“
Rendiamo
grazie a Dio per la fede e la testimonianza cristiana che il popolo
armeno è stato capace di trasmettere da una generazione all’altra” (Benedetto XVI)
di
Piero Vassallo
.
Edito in Parma dalla prestigiosa
Mattioli 1885, è distribuito in questi giorni un pregevole e avvincente saggio dello storico genovese Alberto Rosselli,
L’olocausto armeno, una tragedia che contempla l’eliminazione di un milione e mezzo di cristiani.
Per una curiosa coincidenza il libro esce alla vigilia di una
rievocazione della tragedia armena, che sarà rammentata in Roma
nonostante il
casto passo indietro annunciato dal
rispettoso (nei
confronti della Turchia) governo del garrulo ecumenista Matteo Renzi.
Untuosa retromarcia diplomatica, compiuta mentre in Medio Oriente si
rinnova la persecuzione islamica ai danni dei residenti armeni.
Finalità dell’
imbarazzante e
scarsamente ecumenico testo di Rosselli, presentato dall’autorevole
Marco Cimmino, è rammentare la ispirazione criminogena del fanatismo in
circolazione nel partito dei Giovani Turchi, modernizzatori responsabili
di aver progettato e attuato lo sterminio con meticolosa,
progressiva scientificità.
Nella prefazione Cimmino, riconosciuta l’originalità e la scientifica serietà dello studioso Rosselli, scrive: “
Riteniamo che l’Olocausto armeno
sia un’opera civile nel senso più alto del termine: essa è l’analisi
circostanziata di una tragedia che non può rimanere entro i confini
della storiografia tabellare, ma che impone, a chi scrive e a chi legge,
un’attenzione viva e partecipe, un’autentica compassione ed una
riflessione sull’immutabilità della condizione umana“.
Indenne da timore e diplomatico rispetto, Rosselli denuncia anzi tutto “
l’oblio
testardo ed insensato del governo turco che, per affrontare una realtà
storica lesiva del proprio spietato orgoglio nazionale, si ostina da
sempre a negare ogni pregressa responsabilità“
Quasi concludendo la discussione sull’uguale orrore delle stragi consumate nel novecento (avviata da Fiamma Nirestein nel
Giornale del 10 aprile 2015, in un testo che rammenta “
la strage comunista negli anni Trenta di contadini, solo perché possedevano qualche mucca o un paio di ettari in più”), Rosselli afferma che “
la strage del popolo armeno appare animata da una sua spietata logica, al pari di ogni altro consimile scempio novecentesco”.
Rosselli dimostra che il dato comune delle stragi novecentesche è “
la
loro pianificazione assolutamente moderna, quasi industriale, con tanto
di calcolo dei danni collaterali e dell’economia di scala”.
Inquietante è la convergenza delle opinioni a difesa degli stragisti delle varie risme: “
Colpisce,
a tale proposito, il fatto che gli argomenti dei negazionisti di tutte
le stragi siano assai simili tra loro. La versione secondo cui le
vittime non sarebbero state uccise scientemente, ma per conseguenza di
disagiate situazioni oggettive, che avrebbero aumentato a dismisura il
normale tasso di mortalità in situazioni in sé difficili (la
deportazione, la detenzione in lager, la prigionia di guerra ecc.) è, ad
esempio, comune a quasi tutte le versioni negazioniste degli olocausti”. Opportunamente Rosselli rammenta l’avvincente romanzo di Franz Werfel,
I
quaranta giorni del Mussa Dagh, “un’opera che permise a larghi strati
dell’opinione pubblica europea e nordamericana di venire a conoscenza
della drammatica epopea armena. … Paradigmatico fu poi il caso del
premio Nobel per la letteratura Orhan Pamuk [nato nel 1952]
,
accusato di aver voluto infangare la memoria storica nazionale, reato
che per la legge turca può essere sanzionato con pene detentive fino a
tre anni”. Lo sterminio degli armeni tuttavia non è oggetto di espiazione perché “
a
differenza del popolo tedesco i turchi non si sono confrontati con il
proprio passato. Anche se a questo punto essi si trovano costretti a
farlo, in primo luogo per metabolizzare questa stessa tragedia in
secondo luogo per andare incontro alle richieste del parlamento
europeo”.
Dopo aver riassunto la tormentata storia degli armeni dall’antichità alla fine del XIX secolo, Rosselli affronta la
vexata quaestio
dello sterminio compiuto dai turchi dimostrando, in base a una
puntuale, inconfutabile documentazione, l’enormità dei crimini commessi
dai turchi dopo i massacri del triennio 1894-1896: eliminazione di
duecentomila armeni nel 1909, trentamila armeni massacrati dai Giovani
turchi, e nel quinquennio 1915-1919 sterminio di oltre un milione di
armeni.
Gli ultimi capitoli del saggio sono dedicati alla recente storia armena e alla musica e alla letteratura armena.
