Il nuovo Imperatore Cristianissimo? Putin: è stato lui l’uomo del 2013, per i cristiani
ZAR VLADIMIR:
ex oriente Dux?
C’è chi ha pensato a lui come l’uomo dell’anno appena passato. Se riconosciamo il primato alla politica rispetto ad altri campi, anche Papalepapale concorda. Perché Putin ha mostrato di avere i numeri per opporsi all’incofessato – ma sempre vivo – desiderio statunitense di fare del mondo una colonia U.S.A., di saper controllare l’opposizione interna, scadente e corrotta, di porsi come faro per coloro che si ribellano alla deriva morale, vestita a festa dal politicamente corretto, di un Occidente sempre più disinteressato a tutelare i valori cristiani. Vi sembra poco? A noi no.
di Andrea Virga
Se dovessimo guardare a una persona che si è distinta
particolarmente in questo 2013, appena terminato, la scelta potrebbe
variare in base ai criteri. Nonostante però sia ormai in uso pescare il
proprio candidato nei campi dell’economia o del sociale o della cultura o
della religione o addirittura dello sport, noi intendiamo riaffermare
non solo l’importanza, ma il primato della politica nella sfera pubblica
delle relazioni tra persone, rispetto agli interessi economici o alla
“società civile”. Nel nostro mondo occidentale, l’attività politica è
declassata a mera amministrazione, in base a quanto deciso altrove, e la
stessa classe politica, ancorché indegna, è spesso additata a capro
espiatorio per un cancro sociale, le cui metastasi e responsabilità sono
ben più articolate. Pertanto, auspichiamo che il Politico, considerato
da Aristotele connaturato all’essere umano, torni ad essere al centro
della vita pubblica, nel suo significato schmittiano di distinzione tra
amico e nemico e di decisione. A questo punto, il nostro uomo s’impone
da sé: Vladimir Vladimirovic Putin, Presidente della Federazione Russa,
recentemente definito dalla rivista Forbes come il più potente al mondo.
Una carriera dentro e oltre il comunismo sovietico
Ha poco più di sessant’anni, essendo nato
a San Pietroburgo (allora Leningrado) il 7 ottobre 1952. Il padre,
Vladimir Spiridonovic, era figlio del cuoco della dacia di Lenin e aveva
assolto il servizio militare, prima in marina, come sommergibilista,
poi nella polizia militare NKVD, durante la Guerra. Anche nella vita
civile, era un comunista convinto, membro del Partito e ateo militante.
La madre, invece, Maria Ivanovna Shelomova, era una devota cristiana
ortodossa, che provvide a battezzare il piccolo Vova e portarlo in
chiesa da bambino. Era un ragazzo irrequieto, che faceva arti marziali,
col sogno di diventare uno degli eroi dei servizi segreti rappresentati
alla televisione sovietica.
Dopo gli studi universitari, l’iscrizione al PCUS
e la laurea in diritto internazionale, entra nel KGB, dove lavora
inizialmente nel controspionaggio, in particolare alla sorveglianza
degli stranieri. Nel 1983, sposa Lyudmila Shkrebneva, dalla quale ha due
figlie. Due anni dopo, è trasferito a Dresden, nella Repubblica
Democratica Tedesca, dove è rimasto fino al 1990, assistendo alla caduta
del Muro e al crollo del mondo in cui era nato e cresciuto. Tornato a
San Pietroburgo, si dimette dai servizi, in occasione del tentato putsch
contro Gorbaciov, in modo da mettere in chiaro la sua distanza dai
vecchi apparati. Al tempo stesso, riallaccia i contatti all’Università
di Stato, in particolare con il suo ex-docente Anatoly Sobchak, ora
sindaco della città, di cui diventa consigliere per gli affari
internazionali.
Tre lustri di potere
In questo periodo, svolge mansioni dirigenziali
prima nell’ufficio del Comune di S. Pietroburgo (fino al 1996), e poi a
Mosca, nell’ufficio della Presidenza, facendo rapidamente carriera. Nel
1998, è nominato a capo del FSB, erede del KGB, e l’anno successivo
diviene Segretario del Consiglio di Sicurezza e Primo Ministro della
Federazione Russa. Pertanto, alle dimissioni anticipate di Boris Eltsin,
come da questi previsto, lo sostituisce in qualità di Presidente ad
interim, in attesa delle elezioni presidenziali del marzo 2000, che
vince con il 53% dei voti. A questo punto, inizia lentamente a
consolidare il proprio potere e ad avviare una politica autonoma, con
una serie di riforme sociali ed economiche, e una maggiore
intraprendenza in ambito estero. Nonostante gravi crisi politiche, come
il caso del sottomarino Kursk e degli ostaggi al Teatro di Mosca, il suo
operato è premiato dall’aumento rilevante dei consensi.
