ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 5 novembre 2015

Ok Corral?

Aveva detto già tutto, ma vogliono fargli la Pell


pell

Si è già detto, lo avevano detto in tanti: l’obiettivo dei due corvi era il cardinale George Pell. L’avversione al suo lavoro, in accordo con il papa che lo ha nominato, in continuità con quello che aveva cercato di fare Benedetto XVI con Gotti Tedeschi, dava fastidio.
In più Pell ha un altro difetto: durante il Sinodo ha preso una posizione molto chiara. Che i grandi giornali,
a partire dal Corriere della Sera, non hanno apprezzato.
Oggi Andrea Tornielli, smessa la guerra civile con il mondo cattolico conservatore, da cui proviene, di fronte all’attacco mediatico generale ha raccontato i fatti come stanno.
Prima smentendo la commedia del complotto interno, di cui era stato uno dei narratori, anche se riguardo ad un altro fatto (la famosa lettera dei 13, di cui Pell era stato il promotore, ma non certo il divulgatore: come immaginare che la abbia divulgata nella versione non definitiva ed errata, avendo lui in mano quella definitiva?):
Dietro ai libri «Avarizia» e «Via Crucis» non c’è un complotto curiale contro Francesco. Non c’è nemmeno il «vecchio» contro il «nuovo corso»: se l’ipotesi accusatoria sarà confermata, le due talpe che hanno fatto avere le carte ai due autori erano infatti state nominate dal nuovo Papa nella commissione per la riforma economico-amministrativa della Santa Sede (Cosea).
Poi ricordando a chi si devono le indagini sui conti interni:
…Quello che più colpisce è piuttosto il quadro generale: i due libri presentano infatti i risultati della più grande e minuziosa inchiesta sui conti vaticani che sia mai stata condotta. A realizzarla però, è stato lo stesso Vaticano, affidandosi a consulenti esterni ed estranei: l’indagine per sapere quanto denaro c’è e come viene speso; quanti immobili ci sono, quanto realmente valgono e come vengono gestiti; che ruolo hanno le fondazioni e come gestiscono le loro uscite; lo screening minuzioso su tutti i conti dello Ior che ha portato alla chiusura di centinaia di posizioni… Tutto questo è emerso per la prima volta per volere di Papa Francesco, delle due commissioni referenti, dei consulenti internazionali che evidentemente hanno fatto un buon lavoro. E hanno permesso che si cominciasse a mettere mano alla riforma. Certo, non senza discussioni, frizioni, contrapposizioni, difficoltà, ostacoli (http://vaticaninsider.lastampa.it/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/vatileaks-vatileaks-vatileaks-44464/).
Ora la domanda da farsi, per essere ancora più espliciti è semplice: chi è il prefetto dell’economia che ha fatto emergere il sommerso? George Pell.
Il quale aveva già detto un po’ di cose in più occasioni, per esempio al Meeting di Rimini, in agosto:
“È tempo di mettere in ordine i nostri affari e fare in modo che questo possa essere noto anche al mondo esterno. La prossima ondata di attacchi alla Chiesa potrebbe essere proprio sulle irregolarità finanziarie” (http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/08/22/finanze-vaticane-pell-irregolarita-da-qui-prossimo-attacco-alla-chiesa/1976090/).
Forse sbaglio, ma a me sembra che le cose stiano così….
Mezzo milione in sei mesi, le spese folli del cardinale
George Pell, detto “il Ranger” volava solo in business class. Nell’elenco anche 47 mila euro di mobili e 2.500 euro in sartoria


Tra le mille rivelazioni del Vatileaks2, ha fatto impressione la lista delle spese del cardinale George Pell, detto «il Ranger», il porporato australiano che è stato chiamato a Roma a mettere ordine nei conti della Curia. 

A voler usare un eufemismo, Pell non è amato. Guarda caso la sua preziosa nota spese viene rubata da un ignoto hacker e ora compare nel libro «Avarizia» di Fittipaldi. Notizie del diavolo, si dirà. Sì, ma da leccarsi i baffi. «Da luglio 2014 a gennaio 2015 gli esborsi hanno infatti toccato i 501 mila euro». Nell’elenco c’è un sottolavello da 4600 euro, ma anche 7292 euro di tappezzeria, 47 mila euro per mobili e armadi, lavoretti vari da 33 mila euro. Il cardinale o uno dei suoi segretari hanno messo in nota spese anche gli acquisti fatti al negozio Gammarelli, sartoria storica che dal 1798 veste la curia della Città Eterna: in genere i porporati pagano di tasca loro tuniche e berretta, stavolta la segreteria ha fatturato direttamente abiti per 2508 euro. 

