ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 15 novembre 2014

La bacchetta magica e JB

Come si può essere coerenti nell’incoerenza
  
Secondo la logica che sembrerebbe ancora albergare nella facoltà raziocinante dell’uomo, se qualcuno afferma che due è diverso da tre, intende esprime l’evidenza che due cose – due mele – non possono essere dette tre cose – tre mele – semplicemente perché ne manca una.
Ora, sembra che nel mondo moderno, soprattutto in seguito alla crescente evoluzione che in esso – mirabilmente – si produce, sia diventato possibile e condivisibile, perfino apprezzabile, sostenere che tre mele siano la stessa cosa di due mele, e che di conseguenza sia diventato altrettanto apprezzabile sostenere che due mele non sono due mele e tre mele non sono tre mele.
È quello che abbiamo potuto constatare nel leggere l’originale intervento di papa Bergoglio alla plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze; dove, tra l’altro, ha detto:
«Quando leggiamo nella Genesi il racconto della Creazione rischiamo di immaginare che Dio sia stato un mago, con tanto di bacchetta magica in grado di fare tutte le cose. Ma non è così

Questa affermazione così apodittica, che realizza un’interpretazione un po’ sgangherata del primo capitolo del Genesi, necessita, prima di essere esaminata, del richiamo a questo stesso capitolo “iniziale” del Vecchio Testamento, dove ancora oggi si può leggere:
«In principio Dio creò il cielo e la terra. … Dio disse: “Sia la luce!”. E la luce fu. … Dio disse: “Sia il firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque”. … Dio fece il firmamento e separò le acque … E così avvenne. … Dio disse: “Le acque che sono sotto il cielo, si raccolgano in un solo luogo e appaia l'asciutto”. E così avvenne. … E Dio disse: “La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che facciano sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la sua specie”. E così avvenne: … Dio disse: “Ci siano luci nel firmamento del cielo” … E così avvenne … Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati secondo la loro specie. … Dio li benedisse: “Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra”. … Dio fece le bestie selvatiche secondo la loro specie e il bestiame secondo la propria specie e tutti i rettili del suolo secondo la loro specie.» (Gn, 1-25).

Chiunque sappia leggere, e senza alcun bisogno dell’aiuto di interpretazioni più o meno teologiche, comprende facilmente e indiscutibilmente che Dio è stato “in grado di fare tutte le cose”, e lo ha fatto con un colpo di “bacchetta magica”, creando ogni cosa dal nulla, per cui, quando papa Bergoglio sentenzia: “non è stato così”, stabilisce indiscutibilmente che è vero che Dio ha fatto tutte cose, ma a condizione di tenere per vero che “non è così”: che Dio non ha fatto tutte le cose.
Si tratta di quella forma di dissociazione mentale che permette all’uomo moderno di concepire con sicumera e leggerezza che il bianco è bianco, ma che nulla impedisce che possa essere nero, e viceversa.
Ora, quando ci si ricorda del noto mandato assegnato a Pietro da Nostro Signore: «tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli - (Lc. 22, 32)», viene spontaneo considerare che l’attuale successore di Pietro si trova, disgraziatamente per noi, nella fase dell’errore, e senza alcun ravvedimento pretende di “confermare i fratelli”, realizzando così una conferma nell’errore, nel suo errore, e non nella verità. In altre parole, questo successore di Pietro, invece di aiutare i fratelli a mantenere la verità e a mantenersi in essa, li aiuta a mantenersi nell’errore. Poiché è evidente che questo discorso, pur non rientrando tra i pronunciamenti ex cathedra, costituisce magistero e induce i fedeli a credere che Dio non abbia creato “tutto”.

Per comprendere meglio l’insanabile contraddizione espressa con decisione da papa Bergoglio, basta leggere cos’egli dice subito dopo:
«Egli ha creato gli esseri e li ha lasciati sviluppare secondo le leggi interne che Lui ha dato ad ognuno, perché si sviluppassero, perché arrivassero alla propria pienezza».

Dove, ancora una volta si afferma con tutta leggerezza che Dio ha creato gli esseri, ma li ha creati incompleti, e tuttavia li ha creati completi, con tutta la potenzialità in grado di far raggiungere loro – da soli – la pienezza.
Ora, dire che Dio ha creato gli esseri e li ha lasciati sviluppare secondo le leggi che Lui ha dato loro, significa semplicemente che Dio ha creato gli esseri completi, tali da potersi sviluppare in tutta la loro pienezza. Quindi, il sofisma che vorrebbe che gli esseri si sarebbero sviluppati da soli, senza più l’intervento di Dio, è contraddittorio e insostenibile.
Si comprende facilmente che qui papa Bergoglio fa una grande confusione tra sviluppo ed evoluzione, poiché è chiaro che egli, volendo conciliare la creazione con l’evoluzione, confonde le due e scambia quest’ultima con lo sviluppo.

