I novant’anni di Mons. Bettazzi e quel tradimento del Concilio Vaticano II…
Monsignor Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea e già presidente dell’associazione Pax Cristi, compie novantanni e con l’occasione il quotidiano della Cei Avvenire gli ha dedicato un’ intervista.
Bettazzi partecipò, in qualità di vescovo ausiliare di Bologna, alle sezioni del Concilio Vaticano II, al seguito dell’arcivescovo Giacomo Lercaro, l’esponente di maggior rilievo della corrente dei progressisti. Se oggi la Chiesa cattolica ha riabilitato il pensiero liberale e l’opera di Antonio Rosmini, larga parte del merito va attribuito proprio a monsignor Bettazzi che contribuì alla riscoperta e alla valorizzazione dell’opera “Le Cinque Piaghe della Santa Chiesa” scritta dal sacerdote e messa all’indice dalla Chiesa risorgimentale. Bettazzi, nell’intervista, non manca di lamentare il mancato compimento della missione conciliare.
In tutti questi anni il vescovo liberal progressista, non si è stancato di denunciare quello che definisce “il tradimento del Concilio Vaticano II”, un tradimento che sarebbe stato consumato nel momento in cui, alcuni principi cardine, sono stati totalmente disattesi.
Bettazzi evidenzia la carenza di collegialità all’interno della Chiesa dove le decisioni continuano ad essere adottate al vertice; il mancato coinvolgimento dei laici; il settarismo delle comunità ecclesiali che, anziché allargare il perimetro della Chiesa, hanno finito con il restringerlo, diventando delle congreghe chiuse, riservate a pochi eletti adeguatamente selezionati. Il monsignore non nasconde le incomprensioni avute spesso con le gerarchie, proprio a causa della sua forte ostinazione nel voler attuare lo spirito conciliare, anche quando certe posizioni potevano apparire scomode, o non in linea, con l’orientamento generale dettato dai papi e dalla Cei.
Oggi però il vescovo emerito di Ivrea sembra intravedere “il sole all’orizzonte” e quel sole è rappresentato da papa Francesco. Anche Bettazzi è convinto che Bergoglio sia il pontefice giusto, capace di dare definitiva concretezza agli obiettivi dell’ultimo Concilio. L’ex presidente di Pax Cristi intravede nella decisione di modificare lo statuto della Cei, per consentire all’episcopato italiano riunito in assemblea di eleggere il presidente ed il segretario generale dell’organismo, il primo passo verso il raggiungimento della collegialità. Bettazzi, pur senza criticare le scelte fatte dai pontefici precedenti per ciò che concerne la nomina dei vari presidenti della Conferenza episcopale italiana, ha comunque rilevato come, le nomine calate dall’alto e senza un coinvolgimento della base, hanno finito con l’ingenerare disaccordo fra gli stessi vescovi, alimentando l’immagine di una Chiesa eccessivamente verticistica e poco in sintonia con la realtà delle diocesi. Dal raggiungimento della piena collegialità, è l’opinione di Bettazzi, si potrà poi dare attuazione anche agli altri obiettivi non raggiunti del Concilio. Nell’intervista non c’è alcun riferimento specifico ai temi etici e probabilmente non si è trattato di una dimenticanza. Perché, su questo argomento, è assai nota la posizione ultra liberale di Bettazzi.
Fu esplicitata molto bene in una lettera datata 2007 e inviata all’allora presidente del consiglio Romano Prodi. Nella missiva, dissociandosi dall’allora presidente della Cei Camillo Ruini, il vescovo oggi novantenne, incoraggiò il governo di centrosinistra ad andare avanti con l’approvazione dei contestatissimi Dico, per favorire così un pieno e dignitoso riconoscimento a tutte le unioni fondate sull’amore, comprese quelle fra persone dello stesso sesso. Per Bettazzi infatti non può esistere altro valore irrinunciabile per un cristiano che quello della solidarietà, come condizione imprescindibile per il conseguimento del bene comune. In quest’ottica oggi è possibile intravedere, secondo il “profeta di Ivrea”, l’alba di un nuovo giorno grazie a papa Francesco. Avrà ragione lui o sarà smentito dalla profezia del cardinale Severino Poletto, meno liberale e progressista, ma forse più realista di lui? Perché, in fondo, c’è sempre un confine oltre il quale non ci si può spingere. Il confine della verità che discende dal Vangelo, e come ha osservato Poletto, quel limite invalicabile nessuno può superarlo. Un confine che nemmeno il Concilio Vaticano II ha mai avuto l’ambizione di varcare. E’ anche per questo che Paolo VI prima e Giovanni Paolo II poi, si sono trovati a dover marcare ancora più vistosamente certi limiti insuperabili. E questo non ha significato tradire il Concilio, piuttosto indicarne la giusta interpretazione.