Pesante anche il capitolo viaggi. Il «Ranger» per andare da Roma a Londra lo scorso 3 luglio ha speso 1103 euro, business class. Quattro giorni dopo si è fatto rimborsare un volo Roma-Dresda, in Germania, da 1150 euro, un altro per Monaco da 1238, mentre lo scorso settembre la Scuola dell’Annunciazione del Devon, di cui l’ultraconservatore è diventato «patrono», ha dovuto sganciare per un Roma-Londra 1293 euro. Pell e il suo vice Casey si accomodano in business anche quando vanno a Malta, dove vanno ad ascoltare i consigli del finanziere Joseph Zahra. Ma sono tutti gli uomini vicini al cardinale a volare in business, da lord Christopher Patten (ex presidente della Bbc che dovrebbe riformare la comunicazione della Santa Sede) all’industriale di Singapore George Yeo, membro della Commissione per la riforma del Vaticano.  

Un menage dispendiosissimo che fa a pugni con i desideri del Papa e non così dissimile da quanto emerso, per dire, dai processi a carico di Don Verzè e altri amministratori del «San Raffaele», i quali hanno dissipato una cinquantina di milioni in fondi neri, jet privati, fazende brasiliane, ville con piscina, e spese strampalate tra cui quella per un’enorme voliera piena di pappagallini in ufficio.  
La verità è che quando a saldare le fatture è il Vaticano, non si fanno sconti. Così capita - scrive Gianluigi Nuzzi - che «in tre anni la società Cap Gemini Ernst & Young si è fatta pagare ben 10 miliardi di vecchie lire (5,6 milioni di euro) per una consulenza sul sistema contabile».  

Il Vaticano raccoglie donazioni da tutto il mondo, il Governatorato poi le dilapida. «Già nel 2009-10 un’analisi riservata di McKinsey sui conti dell’ente aveva fatto emergere una situazione disastrosa. Diversi centri di spesa, come quelli relativi alla manutenzione, presentavano costi maggiori dal 200 e fino al 400 per cento rispetto alle tariffe di mercato». Quel monsignor Viganò che aveva provato a frenare le spese pazze (famoso il caso di un albero di Natale costato 500 mila euro) è finito screditato e esiliato a Washington.

