Su questo tema alcuni nostri corrispondenti hanno espresso inquiete incertezze. A mio avviso essi devono tenere a mente che il permesso di ammettere nel culto ufficiale della Chiesa l’intercessione d’un suo membro chiamato “beato”, è un permesso che conclude un processo, ossia una discussione sui risultati di una inchiesta, risultati che sono sembrati favorevoli.
Alla fin fine si tratta di un’opinione, per quanto autorevole, che potrà forse essere di nuovo vagliata e anche confermata in un nuovo processo (di canonizzazione).
In quel primo processo che ha portato alla beatificazione è sembrata (a vari osservatori) eccessiva la copertura del segreto: segreto sulla completezza dell’inchiesta, segreto sulla risposta data alle obiezioni, segreto sul vaglio scientifico del decisivo documento medico che prova il miracolo.
A mio parere, esaltare solo le luci senza dimostrare l’irrilevanza dei lati oscuri che pur sono pubblicamente noti, non è un buon servizio, ma -al contrario- lascia intatti i dubbi, quando non dà consistenza alle ombre.
Si parla tanto di trasparenza, ma su non poche questioni ecclesiali la trasparenza è ancora velleitaria.
Don Ennio Innocenti
Spesso sono richiesto d’un parere sulle canonizzazioni dei Papi del Novecento. In genere me la cavo esprimendo perplessità sulle regole canoniche relative alle canonizzazioni: sono state esse osservate?
In privato aggiungo: sarebbe desiderabile che il segreto sugli Atti fosse meno rigoroso, almeno a procedura conclusa; soprattutto sarebbe desiderabile far conoscere se tutte le obiezioni sono state considerate e le ragioni per le quali esse sono state superate.
Personalmente ritengo sarebbe edificante mostrare la santità specialmente in alcuni nodi della vicenda biografica.
In particolare,
per Pio XII:
- i suoi rapporti con Suor Pasqualina
- la sua ascesa a Segretario di Stato
- la scelta dei principali collaboratori
- la sua scommessa sulla Democrazia Cristiana.
Per Giovanni XXIII:
- il suo comportamento a Sofia (Boris) e a Parigi (Marsandou)
- la sua prudenza e giustizia nel Concilio
- la sua condotta sulla questione di Fatima
- l’esibizione del suo diario.
Per Paolo VI:
- la sua prudenza politica verso la D.C., il comunismo e i concordati
- la sua gestione del post-concilio, della riforma liturgica, del caso Lefebvre e di Nantes
- la sua autodifesa pubblica contro l’accusa personale di omosessualità
- la sua tolleranza degli errori.
Per Giovanni Paolo II:
- le tre principali amicizie femminili e specialmente quella della filosofa statunitense
- la prudenza politica nel rapporto Polonia-USA e nel finanziamento polacco
- il rispetto della giustizia in Vaticano, in Curia e in Italia
- la considerazione che egli ha concesso alle obiezioni a lui rivolte come scrittore
Ennio Innocenti
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