Bettazzi partecipò, in qualità di vescovo ausiliare di Bologna, alle sezioni del Concilio Vaticano II, al seguito dell’arcivescovo Giacomo Lercaro, l’esponente di maggior rilievo della corrente dei progressisti. Se oggi la Chiesa cattolica ha riabilitato il pensiero liberale e l’opera di Antonio Rosmini, larga parte del merito va attribuito proprio a monsignor Bettazzi che contribuì alla riscoperta e alla valorizzazione dell’opera “Le Cinque Piaghe della Santa Chiesa” scritta dal sacerdote e messa all’indice dalla Chiesa risorgimentale. Bettazzi, nell’intervista, non manca di lamentare il mancato compimento della missione conciliare.
In tutti questi anni il vescovo liberal progressista, non si è stancato di denunciare quello che definisce “il tradimento del Concilio Vaticano II”, un tradimento che sarebbe stato consumato nel momento in cui, alcuni principi cardine, sono stati totalmente disattesi.
Bettazzi evidenzia la carenza di collegialità all’interno della Chiesa dove le decisioni continuano ad essere adottate al vertice; il mancato coinvolgimento dei laici; il settarismo delle comunità ecclesiali che, anziché allargare il perimetro della Chiesa, hanno finito con il restringerlo, diventando delle congreghe chiuse, riservate a pochi eletti adeguatamente selezionati. Il monsignore non nasconde le incomprensioni avute spesso con le gerarchie, proprio a causa della sua forte ostinazione nel voler attuare lo spirito conciliare, anche quando certe posizioni potevano apparire scomode, o non in linea, con l’orientamento generale dettato dai papi e dalla Cei.
Oggi però il vescovo emerito di Ivrea sembra intravedere “il sole all’orizzonte” e quel sole è rappresentato da papa Francesco. Anche Bettazzi è convinto che Bergoglio sia il pontefice giusto, capace di dare definitiva concretezza agli obiettivi dell’ultimo Concilio. L’ex presidente di Pax Cristi intravede nella decisione di modificare lo statuto della Cei, per consentire all’episcopato italiano riunito in assemblea di eleggere il presidente ed il segretario generale dell’organismo, il primo passo verso il raggiungimento della collegialità. Bettazzi, pur senza criticare le scelte fatte dai pontefici precedenti per ciò che concerne la nomina dei vari presidenti della Conferenza episcopale italiana, ha comunque rilevato come, le nomine calate dall’alto e senza un coinvolgimento della base, hanno finito con l’ingenerare disaccordo fra gli stessi vescovi, alimentando l’immagine di una Chiesa eccessivamente verticistica e poco in sintonia con la realtà delle diocesi. Dal raggiungimento della piena collegialità, è l’opinione di Bettazzi, si potrà poi dare attuazione anche agli altri obiettivi non raggiunti del Concilio. Nell’intervista non c’è alcun riferimento specifico ai temi etici e probabilmente non si è trattato di una dimenticanza. Perché, su questo argomento, è assai nota la posizione ultra liberale di Bettazzi.
Fu esplicitata molto bene in una lettera datata 2007 e inviata all’allora presidente del consiglio Romano Prodi. Nella missiva, dissociandosi dall’allora presidente della Cei Camillo Ruini, il vescovo oggi novantenne, incoraggiò il governo di centrosinistra ad andare avanti con l’approvazione dei contestatissimi Dico, per favorire così un pieno e dignitoso riconoscimento a tutte le unioni fondate sull’amore, comprese quelle fra persone dello stesso sesso. Per Bettazzi infatti non può esistere altro valore irrinunciabile per un cristiano che quello della solidarietà, come condizione imprescindibile per il conseguimento del bene comune. In quest’ottica oggi è possibile intravedere, secondo il “profeta di Ivrea”, l’alba di un nuovo giorno grazie a papa Francesco. Avrà ragione lui o sarà smentito dalla profezia del cardinale Severino Poletto, meno liberale e progressista, ma forse più realista di lui? Perché, in fondo, c’è sempre un confine oltre il quale non ci si può spingere. Il confine della verità che discende dal Vangelo, e come ha osservato Poletto, quel limite invalicabile nessuno può superarlo. Un confine che nemmeno il Concilio Vaticano II ha mai avuto l’ambizione di varcare. E’ anche per questo che Paolo VI prima e Giovanni Paolo II poi, si sono trovati a dover marcare ancora più vistosamente certi limiti insuperabili. E questo non ha significato tradire il Concilio, piuttosto indicarne la giusta interpretazione.
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