Nel 2004, è così rieletto con il 71% dei voti.
Nel corso del secondo mandato, la pressione da parte dell’opposizione
aumenta, ma il sostegno della popolazione russa resta forte, grazie
anche agli effetti positivi delle sue politiche. Non potendo
ricandidarsi per la terza volta consecutiva, cede temporaneamente lo
scettro a Dmitry Medvedev, un esponente moderato del suo stesso partito,
Russia Unita, acquisendo però la carica di Primo Ministro, che mantiene
per tutta la durata del mandato presidenziale. Dopo aver affrontato con
successo sia la crisi economica sia il conflitto militare con la
Georgia, si ricandida alle presidenziali del 2012, venendo eletto col
64% dei voti.
L’uomo forte del Cremlino
Vediamo ora quale politica abbia condotto in
questo periodo di potere. Sul piano interno, il delfino di Eltsin
sfodera presto i denti da squalo e ingaggia una lotta serrata per
imporre nuovamente ordine ad un Paese allo sbando dopo il collasso del
1991 e la crisi economica del 1998, squassato dal separatismo etnico
(come in Cecenia) e dominato dai grandi oligarchi, ex-burocrati della
nomenklatura o dei servizi divenuti miliardari ma virtualmente
indistinguibili dal crimine organizzato. Alcuni di essi, come Mikhail
Khodorkovsky (l’uomo più ricco della Russia), Boris Berezovsky o
Vladimir Gusinsky, sono arrestati o costretti all’esilio. Solo la
propaganda occidentale poteva trasformare questi autentici mafiosi in
paladini della libertà! Altri, invece, non meno loschi, come Roman
Abramovic e Arkady Rotenberg, decidono di piegare la testa davanti al
nuovo Zar. In particolare, il maggiore sostegno a Putin viene proprio
dai suoi ex-colleghi del KGB, vicini al Presidente, che emergono come
nuova élite.
A livello amministrativo, c’è una stretta in senso
centralista, con il Presidente acquisisce il potere di nominare
direttamente i governatori degli 89 soggetti federali, e la divisione di
questi in sette distretti economici, diretti da plenipotenziari di
nomina presidenziale. In questo modo, lo Stato acquisisce un maggiore
controllo sulle periferie, essenziale per combattere la criminalità.
Allo stesso scopo mirano le riforme della polizia e delle forze armate,
nonché la pubblicazione di nuovi codici legali. I risultati, pur con
tutti i limiti dovuti al fatto che la corruzione e il potere degli
oligarchi – e quindi delle mafie – restano rilevanti, sono comunque
positivi. I delitti diminuiscono statisticamente e la popolazione russa
si sente più sicura.
Si vis pacem, para bellum
Anche sul piano militare, Putin
non si è tirato indietro. Nei primi anni, ha concluso il conflitto in
Cecenia, sconfiggendo gli islamisti e mantenendo il controllo della
regione. Allo stesso modo, ha usato il pugno di ferro contro il
terrorismo di matrice islamista, anche in casi critici come quello della
scuola di Beslan. Nel frattempo, l’industria bellica ha ripreso a
crescere, ponendo le basi per una riforma delle forze armate nel 2008. È
stato ridotto il numero degli effettivi e delle unità, in favore di una
struttura più solida e centralizzata e una maggiore preparazione degli
ufficiali e dei sottufficiali. Il riarmo ha visto il ritorno di
esercitazioni militari nell’Artico, nel Mediterraneo e financo
nell’Atlantico, oltre al dispiegamento di sistemi d’arma offensivi come
portaerei e bombardieri a lungo raggio. La Russia è tornata ad essere
una potenza a tutti gli effetti anche in questo campo, anche se a un
livello d’investimenti inferiore rispetto agli Stati Uniti e alla Cina.
Putinomics: il mercato al servizio della nazione
Anche in economia, in soli otto anni, il Paese
ha riguadagnato una posizione di primo piano. Il prodotto interno lordo
è sestuplicato, salendo dal 22° al 10° posto a livello mondiale, ovvero
cresciuto del 72% a parità di potere d’acquisto (7° economia al mondo).
