«Purtroppo siamo abituati a una lettura immediatamente ideologica e travisata, pregiudiziale per motivi ora politici ora culturali, di alcuni fatti, come quello capitato al ragazzino di Terni. Dietro un litigio tra ragazzi si legge subito una guerra religiosa». Questa l’affermazione di don Gian Carlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes della Cei, in un’intervista a Vatican Insider, dove si dà per scontata la smentita della storia della 12enne colpita da un compagno di classe senegalese che voleva strapparle il crocifisso dal collo. In effetti il padre del bambino e la preside della scuola hanno smentito qualsiasi motivazione religiosa, ma le cose sono un po’ più complesse.
Il caso non nasce da una lettura magari data da alcuni giornali che subito immaginano una guerra religiosa dietro un litigio tra ragazzi. Nasce invece da una denuncia presentata dalla madre della ragazzina, che sulla circostanza del crocifisso cita anche alcuni testimoni, e tuttora sul fatto ci sono due versioni. Quella della famiglia della ragazzina e quella della scuola (nonché del padre del ragazzino), che ufficialmente smentisce qualsiasi motivo religioso e parla di semplice lite tra ragazzi. Seppure non lo si voglia dire ufficialmente tra una parte degli insegnanti c’è una sorta di fastidio per la famiglia della ragazza colpita, accusata di avere esagerato le conseguenze dell’incidente e ritenuta notoriamente piantagrane, così come la ragazzina è accusata di avere un comportamento troppo conflittuale con i compagni di classe. Insomma, il ragazzino senegalese è oggettivamente difficile (la mattina dell’incidente la preside aveva chiamato il padre perché non si riusciva a calmarlo), ma se la situazione è precipitata sarebbe colpa della ragazzina. Ovviamente opposta l’altra versione, sostenuta anche da qualche insegnante, che stigmatizza invece il tentativo di mettere tutto a tacere per il buon nome della scuola, che vivrebbe anche condizioni assurde a causa di una percentuale molto alta di immigrati che si aggiungono a ragazzi italiani con forti disagi.
Che il problema fosse il crocifisso o meno, don Perego forse dovrebbe ragionare su questo genere di situazioni che in Italia diventano sempre più comuni: classi e scuole dove gli studenti italiani – e soprattutto del posto – diventano minoranza, in nessun modo aiutano l’integrazione, anzi sono una bomba a orologeria. Catapultare il 27 aprile un ragazzino dal cuore dell’Africa in una classe scolastica senza neanche che parli italiano, e aspettarsi che non ci siano gravi problemi non è certo un segno di saggezza. E non tenere conto del contesto culturale e religioso da cui questi ragazzi provengono e che, ad esempio, potrebbe spingere un ragazzo musulmano a reagire violentemente se venisse trattato alla pari da una ragazza, è altrettanto poco saggio (per usare un eufemismo). Sarebbe anche interessante vedere come si comporterebbero i tanti bacchettatori moralisti sempre pronti a dare lezioni di accoglienza se vedessero i loro figli crescere in contesti scolastici del genere invece che in scuole “scelte”.
Quanto poi al crocifisso, un qualche problema a Terni sembra esserci, e non soltanto per gli immigrati, se domenica scorsa è addirittura stato fatto togliere dalla polizia in una piazza cittadina per “non disturbare” il corteo gay nella giornata contro l’omofobia. Le cose sono andate così: nella centrale Piazza della Repubblica già da mesi era previsto un gesto pubblico del movimento dei Neocatecumenali, nel quadro della manifestazione delle cento piazze che si svolge in tutto il mondo: preghiera, canti, danze e un momento di catechesi in piazza è quanto prevede il gesto. Per cui come solito era stata issata la classica croce astile e i volontari stavano iniziando a montare le varie strutture quando è arrivata la polizia: il Comune aveva creato un pasticcio autorizzando solo pochi giorni prima il passaggio del corteo gay nella stessa piazza. Ecco dunque la soluzione: la polizia ha “gentilmente” invitato i Neocatecumenali a togliere la croce, che poteva dar fastidio, e spostarsi da quella piazza. Cosa che è stata fatta, e così i Neocatecumenali si sono recati a celebrare i vespri in una chiesa vicina.
