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sabato 22 agosto 2015

Incompatibilità di carattere

CRISTIANESIMO E MODERNITA'

    Cristianesimo e modernità sono compatibili? Per rispondere in maniera ragionevole a questa domanda, bisogna, evidentemente, precisare in che senso si adoperano i due termini in questione di Francesco Lamendola

Cristianesimo e modernità sono compatibili?




Sono compatibili, il Cristianesimo e il mondo moderno?
Per rispondere in maniera ragionevole a questa domanda, bisogna, evidentemente, precisare in che senso si adoperano i due termini in questione.

Per “Cristianesimo” intendiamo non un’assolutizzazione radicale e praticamente irrealizzabile; non una utopia che si vuol mantenere tale, pura da ogni contatto con la realtà terrena; e, dunque, non quella cosa che non si dà in alcun luogo e momento della storia umana, perché tutta presa dal suo fervore ideale, ma l’insieme dei valori morali, spirituali e religiosi, così come ce li hanno trasmessi la Tradizione e le Scritture e come li ha difesi e preservati, tra infiniti travagli ed anche parziali smarrimenti, la Chiesa cattolica, nel corso della sua storia quasi due volte millenaria. Che quei valori siano realizzabili o no, è cosa che non si può giudicare di primo acchito, perché si tratta di valori che, sovente, brillano nell’oscurità e non appaiono alla luce, o tendono a smorzarsi e a confondersi con altre realtà, cui sono, per avventura, mescolati; e la rinascita dell’uomo toccato da Cristo non sempre si  palesa in maniera evidente e spettacolare, come nel caso delle mistiche nozze di Francesco e Povertà: altre volte avviene nel silenzio e nel raccoglimento dell’anima e i contemporanei se ne accorgono, se pure se ne accorgono, non per ciò che appare, ma per ciò che smette di apparire, vale a dire per una serie d’indizi di segno negativi, per tutta una serie di assenze e di silenzi che risuonano con inusitato fragore, là dove prima su udivano altre voci e altri rumori, più familiari e più graditi all’orecchio della società odierna.
Per “modernità”, analogamente, intendiamo l’insieme dei valori che si sono costituiti a partire da ciò che gli storici chiamano la nascita del mondo moderno, diciamo intorno al XVII secolo, con la il razionalismo filosofico e con la Rivoluzione scientifica, e poi con il XVIII, ossia con l’Illuminismo, la secolarizzazione, l’idea di progresso illimitato, la lotta senza quartiere contro il passato, contro il principio di autorità, contro la tradizione, contro la storia, contro la morale pregressa; e, più ancora, intendiamo il sistema di idee, di abitudini, di modi di vita, fondato sulla tecnologia e sulla continua produzione di macchine, sull’utilitarismo e sull’economicismo, sull’edonismo e sul nichilismo, sulla concezione materialistica del reale e sulla rivendicazione di una assoluta libertà individuale, spinta anche fino a prima della nascita (aborto) e alle modalità della morte (eutanasia), sulla pretesa di un dominio assoluto e di una manipolazione incessante della natura, sul rifiuto e sul disprezzo della trascendenza, sull’esaltazione della scienza come unica e sola forma legittima di conoscenza, e infine sul consumismo, sintesi e comun denominatore di tutte queste tendenze.
Il mondo moderno, dunque, non è il “mondo” nel senso adoperato nel Vangelo di San Giovanni, ma ne è, certamente, una manifestazione: forse la più coerente, la più esplicita, la più radicale. Ad esso corrisponde l’esaltazione della forza, della ricchezza, del potere, della sapienza umana, concepita come contrapposta e alternativa alla divina: il mondo moderno è la civiltà umana che si ritiene totalmente emancipata, libera e sciolta da qualsiasi legame con l’Assoluto e con l’Eterno, tutta fondata sul controllo del presente, sul possesso di beni e sulla realizzazione di macchine atte a semplificare, in apparenza (ma solo in apparenza) la nostra vita, nel momento stesso in cui, per la loro crescente complessità, tendono a far dimenticare la loro natura strumentale e a porsi come fini, addirittura come feticci da adorare, mentre i fini veri della vita umana, i grandi “perché” della metafisica, la nostalgia di Dio che vive nel cuore dell’uomo, rimangono inascoltati e disattesi, e, se pure vi si rivolge l’attenzione, è solo per deprecare in essi la sopravvivenza di vecchie forme del pensiero e della vita, di cui non c’è più bisogno, perché l’uomo moderno, libero ed emancipato mediante la sua stessa ragione (come voleva Kant e come volevano gli illuministi) è norma bastante a se stesso e non deve cercare altrove quel che gli serve per il suo bene e la sua felicità.
Scriveva Giovanni Papini (prendendo l’avvio dalla difesa del «Dizionario dell’Omo Salvatico», scritto da lui a quattro mani con Domenico Giuliotti e pubblicato nel 1923), ne «La scala di Giacobbe» (Vallecchi, Firenze, 1932, pp. 153-8):

