- IL CAPO DELLE GUARDIE SVIZZERE DELLA SANTA SEDE: “PRONTI A DIFENDERE IL PAPA DALL’ISIS. NIENTE DONNE NEL NOSTRO CORPO MA IN FUTURO SARÀ PIÙ DIFFICILE TROVARE GUARDIE SOLO IN SVIZZERA”
“Quello di servire il Papa è un privilegio per gli svizzeri che esiste da oltre 500 anni, non possiamo cambiare così le regole. Ci attende un futuro in cui sarà difficile trovare guardie in Svizzera e questo dipende anche dalla situazione della Chiesa e della fede, oltre che dalla natalità”…
Fabio Marchese Ragona per “il Giornale”
«Ci aspetta un futuro in cui sarà difficile trovare ancora guardie soltanto in Svizzera, dipende da tanti fattori. Per ora stiamo bene, ma il mio sogno è che il corpo possa andare avanti ancora per molto tempo».
A dirlo a il Giornale è il nuovo comandante delle guardie svizzere, Christoph Graf, 54 anni, sposato, due figli, è stato appena nominato da Francesco a capo dell'esercito più piccolo e famoso al mondo. Il colonnello parla anche delle minacce dell'Isis contro il Papa: «Ciò che è successo a Parigi con Charlie Hebdo può succedere anche qui in Vaticano, e noi siamo pronti a intervenire per difendere Francesco, in qualsiasi momento».
Colonnello, cosa ha pensato quando il Papa le ha chiesto di assumere il comando?
«Il Papa mi ha chiesto se ero disponibile, e avrei anche potuto dir di no. Ma io credo che questa sia una missione: io ho risposto “Sì” perché ci vedo un progetto del Signore. So che ci sono diverse croci da portare (ride), ma confido nell'aiuto di Dio».
«Il Papa mi ha chiesto se ero disponibile, e avrei anche potuto dir di no. Ma io credo che questa sia una missione: io ho risposto “Sì” perché ci vedo un progetto del Signore. So che ci sono diverse croci da portare (ride), ma confido nell'aiuto di Dio».
Lei è sempre accanto al Papa per garantire la sua sicurezza. Francesco ha paura di qualcosa?
«Intanto è doveroso dire che con noi ci sono anche i colleghi della gendarmeria: con loro e con il loro comandante c'è una buona amicizia e una grande collaborazione. Io credo che il Papa non abbia paura di niente: si vede come si muove, ama la vicinanza con le persone. Può succedere qualcosa, ma si vede che lui non ha paura. A noi il difficile compito di garantire la sua sicurezza, ma credo che ci si abitui con il tempo».
«Intanto è doveroso dire che con noi ci sono anche i colleghi della gendarmeria: con loro e con il loro comandante c'è una buona amicizia e una grande collaborazione. Io credo che il Papa non abbia paura di niente: si vede come si muove, ama la vicinanza con le persone. Può succedere qualcosa, ma si vede che lui non ha paura. A noi il difficile compito di garantire la sua sicurezza, ma credo che ci si abitui con il tempo».
Durante le uscite pubbliche il Papa vi fa qualche richiesta?
«Lui ha bisogno di spazio, non ama quando la gente, anche quelli della sicurezza, son troppo vicini a lui. E questa sua richiesta la rispettiamo, stiamo quindi un po' più distanti, ma osserviamo tutti i suoi movimenti».
«Lui ha bisogno di spazio, non ama quando la gente, anche quelli della sicurezza, son troppo vicini a lui. E questa sua richiesta la rispettiamo, stiamo quindi un po' più distanti, ma osserviamo tutti i suoi movimenti».
Da settimane si sente parlare delle minacce dell'Isis contro il Papa: state più attenti rispetto al passato?
«Sì, chiediamo alle guardie di essere più attente, osservare bene i movimenti delle persone. Di più non possiamo fare. Ciò che è successo a Parigi può succedere anche qui, e non si può prevedere se non c'è un servizio di intelligence che ha informazioni precise».
