Le nostre prime riflessioni sulla polemica recentemente sollevata da un articolo del duo cattolico e dalla susseguente decisione del direttore di Radio Maria.
Conosco personalmente Mario Palmaro – di fama Alessandro Gnocchi – e apprezzo molto il suo stile, soprattutto l’ironia con cui riesce a trattare anche gli argomenti più spinosi. E’ inoltre un grande esperto di bioetica, punto di riferimento per tutti noi soprattutto in questi tempi, anche in ambito cattolico dominati dal relativismo. Ma la cosa più importante è che Palmaro è un cattolico d.o.c., un uomo che si è messo interamente al servizio della Chiesa, per il bene delle anime e per la maggior gloria di Dio.
Dico questo perché, come è ormai noto, Gnocchi e Palmaro sono stati gentilmente invitati a lasciare le rubriche che conducevano, con straordinario successo e da molto tempo, su Radio Maria, una radio cattolica davvero unica che, seppur con qualche pecca, ha rappresentato e tuttora rappresenta un miracolo della Provvidenza. Il cordiale invito a farsi da parte è stato loro rivolto dal direttore di Radio Maria, il vulcanico Padre Livio Fanzaga. Il motivo? Un articolo, evidentemente considerato irriverente, apparso uno o due giorni prima su Il Foglio di Giuliano Ferrara, in cui il duo Palmaro Gnocchi non ha usato giri di parole per esprimere tutta la sua contrarietà (che è poi la nostra) per le ultime, sconcertanti, esternazioni di Papa Francesco.
Probabilmente è stato il titolo dato all’articolo – “Questo Papa non ci piace” – più che il contenuto del medesimo a scatenare la reazione di Padre Livio. Sono convinto che qualora il titolo fosse stato un altro, tipo “Questo Papa ci lascia… un pochino perplessi”, non si sarebbe verificato alcunché di eclatante. Parliamoci chiaro: le critiche di Gnocchi e Palmaro a Papa Francesco sono sacrosante, difficilmente confutabili, e questo lo sanno anche i papisti più incalliti e i “papolatri”, almeno quelli intellettualmente onesti. Il punto sembra essere un altro: non è lecito, per una consistente fetta del variegato mondo cattolico, esprimere alcuna critica al Sommo Pontefice. Punto.
Come ha magistralmente sottolineato il prof. Roberto de Mattei in un recente articolo apparso su Corrispondenza Romana, “Il Catechismo ci insegna che al Papa si deve obbedire, perché l’obbedienza è una virtù morale che ci lega alla volontà del superiore, e tra tutte le autorità sulla terra non ve ne è una più alta del Papa. Ma anche l’obbedienza al Papa è uno strumento, e non un fine. L’obbedienza nella Chiesa comporta per il suddito il dovere di compiere non la volontà del superiore, ma unicamente quella di Dio. Per questo l’obbedienza non è mai cieca e incondizionata. Essa ha i suoi limiti nella Volontà di Dio, che si esprime nella legge naturale e divina e nella Tradizione della Chiesa, di cui il Papa è custode e non creatore”.
D’altra parte, il pontificato di Papa Francesco non ha nulla a che vedere con quello del suo predecessore Benedetto XVI e forse neanche con quello di Giovanni Paolo II. Anzi, taluni provvedimenti presi dal Papa attuale, in particolare il commissariamento dei frati Francescani dell’Immacolata e il divieto imposto agli stessi di celebrare la Messa secondo il c.d. Vetus Ordo, contraddicono in maniera clamorosa altri provvedimenti presi dai Pontefici precedenti, in particolare il Motu Proprio Summorum Pontificum con cui Benedetto XVI ha, per così dire, “sdoganato” la S. Messa di sempre, consentendone la celebrazione senza la necessità di alcuna previa autorizzazione, anche per gli ordini religiosi.