FRANCESCO GRIGNETTI 

Vatileaks e la guerra tra Bertone e Bergoglio



Il papa continua la sua opera di pulizia in Vaticano. E tra arresti, corvi e guerre dentro l'Opus Dei, a saltare finora sono solo gli uomini dell'ex segretario di Stato.
Mentre il cupolone di San Pietro è in fiamme, tra arresti di nuovi corvi, libri scottanti in uscita e una guerra dentro l'Opus Dei sullo sfondo, papa Francesco tiene il punto della situazione sulla riforma delle finanze del Vaticano. E incassa un nuovo successo nel lento lavoro di ristrutturazione della Chiesa dalle incrostrazioni lasciate dall'ex segretario di Stato Tarcisio Bertone.
La nomina del nuovo consiglio di amministrazione dell'Ospedale Bambin Gesù, annunciata mercoledì 4 novembre, non è infatti che l'ultimo capitolo di una guerra senza esclusioni di colpi che prosegue da più di due anni tra le mura d'oltretevere e che punta a spezzare anche i cordoni vaticani con la classe politica italiana. 
GLI ARRESTI DEI CORVI E I LIBRI NON FERMANO FRANCESCO. Si tratta di una battaglia che prosegue, nonostante gli arresti di monsignor Vallejo Balda e di Francesca Chaoqui, segretario e membro della Commissione referente di studio e indirizzo sull’organizzazione delle strutture economico-amministrative della Santa Sede. E segnala da un lato un occhio ai conti 'fuori controllo' degli ultimi anni, come emerso in un'intercettazione di Bergoglio contenuta nell'ultimo libro di Gianluigi Nuzzi Via Crucis.
Dall'altro invece tratteggia la nuova strategia di riavvicinamento del Vaticano all'establishment italiano, in particolare a quel mondo che ruota intorno al nostro sistema bancario con cui i rapporti sono da qualche anno incrinati, in particolare con la Banca D'Italia per la gestione dello Ior. Il Torrione Niccolò V per quarant'anni ha infatti operato nel nostro Paese senza autorizzazioni, come sollevato dalla procura di Roma che indaga per insider trading e riciglaggio l'ex direttore generale Paolo Cipriani. 
Ma soprattutto l'obiettivo del nuovo corso bergogliano è quello di rimuovere gli uomini che Bertone si affrettò a nominare appena dopo la caduta di Benedetto XVI, all'inizio del 2013. Non solo. Nel lavoro di ristrutturazione c'è anche l'intento di spezzare i collegamenti con il centrodestra di Silvio Berlusconi, dettagli emersi già nel 2013, quando nell'archivio dell'ex presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi emersero le trattative segrete tra il Vaticano e il Popolo della libertà su disegni di legge del governo e raccomandazioni varie.
LE NOMINE NEL BAMBIN GESÙ: UN NUOVO CORSO. Non sorprende quindi la nomina dentro la governance dell'ospedale pediatrico di persone del calibro di Anna Maria Tarantola, ex presidente Rai ma soprattutto ex dirigente di peso dentro Bankitalia, o come quella di Ferrucio De Bortoli, ex direttore del Corriere della Sera molto vicino a Nanni Bazoli, presidente del consiglio di Sorveglianza di Banca Intesa.
E ancora, nel Bambin Gesù entra pure Maria Bianca Farina, manager di Poste italiane e già inserita da Bergoglio dentro l'Aif,  Autorità di informazione finanziaria per la lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo.
PAROLIN E  IL COMMISSARIAMENTO DELL'OSPEDALE PEDIATRICO. Il lavoro di smantellamento del potere economico, politico e mediatico bertoniano è lento, difficile, ma continua anche grazie alle sapienti mani del nuovo segretario di Stato Pietro Parolin.
Fu proprio lui, nel settembre 2014, a creare un Comitato di presidenza intorno all'ormai ex presidente del Bambin Gesù, Giuseppe Profiti, uomo di Bertone. Lo fece con un rescriptum ex audientia Sanctissimi, ovvero un documento stilato dopo una udienza con il Santo Padre, in modo da poter influire nelle scelte del consiglio di amministrazione e avere a disposizione tutta la documentazione interna dell'ospedale pediatrico.
Fu una mossa che di fatto commissariò Profiti e che portò Parolin a raccogliere più potere intorno a lui, in modo da affiancare nella riforma George Pell con la sua segreteria per l'Economia. Sta di fatto che dopo il commissariamento, Profiti si dimise all'inizio del 2015. Al suo posto arrivò Mariella Enoc, vice presidente della Fondazione Cariplo, già presidente dell'Associazione industriali di Novara e di Confindustria Piemonte. 
VERSALDI E PROFITI, UOMINI DI BERTONE. Sempre quest'anno, in giugno, il Bambin Gesù è finito al centro di un'inchiesta della procura di Trani che ha visto come protagonisti proprio Profiti e il cardinal Giuseppe Versaldi, già numero uno della prefettura degli Affari economici del Vaticano, un uomo legatissimo al cardinal Bertone.
Per capire il potere di Versaldi basta leggere un passaggio del libro di Francesco Peloso, La Banca del Papa (editore Marsilio).
«Benedetto XVI, nel fatidico febbraio 2013, a dimissioni gia annunciate». scrive l'autore, «nominerà in extremis il presidente dello Ior e poi – presumibilmente su consiglio del cardinale Bertone – il commissario della congregazione religiosa dei padri concezionisti, e quindi dell’Idi ('Istituto dermopatico dell'Immacolata), nella figura del cardinale Giuseppe Versaldi, piemontese, pedina fondamentale del potere bertoniano anche nella curia vaticana, dove ha guidato la prefettura degli affari economici della Santa Sede, cioe l’organismo che svolgeva – prima della riforma – il compito di revisione dei conti di tutti i dicasteri». 
Le intercettazioni di Versaldi e Profiti sono di nuovo al centro delle cronache di questi giorni. I due si adoperavano per conquistare l'Idi, omettendo dei passaggi in un colloquio con il papa.
E allo stesso tempo sui giornali è tornato l'attico di Bertone, comprato, secondo il libro di Emiliano Fittipaldi Avarizia con 200 mila euro, coi «soldi dei bambini malati», cioè quelli appunto quelli destinati al Bambin Gesù.
Dettagli, per una guerra che in Vaticano sanno sarà ancora molto lunga. Ma Francesco la vuole vincere per rendere più trasparente la Chiesa.

