Papa Francesco, la vera rivoluzione. Scalfari e la curia spodestata
ROMA – Andare a portare i soldi ai poveri di Roma personalmente, vestito da semplice prete, come si mormora da tempo di qua e di là dal Tevere. Fare una ramanzina di tre ore ai Superiori di tutti gli Ordini religiosi del mondo, suore, frati, fratelli e sorelle, riuniti a San Pietro, quando doveva solo salutarli e fare gli auguri di Fine Anno. Cancellare la piccola fiera delle vanità dei “monsignori”, il primo grado di promozione dei sacerdoti secolari, riducendo ai minimi termini questa piccola onorificenza alla quale godeva il 33 per cento del clero, appunto denominato secolare…….
Papa Francesco, papa Bergoglio, il prete venuto dal mondo alla fine del mondo, non si ferma mai.
Altro che effetto mediatico iniziale, dopo la sua travolgente nomina e le altrettanto travolgente mosse iniziale del suo pontificato: affacciarsi dalla Loggia del Vaticano, dopo l’”habemus papam” senza la mozzetta, con le scarpe nere ortopediche, con la croce di ferro sul petto e presentarsi come il vescovo di Roma, snobbare l’appartamento papale e starsene in santa Marta, il residence a basso costo. E poi tutto il resto ben più sostanziale delle prime riforme vaticane, l’ “attacco alla Curia”, il nuovo segretario di Stato, Daniele Parolin al posto di Tarcisio Bertone, il ridimensionamento della Cei di Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente “dimezzato” subito, in attesa che a maggio salti per aria tutta la Conferenza Episcopale Italiana.
Francesco non si ferma mai e segue nella sua azione un filo principale: i poveri, i bisognosi, chi sta male, fino a diventare perfino l’oggetto della satira del comico Maurizio Crozza, con quello spot del papa che si “camalla” un frigorifero lungo la via Salaria per consegnarlo personalmente a una vecchina che aveva denunciato di non possederlo.
Il contatto diretto, l’elemosina consegnata brevi manu, la telefonata, la pioggia di telefonate, magari suggerite da qualche mago della comunicazione: “Pronto sono il papa Francesco”, a grandi come Eugenio Scalfari o a piccoli come le suorine di quel convento che sono “fuori stanza” e si beccano la divertira ramanziana via segreteria telefonica di Francesco!
La visione mondiale della Chiesa cattolica che si divora quella romana e vaticana.…..I cardinali scalzi del Terzo e Quarto mondo davanti a quelli profumati delle potenti chiese occidentali…. E dobbiamo ancora vedere quali cardinali il nuovo papa farà entrare nel prossimo Concistoro di febbraio nel sacro Collegio. Francesco non lascia trapelare i nomi degli otto eletti, a differenza dei suoi predecessori, ma ne vedremo delle belle, sicuramente.
Ma insomma cosa sta succedendo alla Chiesa? Uno degli esegeti più riservati e raffinati dell’azione papale, don Marino Poggi, monsignore genovese, già primo missionario a Cuba e oggi direttore della Charitas di Genova, predicatore adorato da folle trasversali di cattolici e laici aveva già “letto” Francesco per Blitz, all’indomani della sua nomina, mettendo in primo piano un linguaggio nuovo costruito per farsi ascoltare da un mondo laico oramai insensibile ai messaggi della Chiesa e da un mondo cattolico choccato dagli scandali sessuali e finanziari.
Era ed è il linguaggio dei poveri, di chi si mette al loro livello per, appunto, farsi ascoltare, mission impossibile oramai nel mondo relativizzato e secolarizzato. Tutti i segni iniziali di Francesco erano in quel senso, dal suo abito ridimensionato, dalla sua borsa trascinata come un commesso viaggiatore qualunque, dalla sua auto utilitaria, dalla sua residenza con la prima colazione fatta in comune con i turisti e i preti di passaggio…..
“Oggi si può dire, dopo sei mesi e mezzo di nuovo pontificato, che stiamo assistendo a una nuova “centratura” del problema religioso, più che di una rivoluzione” _ spiega don Marino Poggi.
E dice proprio “centratura”, un termine per indicare una azione che sposta l’obiettivo primario della Chiesa.
“ Francesco vuol far capire che la sua religione non è potere , ma è legame e relazione. Cosa vuole dire etimologicamente religione? Viene da re-ligare, creare un legame sicuramente gratuito d’amore e quindi di gioia”
Invece come veniva interpretata la religione, sopratutto in Occidente? Una religione, insomma, intesa come una regola che disciplinasse il potere e questo ha provocato anche odio verso la Chiesa potente, dispensatrice di potere e delle sue conseguenze materiali.