«Il nostro “Dizionario”è UNA BATTAGLIA CONTRO IL MONDO. Contro il Mondo nel senso che l’intende l’Evangelo – contro il Mondo che non conosce Cristo o tutti i momenti lo rinnega e l’offende – contro il Mondo che diserta o insulta la Chiesa – e particolarmente contro il Mondo de’ nostri giorni, fondato sulla Violenza, sull’Ingordigia, sull’Idolatria della Quantità e della Ricchezza – contro quel Mondo moderno che sta distruggendo e calpestando gli ultimi vestigi dei valori religiosi, morali ed estetici della Cristianità. Per questo Mondo, se ricordate, Cristo medesimo, Dio d’Amore, si rifiutò di pregare. “Non pro mundo rogo – dice Gesù rivolgendosi al Padre – sed pro his quos dedisti mihi quia tui sunt”. Non vuol pregare il Salvatore degli uomini, per quelli che sono nel mondo e servono al Mondo, ma per quelli che sono suoi perché sono del Padre – cioè per quelli soltanto che seguono Dio e servono Cristo. E non ha detto San Paolo che la sapienza del mondo è pazzia agli occhi d’Iddio? E non ha affermato San Giacomo che l’amicizia del mondo è inimicizia di Dio? Noi non abbiamo dunque, come cristiani, l’obbligo di amare il Mondo – abbiamo anzi il rigoroso dovere di rigettarlo e detestarlo. Chi ama Cristo non può amare il Mondo; chi ama Cristo non può amare quelli che odiano Cristo; chi ama la Chiesa non può amare i nemici, gl’insultatori, gli assediatori della Chiesa. Chi ama il Mondo o lo tollera o l’ammira o l’accarezza, non è vero cristiano, anche se crede d’esser cristiano; perché non v’è compromesso possibile fra lo spirito di Cristo e lo spirito del Mondo e Cristo medesimo ci ha insegnato espressamente che non si può servire a Dio e a Mammona. Chi crede di poterlo fare ha certo due facce ma non ha neppure un’anima. E fra tutti i mondi che conosciamo nella storia ci sembra – forse perché ci viviamo – che il mondo moderno sia il più lurido e spaventoso e il più lontano dalla verità e dall’Evangelo. Non siamo noi soli che lo diciamo e lo sentiamo. Nella sua solenne e profonda Enciclica “Ubi Arcano Dei” il nostro sommo Padre, S. S. Pio XI, ha tracciato con mano sicura, illuminato dalla millenaria luce che sfolgora da Roma, le ragioni del pervertimento sempre più spaventoso del mondo contemporaneo: “Primeggia la lotta di classe divenuta ormai il morbo più inveterato e mortale della società, quasi verme roditore che ne insidia tutte le forze vitali… E la lotta appare sempre più irreconciliabile, mentre si combatte tra gli uni insaziabilmente avidi di beni materiali e gli altri degli stessi beni egoisticamente tenaci, nonché tra i soggetti e le classi dirigenti, per la comune brama di godere e di comandare… Ed è ancor più doloroso notare come ormai il sovvertimento sia penetrato nel mite e pacifico santuario delle famiglie, che sono i primi nuclei della società, dove i mali germi della disgregazione,  già da tempo sparsi, sono stati più che mai fomentatori nel tempo della guerra dall’allontanamento dei padri e dei figli dal tetto famigliare e dalla tanto aumentata licenza dei costumi… La mentiamo il diffondersi di una irrequietezza morbosa in ogni età e il disprezzo dell’ubbidienza e l’intolleranza della fatica passare