«Sì, chiediamo alle guardie di essere più attente, osservare bene i movimenti delle persone. Di più non possiamo fare. Ciò che è successo a Parigi può succedere anche qui, e non si può prevedere se non c'è un servizio di intelligence che ha informazioni precise».
E nel caso succedesse qualcosa sareste pronti a intervenire?
«Sì, si può dire: siamo pronti a intervenire. Il nostro compito è la sicurezza e siamo ben organizzati come i gendarmi. Anche loro sono pronti se succede qualcosa».
«Sì, si può dire: siamo pronti a intervenire. Il nostro compito è la sicurezza e siamo ben organizzati come i gendarmi. Anche loro sono pronti se succede qualcosa».
È possibile che il Papa pensi ad un ridimensionamento o ad uno scioglimento del corpo?
«No, il Papa ha una grande stima per la guardia svizzera, non c'è un segno in questo senso: nessuno scioglimento e nessun ridimensionamento, siamo già in pochi! (ride)».
«No, il Papa ha una grande stima per la guardia svizzera, non c'è un segno in questo senso: nessuno scioglimento e nessun ridimensionamento, siamo già in pochi! (ride)».
Il Papa ha detto che dev'esserci più spazio per le donne nella Chiesa. E nella guardia svizzera?
«Per il momento non penso che sia possibile avere delle guardie donne».
«Per il momento non penso che sia possibile avere delle guardie donne».
Il suo sogno da comandante?
«Vorrei che le guardie qui si sentissero come a casa e il mio sogno è che il corpo possa andare ancora avanti: ci attende un futuro in cui sarà difficile trovare guardie in Svizzera e questo dipende anche dalla situazione della Chiesa e della fede, oltre che dalla natalità. Il mio sogno è di avere ancora
«Vorrei che le guardie qui si sentissero come a casa e il mio sogno è che il corpo possa andare ancora avanti: ci attende un futuro in cui sarà difficile trovare guardie in Svizzera e questo dipende anche dalla situazione della Chiesa e della fede, oltre che dalla natalità. Il mio sogno è di avere ancora
Se non si trovano più guardie in Svizzera quindi si dovrà allargare il corpo a giovani di altre nazioni?
«Per il momento solo svizzeri... in futuro chissà! (ride) Quello di servire il Papa è un privilegio per gli svizzeri che esiste da oltre 500 anni, non possiamo cambiare così le regole. Ma sono ottimista, per ora stiamo bene così».
«Per il momento solo svizzeri... in futuro chissà! (ride) Quello di servire il Papa è un privilegio per gli svizzeri che esiste da oltre 500 anni, non possiamo cambiare così le regole. Ma sono ottimista, per ora stiamo bene così».
http://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/califfo-ci-fa-baffo-capo-guardie-svizzere-santa-sede-94753.htm
*Vaticano, le falle della Santa intelligence
Guardie svizzere dal 1506. Gendarmeria dal 1816. Con 150 agenti. E controlli h24. Eppure il corpo che protegge il papa non è addestrato contro il terrorismo. Foto.
L’Isis vuole colpire il Vaticano. «I servizi americani hanno allertato la Santa sede».
Queste notizie preoccupanti sono arrivate da fonti giornalistiche israeliane e risuonano anche più inquietanti alla luce dei fatti di Parigi.
Per ora la smentita che proviene dagli ambienti pontifici è stata secca: «Contrariamente a quanto diffuso da alcuni organi di informazione», ha dichiarato il portavoce del Santo padre, Federico Lombardi, «non è vero che la Santa sede abbia ricevuto segnalazioni di rischi specifici da servizi di sicurezza di altri Paesi».
La replica è arrivata anche dalla Digos che affermato che alle indiscrezioni non corrisponde alcun riscontro.