Che cosa ha ispirato il nuovo papa a cercare una altra “centratura” e come ha fatto così rapidamente a capovolgere non solo un modo di fare il papa, ma la sostanza della azione religiosa, se vogliamo chiamarla così, anche al di là delle trovate mediatiche a grande effetto?
“L’occasione l’ha avuta sul piatto d’argento papa Francesco_ spiega Marino Poggi_ dopo il Sinodo dei vescovi del 2012, che gli ha consentito di scrivere la ultima Lettera Apostolica, che ne raccoglieva le conclusioni. Il Sinodo, al quale avevano partecipato trecento vescovi venuti da tutto il mondo, si era concluso con cinquanta proposizioni di nuova evangelizzazione. Il Sinodo indica i modi non i contenuti, è una vera assemblea e tradurre quello che usciva da lì è stata la grande occasione del nuovo papa…”.
Perchè una grande occasione, come se il papa, un nuovo papa non ne avesse già, dal momento che è appena arrivato e si impone con la sua nuova perssonalità, con il suo stile, con la forza della scelta che lo ha fatto salire al supremo Soglio di san Pietro?
“ La grande occasione è quella che si deve di nuovo evangelizzare _ spiega ancora il prete genovese che vive in mezzo ai poveri _ cioè etimologicamente “dare una buona notizia”, dire agli uomini che cercano qualcosa qual è la direzione da prendere, il bello che si può trovare nel mondo, sulla terra creata da Dio. Francesco doveva lanciare questa nuova evangelizzazione e aveva il mezzo per farlo subito, oltre alla sua personale forza.”
Ed ecco che arrivano i poveri, quelli per i quali papa Francesco si muove con tutte le sue mosse, i suoi gesti, i suoi”modi” per farsi ascoltare dal mondo, mentre annuncia quella che è la “buona novella”.
Ma chi sono i poveri oggi, non certo solo le molttitudini di disperati che a miliardi vagano per i continenti e da un continente all’altro, cercando qualcosa, che si spostano biblicamente per i deserti e per i mari e magari vengono a morire a Lampedusa, dove Francesco corre con la sua veste bianca e la sua croce di ferro? E in tasca le “lemosine” del Vaticano, così diverse dai forzieri dello Ior, di cui solo si parlava prima.
Don Marino ti spiazza con la sua risposta:
“Il povero aspetta senza sapere che cosa e chi aspetta: il povero è uno senza identità, è povero psicologicamente, economicamente, anche fisicamente……Il povero cerca una relazione, come i vù cumpra (una volta si chiamavano così) che incontri per la strada e che non vogliono solo la tua moneta, ma anche parlare, farsi salutare, farsi riconoscere….”
E allora la categoria dei poveri nella visione franceschiana non è solo quella iconografica che abbiamo sempre davanti agli occhi. Si allarga, se seguiamo don Marino e la sua classificazione di “chi cerca una relazione”. “ E’ povero il divorziato, l’orfano, il disoccupato, il malato, l’anziano: cercano tutti, amore, affetto, genitori, vicinanzia, lavoro, assitenza.”
Come mai papa Francesco si dedica sopratutto a due categorie i bambini e gli anziani? Li cerca peerchè sa che attendono una relazione e allora cerca di soddisfare i loro bisogni, offre la sua presenza, si fa perfino prendere in giro mentre porta il frigorifero sulle spalle alla signora della via Salaria.
E’ un messaggio che trasmette la gioia del Vangelo, di portare “ la buona novella”.
Non è un caso che uno dei best seller nel mondo cattolico, e non solo in questo, del Natale e delle sue feste comandate è stato proprio “Evangelii Gaudium” la lettera apostolica di Francesco, pubblicata dalle Edizioni Paoline, tecnicamente la “Esortazione apostolica ai vescovi, ai presbiteri e ai diaconi, alle persone consacrate e a tutti i fedeli laici sull’annuncio del Vangelo al Mondo attuale”.
Non ci vuole molto a capire qual è la gioia della relazione cercata da queste diverse categorie di “poveri”, se la si misura sui riti e le tradizioni del Natale appena concluso. “Qual è la gioia di mangiare a Natale? _ si chiede don Marino_ non certo solo quella di riempirsi di cose buone, di sentirsi sazio. La gioia è di mangiare insieme, più si è a tavola, più si è contenti a Natale. E’ più forte il piacere della relazione che quella di abboffarsi.”