in costume; il pudore delle donne e delle fanciulle conculcato nella licenza del vestire e del conversare, delle danze invereconde, coll’insulto aperto dell’altrui miserie,reso più provocante dall’ostentazione del lusso; infine l’aumentarsi degli spostati, che finiscono sempre coll’ingrossare le file dei sovvertitori dei pubblici e privati ordinamenti… Gli uomini non più fratelli agli uomini, come detta la legge cristiana, ma quasi stranieri e nemici, smarrito il senso della dignità personale e DEL VALORE DELLA STESSA UMANA PERSONA NEL BRUTALE PREVALERE DELLA FORZA E DEL NUMERO; GLI UNI INTESI A SFRUTTARE GLI ALTRI per questo sol fine di meglio e più largamentegodere dei beni di questa vita; TUTTI ERRANTI, POICHÉ RIVOLTI UNICAMENTE AI BENI MATERIALI E TEMPORALI, e dimentichi dei beni spirituali ed eterni, al cui acquisto Gesù Redentore, mediante il perenne magistero della Chiesa, ci invita… Sicché – conclude il Santo Padre – invece del tanto vantato progresso, si aggrava sempre più un REGRESSO doloroso verso l’IMBARBARIMENTO della società.”
Dinanzi a questo mondo così severamente, ma giustamente condannato dal presente Erede di Pietro, noi sentiamo, come cristiani nuovi, e perciò più acuta, la ripugnanza. Noi accettiamo, non solo per dovere di fedeli ma anche per intima persuasione di osservatori, il giudizio del Papa sul mondo e questa condanna, se ben si guardi, è il succo intimo del nostro povero libro. Noi, con altro stile, abbiamo cercato di mostrare i particolari casi nei quali meglio si rivela l’imbarbarimento del mondo contemporaneo, e anche dove sembriamo soltanto burleschi è sottintesa sempre la dura sentenza. Contro questo mondo che si gloria delle sue macchine, delle sue banche, dei suoi vizi, dei suoi feticci di casta e di razza, noi combattiamo una giusta guerra. E le guerre non si affanno e non si vincono con le spruzzatine di profumo, coi sorrisi e colle tregue ogni dì rinnovate. I Crociati che andavano contro i Saracini non adoperavano il piumino della cipria ma bravi spadoni a due tagli e lance ben appuntite. Ed il mondo moderno, accasciato nella sua superba miseria, ravvolto nel fumo dei suoi fumaiuoli e dei suoi motori, impazzito ed imbestialito nella ricerca del piacere e del potere, è più lontano da Cristo che non fossero i Saracini e tale da far nascere, in uno scolaro di Cristo, l’indignazione più che la pietà. Per questi motivi ci siamo chiamati “Omini Salvatici”: cioè uomini che rifuggono dalla civiltà se per civiltà s’intende quella che romba e lorda nelle città moderne del sedicente mondo civile. Dinanzi a questo mondo noi siamo salvatici come San Giovanni che va nel deserto e minaccia il fuoco ai peccatori; salvatici come gli anacoreti che fuggono le metropoli dell’impero per rifugiarsi nelle solitudini; salvatici come i monaci, i solitari, i romiti che preferiscono l’orrore delle selve all’orrore del “bel mondo”; salvatici come tutti coloro che hanno rinnegato lo spaventoso bailamme dei soddisfatti e dei pagani. Ed a costoro che non ci intendono, e che sono, secondo la parola del Pontefice, i moderni imbarbariti, sembriamo barbari noi: “Barbarus hic ego sum quia non intelligor ulli”.»