I redditi sono aumentati di due volte e mezzo, i salari triplicati,
povertà e disoccupazione dimezzate. Il debito sovietico è stato ripagato
entro il 2005. Questi risultati significativi non sono stati certo
ottenuti attraverso la formula del “più mercato”, ma attraverso
un’economia mista, in cui lo Stato ha un ruolo centrale. Da una parte,
la tassazione interna è stata ridotta in maniera rilevante, introducendo
una flat tax del 13%, e riducendo la pressione fiscale a livelli
inferiori rispetto alla maggior parte dei Paesi Europei. Dall’altra,
misure protezioniste hanno scoraggiato le importazioni e tutelato le
industrie nazionali, penalizzando le delocalizzazioni e attirando gli
investimenti stranieri.
Inoltre, lo Stato, oltre a nazionalizzare le proprietà
degli oligarchi più riottosi, ha promosso la creazione di grandi
conglomerati industriali per risollevare settori importanti
dell’economia, come l’aeronautica, la cantieristica, l’industria
nucleare e quella nanotecnologica. Certo, un ruolo importante è tuttora
svolto dal settore energetico e delle materie prime, per cui la Russia è
uno dei primi produttori mondiali. Certo, è grazie alle risorse del suo
immenso territorio che è potuta tornare a svolgere il ruolo di grande
potenza, che le è stato proprio dai tempi di Pietro il Grande. Tuttavia,
con Putin, è cambiato il modo di gestire queste risorse rispetto alla
cleptocrazia degli anni ’90, avallata dall’alcolista Eltsin e dalle
potenze occidentali, storici rivali della Russia.
Il campione del multipolarismo…
Lo stesso è avvenuto in politica estera,
dove la Russia di Putin rappresenta uno dei capisaldi del cosiddetto
multipolarismo, ossia la concezione geopolitica per cui all’egemonia
unilaterale degli Stati Uniti e della NATO (unipolarismo) si deve
sostituire un rapporto paritario tra i principali blocchi continentali e
subcontinentali, a partire dai c.d. BRIC (Brasile, Russia, India,
Cina), che ormai competono con le vecchie potenze occidentali (Stati
Uniti, Germania, Giappone, Francia, Regno Unito). Il nuovo zar ha subito
stretto alleanza con gli altri BRIC, costituendo la Shanghai
Cooperation Organization (SCO) con la Cina e altri Paesi centroasiatici,
e allacciando rapporti di cooperazione strategica anche con l’India,
nonché Paesi più lontani come l’Indonesia, il Brasile, il Venezuela e
Cuba. Nel Medio Oriente, i suoi partner privilegiati restano l’Iran e la
Siria, ma non mancano rapporti positivi tra la Russia e Israele,
tramite il partito nazionalista laico Yisrael Beiteinu, composto da
Ebrei russi di recente immigrazione.
Questo ha portato ad un antagonismo nei
confronti delle iniziative statunitensi e atlantiche, temperato solo dal
fatto che la Russia è rimasta a lungo tempo in una posizione
d’inferiorità rispetto alla superpotenza a stelle e strisce. In
particolare, ha dovuto difendersi dai tentativi occidentali di
strangolare la nazione eurasiatica stabilendo basi militari e regimi
amici nei Paesi ex-sovietici. In quest’ottica si deve vedere
l’allargamento ad est dell’Unione Europea e della NATO. A questo hanno
mirato, essenzialmente, le Rivoluzioni Colorate finanziate e promosse
dal gangster finanziario George Soros. I casi più eclatanti sono quelli
dell’Ucraina, con Yushchenko e la bionda “pasionaria” Yuliya Timoshenko
che hanno fatto leva sulla russofobia delle regioni occidentali, e della
Georgia di Saakashvili. Contro quest’ultima, le forze russe sono
intervenute militarmente, a tutela delle minoranze etniche abcasa e
osseta, le quali avevano dichiarato unilateralmente la loro indipendenza
nel 1993.