Se leggiamo il seguito del racconto del Genesi, troviamo  (1, 26) che «E Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”».
Il che significa che l’“essere” uomo, creato da Dio, fu fin dall’inizio completo e, non solo a immagine e somiglianza di Dio, ma talmente completo come uomo da poter dominare su tutto il creato. Cosa che esclude ogni ipotesi di evoluzione e ogni concetto di sviluppo relativi all’uomo in sé. Il concetto di sviluppo è solo relativo alla fase successiva, quella in cui Dio permette all’uomo di generare altri uomini che, in questo caso, non sono completi solo fisicamente, ma lo sono potenzialmente e per questo passibili di sviluppo: dal neonato all’adulto. Concetto che attiene al creato e non alla creazione e che ci dice comunque della potenzialità insita, per voler di Dio, in ogni essere, il quale, sulla base di tale potenzialità, si sviluppa, ma non come vuole lui, bensì come vuole Dio stesso, che ha predisposto tutto fin dall’inizio: alla creazione per la generazione, e alla generazione per la crescita, la vita e la morte.
Ancora una volta, il sofisma usato da papa Bergoglio è senza fondamento, e lo è proprio a partire da quel “perché si sviluppassero, perché arrivassero alla loro pienezza”. Forse si tratta di un termine inesatto, ma quando si dice “alla pienezza”, si intende dire che in principio non c’è pienezza, ma manchevolezza che viene colmata con lo sviluppo. Il che è impossibile, poiché una tale concezione presuppone che dal meno possa venire il più, dal niente possa venire il tutto, cosa possibile solo a Dio, ma questo Dio l’ha fatto “in principio” e una volta per tutte, quindi qualunque sviluppo può concepirsi solo come compimento in atto di ciò che è “pienamente” in potenza.
Detto in altri termini, non solo Dio ha creato tutti gli esseri nella “loro pienezza”, ma ha predisposto che perfino nella generazione affidata agli esseri si mantenesse quella pienezza che è di ognuno di essi, pienezza che si dispiega e non è lasciata allo sviluppo degli esseri in sé. Una cosa è il dispiegamento della potenzialità, altra cosa è lo sviluppo per giungere alla pienezza; nel primo caso la pienezza c’è fin dall’inizio e non ha bisogno di essere raggiunta, nel secondo caso la pienezza ci sarebbe solo alla fine e a partire da una mancanza che è logicamente impossibile.
E ancora: non è il seme che raggiunge la pienezza dell’albero, ma è a partire della pienezza del seme che si sviluppa l’albero; il che significa, in parole povere, che, comunque si voglia guardare la questione, non è possibile che si possa raggiungere la pienezza poiché essa c’è fin dall’inizio, ed è così perché Dio ha creato fin dall’inizio ogni cosa e ogni essere nella sua pienezza.


E questo ragionamento fa capire come sia altrettanto errato affermare:
«Dio ha dato l’autonomia agli esseri dell’universo… e così la creazione è andata avanti per… millenni finché è diventata quella che conosciamo oggi».

Come dire che Dio avrebbe creato degli esseri incompleti, lasciando a loro la possibilità di svilupparsi autonomamente.
Intanto, dire che Dio ha dato la possibilità di svilupparsi, significa affermare che è Dio stesso che ha posto quello sviluppo, quindi non c’è alcuna possibilità di sviluppo autonomo. Secondariamente, dire che la creazione è andata avanti, significa affermare che all’inizio la creazione non fosse com’è adesso, e cioè che i mondi non c’erano, che gli animali non erano quelli che sono, che l’uomo non era uomo come lo conosciamo. Il che è tutto da dimostrare, almeno sulla base del Genesi; tranne che non si voglia affermare, come fa la scienza, che prima di tutto ci fosse il “brodo primordiale”, da cui sarebbero nati i vermi – noi semplifichiamo -, da cui sarebbero nati gli invertebrati, da cui sarebbero nati i vertebrati, da cui sarebbero nati gli scimmioni, da cui sarebbe nato l’uomo.
Ma questo è semplicemente ridicolo, se non altro perché, applicando lo stesso procedimento al mondo vegetale, si dovrebbe poter affermare che da quello stesso “brodo primordiale” sarebbe nata l’erba, da cui sarebbe nato lo stelo, da cui sarebbe nato l’arbusto, da cui sarebbe nato l’albero; mentre, per quanto riguarda il mondo minerale, sempre dallo stesso “brodo” sarebbe nato il pulviscolo, da cui sarebbe nato il sasso, da cui sarebbe nato il masso, da cui sarebbe nata la stessa terra e i pianeti e l’universo… Ma la domanda è: chi ha creato il “brodo primordiale”? E chi l’ha creato con tutte le potenzialità in grado di far sì che nascesse tutto, universo compreso? E se non si vuole ricorrere al concetto di creazione, e quindi a Dio, com’è nato il brodo primordiale, se non dal nulla?
E torniamo all’assurdo che dal nulla nascerebbe il tutto; cosa chiaramente impossibile, perché anche uno studentello capisce che dallo zero non nasce alcunché, se non lo zero stesso, mentre è solo dall’uno che può nascere tutta la serie numerica, per semplice replica di sé… come dire che è solo da Dio che può nascere tutto, per semplice volontà di Dio: è il fiat lux del Genesi.