Papini scriveva con la foga che gli era proprio e con lo zelo – un po’ ingenuo, un po’ rozzo – del neo-convertito; ammettiamolo. Resta da vedere se i suoi ragionamenti siano giusti o sbagliati: nella sostanza, e lasciando da parte questioni di mera forma. Aggiungendo alla riflessione, aggiungiamo noi, gli altro ottant’anni circa che si sono sommati al conto della modernità, rispetto a quando lui scriveva: durante i quali il mondo ha vissuto cosucce come la seconda guerra mondiale, la bomba atomica, i genocidi e gli stermini di classe di razza, la distruzione irreversibile dell’equilibrio naturale, la minaccia incombente di un’autodistruzione dell’umanità, se non con le armi della guerra, con quelle dell’industria, della scienza, del progresso.
La risposta ci sembra chiara ed evidente, per chi la voglia vedere: il Cristianesimo e il mondo moderno sono inconciliabili, incompatibili, indeclinabili. Il cristiano, che è, anch’egli, un uomo che vive nel mondo, non è, però, del mondo: tanto meno di questo mondo. Il mondo moderno ha dichiarato guerra a Dio, a Cristo e alla Chiesa: chi non lo vuol vedere, chi non sa trarne le logiche conclusioni, o è uno stupido, o è un nemico travestito da amico. La guerra è stata dichiarata dall’Illuminismo e dalla Massoneria («écrasez l’infâme!», arringava Voltaire) nel XVII secolo e non è mai venuta meno; non è mai stata sospesa, non è mai stata accantonata, anche se molti cristiani lo credono o preferiscono crederlo. Semplicemente, ha assunto toni nuovi e più abili: non è più un assalto frontale, ma un lento insinuarsi dall’interno: i suoi alleati migliori, i credenti, laici ed clero; le sue armi preferite, il silenzio o il sorriso malevolo; la sua strategia finale: la conquista della Chiesa cattolica dal di dentro, il rovesciamento “de facto” dei suoi dogmi, la sovversione della sua morale, lo svuotamento e l’ottenebramento dei suoi valori e dei suoi punti di riferimento; il tutto mediante il ridicolizzare e la progressiva emarginazione di quanti si sono accorti del gioco, delle sentinelle che lanciano l’allarme, delle teste più lucide e coraggiose che non esitano a mettere in guardia fin che c’è tempo, fin che esiste una possibilità di difesa.
Il mondo moderno non può coesistere con il Cristianesimo, perché si fonda su tutto ciò che il Cristianesimo rifiuta: l’adorazione dell’avere, il disprezzo per l’essere, il voler sembrare innalzato a principio supremo, l’orgoglio della quantità, del numero, della folla, della massa, delle mode, di tutto ciò che è esteriore, di tutto ciò che non è autenticamente umano, ma è una contraffazione dell’umano: denaro, potere, tecnica. Le cose innalzate al di sopra elle persone, le persone abbassate al di sotto dell’umano. La fierezza dell’uomo moderno è nei viaggi spaziali; quella dell’uomo spirituale, nel sapere entrare, con umiltà e verità, nel santuario più riposto della propria anima, e trovarvi lo splendore di Dio.
Certo, il cristiano deve saper dialogare con tutti, dunque anche con la modernità. Attenzione, però: è facile restare invischiati in ciò che si crede di padroneggiare; è facile, facilissimo dimenticarsi che il dialogo ha senso fin che brilla una sia pure debolissima fiammella di buona fede, di lealtà, di carità. Ma “dialogare” con chi odia la luce, con chi detesta e disprezza la lealtà e la buona fede, con chi ad altro non mira che al potere assoluto, intero, tirannico sulle coscienze e sulle società: questa sarebbe peggio che una semplice ingenuità; questo sarebbe un suicidio.
Pure, vi sono molti cristiani “moderni” che si credono cristiani più “veri”, più maturi, insomma più “cristiani”, proprio perché hanno riconosciuto che vi son molte cose buone, nel mondo moderno: hanno smesso di parlare del Male e del Bene, parlano soprattutto di progresso e di giustizia: sono in sintonia col mondo (e pochissimo in sintonia coi loro confratelli meno “illuminati”), il quale strizza loro l’occhiolino e sa di trovare in essi dei piacevoli interlocutori. Vi sono molti preti cristiani e teologi cristiani e riviste cristiane che vanno perfettamente d’accordo con il mondo moderno che ricevono onori e riconoscimenti dalla cultura moderna, che non saprebbero nemmeno più fare a meno degli applausi e dell’approvazione del mondo moderno: preti che vanno a straparlare in televisione, frati che ballano in maniera scomposta e suore che fanno le cantanti di canzoni profane, vendendo milioni di dischi ove non si nota la più piccola differenza con i modelli profani, erotici e pesantemente sessuali, cui fanno riferimento.