Questo ragionamento sulle relazioni porta lontano sulla strada di Francesco e porta a far criticare da don Marino anche uno dei più illustri interlocutori del papa Francesco di questi tempi “ruggenti” mediaticamente per la Chiesa, Eugenio Scalfari, il grande giornalista cui il papa ha telefonato, che il papa ha incontrato, suscitandone vere e proprie “illuninazioni” folgoranti per un laico-non credente.
“Scalfari non ha capito quando ha scritto che il papa ha cancellato il peccato, ha acceso la luce, ha cancellato il buio _ si infevora un po’ don Marino_ Il concetto vero è la luce e nella luce oggi c’è una nuova priorità che non è quella di dettare le regole che cancellano il peccato. Oggi viene prima di tutto la relazione con gli altri……Il peccato oggi è la mancanza di relazione, non bastano più le vecchie regole a definire il peccato, questo dice Francesco, perchè prima viene la necessità di creare relazioni, incominciando da quelle con i poveri.”
Una simile rivoluzione o “centratura” nuova della Religione avrà prodotto i suoi effetti nella gerarchia della Chiesa che vede capovolgersi molti dei suoi criteri di potere e di azione. Cosa sta succedendo nella Chiesa, nel suo potere, nelle “linee di comando”, nella Curia, appunto sinonimo di cristalizzazione del potere?
“Chi usava la Chiesa come esercizio del potere oggi si sente spodestato_ dice don Marino Poggi _ e sono molti di più di quelli che si immagina e non solo in Vaticano, nelle Congregazione, nelle Diocesi, perfino nelle parrocchie. Sicuramente costoro metteranno in atto le azioni per reagire a questa nuova “centratura”, che pone davanti a tutto la necessità della Chiesa di farsi ascoltare, piuttosto che quella di affermare la verità.”
Questo è un mondo che non ascolta e non solo rispetto ai messaggi della Chiesa, quella di “prima” e quella di oggi con Francesco.
Don Marino usa esempi molto più civili per smascherare la società sorda alla quale Francesco si rivolge, una società malata perchè agisce senza aguzzare le orecchie. “La scuola che fa? Sbaglia perchè non ascolta e quindi non forma uomini, ma riempie vasi vuoti, offre mezzi tecnici, ma non basta…I manager, gli uomini che governano le imprese, le aziende, che fini hanno se non quello di sintonizzarsi con le dimensioni del potere, non certo quello di ascoltare. E come vanno allora le aziende?
Questa rivoluzione-centratura che sta disegnando un nuovo ruolo della Chiesa nel mondo arriva_ secondo don Marino_ dopo almeno tre secoli nei quali la lotta era contro Illuminismo, Positivismo, Relativismo progressivamente trionfanti sulla capacità di farsi ascoltare. “Perchè il marxismo poi ha avuto successo? si chiede don Marino _ non per la sua proposta, ma perchè pensava ai poveri. L’uguaglianza poi ha ucciso tutti.”
Il retaggio dell’uguaglianza a tutti i costi, imposta politicamente, pesa anche nel mondo di oggi, nella sua organizzazione, dopo la caduta di tutti i muri e le trasformazioni globali dei sistemi politici, quasi ovunque.
Cosa resta? Che abbiamo paura della diversità, ecco come si spiega l’omofobia. Non riusciamo ad accettarci per come siamo: questo atteggiamento negativo ha molto da vedere con una delle spine più conficcate anche nella Chiesa che si sta “ricentrando”.
Così don Marino spiega, cercando di interpretare anche papa Francesco e il suo approccio sui delicatissimi temi etici.
“Perchè vogliamo chiamare matrimonio quello tra gay? Non è un matrimonio, è un’unione che può dare gioia e che significa accettare quello che si è, ma noi abbiamo paura di questa diversità e vogliamo omologarlo con il nome al resto e lo chiamiamo matrimonio. Altrimenti ti senti diverso, giudicato, mentre nessuno in realtà è diverso da te in questo mondo.”
Papa Francesco va avanti per la sua strada, con i suoi gesti, con i suoi modi che cercano di dare un contenuto alla sua “nuova evangelizzazione”. Ma non è anche un peso questa sua ricerca continua di messaggi forti, di stile controverso, di “contro onda” permanente?