… e l’amico di Silvio
Viceversa, con il Kazakistan di
Nursultan Nazarbayev e la Bielorussia di Aleksandr Lukashenko sono stati
mantenuti ottimi rapporti d’alleanza. E anche l’Europa resta comunque
un valido partner commerciale della Federazione Russa, specie come
acquirente per il gas e il petrolio. Non a caso, i due Paesi europei con
il maggior flusso commerciale con la Russia sono la Germania e
l’Italia. In particolare, il nostro Paese aveva intensificato questi
rapporti durante il governo di Silvio Berlusconi, il quale ha sempre
intrattenuto rapporti amichevoli con Vladimir Putin sul piano personale.
Questa amicizia – come pure quella con Gheddafi – ha contribuito a
rendere Berlusconi sgradito all’opinione pubblica liberale e
progressista in Italia e in Europa, e quindi alla sua caduta. D’altra
parte, anche Putin ama i piaceri della vita come il suo sodale italiano,
benché con maggiore discrezione.
Tra Mussolini e Chuck Norris: il mito di Putin
Anche nel suo rapporto con le masse,
Putin ha sicuramente dei punti in comune con Berlusconi, per quanto il
suo forte protagonismo assuma i tratti cesaristici dell’uomo forte
asiatico, più che quelli dell’imbonitore brianzolo, arrivando a
ricordare il Duce della “Battaglia del Grano”. Non c’è posa virile in
cui non sia stato ritratto: ha pilotato auto da corsa, aerei militari e
perfino un canadair per spegnere un incendio boschivo; praticato arti
marziali (è cintura nera di sambo, judo e karate), motociclismo,
equitazione, canottaggio, pesca e nuoto nei fiumi siberiani
(rigorosamente a torso nudo), si è immerso in un sottomarino e da
subacqueo ha visitato un sito archeologico; ha addormentato tigri,
tranquillizzato orsi polari, tracciato balene, pescato storioni e
salvato aironi in pericolo. Non ha neanche disdegnato attività più
culturali, come cantare accompagnandosi al pianoforte e dipingere a
scopo di beneficienza.
Ciò ha avuto un impatto notevole sulla cultura
popolare russa: gli sono state dedicate numerose canzoni e perfino
fumetti e libri per bambini, per tacere del merchandising con la sua
immagine: dalla vodka e il caviale alle magliette e al cibo in scatola.
Addirittura, alcune studentesse dell’Università di Mosca avevano posato
per un calendario come dono per il suo 60° compleanno. Si sprecano
ovviamente le barzellette su di lui. Pure nel resto del mondo, non
mancano i suoi ammiratori sul piano politico e non, tanto da dar vita ad
un culto semiserio della personalità, analogo a quello tributato su
internet all’attore texano Chuck Norris. Una leggenda metropolitana
racconta:
«La notte della caduta del Muro a Dresda qualche
centinaio di tedeschi ubriachi ha prima distrutto un edificio della
STASI e poi si sono apprestati a fare lo stesso con un edificio contiguo
del KGB. Nell’edificio c’erano alcuni agenti russi tra i quali un
tenente colonnello, costui è uscito dicendo che quello era un edificio
appartenente all’URSS e che se avessero toccato qualcosa, nella sua
pistola c’erano 12 colpi, dei quali 11 erano per loro, e il dodicesimo
lo avrebbe riservato per se. I tedeschi si sono dispersi.
Quell’ufficiale era Vladimir Putin.»
Non c’è quindi dubbio che egli goda effettivamente del consenso della maggioranza della popolazione russa, più ancora che non il suo partito, Russia Unita.
La vera opposizione russa è ancora più estremista
Ovviamente esiste anche un’opposizione in Russia,
che descriveremo in maniera sommaria. L’opposizione parlamentare è
quella maggioritaria e, in realtà, condivide a grandi linee la stessa
impostazione patriottica di Putin. Russia Giusta, vicina a Medvedev,
rappresenta una versione di Russia Unita un po’ più moderata in politica
estera e socialdemocratica. Alle ali estreme, ci sono due ampie
formazioni che accusano Putin di essere troppo liberale e
occidentalizzato. Una è il Partito Liberal Democratico (sic!) di
Vladimir Zhirinovsky, un ultranazionalista russo di origini ebraiche al
cui confronto Borghezio è un’opinionista di Repubblica, tanto da essere
persona non grata in numerosi Paesi. L’altra è il Partito Comunista
della Federazione Russa di Gennady Zjuganov, che ha abbandonato
l’ateismo e l’internazionalismo, per una ripresa del nazionalcomunismo
stalinista. Il PCFR critica il capitalismo russo e propone un più ampio
programma sociale e la nazionalizzazione delle proprietà degli
oligarchi.