Si tratta di un fatto gravissimo: il crocifisso addirittura considerato fonte di disturbo per i gay, un segno di omofobia. E normale diventa chiederne la rimozione negando la visibilità pubblica ai cristiani, che pure avevano tutte le autorizzazioni, spingendoli a rinchiudersi in chiesa. Ovviamente per il presidente della Repubblica Mattarella – vedi messaggio per la giornata contro l’omofobia – la vera emergenza educativa riguarda l’accoglienza delle persone omosessuali, cosa che evidentemente giustifica anche questi soprusi ai danni dei cristiani.
In Italia si è presa davvero una china pericolosa, e ciò non può non essere fonte di una certa preoccupazione in vista di sabato 23 maggio, quando in tantissime città italiane si svolgerà la manifestazione delle Sentinelle in Piedi. Vogliamo sperare che il ministro dell’Interno prevenga prevaricazioni di ogni genere e garantisca il diritto di tutti i cittadini a manifestare il proprio pensiero pubblicamente, e senza essere fatti oggetto di insulti e violenze.
di Riccardo Cascioli
La ragazzina dodicenne aggredita a Terni e le sconcertanti dichiarazioni del vescovo = = = = = =
… E nuovamente una riflessione sull’Autorità nella Chiesa e sulla latitanza dei pastori che spinge le pecorelle a fare per conto proprio
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Martedì 19 maggio 2015
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sono pervenute in Redazione:
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Caro Gnocchi,
nella brutta, bruttissima vicenda di Terni, dove una ragazzina di 12 anni è stata picchiata da un coetaneo musulmano perché portava al collo la catenina col Crocifisso, c’è un aspetto che più degli altri mi ha disgustato. Mi riferisco alle prime dichiarazioni del vescovo di Terni che ha detto che “prima di ogni giudizio è necessario capire come realmente sia avvenuto il fatto”. Ma questa è strabiliante! C’è un fatto, accertato da testimoni, carabinieri, pronto soccorso: una ragazzina di 12 anni che riceve un pugno da un coetaneo. Oltretutto,una botta data con decisa violenza (venti giorni di prognosi non sono pochi). E cosa ci sarebbe ancora da accertare? Forse perché potrebbe esserci un motivo, anche uno solo, che “giustifichi” il pugno tirato dall’energumeno? Ma siamo matti? Mi scusi, ma secondo lei chi parla così è un vescovo, un successore degli Apostoli? Comunque adesso è già iniziato un altro schifoso balletto: si inizia a negare che l’aggressore abbia agito per ragioni religiose, anzi, lo si sta trasformando in vittima, perché sarebbe stato ovviamente vessato dai compagni di scuola cattivi e razzisti, e lui avrebbe reagito.
Peccato che chi c’è andata di mezzo è solo la ragazzina. Se sapessi che mio figlio (13 anni) si è scambiato qualche botta con un coetaneo, non mi agiterei più di tanto. Tra maschi c’è anche l’età delle “risse”. Ma se sapessi che mio figlio ha tirato un pugno a una femmina, le assicuro che non la passerebbe liscia. Ma intanto monsignor vescovo vuole “capire come realmente sia avvenuto il fatto”. Sono disgustato anche perché mi viene istintivo chiedermi: cosa sarebbe accaduto se le botte le avesse prese un negro, o un omosessuale o un negro omosessuale? Mi scusi se mi sono un po’ dilungato, ma sono un padre e un cattolico davvero disgustato.
La saluto cordialmente,
Giancarlo Teta
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Caro Teta,
ho poco da aggiungere a quanto scrive. Potrei anche cavarmela con una battuta dicendole che quel ragazzino ha messo in pratica l’insegnamento di papa Francesco secondo cui bene fa chi spara un cazzotto a chiunque offende sua mamma e figuriamoci la sua religione. Insomma, è la grazia dell’interreligiosità che dà i suoi frutti.
