di Francesco Colafemmina
Se tutto il pontificato di Papa Francesco dovesse rivelarsi una ripetizione della giornata di Assisi, allora dubito che si sarebbe potuto chiedere di più allo Spirito Santo. Una giornata perfetta! Sono passati mesi e ormai sono rimasti in pochi a far le pulci al Papa: questo sì, questo no, questo forse. No, in realtà non si tratta di esaminare ogni dettaglio e criticare. Ci sono oggettivi problemi che derivano da una eccessiva confusione. Ma la confusione non nasce ora, è in circolazione da decenni. Qui servirebbe avere una visione univoca e chiara e purtroppo la visione manca a molti nella Chiesa, anche a coloro che non sono "progressisti", che non hanno vissuto gli ultimi 50 anni con l'ansia e l'obiettivo di "cambiare volto alla Chiesa".
Se tutto il pontificato di Papa Francesco dovesse rivelarsi una ripetizione della giornata di Assisi, allora dubito che si sarebbe potuto chiedere di più allo Spirito Santo. Una giornata perfetta! Sono passati mesi e ormai sono rimasti in pochi a far le pulci al Papa: questo sì, questo no, questo forse. No, in realtà non si tratta di esaminare ogni dettaglio e criticare. Ci sono oggettivi problemi che derivano da una eccessiva confusione. Ma la confusione non nasce ora, è in circolazione da decenni. Qui servirebbe avere una visione univoca e chiara e purtroppo la visione manca a molti nella Chiesa, anche a coloro che non sono "progressisti", che non hanno vissuto gli ultimi 50 anni con l'ansia e l'obiettivo di "cambiare volto alla Chiesa".
Chi mi conosce sa che ben prima di questo pontificato ho auspicato una
Chiesa fatta di Vescovi e Cardinali in grado di sporcarsi le mani con
chi soffre, con ciò che il Papa definisce "periferie esistenziali" tanto
per non incorrere nella banalità retorica di termini come "poveri",
"bisognosi", "ammalati" etc. Da troppi anni la Chiesa è costituita da
una gerarchia totalmente scollegata dalla realtà. Fatta di proclami
pastorali, liturgie show intese a glorificare il clero, spese folli per
happenings diocesani, nuove chiese, orribili pseudo opere d'arte o
meglio opere di pseudo-arte, farraginose strutture laicali, totale
assenza di trasparenza nella gestione del potere e del denaro e
autoritarismo della peggior specie.
Questa realtà generalizzata è per certi versi ambivalente, colpisce ogni
tendenza nella Chiesa Cattolica. Ma sento di non sbagliare quando
affermo che è propria di una Chiesa pienamente "conciliare", imbevuta
cioè di quel veleno chiamato "spirito del Concilio" veleno che
giustifica ogni slancio in avanti, ogni "aggiornamento" tranne quello
del clericalismo radicale e del connesso privilegio.
"Mondanità spirituale"! Ebbene, guardateli i mondani spirituali: i
Ravasi, gli Enzo Bianchi e i Mancuso, i Forte, i Riccardi... Ce n'è
un'intera falange... Ma il guaio è che per scongiurare clericalismo e
mondanità l'attuale Pontefice probabilmente ritiene di dover dare piena
"attuazione" a quello Spirito del Concilio, ossia di andare avanti ad
oltranza, dando incidentalmente definitiva efficacia a quelle
aspirazioni orizzontali e di de-mondanizzazione (per certi versi un po'
catara) che si leggevano in nuce nelle effervescenze degli anni '60.
Il problema è che con Benedetto XVI si è intravvista la possibilità di
rimettere in carreggiata la Chiesa sotto un profilo teologico e
liturgico. Ma la pastorale e soprattutto la declericalizzazione è stata
piuttosto trascurata. Se avessimo avuto un pontificato benedettiano con
un Papa attento a "impoverire" i suoi Vescovi e Cardinali (sempre pronti
a non ascoltare tutti i suoi richiami e le sue esortazioni), e magari
un po' più "pastorale", avremmo probabilmente evitato gli attuali
eccessi dannosi e per certi versi drammatici (penso al dialogo fra il
Papa e Barbapapà). Ma noi cosa possiamo farci? Dovremmo sforzarci di
essere cattolici coerenti ed autentici, non solo e sempre criticando o
esercitando il culto del sospetto. Credo che il Papa sia sommamente
bello se dopo aver indossato un luminoso paramento sacro intessuto
d'oro, ai piedi dell'altare, al termine del Sacrificio, si spogli delle
vesti liturgiche per indossare un grembiule e assistere il prossimo.
L'impatto tra l'altezza e l'onore riservati a Dio e la semplice terrigna
povertà di chi porta in dono solo l'amore di Cristo sarebbe
straordinariamente forte. Ma il Papa preferisce non salire troppo in
alto per non confondere un popolo di Dio che queste cose semplicemente
non le comprende.
Personalmente mi è bastato il Papa che prende per mano un bambino e se
lo porta a pranzo alla mensa dei poveri. Hoc sufficit. Non servono
troppe parole o troppe spiegazioni. Ci sono e ci saranno sempre nuove
contraddizioni, innovazioni, confusioni. Ma in fondo resta l'essenziale.
E l'essenziale lo testimoniamo non solo con le parole e l'esercizio
della ragione, ma con la vita. Non dobbiamo, non possiamo essere
"cristiani da pasticceria". E noi, immagino molti di voi lettori, non
appartengono a questa categoria. Siamo accomunati da una visione della
Chiesa legata alla tradizione non come ad un luogo definito del
passato, ma intesa come realtà metastorica, che fa la storia e vi opera.
E forse noi dovremmo salvare il Papa, questo Papa, dalla melensa
retorica di coloro che vorrebbero appropriarsene, dei tanti cattolici
pasticceri (frati, preti, suore, vescovi e cardinali inclusi) che
vorrebbero piegarlo alla loro "visione", quella coltivata e attesa negli
ultimi 50 anni. Se non siamo sinceri, se non ci svuotiamo dei nostri
pregiudizi, resteremo sempre in pasticceria. Meglio fare come quel
bambino, prendere per mano Cristo e portarlo nelle nostre vite, in
quelle di chi ci è vicino. In fondo, questo è il Vangelo.
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