Dittatore fascista all’estero, statista democristiano in Patria
Se qui in Italia avevamo un centrodestra liberista
e filoatlantico accusato dal centrosinistra di non esserlo abbastanza,
in Russia hanno un centrodestra nazionalista ed antiamericano, accusato
dalla sinistra di non esserlo a sufficienza. Putin ha sempre assunto una
politica centrista nello scacchiere interno, mediando tra le diverse
sensibilità politiche. Ad esempio, pur ammonendo che gli immigrati
devono parlare il russo e rispettare le leggi, ha ribadito che la
Federazione Russa è un Paese plurietnico e tollerante, rintuzzando gli
ultranazionalisti. Allo stesso modo, pur appoggiando e promuovendo le
leggi che impediscono la propaganda omosessualista verso i minori, ha
predicato tolleranza e accettazione verso le persone omosessuali. I
media occidentali lo ritraggono come un feroce dittatore fascista,
dimenticando che la Russia ha recentemente proposto una risoluzione ONU
contro il nazismo, approvata nonostante il voto contrario degli Stati
Uniti.
Tagliatori di teste e bombaroli benedetti dal mondo libero
In effetti, a parte il fatto che l’invasione del 1941, costata
all’URSS circa 26,5 milioni di morti, non ha lasciato un bel ricordo
della svastica, i neonazisti russi (quelli veri), non di rado decapitano
gli immigrati e poi ne postano il video su internet. In realtà, la
risoluzione è mirata a contrastare quei gruppi ultranazionalisti e
russofobi nei Paesi ex-sovietici che si rifanno alla lotta di quei
combattenti o quei popoli che si allearono con Hitler contro
l’oppressione staliniana. Ancora oggi, l’Occidente non si fa scrupoli di
benedire l’estrema destra – la stessa che ipocritamente demonizza in
casa propria – pur di contrastare Putin. È il caso di Svoboda in
Ucraina, amici di Forza Nuova, o dei Nazional-Bolscevichi in Russia,
pienamente integrati nell’opposizione liberale.
D’altra parte, per i lavori sporchi, ci sono sempre
i fondamentalisti islamici. Si tratta della stessa compagine di
jihadisti salafiti reclutati da Al-Qaeda per conto CIA che ha iniziato
la sua carriera proprio contro l’Armata Rossa in Afghanistan, e ha
proseguito contro i Serbi in Bosnia, salvo diventare terroristi nel
2001, quando hanno dato il pretesto per invadere Iraq e Afghanistan e
intervenire coi droni in Pakistan, Yemen e Somalia. Recentemente, sono
tornati ad essere “combattenti per la libertà” in Libia, Egitto e Siria,
ma hanno sempre preso di mira la Russia, fin dalle due guerre in
Cecenia, epicentro dell’insorgenza islamista volta ad instaurare un
emirato fondamentalista nel Caucaso. In questi anni, si sono
contraddistinti per l’efferatezza delle loro gesta nei confronti dei
civili – a Beslan nel 2004 così come nei giorni scorsi a Volgograd. È un
caso che quest’ultima serie di attentati segua il rifiuto di Putin di
accordarsi con i sauditi sulla questione siriana?
Pochi e confusi nei numeri e nelle idee
E a proposito dell’opposizione di piazza,
essa raccoglie formalmente un ombrello di forze sovversive di tutto
“rispetto”: anarchici, femministe, ecologisti, trotzkisti, sindacati,
liberali, omosessualisti, libertari, neonazisti, radicali, non manca
nessuno al serraglio colorato su libro paga di Soros e delle altre ONG
targate Washington o Bruxelles. Anche tra i leader, c’è grande varietà:
si va dallo scrittore punk nazionalbolscevico Eduard Limonov, allo
scacchista Garry Kasparov, all’oligarca mafioso Khodorkovsky,
all’ex-ministro corrotto di Putin Mikhail Kasyanov. Riesce difficile, in
effetti, pensare ad un programma comune concreto per un eventuale
dopo-Putin. Ad un sì gran numero di sigle, non corrisponde però
altrettanta partecipazione popolare: le proteste negli ultimi anni hanno
portato in piazza non più di 160.000 persone a Mosca (a voler prendere
per buone le cifre degli organizzatori). È un po’ poco per una metropoli
di 11 milioni e mezzo di abitanti!