È evidente che queste affermazioni di papa Bergoglio non derivano da una riflessione sul Genesi, ma da un’accettazione, sia pure inconscia, della concezione evolutiva inventata dal mondo moderno, lo stesso che per sostenere questa sua concezione deve negare l’esistenza, non solo della creazione ad opera di Dio, ma di Dio stesso.
E questa non è una nostra deduzione campata in aria, ma la logica conseguenza dell’affermazione:
«Il Big-Bang, che oggi si pone all’origine del mondo, non contraddice l’intervento creatore divino ma lo esige. L’evoluzione nella natura non contrasta con la nozione di Creazione, perché l’evoluzione presuppone la creazione degli esseri che si evolvono.»

Andiamo con ordine.
Se il Big-Bang esige l’intervento creatore divino, significa che Dio avrebbe creato il big-bang, cosa che intanto contrasta col Genesi, che non è un’affabulazione scaturita dall’autonoma fantasia di un uomo o di un popolo, ma è il risultato dell’ispirazione che Dio ha suscitato in più uomini al fine di rendere edotta l’umanità sulle «origini del cielo e della terra, quando vennero creati – (Gn. 2, 4)»; e poi è contraddittoria in sé, perché, essendo il big-bang – contrariamente a quanto qualcuno dà ad intendere di credere – semplicemente un “grosso-botto” o, per dirla in maniera più edulcorata, un grande-scoppio, è semplicemente ridicolo che si dica che questo “esiga” l’intervento creatore, perché è insensato supporre l’intervento divino per “creare” un grosso-botto. Tranne che papa Bergoglio non volesse dire che il big-bang sarebbe tutt’uno con il fiat lux, ma se fosse così vi sarebbero due incongruenze. La prima è che il fiat lux è l’esatto opposto del big-bang, poiché, mentre il primo realizza tutta la creazione nella sua interezza, il secondo innesca semplicemente un processo che non avrà alcuna fine definita: è una mera ipotesi evolutiva, per di più di valenza meramente quantitativa. La seconda è che il big-bang non può darsi come generato da se stesso, perché, ammesso il grosso-botto, resta da capire che cosa lo abbia generato o da che cosa si sia generato o chi lo abbia prodotto… tutte domande senza risposta, se non con il ricorso ad un quid che sarebbe all’origine… e chi o come il quid? … e chi o come il quid del quid? … e chi o come il quid del quid del quid? … E così via fino all’indefinito ridicolo. Tranne il ritorno all’equivalenza fra il fiat lux e il big-bang, stavolta posta in modo da dimostrare che una volta preso atto del fiat lux, il big-bang non ha più ragione di esistere, perché è già stato tutto detto e spiegato e chiarito… che ci si creda o no … perché non tutti possono essere in grado di ben comprendere la semplicità di Dio, e men che meno gli scienziati.