Detto questo, anche secondo me, il risvolto più agghiacciante della vicenda di Terni sta in quanto ha detto il vescovo: “Prima di ogni giudizio è necessario capire come realmente sia avvenuto il fatto”. A qualcuno potrà anche apparire opportuna cautela, ma a questo proposito vale quanto si chiede lei: “Cosa sarebbe accaduto se le botte le avesse prese un negro, o un omosessuale o un negro omosessuale?”. Il vescovo di Terni avrebbe esercitato la stessa opportuna cautela? O, invece, si sarebbe lanciato con ribalda audacia, seguito dai vari uffici per la pastorale dei migranti, per l’integrazione e per l’ecumenismo, nella denuncia dell’intolleranza religiosa, razziale e omofobica?
Però c’è dell’altro che mi urta nell’opportuna cautela racchiusa in quanto ha detto il vescovo. Ci vedo l’implicito e infingardo giudizio che si usa abitualmente quando una donna viene violentata: “Ma siamo sicuri” si chiedono di solito i benpensanti, a meno che non si tratti della moglie, della figlia o della sorella, “che sia andata realmente così. Siamo sicuri che da parte di quella donna non ci si stata provocazione?”.
Ecco caro Teta, è questo che mi ferisce in quell’opportuna cautela: il sospetto che la vittima se la sia andata a cercare. La donna che subisce una violenza perché ostentava il suo corpo, ma anche la ragazzina picchiata dal compagno di classe perché ostentava il Crocifisso. Come se ci fosse una possibile giustificazione per simili brutalità.
E non vado oltre, perché si dovrebbe pensare anche all’oltraggio inferto a Gesù Cristo. Ma questo, ormai, è diventato l’ultimo dei problemi per la quasi totalità dei successori degli apostoli.
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
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Gentile dottor Gnocchi,
leggo la sua lettera del 15 maggio scorso e non posso non essere totalmente d’accordo. Ma allora le faccio la domanda: come si può ancora andare a Messa e pregare “una cum” con un Papa che cattolico non è? (…) Perchè continuare ad essere in apparente comunione con chi ci sta rubando il vero posto? L’unico posto per cui dobbiamo combattere finché siamo su questa terra? Un piccolo posto (visto che è vero che siamo tutti peccatori) per poter vedere e godere finalmente l’unica vera totale avvolgente Bellezza che è Cristo?
Grazie per l’attenzione
Antonella
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Gentilissima Antonella,
comprendo benissimo il senso di quanto dice e condivido il dolore che suscitano pensieri come i suoi. Di questi tempi, a porsi tale domande c’è un numero di cattolici ben più grande di quanto possa immaginare. Ma bisogna stare attenti a non cadere nella tentazione di farsi suprema autorità a se stessi.
Qualche tempo fa, ho cercato di rispondere a un’altra lettrice che mi poneva la stessa questione. Il succo della mia conclusione, che può trovare per intero cliccando qui, era ed è ancora che, come semplice fedele cattolico non ho la capacità, la competenza e il ruolo per dire se Bergoglio non sia Papa. Ma ciò non dipende dal timore di trarre le debite conclusioni dalle mie osservazioni. Non sono in grado di dire se Bergoglio non è Papa, però sono in grado di dire che non è cattolico nella quasi totalità dei suoi pronunciamenti e dei suoi atti. Questo è l’ultimo passo del mio ragionamento e penso sia più difficile e doloroso che quello di chi sostiene che Bergoglio non sia Papa.
Cara Antonella, il cattolicesimo si regge sull’autorità: sulla sua esistenza, prima ancora che sul suo corretto esercizio. Toglierla di mezzo motu proprio porta fatalmente a ritagliarsi un magistero a propria immagine e somiglianza da applicare senza mediazione, secondo il più evidente dei fondamentalismi, in totale assenza di carità.
L’uomo è fatto così, lasciato da solo si perde guardandosi nello specchio invece che guardare verso il cielo. È molto meno pericoloso riconoscere l’autorità e combatterla in quanto iniqua ed errante, piuttosto che ignorarla e fare per conto proprio.
Essendo cattolico, cara Antonella, non sono infallibilista e ritengo che i discorsi e gli atti di chiunque, Papa compreso, siano giudicabili in base a un deposito di fede che non appartiene a nessun uomo e quindi è certo. Ma siccome la Chiesa è una cosa seria, ritengo anche che il mio compito si esaurisca nel denunciare i tradimenti di chiunque, Papa compreso. Il passo successivo tocca a chi ne ha competenza e autorità. Certo che, se mi guardo attorno, il panorama non è consolante ed è proprio il latitare di pastori a spingere le pecorelle a fare per conto proprio.