Il problema è lo stile? Il modo con cui si esprime la critica al Papa? Certo, anche questo è importante ma non scambiamolo, per cortesia, con la sostanza delle cose. E’ forse questo il motivo che ha indotto Mario Palmaro e Alessandro Gnocchi a scegliere un titolo dal forte impatto emotivo e mediatico, un titolo che non poteva che suscitare la reazione scomposta di una larga parte del mondo cattolico, “impigliato” all’interno di una logica – errata – di cieca obbedienza al Sommo Pontefice, che non trova alcuna rispondenza nella sana dottrina.
Sento dunque il dovere di esprimere la mia solidarietà, nonché il mio sincero ringraziamento, agli amici Palmaro e Gnocchi per il loro coraggio e per il loro impegno.
Probabilmente è stato il titolo dato all’articolo – “Questo Papa non ci piace” – più che il contenuto del medesimo a scatenare la reazione di Padre Livio. Sono convinto che qualora il titolo fosse stato un altro, tipo “Questo Papa ci lascia… un pochino perplessi”, non si sarebbe verificato alcunché di eclatante. Parliamoci chiaro: le critiche di Gnocchi e Palmaro a Papa Francesco sono sacrosante, difficilmente confutabili, e questo lo sanno anche i papisti più incalliti e i “papolatri”, almeno quelli intellettualmente onesti. Il punto sembra essere un altro: non è lecito, per una consistente fetta del variegato mondo cattolico, esprimere alcuna critica al Sommo Pontefice. Punto.
Come ha magistralmente sottolineato il prof. Roberto de Mattei in un recente articolo apparso su Corrispondenza Romana, “Il Catechismo ci insegna che al Papa si deve obbedire, perché l’obbedienza è una virtù morale che ci lega alla volontà del superiore, e tra tutte le autorità sulla terra non ve ne è una più alta del Papa. Ma anche l’obbedienza al Papa è uno strumento, e non un fine. L’obbedienza nella Chiesa comporta per il suddito il dovere di compiere non la volontà del superiore, ma unicamente quella di Dio. Per questo l’obbedienza non è mai cieca e incondizionata. Essa ha i suoi limiti nella Volontà di Dio, che si esprime nella legge naturale e divina e nella Tradizione della Chiesa, di cui il Papa è custode e non creatore”.
D’altra parte, il pontificato di Papa Francesco non ha nulla a che vedere con quello del suo predecessore Benedetto XVI e forse neanche con quello di Giovanni Paolo II. Anzi, taluni provvedimenti presi dal Papa attuale, in particolare il commissariamento dei frati Francescani dell’Immacolata e il divieto imposto agli stessi di celebrare la Messa secondo il c.d. Vetus Ordo, contraddicono in maniera clamorosa altri provvedimenti presi dai Pontefici precedenti, in particolare il Motu Proprio Summorum Pontificum con cui Benedetto XVI ha, per così dire, “sdoganato” la S. Messa di sempre, consentendone la celebrazione senza la necessità di alcuna previa autorizzazione, anche per gli ordini religiosi.
Il problema è lo stile? Il modo con cui si esprime la critica al Papa? Certo, anche questo è importante ma non scambiamolo, per cortesia, con la sostanza delle cose. E’ forse questo il motivo che ha indotto Mario Palmaro e Alessandro Gnocchi a scegliere un titolo dal forte impatto emotivo e mediatico, un titolo che non poteva che suscitare la reazione scomposta di una larga parte del mondo cattolico, “impigliato” all’interno di una logica – errata – di cieca obbedienza al Sommo Pontefice, che non trova alcuna rispondenza nella sana dottrina.
Sento dunque il dovere di esprimere la mia solidarietà, nonché il mio sincero ringraziamento, agli amici Palmaro e Gnocchi per il loro coraggio e per il loro impegno.
Alfredo De Matteo
I all the time emailed this web site post page to all my associates, for the reason tat if like to read it
RispondiEliminanext my friendss will too.