Il pugno di velluto dello Zar
Tuttavia, checché ne dicano i nostri media,
la Russia è ben lungi dall’essere una dittatura. Certo, è ancora
travagliata da una situazione sociale difficile e da una corruzione
rampante che danneggia la vita politica e le libertà personali, ma
questo è una conseguenza del traumatico passaggio dal comunismo
sovietico al capitalismo selvaggio, favorito dallo stesso Gorbaciov,
burocrate sovietico che è invece osannato in Occidente. Naturalmente, la
“democrazia sovrana” di Putin si difende da coloro che intendono
sovvertire e rovesciare la sovranità del popolo russo. E si sa che la
polizia locale non va molto per il sottile, come ha potuto costatare di
persona un altro Vladimir, in arte Luxuria. Tuttavia, il nostro Vladimir
sa anche essere misericordioso, come testimonia la recente amnistia, di
cui hanno beneficiato, tra gli altri, le Pussy Riot. Si spera che la
boccata d’aria siberiana abbia rinfrescato le idee a quelle sciagurate.
Anche il caso Politkovskaja, spesso tirato in ballo
al riguardo, andrebbe considerato più attentamente. Come ricordato
dallo stesso Putin ai manifestanti che gli rinfacciavano l’assassinio
della giornalista: la sua morte ha aumentato la sua fama e la sua
popolarità, specie all’estero, per cui è stata controproducente per il
governo russo. È molto più probabile che il mandante sia stato
un’oligarca – probabilmente il governatore della Cecenia Ramzan Kadyrov –
che pensava di fare un regalo al Presidente (o di eliminare un nemico,
gettando la responsabilità su di lui). Se poi si vuole credere che un
ex-agente del KGB sia così poco furbo da far assassinare un dissidente
il giorno del proprio compleanno, creando un martire…
La voce di Mosca: Dio, Patria, Famiglia
Veniamo, infine, al rapporto tra Putin e la religione.
Proseguendo la linea intrapresa fin dall’inizio della nuova Russia
postcomunista, egli ha sempre tutelato la libertà religiosa, in
particolare delle quattro religioni considerate storiche: il
cristianesimo ortodosso, il giudaismo, l’islam e il buddismo. Egli
stesso nel 2007 ha promosso la riunificazione tra la Chiesa Russa
Ortodossa sopravvissuta all’URSS e quella fondata in esilio. I suoi
rapporti col Patriarcato di Mosca sono sempre stati cordiali e molti
stretti. Allo stesso modo, a fianco della lotta contro i fondamentalisti
islamici, non è mancato il rispetto verso altre correnti islamiche,
come il sufismo e lo sciismo, tanto che egli gode di buona stampa presso
varie minoranze musulmane, quali i Tartari. E pure la comunità ebraica
russa ha un ottimo parere di Putin.
In un contesto in cui milioni di russi sono tornati
a credere in Dio, il Presidente, si è, infatti, sempre adoperato per
assicurare buoni rapporti tra lo Stato e le varie religioni, compresa
quella cattolica, di “importazione” piuttosto recente, ma ormai ben
presente, nonostante la diffidenza degli ortodossi. Putin ha sempre
guardato positivamente il dialogo tra cattolici e ortodossi, ritenendo
giustamente che uno Stato plurietnico come quello russo debba fondarsi
sulla concordia tra i vari gruppi etnici e religiosi. Per questo, ha
deciso di tutelare la famiglia naturale, limitando la propaganda dei
gruppi omosessualisti e impedendo l’adozione dei bambini russi da parte
di coppie omosessuali. E allo stesso modo, sensibile alle tematiche
famigliari, ha varato riforme sociali atte a combattere la gravissima
crisi demografica in cui versava il Paese, riuscendo ad arginare
l’emorragia di popolazione causata dalla bassa natalità e dall’alta
mortalità.
Credente ma non esibizionista
Al tempo stesso, egli non ha mai insistito più
di tanto sulla propria religiosità personale, diversamente da altri
politici: «Ci sono cose cui credo che non dovrebbero essere, almeno
nella mia posizione, date in pasto al pubblico, poiché suonerebbe come
un’autopromozione o uno striptease politico». Del resto, la sua vita
privata, pure molto discreta, non manca di scappatelle extraconiugali,
che potrebbero aver contribuito alla recente separazione dalla moglie.