Altra incongruenza: una cosa è l’evoluzione della natura, ammesso che si possa dire così, altra cosa è l’evoluzione degli esseri, visto che gli esseri non esauriscono tutta la natura. Confondere le due cose – come si fa in questa contorta affermazione, significa usare un espediente per affermare una cosa inconsistente: l’evoluzione non può minimamente presupporre la creazione degli esseri che si evolvono, perché gli esseri che si evolvono, secondo il concetto stesso di evoluzione, sono figli dell’evoluzione stessa. Tale che secondo questo concetto, prima c’è l’evoluzione e poi ci sono gli esseri; con il totale capovolgimento dell’ordine reale delle cose, che può anche soddisfare la titanica presunzione dell’uomo moderno, ma che fa del Papa che la sostiene non più un servo di Dio, ma un succubo dell’orgoglio umano.
Per di più, quando si afferma che “gli esseri si evolvono” si torna a confermare un doppio errore. Un errore lessicale: ciò che è – l’essere – non può evolversi, perché tale evoluzione farebbe di quest’essere un altro essere, salvo mutare terminologia e parlare di sviluppo e non di evoluzione… ma qui si parla di evoluzione a ragion veduta. E un errore concettuale: se l’essere si evolve può solo evolversi a partire da se stesso e quindi, perché l’essere rimanga se stesso, non di evoluzione si dovrà parlare, ma di sviluppo delle sue possibilità insite in esso fin dal principio, come dire che quell’essere non può evolversi.
Per chi pensasse che il termine “evoluzione” potrebbe anche intendersi come “sviluppo”, abbia la compiacenza di andarlo a dire a papa Bergoglio, che lo utilizza con tutta evidenza secondo l’accezione che è propria della scienza moderna, cioè secondo la concezione moderna che vuole che uno scimmione possa evolversi in un uomo a immagine e somiglianza di Dio.

Per ultimo segnaliamo che, secondo papa Bergoglio, Dio avrebbe dato all’uomo la libertà.
Ora, non solo qui siamo di fronte ad una novità per certi aspetti risibile, ma la contraddizione col testo della Sacra Scrittura è palese. Leggiamo infatti:
«Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: “Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti”» (Gn. 2, 15-17).
Dal che si deduce, in tutta facilità, che Dio non dà all’uomo la libertà, ma un comando da non trasgredire, pena la morte. E vista la trasgressione dell’uomo, è altrettanto evidente che Dio creò l’uomo con la capacità di decidere liberamente se ubbidire o disobbedire a Dio. Ma questa non è la libertà, ma il libero arbitrio, in base al quale l’uomo decide del suo destino come essere creato: se ubbidisce, vive, se disobbedisce, muore.
Né la libertà immaginata per l’uomo da papa Bergoglio, ha qualcosa a che vedere col compito che Dio ha assegnato all’uomo: «Dio li benedisse e disse loro:
“Siate fecondi e moltiplicatevi,
 riempite la terra;
 soggiogatela e dominate
 sui pesci del mare
e sugli uccelli del cielo 
e su ogni essere vivente,
 che striscia sulla terra”» (Gn. 1, 28).
Perché anche in questo caso si tratta di un altro comando, e non si riesce a capire dove papa Bergoglio abbia trovato nel Genesi che Dio avrebbe detto all’uomo di “andare avanti nel corso della storia. Lo rende responsabile della creazione, anche perché domini il Creato, perché lo sviluppi e così fino alla fine dei tempi.”

Evidentemente si tratta di una mera deduzione di papa Bergoglio, condotta non sulla base del senso palese e figurato del testo sacro, bensì sulla base di una concezione tutta moderna di tipo storicista ed evoluzionista. Cos’altro potrebbe significare infatti “andare avanti nella storia”?
La vita dell’uomo non ha una storia che parte da un dietro e va avanti, ma è costituita del percorso terreno di un essere che, creato da Dio, fin dalla nascita tende a ricondursi a Dio stesso; e se si guarda ad un insieme di uomini, un popolo o addirittura l’intera umanità, il percorso è sempre il medesimo: dalla venuta al mondo al ritorno a Dio.
“Andare avanti nel corso della storia”, suggerisce un percorso che prescinde da Dio e che, ancora una volta, richiama la supposta autonomia di prima: una vita che si svolge senza più bisogno di Dio; una vita per la vita; una vita dell’uomo per l’uomo. Ma questa non è la religione cattolica, quella nella quale dovrebbe confermarci il Papa, questa è la concezione dell’uomo moderno, tutto impastato di illuminismo, di progressismo e di massonismo, concezione secondo la quale l’uomo progredirebbe nel corso della storia e svilupperebbe il creato, come dice papa Bergoglio, fino alla fine dei tempi. Peccato che questa stessa concezione finisce col mettere in risalto l’esatto opposto di quello che vorrebbe idealisticamente suggerire.