Corriere della Sera
(Gian Guido Vecchi) «Sono 296 metri quadrati, non ci vivo da solo. Per i lavori ho usato 300 mila euro di risparmi miei. I 200 mila versati dalla Fondazione Bambin Gesù? Così dicono, ma io non ho autorizzato nulla»
«È una vergogna, non so come difendermi, difendersi dalle calunnie è quasi impossibile. Le vittime sono impotenti». Il cardinale Tarcisio Bertone ha la voce stanca. L' ex segretario di Stato si ritrova al centro delle polemiche, come nel primo Vatileaks. 
Di nuovo la faccenda dell'appartamento: lo avrebbe ristrutturato con i soldi della Fondazione Bambin Gesù per i bimbi malati. 
«È offensivo, un' altra delle tante accuse ingiuste e menzognere che ho ricevuto in questi anni». 
E allora cosa è successo? 
«Premetto che gli appartamenti assegnati ai cardinali della Curia romana sono di proprietà del Governatorato vaticano o dell' Apsa, e vengono ristrutturati a cura delle amministrazioni con spese messe a bilancio anno per anno». 
E nel suo caso, eminenza? 
«Quanto all' appartamento che mi è stato assegnato d' accordo con papa Francesco e i superiori del Governatorato, mi è stato comunicato che quell' anno non era messa a bilancio alcuna somma per la ristrutturazione e avrei dovuto sostenere io le spese. I lavori furono affidati alla ditta Castelli, il cui ad è Antonio Bandera. Mentre avanzavano i lavori e alla Ragioneria arrivavano le fatture da pagare, fui invitato dal Governatorato a saldare. E in effetti, come risulta da una precisa documentazione, ho versato al Governatorato la somma: dal mio conto». 
Quanto ha pagato? 
«Erano due appartamenti disastrati e abbandonati da anni. Il Governatorato mi ha comunicato una spesa sui 300 mila euro: ho pagato con i miei risparmi per un appartamento che non è di mia proprietà e resterà al Governatorato». 
La Fondazione Bambin Gesù ha pagato 200 mila euro, però. 
«Così dicono. Solo dopo ho saputo che erano state presentate fatture anche alla Fondazione. Io non ho visto nulla. Ed escludo in modo assoluto di aver mai dato indicazioni o autorizzato la Fondazione ad alcun pagamento. Ho dato istruzioni al mio avvocato, Michele Gentiloni Silveri, di svolgere indagini per verificare cosa sia realmente accaduto. Nel caso venisse accertato che sono state effettuate azioni fraudolente a mio danno, è chiaro, non esiterò a reagire. Vorrei vedere cosa è stato pagato e quanto, il verbale che lo testimonierebbe». 
Dicono: il Papa vive in 50 metri quadrati e lei nel lusso. 
«Io non vivo nel lusso». 
Per chiarire: 700, 500, 350 metri quadri? 
«L' appartamento è di 296 metri quadrati. E non ci vivo da solo. Abito con una comunità di tre suore che mi aiutano, c' è anche una segretaria che il Santo Padre mi ha concesso per scrivere la memoria di tre Papi, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. C' è la biblioteca, l' archivio, le camere per tutti...». 
E il terrazzo? 
«Sempre questa storia dell' attico con vista su San Pietro. Non esiste nessun attico. Io abito al terzo piano e il terrazzo non è mio, è stato risanato durante i lavori ma è quello condominiale, in cima al palazzo. È di tutti gli inquilini, cardinali e arcivescovi, che ci vivono». 
Si parla anche di un volo in elicottero da 24 mila euro... 
«Mi fu messo a disposizione da non so quale ente. Ricordo che partimmo da un campo sportivo fuori dal Vaticano. Mi ha trasportato all' inaugurazione del centro regionale Bambino Gesù della Basilicata, a Potenza, il 24 febbraio 2012». 
Dice che la calunniano: si è chiesto perché ?
«Io mi ritengo una vittima di questi anni. Ho lavorato al servizio dei Papi con fedeltà e dedizione, e anche al servizio del Bambin Gesù. Ho fatto tanto e ora mi ritrovo queste accuse infamanti. Non so, ormai sono nel mirino. Il nome Bertone richiama subito l' attenzione»
"Scontro nella Chiesa per i soldi". Gotti Tedeschi: la mossa del Papa