Tuttavia è assodato che egli sia un cristiano ortodosso. Battezzato da
piccolo, come abbiamo accennato, avrebbe ritrovato la fede dopo esser
scampato ad un incidente d’auto (1993) e a un incendio nella sua dacia
(1996). Legge la Bibbia e porta sempre al collo una croce che sua madre
gli diede da far benedire in occasione di un suo viaggio ufficiale in
Terrasanta, e in occasione del recente incontro con il Santo Padre
Francesco ha baciato un’icona della Madonna, in segno di rispetto e
devozione.
Il calvario dei cristiani del Medio Oriente
Proprio questo incontro è importante per comprendere
meglio la nostra scelta di proporre Putin come personaggio del 2013.
Oltre ad aver parlato dei rapporti tra cattolici e ortodossi in Russia,
ma soprattutto Ucraina (dove al conflitto tra eurofili e russofili si
sovrappone quello tra uniati greco-cattolici e russo ortodossi), la
conversazione si è concentrata sul Medio Oriente, dove l’avanzata
dell’islam radicale minaccia le comunità cristiane che vivono da duemila
anni in quei Paesi.
Ancora cent’anni fa, nonostante secoli e secoli
di dominio islamico, i cristiani rappresentavano una minoranza
consistente ed economicamente influente in tutto il Levante, dall’Egitto
alla Turchia, dall’Iraq alla Palestina. Poi, a causa dell’aumento
demografico dei musulmani e dell’emigrazione, avevano perso man mano
questa preminenza. Le rivolte arabe del 2011 hanno segnato la fine di
molti regimi laici e nazionalisti che costituivano una barriera contro
le forze islamiste. Oltre al caso dell’Egitto, dove i militari hanno
reagito estromettendo dal potere i Fratelli Musulmani, è soprattutto
importante il caso siriano.
Solo Dio, Siria e Bashar!
In Siria, da due anni, si combatte contro il
Presidente Bashar al-Assad, nonostante le riforme varate in risposta
alle proteste di piazza. La patina di presentabilità degli insorti data
da una manciata di intellettuali democratici è ormai svanita mostrando
la realtà di gruppi islamisti (non di rado in contrasto violento tra
loro) che insanguinano il Paese. Con il pretesto di opporsi al laico
alauita Assad, questi tagliagole fanno pulizia etnica delle minoranze
religiose (alauiti, sciiti, cristiani). Migliaia di nostri confratelli
hanno conosciuto il martirio ad opera di queste orde di assassini. Non
c’è da stupirsi dunque se il legittimo governo reagisce con la forza.
Ovviamente, gli Stati Uniti hanno visto subito l’occasione di
intervenire, come in Libia, a sostegno dei ribelli, in modo da eliminare
un Paese scomodo, alleato con l’Iran e ostile ad Israele. Soprattutto,
la Siria ospita una base navale russa a Tartus, l’unica nel
Mediterraneo. Questo fattore però ha fatto sì che questa volta Putin
abbia deciso di puntare i piedi, armando il suo alleato ed imponendo il
veto, nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ad ogni intervento
militare nel Paese.
A scorno della retorica teocon, i cristiani arabi
non sono mai stati difesi dagli interventi occidentali, bensì dai
dittatori nazionalisti e socialisti, che hanno sempre tutelato la
libertà religiosa. Si è visto in Iraq a cosa abbia portato la caduta di
Saddam per le comunità cristiane: persecuzioni, terrore, morte, esilio.
Ora in Siria è Bashar al-Assad a difendere concretamente le millenarie
comunità latine, melchite, ortodosse, armene dalle stragi e dai massacri
dei tagliatori di teste salafiti, finanziati dagli sceicchi del Golfo.
Tuttavia, anche lui non avrebbe potuto resistere alla pressione
internazionale senza il sostegno concreto di Vladimir Putin.
Defensor Fidei
Al Presidente Putin, che è intervenuto
fattivamente per difendere i nostri fratelli cristiani della Siria,
mentre i vari politici democristiani o conservatori europei nicchiavano o
flirtavano coi terroristi; allo “Zar” Putin, che ha riportato la Russia
alla sua vocazione imperiale, facendone un freno nei confronti
dell’imperialismo a stelle e strisce; a Vladimir Putin, che ha difeso la
famiglia naturale, contro gli strilli delle scrofe allevate nei porcili
euroamericani, non può quindi, al di là delle umane imperfezioni, che
andare il nostro sostegno e il nostro elogio.
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