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giovedì 17 aprile 2014

Stupi(t/d)o?

Kasper non ci sta: mai detto nulla contro il matrimonio, ma sto con la migliore dottrina

“Il problema è troppo serio per essere oggetto di una discussione priva di fondamento”. A dirlo, in un commento pubblicato ieri dall’agenzia cattolica in lingua tedesca Kath.net, è il cardinale Walter Kasper, l’uomo incaricato da Francesco di aprire il dibattito sulla famiglia in vista del doppio appuntamento sinodale di ottobre e del prossimo anno. Kasper è intervenuto per rispondere alle critiche contro la sua relazione mosse dal teologo spagnolo Juan José Perez Soba, ordinario  di Teologia pastorale del matrimonio e della famiglia al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II di Roma. Il giorno prima, sempre su Kath.net – riprendendo quanto da lui già scritto sul Foglio il 7 marzo scorso – Perez Soba aveva ribadito tutte le sue perplessità circa l’intervento di Kasper davanti al Sacro Collegio, che aveva alimentato un ampio dibattito tra gli eminentissimi (ci furono molti interventi contro la relazione, ma numerosi anche quelli a favore).
“Mi stupisce che il professor Soba, senza addurre alcuna motivazione, affermi che propugno un’interpretazione diversa del vincolo matrimoniale che lo priva del suo significato”, scrive il presidente emerito del Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani, ricordando di aver “escluso inequivocabilmente la possibilità di un secondo matrimonio sacramentale se il precedente coniuge è ancora in vita”. Possibilità contro la quale, peraltro, s’era già scagliato a suo tempo il prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, il cardinale Gerhard Ludwig Müller, in più di un intervento pubblico. Semmai, precisa Kasper, “ho fatto di tutto per affermare come e in che modo la dottrina della chiesa sul matrimonio non costituisca una teoria astratta, bensì sia al servizio della reale felicità dell’uomo, rappresentando uno stimolo per la pastorale della famiglia e del matrimonio. Non riesco a concepire che questo mio pensiero non sia stato colto”, ha aggiunto il porporato. Perez Soba aveva spiegato sul Foglio che “la conversione della ferita dell’infedeltà nasce soltanto dalla vera misericordia”, cioè quando è tolto ogni vincolo contrario all’alleanza sacramentale nel suo senso sponsale. E’ questo – diceva – “il perdono che viene dalla misericordia autentica, molto diversa della semplice tolleranza e lontana dalla questione casuistica dell’alternativa tra rigorismo e lassismo. E’ la vera medicina che guarisce la ferita della infedeltà. Così il peccato di adulterio smette di essere l’unico peccato che potrebbe essere assolto senza pentimento e conversione”. Una tesi che Kasper rispedisce al mittente: “L’asserzione che io considero l’adulterio come l’unico peccato la cui remissione avviene senza pentimento è una pura assurdità, come non ha senso affermare che per me la misericordia equivale alla tolleranza del male. Naturalmente non si giustifica il peccato, ma il peccatore”. E poi, aggiunge il cardinale tedesco, “il tema della relazione non è più l’ammissione alla comunione, bensì al sacramento della penitenza e quindi all’assoluzione. La penitenza presuppone il riconoscimento della colpa e il relativo pentimento, ma anche la misericordia e la remissione divina quando il peccatore ritorna a Dio”. Un terzo punto, infine, ha spinto Kasper a rispondere al docente dell’Istituto fondato da Giovanni Paolo II nei primi anni Ottanta: “Perez Soba sostiene che ho citato due volte il libro di Giovanni Cereti su cui ha espresso aspre critiche (critiche in realtà avanzate in modo approfondito anche dal cardinale Walter Brandmüller, eminente storico della chiesa, ndr), ma in realtà avrebbe dovuto affermare che per due volte ho citato l’allora professor Joseph Ratzinger”. Più che “questioni storiche”, dunque, quella di Kasper è “la proposta di una via al di là del rigorismo e del lassismo”, richiamandosi in questo a “Tommaso d’Aquino e Alfonso de’ Liguori, il patrono dei teologi moralisti”. Inoltre, aggiunge il teologo già assistente di Hans Küng, “ho citato dodici volte la Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II”, definito “illustre Papa”. Quindi, nota ancora, “mi trovo in buona compagnia, ossia all’interno della migliore tradizione della chiesa”.

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