ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 2 agosto 2013

Conservatori impazienti?



Il lamento di Dolan per la chiesa di Francesco

L’arciverscovo di NY in attesa delle riforme che tardano “un po’ troppo”

All’inizio era stato l’arcivescovo di Philadelphia, il cappuccino Charles Chaput, a rivelare che “nei settori conservatori della chiesa c’è chi non ha fatto i salti di gioia per l’elezione di Bergoglio a Papa”. A far storcere il naso all’ala “destra”, in particolare, sono stati i silenzi sulle questioni etiche e morali, e Chaput sottolineava non a caso che “aborto e matrimonio sono temi dottrinali e non politici sui quali tutti i vescovi (compreso il vescovo di Roma) devono esprimersi”. Ora è la volta del cardinale Timothy Dolan, capo della diocesi di New York e presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, che in un’intervista di qualche giorno fa al National Catholic Reporter fa trapelare qualche segno di insoddisfazione per il nuovo corso targato Bergoglio. Il tutto – come si conviene al ruolo di principe della chiesa – inserito in un contesto in cui si loda la semplicità e l’umiltà del gesuita preso quasi alla fine del mondo, uomo “con gli stivali sporchi” che “cammina in mezzo al gregge” e che è davvero “un parroco del mondo”.

Però, sul governo della chiesa, Francesco tergiversa un po’ troppo. Va bene chinarsi verso i poveri, è straordinario bere cafezinho nelle favelas e accarezzare come un padre ragazzi che stanno uscendo dal tunnel della droga. Il fatto è che “noi volevamo anche qualcuno con buone capacità manageriali e di leadership, e fino a oggi ciò non si è visto molto”, dice Dolan. Il riferimento è alla curia da riformare, agli scandali da sradicare, all’opera di pulizia da mettere in campo. Se n’era parlato molto, nel pre-Conclave, e Bergoglio lo sa bene, aggiunge il cardinale da sempre in prima fila nella battaglia per l’affermazione e la difesa dei principi non negoziabili. I temi discussi nelle Congregazioni generali “sono molto importanti, perché spesso le impressioni corrispondono alla realtà”. Ecco perché dietro l’apparente immobilismo può celarsi una precisa strategia: “Vuole prendersi del tempo, ed essendo un uomo di carità, non credo voglia ferire i sentimenti di nessuno”. E comunque, spiega Dolan, forse anche in curia ci vuole un periodo di transizione. Niente di nuovo, certo. Le conferme donec aliter provideatur sono sempre esistite, ma dopo quattro mesi e mezzo di pontificato qualche spostamento di pedine era dato per scontato.

Almeno tre riunioni per cambiare la curia
Invece no, il gesuita argentino legge i dossier, medita e pensa a come intervenire alla radice dei problemi. Non intende affrettare i tempi e guarda con fiducia alle riunioni del consiglio cardinalizio incaricato di studiare l’aggiornamento dell’ormai arcaica e pesante burocrazia della Santa Sede. “Ci vorranno almeno due o tre riunioni prima di prendere decisioni definitive”, ha detto Francesco nel corso dell’intervista concessa all’emittente brasiliana Tv Globo, aggiungendo che “la riforma della curia è una cosa molto seria e le proposte devono essere maturate”. Timothy Dolan, invece, fa parte di quel gruppo di alti prelati che vorrebbero accelerare i tempi: “Mi aspetto che dopo la pausa estiva si concretizzi qualche segnale in più in merito al cambiamento nella gestione” della governance vaticana. Il riferimento diretto va alla segreteria di stato, dove il cardinale Tarcisio Bertone (prossimo ai 79 anni che compirà a inizio dicembre) è ancora saldo al suo posto: “Se non accadrà nulla entro ottobre, rimarrei sorpreso. Pensavo che il cambio dovesse avvenire alla fine di giugno o in luglio, ma non è stato così e quindi ritengo che con ogni probabilità si arriverà all’autunno”, dice. Lui, Dolan, nel consiglio dei cardinali consiglieri non ci sarà. Per gli Stati Uniti, Francesco ha scelto il cappuccino Sean O’Malley, l’arcivescovo di Washington che comunica con Bergoglio “via e-mail”.

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