ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 17 luglio 2013

Profeti a buon mercato

Miniatura

Questo cantava nel 1993 Lorenzo Jovanotti. E la Chiesa cattolica, con i suoi tempi, si è adeguata. Vedere la foto di seguito della chiesa di Santa Maria Regina Pacis ad Ostia (Roma).


Ci sarebbe poco da dire. Ma nessuno (a parte CorrispondenzaRomana) dice nemmeno quel poco, e allora le cose da dire divengono molte. Sono disgustato, umiliato, ferito, adirato e profondamente stanco. Non tanto dell’ennesima idiozia ecclesiale, inutile e dannosa, ipocrita, falsa e, certamente, non cattolica. Lo scandalo non nasce da questo ennesimo fatto. No. Nasce dal fatto che costoro sono i più forti, coloro che detengono il potere nella Chiesa e il plauso nei media. Perché nella Chiesa il clero è quello che: modernista o qualsiasi cosa purché non cattolico (altrimenti viene messo ai margini). I media, proni a questi poteri ecclesiali, esaltano le incomprensibili potenzialità e meraviglie di tali operazioni. I fedeli seguono o i loro eretici pastori o i loro altrettanto eretici giornalisti. Il fedele che per grazia di Dio (immensa in questi casi) si ostina (sì, trattasi di ostinazione) a rimanere cattolico ha due strade: andare contro l’autorità ecclesiastica o ritirarsi in un nascondimento che lo tenga lontano dalla fastidiosa e pericolosa tentazione di disubbidire. Lo dico con estrema franchezza, io sto tra costoro. Continuo a domandarmi (lo dico facendo riferimento ad un fatto marginale, pretestuoso, ce ne sono stati di più gravi, ma la misura è ormai colma) a che giova darsi e spendersi in questa Chiesa. Non apostato, non ci sperate (utilizzereste la mia apostasia – ignorando la vostra – per i vostri sporchi fini), ma mi defilo sempre più verso i margini della vita ecclesiale. Lo dico con profonda umiliazione e frustrazione. Ma non ha più senso spendere tante energie e fatiche quando queste non producono nulla e quel poco che producono viene strumentalizzato contro il santo fine per cui erano state spese. Il potere nella Chiesa lo avete voi, cari vescovi e preti. Avete gridato contro il clericalismo, fatto a pezzi la Chiesa, e ora che il potere lo avete in mano (perché è così e così deve essere) lo utilizzate come tristi monarchi nella conquista delle vostre assurde eresie. Il potere non ce l’ho io, laico, peccatore misero. Fatene quel che volete. Anche il tempo e la storia sta smentendo punto su punto le vostre eretiche e farneticanti illusioni. Tenetevele strette, perché senza di esse siete niente. E in niente si risolve la vostra esistenza. Io, dal conto mio, che ho il pressante interesse di salvarmi l’anima, mi defilo. Non ha senso stare ai vostri banchi, ai vostri circoli, nelle strutture da voi prontamente conquistate e affidate alla fazione potente di turno. Le mie energie, sempre minori, le mie capacità, misere è vero, le mie potenzialità, preferisco si perdano, piuttosto che correre il rischio che vadano ad aggiungere e ingrassare le fila dei vostri seguaci. Perché vorrei portare anime nella Chiesa cattolica, non nelle combriccole di determinati personaggi. Laici o religiosi che siano. Sono stanco e sfiduciato, avete ucciso tante energie e aspettative. Non voglio iniziare una guerra contro nessuno, tantomeno se in abito talare (lasciamo perdere altre stravaganti forme di abbigliamento sacerdotale). Perché io, da buon cattolico quale aspiro ad essere, so riconoscere i limiti e i ruoli. Voi avete deciso, per ovvie convenienze, di creare confusione. Il buon Dio a tempo debito saprà fare giustizia, soprattutto delle mie colpe e mancanze. Che sono già numerose e mi preoccupo di non aggiungervene altre.