PIAZZA SAN PIETRO Francesco salutato dai cardinali (Olycom)
PIAZZA SAN PIETRO Francesco salutato dai cardinali
 (Olycom)
Nelle ovattate stanze dello Ior, Istituto opere religiose, la banca vaticana che da tempo ondeggia pericolosamente in un surfing di scandali e sospetti, ha trascorso tre anni da presidente. Ha visto tutto ciò che doveva vedere. Conosce segreti, volti e nomi che forse non svelerà mai a nessuno.
Ettore Gotti Tedeschi, dal 2009 al 2012 al vertice dello Ior, fu il cavaliere bianco che applicò le leggi antiriciclaggio ma venne a sua volta indagato e sollevato dall’incarico. Poi uscì pulito dall’inchiesta. Gli resta un’amarezza che sopporta elegantemente. Tutti si chiedono: in questo Vatileaks 2 chi rema contro il Pontefice? "Credo di saperlo – dice Gotti Tedeschi – ma non lo dico". Dietro il nuovo intrigo di corvi, carte e rivelazioni vede un "sistema di potere" che striscia come un serpente oltre le mura vaticane. Dunque i recenti scandali di donne, affari e prelati in manette sono un sintomo di lotte legate al denaro.
Sospira a lungo il presidente Gotti Tedeschi. "Non ho una spiegazione precisa ma le lotte sono di due tipi: lotta tra fazioni e lotta di fazioni contro il potere. Oggi ci troviamo di fronte alla seconda. È indubbio chePapa Francesco ha instaurato un modello di governance inusuale, sconosciuta entro le mura. E ciò preoccupa qualcuno perché si tratta di una governance incorruttibile". E allora quali sono le forze in campo?
"Ci sono lotte per l’aspetto teologico, vedi lo scontro fra progressisti e conservatori alla conclusione del Concilio Vaticano II per ragioni dottrinali e pastorali. Ma qui ci troviamo di fronte a lotte per il potere economico. E sono certo che chi vorrebbe riprendere o prendere il controllo economico con Papa Bergoglio avrà vita dura. Già il Pontefice ha pregiudizi negativi sul mondo della finanza, immagino cosa significhi per lui dover riconoscerli in casa propria. Non mi meraviglierei se stesse pensando a un intervento straordinario". Ipotesi suggestiva che anche altri sussurrano. Dietro le turbolenze di oggi si celano ombre del passato. Vendette? Complotto? "Mah come posso saperlo ... – dice Gotti Tedeschi – a volte si usa la connotazione complottista per definire fatti che non si sanno spiegare. A volte si semplificano fatti complessi fornendo spiegazioni semplicistiche e sbagliate, ma negando ogni forma di complotto. Esempio è ciò che successe nel 2012 riguardo alla mia vicenda". Una storia inquietante che è l’origine dei nodi attuali, di cui però non si è voluto conoscere circostanze e persone. Nonostante tutto sia avvenuto alla vigilia della rinuncia di un Papa, la prima nella storia. Dunque rimanda a quella fase (2012), quando venne smantellata la riforma dello Ior varata da lui un anno prima. Una ristrutturazione con rigide norme antiriciclaggio che doveva portare l’istituto "verso una trasparenza internazionale". Il presidente fu cacciato e non se ne fece nulla. L’istituto snodo della grande lotta.
Con poteri forti anche esterni dietro le quinte. "Mi pare evidente – aggiunge il banchiere – la Santa sede rappresenta un potenziale enorme come centro di potere anche politico. In mano a santi uomini è utilizzato per fare del bene. In mano ad altri o con influenza di altri può essere mal utilizzato. Lascio immaginare come". Ora si parla di altri documenti trafugati e che presto saranno svelati. "Che possa succedere qualsiasi altra cosa non mi sorprenderebbe. Bisogna capire se il Vaticano è in grado di prevenirla, non minacciando bensì adottando decisioni precise". Che deve fare il Santo Padre? Gotti Tedeschi è sibillino. "Dare responsabilità reali al segretario di Stato". Dunque lo scontro fra poteri forti arriva da lontano. "Mi viene da dire che è eterno. E nei tempi si è adattato alle circostanze". Si alternano i Pontefici ma il sistema resta. Come la corruzione che percorre l’Italia dalla Prima Repubblica in poi.
di BEPPE BONI