CONTRO-CROCIATA SU ROMA. Gli allarmi per Roma si sono moltiplicati da quando l’Isis ha proclamato la restaurazione del califfato islamico a giugno del 2014, proclamando una contro-crociata che avrebbe l’obiettivo di colpire la Capitale dell'Italia.
Questo è stato ribadito chiaramente a ottobre, quando in Rete è circolato il bollettino di propaganda (in lingua inglese) Dabiq con in copertina l’obelisco della città del Vaticano sormontato dalla bandiera dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante.
«SCHIAVIZZEREMO LE DONNE». Nelle 56 pagine della pubblicazione Roma è citata 11 volte e ritorna come un mantra la frase di Abu Mohammad al-Adnani al-Shami, portavoce dell’Isis e emiro dello Stato Islamico in Siria: «Conquisteremo Roma, spezzeremo le vostre croci, renderemo schiave le vostre donne».
Propaganda certo, ma nell’epoca dei lupi solitari e della “open source jihad” - cioè dello spontaneismo del terrorismo - non c’è da stare del tutto tranquilli.
Qui non c’è tanto l’attacco al papa, ma la volontà di colpire il Vaticano e Roma come simboli dell’Occidente cristiano.
NEL 1943 HITLER MINACCIÒ. La città del Vaticano ha anche avuto nell’ultimo secolo nemici peggiori. Nel 1943, dopo la caduta di Mussolini, Hitler credeva che la diplomazia vaticana avesse tramato contro il fascismo e minacciò di invadere la Santa sede e deportare papa e diplomatici: «Io entro subito in Vaticano», disse parlando ad alcuni gerarchi del Reich. «Credete che il Vaticano mi dia fastidio? Non me ne importa nulla. Poi a cose fatte ci scuseremo, per noi fa lo stesso. Laggiù noi siamo in guerra».
I piani furono portati anche avanti; dopo l’8 settembre del 1943 una radio annunciò che in Germania si stavano preparando gli alloggi per Pio XII.
L’integrità della Santa sede da allora è stata violata solo da azioni singole come l’attentato di Ali Agca del 1981.
Queste notizie preoccupanti sono arrivate da fonti giornalistiche israeliane e risuonano anche più inquietanti alla luce dei fatti di Parigi.
Per ora la smentita che proviene dagli ambienti pontifici è stata secca: «Contrariamente a quanto diffuso da alcuni organi di informazione», ha dichiarato il portavoce del Santo padre, Federico Lombardi, «non è vero che la Santa sede abbia ricevuto segnalazioni di rischi specifici da servizi di sicurezza di altri Paesi».
La replica è arrivata anche dalla Digos che affermato che alle indiscrezioni non corrisponde alcun riscontro.
CONTRO-CROCIATA SU ROMA. Gli allarmi per Roma si sono moltiplicati da quando l’Isis ha proclamato la restaurazione del califfato islamico a giugno del 2014, proclamando una contro-crociata che avrebbe l’obiettivo di colpire la Capitale dell'Italia.
Questo è stato ribadito chiaramente a ottobre, quando in Rete è circolato il bollettino di propaganda (in lingua inglese) Dabiq con in copertina l’obelisco della città del Vaticano sormontato dalla bandiera dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante.
«SCHIAVIZZEREMO LE DONNE». Nelle 56 pagine della pubblicazione Roma è citata 11 volte e ritorna come un mantra la frase di Abu Mohammad al-Adnani al-Shami, portavoce dell’Isis e emiro dello Stato Islamico in Siria: «Conquisteremo Roma, spezzeremo le vostre croci, renderemo schiave le vostre donne».
Propaganda certo, ma nell’epoca dei lupi solitari e della “open source jihad” - cioè dello spontaneismo del terrorismo - non c’è da stare del tutto tranquilli.
Qui non c’è tanto l’attacco al papa, ma la volontà di colpire il Vaticano e Roma come simboli dell’Occidente cristiano.