“Il papa si difende, cerca di parlare il nuovo linguaggio, ma deve tenere ben presente il suo ruolo, che è di distinguersi dal potere, pur dovendo mantenere la sua “altezza principesca”. Il papa è sopra agli altri, non perchè si sente superiore, ma perchè la relazione nuova che può innescare secondo questa nuova evangelizzazione, è qualificata proprio dalla altezza, che facilita i rapporti. Chi non risponde al papa che gli telefona, chi non apre al papa che bussa alla porta?”
E’ inverno e fa freddo il papa resta il papa con la sua veste bianca ma per proteggersi dal gelo mette sotto la sua immacolata tonaca del suo ruolo i maglioni e sembra goffo e anche questo fa parte del suo modo di essere.
di Franco Manzitti
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La nuova democrazia di Papa Francesco
08 - 01 - 2014Benedetto Ippolito
L’anno appena trascorso è stato ricco di avvenimenti importanti. La novità di maggior peso è stata l’inatteso pontificato di Jorge Mario Bergoglio. In questi nove mesi tutto il mondo ha accolto con favore la missione evangelizzatrice di Papa Francesco. Ovunque è apprezzato lo stile sobrio, la concretezza pastorale e soprattutto l’eccezionale umanità che traspare da ogni suo atto. Riscoprire un volto così genuinamente evangelico di Gesù ha meravigliato e, in molti casi, entusiasmato. Non a caso anche le ragioni con cui il Times ha definito Francesco “uomo dell’anno” ricordano puntualmente l’efficacia con la quale in poco tempo il Papa “ha elevato la missione di una Chiesa che reca conforto alle persone bisognose in un mondo sempre più duro sopra la tutela della dottrina cara ai suoi predecessori”.
Il discorso, tuttavia, non deve fermarsi alle apparenze. La lettura attenta della sua prima Enciclica, Lumen fidei, e ancor più della recente Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium,rivela una straordinaria e profonda attenzione del Papa alla realtà, una sensibilità in grado concretamente di leggere gli avvenimenti e le gravi difficoltà umane presenti in un’ottica autenticamente cristiana. D’altra parte, la verità permanente del Cristianesimo guarda al futuro, ma ha sempre bisogno di essere ripresa, amplificata e identificata con coerenza allo spirito originario del Vangelo.
Mentre l’Enciclica, in effetti, esorta i cristiani al recupero della forza luminosa della fede, una spiritualità personale in grado di rischiarare l’oscurità delle coscienze e spingere ogni credente alla solidale condivisione del comune destino umano, l’Esortazione affronta invece la dimensione sociale dell’evangelizzazione, in linea con la Caritas in Veritate di Benedetto XVI. Le società economiche avanzate devono sempre restare fedeli al valore supremo della persona umana, anche se oggi l’attenzione non può più trascurare quella parte prevalente del mondo che vive in condizioni di grave e preoccupante indigenza. Soltanto in Italia in poco tempo il numero dei poveri si è raddoppiato, e le famiglie che soffrono spiritualmente e materialmente una condizione di estraniazione davvero preoccupante sono quintuplicate.
Il Papa, a tal fine, non soltanto invita a ripensare il bene comune come applicazione caritatevole di una logica cristiana d’inclusione sociale, ma stimola la politica a interrogarsi sul valore stesso della democrazia. I poveri non sono un problema da evitare, da rimuovere e confinare ai margini della società, perché costituiscono l’architrave stesso su cui si regge una convivenza orientata all’eguaglianza e alla dignità di tutti.
D’altronde, tale è sempre stato il modo tipicamente cristiano di concepire l’impegno politico dei governanti, ispirato a un sistema di valori in cui la solidarietà e la partecipazione siano indissociabili dai meccanismi di consenso che legittimano l’esercizio dell’autorità. Giorgio La Pira definiva questa sensibilità cristiana animata “da una storiografia del profondo, attenta alle grandi e misteriose correnti sotterranee che trascinano la storia”.
Il Papa ha ricordato ai giovani dell’Azione Cattolica, proprio alla fine dell’anno, che Gesù si presenta sempre come un “amico” che dà gioia e partecipa alle sofferenze e difficoltà degli altri. Un invito chiaro, dunque, a modificare la mentalità scarsamente democratica diffusa nel nostro Paese, eliminando l’indifferenza e il cinismo che allontana i potenti dalla gente comune. Una democrazia, infatti, è veramente tale soltanto quando è tangibile la condivisione personale e comunitaria delle difficoltà, delle aspirazioni e dei bisogni che giacciono nel profondo della società.
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