Padre Georg: stop al conto. Tra milioni, santi e sigarette 
 Il Fatto Quotidiano 
(F. D'Esposito) Senza soldi non si diventa santi. È stato tre lustri fa, che con il suo L' ora di religione, Sergio Castellitto protagonista, Marco Bellocchio denudò crudelmente il commercio vaticano sulle canonizzazioni, raccontandola storia di una famiglia romana decaduta che cerca di risollevarsi economicamente investendo tutto sul processo di santità della mamma morta. Ed è propria la causa per la canonizzazione il segreto per moltiplicare il denaro.
In merito, uno dei libri del nuovo Vatileaks, quello di Gianluigi Nuzzi, Via Crucis (Chiarelettere) contiene una notizia clamorosa. Quando papa Bergoglio, appena eletto, dispone un' inchiesta sui traffici milionari della Congregazione che si occupa di portare sugli altari uomini e donne di fede - e retta da un fedelissimo bertoniano, il cardinale Angelo Amato - la neocommissione per la riforma delle finanze (la fatidica Cosea) ordina il blocco di 409 conti dello Ior, la banca vaticana, per un totale di 40 milioni di euro. Tra questi c' è anche un nome pesantissimo, quello di monsignor di Georg Gänswein, storico segretario di Benedetto XVI e rimasto al servizio di papa Bergoglio. Il numero dell'importante cliente, presso la banca vaticana, è 29913. Scrive Nuzzi: "La disposizione dunque coinvolge anche il conto corrente di monsignor Georg Gänswein, già segretario personale di Benedetto XVI e ora prefetto della casa pontificia. C'è anche il conto corrente di padre Antonio Marrazzo, postulatore per la beatificazione di papa Paolo VI, Giovanni Battista Montini; e quello di monsignor Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio consiglio per la famiglia. Si rischia un incidente diplomatico già dopo i primi passi della commissione". Alla fine del 2013, la Cosea fa sbloccare 114 dei 409 depositi. Il processo per diventare santi è particolarmente lungo, anni se non decenni. La figura chiave è il cosiddetto postulatore, una sorta di pm che deve indagare sulla presunta santità e mostrarne le prove sotto forma di miracoli. In Vaticano sono due avvocati laici ad avere il monopolio delle cause. Il più noto e prestigioso si chiama Andrea Ambrosi ed è un legale che fa solo questo. Per avere il patentino di postulatore c'è un corso parauniversitario da frequentare e superare. La famiglia Ambrosi, poi, è anche proprietaria della tipografia che stampa in esclusiva gli atti delle cause. Si tratta di montagne di carta, un altro affare a tantissimi zeri. Insieme allo studio Ambrosi, altra postulatrice è Silvia Correale. In media, la santità costa tra i 400mila e i 500mila euro. Per il filosofo Antonio Rosmini, si è arrivati a ben 750mila euro, di cui la metà solo per organizzare la cerimonia di beatificazione in piazza San Pietro. Avviare una causa presuppone già un anticipo di 20mila. Poi ci sono i costi di trasferte e di studio di documenti più la traduzione della mole di atti in Nel secondo libro che esce oggi, quello di Emiliano Fittipaldi, Avarizia (Feltrinelli), c'è un ampio elenco di cause costate centinaia di migliaia di euro. A gestire i soldi sono i postulatori, con conti dello Ior, e quando la Cosea ha chiesto i bilanci o un rendiconto delle spese, il cardinale Amato ha risposto che questa certificazione non esiste. Un pozzo senza fondo. Nell'autunno di due anni fa, per esempio, una congregazine spagnola di Palma di Maiorca ha messo 482.693 euro sul conto della banca vaticana per la canonizzazione della beata Francisca Ana de los Dolores. La fabbrica dei santi, nata nel 1588 su impulso di Sisto V, ha ricevuto un formidabile impulso alla produzione sotto il pontificato dell'ultimo papa magno, Giovanni Paolo II: 1.338 beati e 482 santi proclamati in 27 anni di regno. I più attivi e dispendiosi sono gli americani. Solo dal 2008 al 2013, la beatificazione dell' arcivescovo e telepredicatore Fulton John Sheen è lievitata a 332mila euro, pagati da una fondazione intestata all'" esaminando ". Il grosso della cifra rappresenta gli onorari di Ambrosi, che si è giustificato così nel gennaio del 2014: " La stesura della positio (la relazione finale, ndr) si basa sullo studio e l'elaborazione di oltre settanta volumi. Essendo poi stato monsignor Sheen uno dei più fecondi scrittori di Gesù e Maria, ho dovuto farmi mandare e leggere - per trovare spunti aggiunti sull'esercizio virtuoso - la sua opera omnia, ammontante a ben ottantatré volumi". La vita dei "cacciatori di miracoli" è senza dubbio durissima. Iniziata nel 2002, la beatificazione di Sheen è stata sospesa a tempo indeterminato perché l'arcidiocesi di New York non ha voluto spostare le spoglie del monsignore nella sua città natale, Peoria. Dai santi alle sigarette, la disinvoltura della curia vaticana non ha confini. Nuzzi pubblica una bozza di accordo segreto tra la Santa Sede e una multinazionale del tabacco, la Philip Morris in cui quest'ultima si impegna a dare compensi per la promozione della vendita delle sigarette tra le mure leonine, dove c' è un autentico duty free.