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
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Martedì 19 maggio 2015
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sono pervenute in Redazione:
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Caro Gnocchi,
nella brutta, bruttissima vicenda di Terni, dove una ragazzina di 12 anni è stata picchiata da un coetaneo musulmano perché portava al collo la catenina col Crocifisso, c’è un aspetto che più degli altri mi ha disgustato. Mi riferisco alle prime dichiarazioni del vescovo di Terni che ha detto che “prima di ogni giudizio è necessario capire come realmente sia avvenuto il fatto”. Ma questa è strabiliante! C’è un fatto, accertato da testimoni, carabinieri, pronto soccorso: una ragazzina di 12 anni che riceve un pugno da un coetaneo. Oltretutto,una botta data con decisa violenza (venti giorni di prognosi non sono pochi). E cosa ci sarebbe ancora da accertare? Forse perché potrebbe esserci un motivo, anche uno solo, che “giustifichi” il pugno tirato dall’energumeno? Ma siamo matti? Mi scusi, ma secondo lei chi parla così è un vescovo, un successore degli Apostoli? Comunque adesso è già iniziato un altro schifoso balletto: si inizia a negare che l’aggressore abbia agito per ragioni religiose, anzi, lo si sta trasformando in vittima, perché sarebbe stato ovviamente vessato dai compagni di scuola cattivi e razzisti, e lui avrebbe reagito.
Peccato che chi c’è andata di mezzo è solo la ragazzina. Se sapessi che mio figlio (13 anni) si è scambiato qualche botta con un coetaneo, non mi agiterei più di tanto. Tra maschi c’è anche l’età delle “risse”. Ma se sapessi che mio figlio ha tirato un pugno a una femmina, le assicuro che non la passerebbe liscia. Ma intanto monsignor vescovo vuole “capire come realmente sia avvenuto il fatto”. Sono disgustato anche perché mi viene istintivo chiedermi: cosa sarebbe accaduto se le botte le avesse prese un negro, o un omosessuale o un negro omosessuale? Mi scusi se mi sono un po’ dilungato, ma sono un padre e un cattolico davvero disgustato.
La saluto cordialmente,
Giancarlo Teta
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Caro Teta,
ho poco da aggiungere a quanto scrive. Potrei anche cavarmela con una battuta dicendole che quel ragazzino ha messo in pratica l’insegnamento di papa Francesco secondo cui bene fa chi spara un cazzotto a chiunque offende sua mamma e figuriamoci la sua religione. Insomma, è la grazia dell’interreligiosità che dà i suoi frutti.
Detto questo, anche secondo me, il risvolto più agghiacciante della vicenda di Terni sta in quanto ha detto il vescovo: “Prima di ogni giudizio è necessario capire come realmente sia avvenuto il fatto”. A qualcuno potrà anche apparire opportuna cautela, ma a questo proposito vale quanto si chiede lei: “Cosa sarebbe accaduto se le botte le avesse prese un negro, o un omosessuale o un negro omosessuale?”. Il vescovo di Terni avrebbe esercitato la stessa opportuna cautela? O, invece, si sarebbe lanciato con ribalda audacia, seguito dai vari uffici per la pastorale dei migranti, per l’integrazione e per l’ecumenismo, nella denuncia dell’intolleranza religiosa, razziale e omofobica?
Però c’è dell’altro che mi urta nell’opportuna cautela racchiusa in quanto ha detto il vescovo. Ci vedo l’implicito e infingardo giudizio che si usa abitualmente quando una donna viene violentata: “Ma siamo sicuri” si chiedono di solito i benpensanti, a meno che non si tratti della moglie, della figlia o della sorella, “che sia andata realmente così. Siamo sicuri che da parte di quella donna non ci si stata provocazione?”.
Ecco caro Teta, è questo che mi ferisce in quell’opportuna cautela: il sospetto che la vittima se la sia andata a cercare. La donna che subisce una violenza perché ostentava il suo corpo, ma anche la ragazzina picchiata dal compagno di classe perché ostentava il Crocifisso. Come se ci fosse una possibile giustificazione per simili brutalità.
