Da mesi non passa giorno che non
si annuncino come prossime, per la Chiesa, delle “aperture”. Basandosi
sul sistematico fraintendimento delle parole di Papa Francesco – decontestualizzate o addirittura manipolate –, sono infatti molti a pronosticare degli aggiornamenti, chiamiamoli così, soprattutto in materia morale. La Chiesa deve aprire gli occhi – è la tesi di costoro – oppure finirà col chiudere le chiese per mancanza di fedeli,
sostengono costoro. A generare ulteriore confusione, poi, c’è stato
l’invio da parte della Santa Sede agli episcopati nazionali di una serie
di questionari da utilizzarsi per la III Assemblea Generale
Straordinaria del Sinodo dei Vescovi, che si svolgerà in Vaticano dal 5
al 19 ottobre 2014; una mossa che non pochi, persino nel clero, hanno
letto come anticamera di un cambiamento ormai prossimo.
Queste, dunque, le aspettative. C’è però un problema che sembra sfuggire, e non è di poco conto. Il
problema è che per quanti sondaggi si possano effettuare nella Chiesa –
sebbene commissionati dalla Santa Sente ed eseguiti col massimo rigore
metodologico – questi non potranno essere mai portare alcun genere di
mutamento sostanziale. Diversamente dai sondaggi della Chiesa alla
chiesa dei sondaggi il passo sarebbe breve, per non dire immediato. Il
che, prima che con il Catechismo e con una tradizione bimillenaria,
sarebbe in netto contrasto con lo stesso insegnamento di Gesù Cristo,
il quale si trovò per primo spettatore di quanto sia difficile, per gli
uomini, accettare integralmente il messaggio cristiano.
Lo si racconta nel Vangelo di Giovanni, che riferisce come «molti discepoli, dopo aver udito» quello che Gesù aveva predicato loro, «dissero:”Questo parlare è duro; chi può ascoltarlo?”»
(Gv, 6:60). Sono le stesse lamentele che non pochi fedeli ed anche
diversi non cattolici esprimono oggi nei confronti dell’insegnamento
della Chiesa, giudicato troppo ridigo: «Chi può ascoltarlo?». L’aspetto notevole è che la
difficoltà di aderire al Cristianesimo veniva manifestata da persone
che, a differenza nostra, avevano a che fare direttamente con Gesù, e
dunque con una figura – sia detto senza offesa – verosimilmente più
carismatica di qualsiasi altro predicatore. Eppure neanche a Lui, il Figlio di Dio, furono risparmiate critiche: «Questo parlare è duro».
La conferma del dissenso nei confronti delle parole di Gesù viene dal fatto che «da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui» (Gv, 6:66); al punto che perfino i dodici furono sul punto di lasciarlo: «Perciò Gesù disse ai dodici: “Non volete andarvene anche voi?”» (Gv,
6:67). Bene, e dopo Lui cosa fece? Pensò di calibrare meglio il proprio
insegnamento, cambiò idea, decise di sondare meglio l’umore dei suoi
discepoli delusi per capire dove aveva sbagliato? Niente affatto, nessun
cambio di rotta: anche a costo di restar solo, Gesù rimase sulle sue posizioni, sul suo «parlare duro».
Non concesse cioè neppure mezza
“apertura” alle critiche dei discepoli. Continuò per la propria strada,
serenamente. Ed è quello che la Chiesa deve fare e farà, con buona pace
di quanti auspicano delle “aperture” che forse – anche se questo, a
dire il vero, è tutto da vedere – farebbero rientrare qualche fedele, ma
di certo farebbero fuoriuscire la Fede, rendendo così vana la propria
missione, che non è quella di attirare simpatia, ma di portare Salvezza.
Oltretutto sarebbe paradossale, per la Chiesa, mettersi a prendere
lezioni di morale da un mondo in larga parte disordinato,
demograficamente moribondo, che legifera a favore dell’eutanasia
infantile ed inizia ad interrogarsi sull’opportunità di continuare o
meno a condannare la pedofilia.
Sarebbe assurdo e – volendo metterla
sul piano meramente strategico – suicida. Sarebbe infatti da ingenui
sottovalutare il fatto che le confessioni cristiane più permissive in
materia di morale – pensiamo in particolare a quelle protestanti
nordeuropee – benché “aperte” in fatto di aborto, unioni gay e chi più
ne ha più ne metta subiscono una continua emorragia di fedeli,
trovandosi oramai ad un passo dalla definitiva irrilevanza. Questo
perché, conformemente a quando dicevamo poc’anzi, non solo dai sondaggi
della Chiesa alla chiesa dei sondaggi il passo è breve, ma una chiesa
dei sondaggi è già finita. Se il Cristianesimo si riducesse ad essere
orizzontale, aperto a più fedeli possibili ma chiuso alla Fede che solo
dall’alto può ricevere alimento, ben presto orizzontale rimarrebbe. Come
i cadaveri.
Per fortuna Qualcuno, duemila anni or sono, ci ha già spiegato che il «parlare duro» – sempre amalgamato alla Carità, ovviamente – non è il problema ma la soluzione.
Concludiamo ricordando a quanti seguitassero ad avere dubbi sugli
insegnamenti morali proposti dalla Chiesa le splendide parole di padre
Réginald Garrigou-Lagrange (1877 – 1964), il cui anniversario della
morte è ricorso proprio in questi giorni, che sintetizzano benissimo il
senso della morale cristiana e la sua differenza col moralismo laico: «La
Chiesa è intransigente sui principi, perché crede, è tollerante nella
pratica, perché ama. I nemici della Chiesa sono invece tolleranti sui
principi, perché non credono, ma intransigenti nella pratica, perché non
amano».
di Giuliano Guzzo
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