In tema di liturgia si reputa necessaria e fondamentale la partecipazione attiva dei fedeli ad essa. Questo assunto si basa su quanto afferma la Costituzione sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilim al paragrafo 14, del Concilio Vaticano II. Uno dei maggiori obiettivi che hanno animato la riforma (sicuramente nella sua realizzazione pratica) è stato proprio il tentativo di rendere possibile questa partecipazione attiva dei fedeli in contrapposizione con una (presunta) partecipazione passiva che i fedeli avevano nella cosiddetta liturgia in latino. In essa, secondo i riformatori e i loro strenui difensori, il popolo assisteva indifferente, distratto, incapace di capire, ascoltare e seguire quello che sull’altare andava compiendosi, essendo la liturgia un affare clericale. Oggi, che la liturgia, dicono gli esperti, è affare di tutti, la gente è comunque distratta e non capisce niente (a mio avviso anche meno di prima) di cosa sia la liturgia. Ma siccome il Vaticano II è un superdogma, contro il quale non si può nemmeno pensare di sollevare dubbi, i fatti non smentiscono le teorie. Le teorie rimangono intatte e sacrosante nonostante la storia e il tempo abbiano ampiamente dimostrato la loro fallacia. Siccome però il Vaticano II non è un superdogma e i luoghi comuni sono difficili a morire, riporto di seguito un’illuminante riflessione del professor Roberto De Mattei, proprio sulla ricchezza della partecipazione attiva. Leggendo si avranno piacevoli (per i cattolici sia chiaro) sorprese: “Forse il dove più grande fatto dalla riforma di Paolo VI della Messa – scrive Martin Mosebach – è questo: ora noi siamo positivamente obbligati a parlare durante la liturgia”. Mosebach fa delle giuste osservazioni sulla “partecipazione attiva” dei fedeli alla Santa Messa. Il fede può “partecipare attivamente” in molti modi diversi: può seguire le parole e i gesti del sacerdote, può adorare in silenzio il miracolo che si svolge sotto i suoi occhi, può “isolarsi” dalla comunità, rimanendo in ginocchio durante tutta la Messa, senza che per questo sia censurabile. Questa varietà di forme, sottolinea Mosebach, dimostra invece la superiorità del rito antico sul nuovo. La Tradizione cattolica ha conosciuto, infatti, molti modi di assistere al santo sacrificio: seguire l’ordinario della Santa Messa, meditare la Passione del Signore, unirsi ai canti liturgici, contemplare in silenzio il Mistero eucaristico, recitare orazioni come il Santo Rosario: tutte espressioni di quella partecipazione a cui si richiama Pio XII nella Mystici Corporis. Il Rosario, ad esempio, osserva il padre Finnegan, è la “liturgia per eccellenza dei laici” e sarebbe un grave errore deplorarne la recita durante la Messa. Quel che è certo è che la “partecipazione attiva” dei fedeli alla liturgia non può essere ridotta al rapporto tra i fedeli e il sacerdote sul piano puramente sociologico ma va intesa principalmente nel suo senso, mistico-sacrale. La riforma liturgica del 1969 venne considerata come espressione della “svolta antropologica” degli anni Sessanta e Settanta. Una svolta antropologica che pretendeva di colmare l’infinita distanza tra Dio e il mondo, spogliando un poco, se fosse possibile, Dio della sua Maestà e della sua gloria, ed elevando molto, se fosse possibile, l’uomo verso Dio. Si può e si deve discutere se questa riforma abbia rappresentato un momento di continuità o di rottura con la Tradizione precedente della Chiesa. Il fatto solo che se ne discuta, sia in ambito progressista che in ambito tradizionalista, è sufficiente a connotarla come una riforma sostanzialmente ambigua. Se la riforma liturgica avesse avuto un rapporto di inequivocabile continuità con la Tradizione precedente, il dibattito non si sarebbe aperto. Il fatto invece che, da una parte e dall’altra, si possa sottolineare l’elemento della discontinuità, rende legittimo concludere che nella riforma liturgica esistano quanto meno elementi di forte equivocità”
[R. De Mattei – “Il Summorum Pontificum come risposta al processo di secolarizzazione della società contemporanea” in AA.VV. - Il Motu proprio "Summorum Pontificum" Vol. 1]



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