E non vado oltre, perché si dovrebbe pensare anche all’oltraggio inferto a Gesù Cristo. Ma questo, ormai, è diventato l’ultimo dei problemi per la quasi totalità dei successori degli apostoli.
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
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Gentile dottor Gnocchi,
leggo la sua lettera del 15 maggio scorso e non posso non essere totalmente d’accordo. Ma allora le faccio la domanda: come si può ancora andare a Messa e pregare “una cum” con un Papa che cattolico non è? (…) Perchè continuare ad essere in apparente comunione con chi ci sta rubando il vero posto? L’unico posto per cui dobbiamo combattere finché siamo su questa terra? Un piccolo posto (visto che è vero che siamo tutti peccatori) per poter vedere e godere finalmente l’unica vera totale avvolgente Bellezza che è Cristo?
Grazie per l’attenzione
Antonella
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Gentilissima Antonella,
comprendo benissimo il senso di quanto dice e condivido il dolore che suscitano pensieri come i suoi. Di questi tempi, a porsi tale domande c’è un numero di cattolici ben più grande di quanto possa immaginare. Ma bisogna stare attenti a non cadere nella tentazione di farsi suprema autorità a se stessi.
Qualche tempo fa, ho cercato di rispondere a un’altra lettrice che mi poneva la stessa questione. Il succo della mia conclusione, che può trovare per intero cliccando qui, era ed è ancora che, come semplice fedele cattolico non ho la capacità, la competenza e il ruolo per dire se Bergoglio non sia Papa. Ma ciò non dipende dal timore di trarre le debite conclusioni dalle mie osservazioni. Non sono in grado di dire se Bergoglio non è Papa, però sono in grado di dire che non è cattolico nella quasi totalità dei suoi pronunciamenti e dei suoi atti. Questo è l’ultimo passo del mio ragionamento e penso sia più difficile e doloroso che quello di chi sostiene che Bergoglio non sia Papa.
Cara Antonella, il cattolicesimo si regge sull’autorità: sulla sua esistenza, prima ancora che sul suo corretto esercizio. Toglierla di mezzo motu proprio porta fatalmente a ritagliarsi un magistero a propria immagine e somiglianza da applicare senza mediazione, secondo il più evidente dei fondamentalismi, in totale assenza di carità.
L’uomo è fatto così, lasciato da solo si perde guardandosi nello specchio invece che guardare verso il cielo. È molto meno pericoloso riconoscere l’autorità e combatterla in quanto iniqua ed errante, piuttosto che ignorarla e fare per conto proprio.
Essendo cattolico, cara Antonella, non sono infallibilista e ritengo che i discorsi e gli atti di chiunque, Papa compreso, siano giudicabili in base a un deposito di fede che non appartiene a nessun uomo e quindi è certo. Ma siccome la Chiesa è una cosa seria, ritengo anche che il mio compito si esaurisca nel denunciare i tradimenti di chiunque, Papa compreso. Il passo successivo tocca a chi ne ha competenza e autorità. Certo che, se mi guardo attorno, il panorama non è consolante ed è proprio il latitare di pastori a spingere le pecorelle a fare per conto proprio.
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
“FUORI MODA”. La posta di Alessandro Gnocchi – rubrica del martedì
Ogni martedì Alessandro Gnocchi risponde alle lettere degli amici lettori. Tutti potranno partecipare indirizzando le loro lettere a info@riscossacristiana.it , con oggetto: “la posta di Alessandro Gnocchi”. Chiediamo ai nostri amici lettere brevi, su argomenti che naturalmente siano di comune interesse. Ogni martedì sarà scelta una lettera per una risposta per esteso ed eventualmente si daranno ad altre lettere risposte brevi. Si cercherà, nei limiti del possibile, di dare risposte a tutti.
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Il successo di questa rubrica è testimoniato dal numero crescente di lettere che arrivano in redazione. A questo proposito preghiamo gli amici lettori di contenere i propri testi entro un massimo di 800 – 1.000 battute. In tal modo sarà più facile rispondere a più lettere nella stessa settimana. Ringraziamo tutti per la gentile attenzione e collaborazione.
PD
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