NEL 1943 HITLER MINACCIÒ. La città del Vaticano ha anche avuto nell’ultimo secolo nemici peggiori. Nel 1943, dopo la caduta di Mussolini, Hitler credeva che la diplomazia vaticana avesse tramato contro il fascismo e minacciò di invadere la Santa sede e deportare papa e diplomatici: «Io entro subito in Vaticano», disse parlando ad alcuni gerarchi del Reich. «Credete che il Vaticano mi dia fastidio? Non me ne importa nulla. Poi a cose fatte ci scuseremo, per noi fa lo stesso. Laggiù noi siamo in guerra».
I piani furono portati anche avanti; dopo l’8 settembre del 1943 una radio annunciò che in Germania si stavano preparando gli alloggi per Pio XII.
L’integrità della Santa sede da allora è stata violata solo da azioni singole come l’attentato di Ali Agca del 1981.
La Guardia svizzera al servizio del papa dal 1506
Ma chi protegge il papa? La coreografica Guardia svizzera che conta circa 120 soldati è al servizio del papa dal 1506 e oggi ha compiti di servizio d'onore, di controllo e ordine pubblico.
La salvaguardia della Santa sede è affidata al corpo della Gendarmeria che unisce a funzioni di ordine pubblico e di polizia giudiziaria quelle di intelligence.
Il corpo, nato nel 1816 come drappello militare col nome di 'corpo dei carabinieri pontifici” venne riformato nel 1970 da Paolo VI che abolì tutti i corpi militari a eccezione della Guardia svizzera pontificia.
HA IN FORZA 150 EFFETTIVI. Divenne un “Ufficio centrale di vigilanza” con compiti di polizia, ordine interno e di sicurezza.
Nel 2002 ha assunto l’attuale denominazione di “corpo della Gendarmeria dello Stato della città del Vaticano”.
Ha in forza circa 150 effettivi e si incarica della protezione e la difesa del papa in tutti i suoi spostamenti, comprese le visite pastorali in Italia e nei viaggi internazionali.
C’è poi un comitato per la Sicurezza che riunisce Gendarmeria, Guardia svizzera e altri organismi vaticani, operando in collegamento con le autorità di polizia e intelligence dello Stato italiano.
COLLABORA CON LA POLIZIA. Sul territorio italiano è prevista una collaborazione interforze fra Gendarmeria e ispettorato di Pubblica sicurezza Vaticano della polizia, mentre, fuori dal confine italiano, la Gendarmeria (che fa parte dal 2008 anche dell’Interpol) agisce in accordo con le autorità di polizia del Paese ospitante.
Il personale del corpo opera anche per la sicurezza nelle zone extra territoriali di proprietà della Santa sede.
Dal 2000, in occasione dell’Anno santo, è stata creata una sala operativa e di controllo, un quartier generale attivo 24 ore su 24 che monitora il territorio e gli impianti di allarme e di video sorveglianza.
CORPO SPECIALE ANTI-SABOTAGGIO. Da qualche anno la Santa sede ha però anche dei corpi speciali.
Sotto il controllo della Gendarmeria agiscono i reparti del Gruppo di intervento rapido e dell'anti-sabotaggio.
Il Gir è un’unità d’elitè con funzioni sia operative sia di intelligence. L’anti-sabotaggio grazie al supporto di tecnologie avanzate ha il compito di vigilare e sventare minacce terroristiche e attacchi informatici.
La salvaguardia della Santa sede è affidata al corpo della Gendarmeria che unisce a funzioni di ordine pubblico e di polizia giudiziaria quelle di intelligence.
Il corpo, nato nel 1816 come drappello militare col nome di 'corpo dei carabinieri pontifici” venne riformato nel 1970 da Paolo VI che abolì tutti i corpi militari a eccezione della Guardia svizzera pontificia.
HA IN FORZA 150 EFFETTIVI. Divenne un “Ufficio centrale di vigilanza” con compiti di polizia, ordine interno e di sicurezza.