Ci chiediamo, anche solo sulla base dei dati storici che tutti conosciamo: dove sta questo procedere in avanti della storia dell’uomo? Dove sta lo sviluppo del creato operato dall’uomo?
Certo, si potrebbe rispondere che ci sono effettivamente dei segni evidenti di crescita: oggi la vita ordinaria si svolge sicuramente con una certa maggiore facilità rispetto ai tempi passati, e questo  si è verificato con una certa continuità temporale unita ad un certo crescendo. È vero, ma c’è una parolina magica che aiuta a comprendere dove sta il problema, se non addirittura l’inganno; e la parolina magica è “facilità”.
Prima di spiegare ciò che intendiamo dire, è opportuno riandare brevemente al Genesi: «Alla donna disse: “Moltiplicherò 
i tuoi dolori e le tue gravidanze,
 con dolore partorirai figli.
 Verso tuo marito sarà il tuo istinto,
 ma egli ti dominerà”. All’uomo disse: “Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero, di cui ti avevo comandato: Non ne devi mangiare, 
maledetto sia il suolo per causa tua! 
Con dolore ne trarrai il cibo 
per tutti i giorni della tua vita.
 Spine e cardi produrrà per te
 e mangerai l’erba campestre.
 Con il sudore del tuo volto mangerai il pane;
 finché tornerai alla terra, 
perché da essa sei stato tratto:
 polvere tu sei e in polvere tornerai!» (Gn. 3, 16-19).

Quello che prefigura il testo sacro, non è il destino di due esseri creati da Dio che hanno disobbedito ai Suoi comandi, ma il destino dell’intera umanità, fino alla fine dei tempi. E la cifra tipica di questo destino è l’insieme del dolore e della fatica, che non esclude l’esercizio della capacità dell’uomo di farvi fronte in tanti modi possibili, capacità data da Dio stesso. Ma questo non potrà mai mutare il dolore e la fatica in facilità o comodità, come si immagina oggi. Per quanti sforzi faccia, l’uomo non potrà mai annullare il dolore e la fatica, che sono elementi insiti nella sua vita terrena. Ciò che potrà fare è sforzarsi di ricondursi, in qualche modo, il più vicino possibile alla condizione originaria dei progenitori, che non era e non è la condizione del facile e comodo, ma la condizione di vicinanza con Dio, tanta e tale da riverberare il “parlare con Dio” che era possibile ai nostri progenitori prima della “caduta”.
Questo significa che il progresso di cui parlavamo prima è un progresso meramente pratico, oggi si direbbe tecnologico, che però non è in grado di annullare il dolore e la fatica. Un progresso che riguarda la vita meramente umana, un progresso cioè più illusorio che reale, tanto più che esso stesso comporta ancora dolore e fatica.
Considerare quindi tale progresso come una crescita, come fa papa Bergoglio, equivale a dare valore all’umano sulla base dell’illusione di poter realizzare l’impossibile annullamento del dolore e della fatica.

D’altronde, come dicevamo prima, se si considera la storia dell’uomo, si constata che a fianco delle illusorie conquiste pratiche vi è tutta una serie di regressi, di perdita, di involuzione, per la quale l’uomo si allontana sempre più da Dio. Sia che si segua il racconto biblico, sia che si seguano i meri accadimenti storici, a partire dalla “caduta”, l’uomo e la società si rivelano sempre più immersi nel materiale e nel mero umano e sempre più ribelli nei confronti di Dio, allontanandosene fino al punto che nonostante i varii castighi di Dio, “nella pienezza dei tempi”, Dio manda agli uomini il Suo Unico Figlio per offrire loro un’ultima possibilità di recupero prima che ogni destino si compia e il mondo giunga alla fine. E ciò nonostante, da duemila anni, abbiamo la prova che l’uomo, nel suo complesso, ha continuato a disporsi in maniera tale da accentuare il suo distacco da Dio, fino a giungere, progressivamente, a condurre una guerra aperta contro di Lui, com’è avvenuto negli ultimi secoli e come avviene in maniera sempre più accentuata ai giorni nostri.
E se si considera poi che tale guerra a Dio è accompagnata da una pratica costante di ogni atto in grado di affermare l’onnipotenza dell’uomo e della “sua scienza”, fino alla pretesa più o meno manifesta di volersi e di potersi sostituire a Dio, si coglie con facilità il nesso diretto tra l’effimero progresso materiale e tecnologico dell’uomo e il suo reale regresso spirituale e religioso; un nesso che sfugge oggi ai preti conciliari per il semplice motivo che costoro sentono, pensano, predicano e praticano ciò affermava gioiosamente papa Montini: “anche noi, noi più di tutti, siamo i cultori dell’uomo.” Non a caso, di fronte a tanto insegnamento cattolico e a tanta prova di eroica virtù cattolica, questi preti si accingono a beatificare questo cultore dell’uomo, in vista di santificarlo e con lui santificare la nuova religione dell’uomo che è entrata in Vaticano ed è giunta fino al Soglio di Pietro.

1 commento:

  1. Questo JB mi da sempre più il voltastomaco. In pratica, coi suoi soliti giri di parole, sta cercando di far passare il messaggio che Dio è limitato, non avendo creato tutto completo sin dall'inizio!

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