Parolin rivoluziona il Bambin Gesù. Nuovi vertici dopo l'indagine sui fondi 
 Corriere della Sera 
(V. Piccolillo) Non più corvi, ma sanguisughe. Sale di livello l'indagine della gendarmeria vaticana. E dopo gli arresti della coppia di sospetti spifferatori di segreti vaticani, il monsignor Lucio Angel Vallejo Balda e la lobbista Maria Immacolata Chaouqui, l' attenzione si posa su sprechi e buchi in bilancio. Ma soprattutto su chi avrebbe avuto un ruolo centrale in quelle dissipazioni di denaro della Chiesa, oggetto dei libri Via Crucis e Avarizia. O in eventuali episodi successivi: lo stesso padre Federico Lombardi, portavoce vaticano, ieri ha parlato di quelle «informazioni alla rinfusa» come relative «a una fase di lavoro superata».
Così, mentre si attende l' interrogatorio, mercoledì mattina, di monsignor Vallejo Balda, nel mirino delle indagini entrano altre figure di rilievo della Santa Sede. L' attenzione si appunta su alcune vicende avvenute sotto la gestione dell' ex segretario di Stato, Tarciso Bertone. Le rivelazioni, smentite dall' interessato, puntano il dito verso la ristrutturazione del suo attico. Ma in realtà si rilegge in controluce l' intero capitolo Idi e la gestione dei fondi destinati all' Ospedale Bambin Gesù, ma finiti a finanziare tutt' altro. Padre Lombardi dichiara che «non ci sono altri indagati». Ma Oltretevere si sussurra di altri sei alti prelati «attenzionati». In un gioco di specchi e lunghi coltelli i boatos vaticani tornano ad appuntarsi sulla fronda anti Francesco. Quella che avversa le sue riforme e si è fatta sentire in occasione del Sinodo. In nove gli avrebbero indirizzato una lettera contro la svolta liberal del Sinodo, da molti negata, ma ammessa (sia pure con contenuto diverso) dal cardinale Pell. I sei sarebbero tra quelli? Il portavoce vaticano assicura che «lo scandalo è già superato dalle riforme del Papa». E nega relazioni tra il Vatileaks e le nomine ai vertici della Fondazione Bambin Gesù: presidente Mariella Enoc, tra i consiglieri Ferruccio de Bortoli e Anna Maria Tarantola. Una cosa sembra certa: la trasparenza, più volte proclamata, fino ad ora non c' è stata. Lo suggeriscono i risultati di due diverse indagini volte dal Nucleo Valutario guidato dal generale Giuseppe Bottillo. La prima è quella, chiusa, sullo Ior su cui il pm Fava afferma: «Ha agito senza autorizzazione per 40 anni». I suoi dirigenti Paolo Cipriani e Massimo Tulli sono accusati di abusiva attività bancaria e finanziaria per fatti avvenuti prima del 2011, quando la banca vaticana, secondo la Procura di Roma, avrebbe gestito fondi e finanziamenti senza esserne autorizzata, per poi spostare i conti all' estero. E quella ancora in corso sull' attività del presidente della banca Finnat Euramerica Giampietro Nattino, svolta attraverso un dipartimento dell' Apsa. Il promotore di giustizia vaticano vuole vederci chiaro su una compravendita di titoli e alcune transazioni segnalate dall' Auif. E ha chiesto aiuto, tramite rogatoria, alle nostre autorità giudiziarie. Nattino, banchiere del salotto buono della finanza romana, che nel 2006 subì un sequestro stile Arancia Meccanica , «rivendica il pieno rispetto delle norme e la massima correttezza e trasparenza».
Le strategie di Santa Marta
Corriere della Sera