Nel 2002 ha assunto l’attuale denominazione di “corpo della Gendarmeria dello Stato della città del Vaticano”.
Ha in forza circa 150 effettivi e si incarica della protezione e la difesa del papa in tutti i suoi spostamenti, comprese le visite pastorali in Italia e nei viaggi internazionali.
C’è poi un comitato per la Sicurezza che riunisce Gendarmeria, Guardia svizzera e altri organismi vaticani, operando in collegamento con le autorità di polizia e intelligence dello Stato italiano.
COLLABORA CON LA POLIZIA. Sul territorio italiano è prevista una collaborazione interforze fra Gendarmeria e ispettorato di Pubblica sicurezza Vaticano della polizia, mentre, fuori dal confine italiano, la Gendarmeria (che fa parte dal 2008 anche dell’Interpol) agisce in accordo con le autorità di polizia del Paese ospitante.
Il personale del corpo opera anche per la sicurezza nelle zone extra territoriali di proprietà della Santa sede.
Dal 2000, in occasione dell’Anno santo, è stata creata una sala operativa e di controllo, un quartier generale attivo 24 ore su 24 che monitora il territorio e gli impianti di allarme e di video sorveglianza.
CORPO SPECIALE ANTI-SABOTAGGIO. Da qualche anno la Santa sede ha però anche dei corpi speciali.
Sotto il controllo della Gendarmeria agiscono i reparti del Gruppo di intervento rapido e dell'anti-sabotaggio.
Il Gir è un’unità d’elitè con funzioni sia operative sia di intelligence. L’anti-sabotaggio grazie al supporto di tecnologie avanzate ha il compito di vigilare e sventare minacce terroristiche e attacchi informatici.
L'uomo che tira le fila è un ex poliziotto italiano
L’uomo che tira le fila di questo sistema di sicurezza di cui in parte è stato l’artefice è un ex ufficiale della guardia di finanza ed ex poliziotto italiano di 52 anni di Arezzo, Domenico Giani.
Ha collaborato anche col Sisde ed è al servizio del Vaticano dal 1999.
Dal 2006 è a capo della Gendarmeria.
Si deve a lui la svolta operativa della sicurezza e la creazione dei corpi speciali.
BLOCCÒ UN'AGGRESSIONE. Fu lui, la notte di Natale del 2008, a bloccare una cittadina italo-svizzera che voleva aggredire Benedetto XVI.
Ma è assai di più di una guardia del corpo. Ha promosso l’adeguamento tecnologico della sicurezza papale e una maggior preparazione del personale della Gendarmeria formato anche all’Fbi Academy di Quantico in Virginia.
PREPARAZIONE LACUNOSA. Come hanno dimostrato alcuni documenti diplomatici riservati dell’ambasciata americana a Roma diffusi da Wikileaks, nel 2008 i gendarmi pontifici sono stati addestrati dagli esperti dell’Fbi sulla prevenzione di attentati con esplosivi, ma, commentava il cablo diplomatico, «non è ancora possibile valutare la preparazione della Gendarmeria nel prevenire un attacco terroristico».
L’allora ambasciatore americano, Ronald Spogli, proponeva quindi un più intenso programma di training per i guardiani del papa.
Ha collaborato anche col Sisde ed è al servizio del Vaticano dal 1999.
Dal 2006 è a capo della Gendarmeria.
Si deve a lui la svolta operativa della sicurezza e la creazione dei corpi speciali.
BLOCCÒ UN'AGGRESSIONE. Fu lui, la notte di Natale del 2008, a bloccare una cittadina italo-svizzera che voleva aggredire Benedetto XVI.
Ma è assai di più di una guardia del corpo. Ha promosso l’adeguamento tecnologico della sicurezza papale e una maggior preparazione del personale della Gendarmeria formato anche all’Fbi Academy di Quantico in Virginia.
