vuole la morale democratica imperante.
In tale occasione, per niente unica, i fermenti dello spirito conciliare ottenevano già risultati strabilianti nelle teste dei vari prelati del mondo, che suscitarono i titoli più curiosi: «Nuove categorie di peccati»; «Inferno e paradiso chiusi per lavori», e mentre l’offesa a Dio e alla Sua Giustizia era derisa, spuntavano strani nuovi peccati politico-sociali, come trasgredire il sacro «egualitarismo» che ha per «luogo teologico» l’opzione preferenziale per i poveri, nuova comunione dei santi, formato conciliar-ecumenista.
Mentre uno degli aspetti più incisivi dell’Apparizione di Maria a Fatima fu la visione dell’Inferno per svegliare le anime alla terribile decadenza, le assemblee sinodali insieme ai papi conciliari si adattano alla permissività del mondo attuale.
Che cosa sussiste nella montagna di scritti del Vaticano 2º, che si vanta d’essere pastorale, per continuare quest’opera di salvezza? Ebbene, si può scalare questa montagna di cartacce alla ricerca dei “nuovissimi”: morte, giudizio, inferno e paradiso, senza trovare praticamente niente. E così, mentre si omette tutto sulla Giustizia divina, l’enfasi va tutta alla giustizia e pace dell’ONU, più consone allo «spirito» umanitarista in voga di cui, dal «Buono» a Bergoglio, sono invasati i conciliari. Sarebbe la vittoria dell’intellighenzia razionalista che da secoli accusa la Chiesa di avvalersi della minaccia, per imporsi a scapito della giustizia civile, di castighi divini. Intanto, all’ombra della «giustizia rivoluzionaria», si presenta lo spirito di rivolta per una realtà sociale infernale mai vissuta.
A Fatima la Madonna invitò il mondo a sanare questa realtà di mali ed errori crescenti, che riempiono l’Inferno, attraverso la devozione al suo Cuore Immacolato. È la Madre addolorata che offre aiuto a favore di quanti credono e vivono affidandosi al lavacro del Sangue riversato dal Sacratissimo Cuore di Gesù per salvarci dall’Inferno.
L’EDITORIALE DEL VENERDI
di Arai Daniele
http://www.agerecontra.it/public/pres30/?p=11703