La lettura dell’avvincente saggio di Rosselli si raccomanda in modo
speciale agli italiani di fede cattolica, i quali – al seguito di
Giovanni Paolo II, che visitò l’Armenia nel 2001 – possono trovare nella
luminosa ed eroica storia degli armeni un forte incentivo a rafforzare
la loro fede.
http://www.riscossacristiana.it/importate-saggio-dello-storico-alberto-rosselli-lolocausto-armeno-di-piero-vassallo/
BERGOGLIO E GENOCIDIO - IL PAPA NON INDORA LA PILLOLA TURCA: “QUELLO DEGLI ARMENI FU IL PRIMO GENOCIDIO DEL XX SECOLO. E OGGI I CRISTIANI CONTINUANO A ESSERE TRUCIDATI” - ANKARA S’INFURIA E CONVOCA L’AMBASCIATORE VATICANO
A cent’anni dallo sterminio degli armeni per mano turca, Bergoglio dedica la sua messa al popolo dell’Asia Minore: “Anche oggi viviamo una sorta di genocidio causato dall'indifferenza generale e collettiva, dal silenzio complice di Caino che esclama: 'A me che importa?'; 'Sono forse io il custode di mio fratello?'"…
L'ambasciatore del Vaticano in Turchia e' stato convocato dal ministero degli esteri di Ankara dopo le dichiarazioni di oggi di Papa Francesco sul genocidio armeno: lo ha detto all'Ansa lo stesso nunzio apostolico Antonio Lucibello. Nel colloquio, ha precisato Monsignor Lucibello, le autorita' turche hanno espresso "il loro disappunto' per le parole del pontefice. La Turchia continua a negare che quello del 1915-16 sia stato un genocidio e combatte una guerra diplomatica permanente per cercare di impedire che venga riconosciuto all'estero da un numero crescente di stati.
PAPA FRANCESCO BERGOGLIO CON IL PATRIARCA DEI CRISTIANI ARMENI
LE PAROLE DEL PAPA
Papa Francesco ha celebrato nella basilica vaticana la messa per il centenario del "martirio" (Metz Yeghern) armeno, durante la quale proclama "Dottore della Chiesa" San Gregorio di Narek. La Messa è concelebrata da Nerses Bedros XIX Tarmouni, patriarca di Cilicia degli Armeni Cattolici, alla presenza di Karekin II, Supremo Patriarca e Catholicos di Tutti gli Armeni, e di Aram I, Catholicos della Grande Casa di Cilicia. E' presente alla messa il presidente della Repubblica di Armenia, Serzj Sargsyan.
"La nostra umanità - ha detto Francesco - ha vissuto nel secolo scorso tre grandi tragedie inaudite: la prima, quella che generalmente viene considerata come il primo genocidio del XX secolo (Giovanni Paolo II e Karekin II, Dichiarazione Comune, Etchmiadzin, 27 settembre 2001); essa ha colpito il vostro popolo armeno - prima nazione cristiana".
PAPA FRANCESCO BERGOGLIO CON IL PATRIARCA DEI CRISTIANI ARMENI
Quella tragedia, ha detto papa Francesco all'inizio della messa in San Pietro a 100 anni dal "martirio", ha colpito il popolo armeno "insieme ai siri cattolici e ortodossi, agli assiri, ai caldei e ai greci". "Furono uccisi vescovi, sacerdoti, religiosi, donne, uomini, anziani e persino bambini e malati indifesi", ha ricordato. "Le altre due furono quelle perpetrate dal nazismo e dallo stalinismo - ha aggiunto -. E più recentemente altri stermini di massa, come quelli in Cambogia, in Ruanda, in Burundi, in Bosnia. Eppure sembra che l'umanità non riesca a cessare di versare sangue innocente".
"Sembra - ha proseguito il papa - che l'entusiasmo sorto alla fine della seconda guerra mondiale stia scomparendo e dissolvendosi. Pare che la famiglia umana rifiuti di imparare dai propri errori causati dalla legge del terrore; e così ancora oggi c'è chi cerca di eliminare i propri simili, con l'aiuto di alcuni e con il silenzio complice di altri che rimangono spettatori".
ERDOGAN IN VERSIONE IMPERATORE OTTOMANO
"Anche oggi stiamo vivendo una sorta di genocidio causato dall'indifferenza generale e collettiva, dal silenzio complice di Caino che esclama: 'A me che importa?'; 'Sono forse io il custode di mio fratello?'". "In diverse occasioni - ha detto il Pontefice nel saluto all'inizio della liturgia - ho definito questo tempo un tempo di guerra, una terza guerra mondiale 'a pezzi', in cui assistiamo quotidianamente a crimini efferati, a massacri sanguinosi e alla follia della distruzione". "Purtroppo ancora oggi - ha aggiunto - sentiamo il grido soffocato e trascurato di tanti nostri fratelli e sorelle inermi, che a causa della loro fede in Cristo o della loro appartenenza etnica vengono pubblicamente e atrocemente uccisi - decapitati, crocifissi, bruciati vivi -, oppure costretti ad abbandonare la loro terra".
Con la ferma certezza che il male non proviene mai da Dio, infinitamente Buono, e radicati nella fede, professiamo che la crudeltà non può mai essere attribuita all'opera di Dio e, per di più, non deve assolutamente trovare nel suo Santo Nome alcuna giustificazione".
YUSUF YERKEL E ERDOGAN
Nella messa, papa Francesco ha proclamato San Gregorio di Narek "dottore della Chiesa". La proclamazione a dottore della Chiesa universale del poeta, monaco, teologo e filosofo mistico armeno, vissuto tra il 951 e il 1003, considerato santo dalla Chiesa cattolica che lo ricorda il 27 febbraio, è stata chiesta dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei santi. La pronuncia del Papa è stata accolta da un applauso dei fedeli armeni.
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