PREPARAZIONE LACUNOSA. Come hanno dimostrato alcuni documenti diplomatici riservati dell’ambasciata americana a Roma diffusi da Wikileaks, nel 2008 i gendarmi pontifici sono stati addestrati dagli esperti dell’Fbi sulla prevenzione di attentati con esplosivi, ma, commentava il cablo diplomatico, «non è ancora possibile valutare la preparazione della Gendarmeria nel prevenire un attacco terroristico».
L’allora ambasciatore americano, Ronald Spogli, proponeva quindi un più intenso programma di training per i guardiani del papa.
Francesco, papa assai poco incline ai protocolli
Da allora Giani ha fatto del suo meglio per colmare le lacune, ma si è trovato anche di fronte un nuovo papa come Francesco assai poco incline a seguire i protocolli.
«USCITE A SORPRESA». La difficoltà a gestire una situazione nuova è stata descritta dallo stesso capo della Gendarmeria in una sua rara intervista rilasciata al periodico della polizia di Stato Polizia Moderna: «Le prime uscite a sorpresa, e inaspettate (…) sono state situazioni anche molto simpatiche. Però il papa ha poi immediatamente compreso quali fossero le nuove esigenze legate al servizio a cui è stato chiamato e quindi abbiamo organizzato tutto in breve tempo e bene».
«VUOLE STARE FRA LE GENTE». Grande cautela richiedono ovviamente i viaggi all’estero: «Quando organizzo i viaggi nel mondo del Santo padre», ha spiegato Giani, «mi reco prima nei Paesi per fare i sopralluoghi, prendo contatti con i colleghi delle forze di polizia e dei servizi di informazione degli altri Stati, e spiego sempre che il papa è in primis un sacerdote. È ovvio quindi che nella sua vocazione ci sia la vicinanza alla gente, la voglia di stare in mezzo al popolo».
CHE FALLA SU ALI AGCA. Non sempre però nel mondo dell’intelligence tutto funziona bene. Non si spiega per esempio come un ex terrorista come Ali Agca, privo di visto e interdetto all’area Schengen sia potuto entrare indisturbato a dicembre 2014 in Europa (pare dall’Austria) e sia poi potuto arrivare sulla tomba del papa che aveva tentato di uccidere.
Né i servizi segreti turchi né quelli italiani si erano accorti di lui. E rimangono ancora molti interrogativi sulla sua presenza in Italia. Una falla preoccupante.
«USCITE A SORPRESA». La difficoltà a gestire una situazione nuova è stata descritta dallo stesso capo della Gendarmeria in una sua rara intervista rilasciata al periodico della polizia di Stato Polizia Moderna: «Le prime uscite a sorpresa, e inaspettate (…) sono state situazioni anche molto simpatiche. Però il papa ha poi immediatamente compreso quali fossero le nuove esigenze legate al servizio a cui è stato chiamato e quindi abbiamo organizzato tutto in breve tempo e bene».
«VUOLE STARE FRA LE GENTE». Grande cautela richiedono ovviamente i viaggi all’estero: «Quando organizzo i viaggi nel mondo del Santo padre», ha spiegato Giani, «mi reco prima nei Paesi per fare i sopralluoghi, prendo contatti con i colleghi delle forze di polizia e dei servizi di informazione degli altri Stati, e spiego sempre che il papa è in primis un sacerdote. È ovvio quindi che nella sua vocazione ci sia la vicinanza alla gente, la voglia di stare in mezzo al popolo».
CHE FALLA SU ALI AGCA. Non sempre però nel mondo dell’intelligence tutto funziona bene. Non si spiega per esempio come un ex terrorista come Ali Agca, privo di visto e interdetto all’area Schengen sia potuto entrare indisturbato a dicembre 2014 in Europa (pare dall’Austria) e sia poi potuto arrivare sulla tomba del papa che aveva tentato di uccidere.
Né i servizi segreti turchi né quelli italiani si erano accorti di lui. E rimangono ancora molti interrogativi sulla sua presenza in Italia. Una falla preoccupante.
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