Sappiamo bene che la maggior parte degli uomini moderni, che si riconoscono, cioè, esplicitamente o tacitamente, nei postulati della modernità, non sono dei sinistri personaggi bramosi di distruggere la spiritualità dell’uomo, di snaturare il messaggio cristiano, d’imporre un cupo e ossessionante dominio a livello planetario. Ciò non toglie che tale è il disegno che essi servono: se non ne sono consapevoli, se non se ne rendono conto, tanto peggio per loro: sono utili idioti nelle mani di un disegno complessivo radicalmente anticristiano e radicalmente anti-umano. Che si sveglino al più presto, se davvero sono in buona fede; altrimenti, che si preparino a subire le conseguenze dei loro pensieri, delle loro parole, dei loro atti.
Pur riconoscendo che molti di essi non sono malvagi, ma traviati, e che sono dunque le prime vittime di quel sistema disumano di cui si son fatti servitori volontari, il cristiano non farò loro alcuno sconto: non crederà alle loro parole, non si fiderà delle loro promesse, non accorderà la minima fiducia ai loro nobili e fraterni enunciati. Giudicherà dai fatti, o meglio, dai frutti: perché «dai frutti li riconoscerete». Il consumismo è diabolico e diabolici sono i suoi frutti: famiglie allo sbando, indifferentismo morale, rincorsa folle del principio del piacere, prevaricazione dell’uomo sull’uomo, del marito sula moglie e della moglie sul marito, dei genitori sui figli e dei figli sui genitori, dell’uomo sulla donna e della donna sull’uomo, dell’amministratore sul cittadino e del cittadino sull’amministratore, di tutti contro tutti, senza quartiere, senza pietà, senza mai un briciolo di comprensione, sempre proclamando: «Io, Io, Io»: Io voglio, Io temo, Io bramo, Io pretendo, Io esigo, Io e ancora Io e di nuovo Io, sempre, all’infinito.
Il cristiano sa che la storia è il campo dell’agire umano, ma che l’uomo non ne è il protagonista assoluto, bensì relativo. L’uomo, che non i è fatto da sé, non vi porrà la parola “fine”: l’inizio e la fine della stria non sono nelle sue mani, così come il suo significato va oltre i suoi piani, le sue aspirazioni, i suoi progetti: nella storia si dispiega, al di là dei secoli e delle generazioni, lo Spirito di Dio, ora riconosciuto, ora misconosciuto; ora accolto, ora respinto; ora palese, ora segreto. L’uomo è protagonista, testimone e strumento della lotta incessante che si combatte per la sua Redenzione o per la sua perdita definitiva: Cielo e terra vi partecipano, angeli e demoni, Dio e Satana sono accanto a lui, entro di lui, presso di lui.
L’uomo moderno se ne è scordato, o forse ha voluto scordarsene. Convinto che il massimo del pensiero razionale sia negare la trascendenza, ritiene di avere ogni cosa sotto controllo e sorride del Vangelo, come l’adulto sorride delle favole per i bimbi. Egli si crede insediato al ponte di comando, con tutta la realtà ai suoi piedi, e non si accorge di non essere padrone nemmeno di se stesso: non si accorge che le parole non sono più sue, i suoi pensieri non sono più suoi, le sue aspirazioni non sono veramente sue. Una forza estranea s’è impossessata di lui, della sua anima, s’è acquattata nelle sue zone oscure e guida ora i suoi ragionamenti, le sue azioni, i suoi disegni. Una forza astuta, che lo rassicura, che lo asseconda nei suoi vaneggiamenti, nelle sue illusioni, nelle sue menzogne. Una forza che lo signoreggia e che lo tiranneggia, ma che è talmente scaltra da non volersi rendere manifesta, per cui sta attenta a parlar sottovoce, a ripetergli che il padrone è sempre lui, chi potrebbe dubitarne?, e che nessun uomo, nelle epoche passate, è mai stato così grande, così potente, così sapiente come lo è lui, oggi….
Vogliamo dare un nome, a questa forza oscura? a questo velo d’ignoranza, che impedisce all’uomo d’oggi di rendesi conto, sino in fondo, della propria reale condizione? a questo abilissimo seduttore, che lusinga senza tregua la vanità del suo ospite, che lo rassicura quando parrebbe sul punto si riscuotersi e lo riaddormenta se sta per svegliarsi dai suoi sogni voluttuosi? Ebbene, diamoglielo: non occorre andar lontano. È il nome di quell’essere tenebroso che sempre insidia la vicenda umana e che è omicida e mentitore, fin dall’inizio: per invidia dell’uomo e della sua amicizia con Dio…
di Francesco Lamendola

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