(Massimo Franco) Il filtro: il problema è quello. Una sorta di setaccio attraverso il quale esaminare i personaggi che arrivano sulla sua scrivania papale a Casa Santa Marta: come candidati, mediatori, donne e uomini pii o presunti tali. Servirebbe a capirne le qualità e soprattutto i difetti e i limiti. E poi, avendo davanti un numero di informazioni adeguate, scegliere senza ritrovarsi spiazzato da sorprese a dir poco sgradevoli. Il dilemma di Francesco si sta riproponendo dopo il furto di documenti riservati dalle cassaforti informatiche della Commissione per la revisione delle finanze vaticane. L' arresto di monsignor Vallejo Balda e quello, poi revocato, di Francesca Chaouqui, sono stati l' ultimo avviso in ordine di tempo; e insieme il presagio di nuovi possibili strappi nella trama virtuosa che il Pontefice cerca di imporre alla sua Chiesa. «La questione esiste», ammette una delle persone che lo incontrano più spesso. «Purtroppo, il metodo precedente, quello che ha portato alle dimissioni di Benedetto XVI, non funzionava più. Ma anche questo comporta molti rischi. Ci vorrebbe una persona in grado di filtrare al meglio il mare di gente che lo avvicina o gli viene suggerita. Caratterialmente Jorge Mario Bergoglio non è fatto per i filtri, non li vuole». Dunque, un sistema di governo non funziona più, ed è stato archiviato. Un altro, tutto nuovo, presenta seri inconvenienti. E il risultato è quello di un Pontefice sovraesposto alle dinamiche più o meno «rivoluzionarie» che lui stesso ha messo in moto. La scelta di vivere nell' albergo della Città del Vaticano ha sgretolato la vecchia catena di comando, già arrugginita. Il timore, però, è che ora anche l' altra riveli anelli deboli, che potrebbero di colpo spezzarsi; e dunque fornire argomenti e pretesti a quanti sono decisi ad attaccare non solo Francesco ma il suo modello di Chiesa. La domanda che ci si fa sottovoce in Vaticano, e non solo, è quanti monsignori Balda esistano, e quante Chaouqui. E non per le loro responsabilità, ancora da dimostrare, ma per i criteri di selezione di cui sono il prodotto; per una certa estemporaneità che traspare dietro l' azzeramento della nomenklatura del passato; per il tasso di professionalità che riflettono. Sotto questo aspetto, fatti scollegati tra loro si tengono in modo inquietante. La confessione di essere omosessuale del teologo polacco monsignor Charamsa alla vigilia del Sinodo; le lettere di tredici cardinali, non di persone qualunque, che accusano un Papa di pilotare proprio quel Sinodo per precostituirne l' esito; e una vicenda torbida che rimanda ad una manovra non di due giornalisti autori di due libri o di quelli che hanno parlato di una malattia inesistente di Francesco, ma di alcune delle fonti dalle quali sembra provengano molte notizie. Sono indizi che evocano una classe dirigente ecclesiastica o laica «arruolata» dal Vaticano, dai contorni a dir poco controversi. E permettono a chi vuole macchiare il papato di Bergoglio, di fare paragoni con lo scandalo Vatileaks del 2012-13. In maniera diversa e per scopi differenti, alcune di queste persone non hanno trovato nulla di inopportuno nel compiere atti che hanno finito per scuotere, anzi danneggiare la Chiesa. E oltre tutto, ognuno ha cercato di ammantare con ragioni alate comportamenti alquanto terragni. Per questo, mentre il Papa decide di reagire all' ondata di fango accelerando le riforme, preparando nomine spiazzanti di altri vescovi italiani, e accantonamenti di personaggi discussi, non si parla solo di «complotto». I più sinceri con se stessi ammettono che quanto accade è anche, una sorta di «auto-complotto» vaticano, avvenuto per mancanza di cautela, per la fretta di cambiare; e per quell' assenza di filtri capaci di proteggere Francesco dalle insidie della Roma papalina. Se ne parla solo per alcune spese eccessive che gli vengono attribuite, ma la stessa figura del «ministro dell' Economia» della Santa Sede, il cardinale australiano George Pell, oggi viene additata come una delle scelte non proprio azzeccate.È vero che il suo comportamento autoritario, la tendenza ad accentrare il potere esautorando le altre istituzioni vaticane, sono oscurati dalle gesta attribuite all' ex segretario di Stato, Tarcisio Bertone, dal suo appartamento ristrutturato, è l' accusa, con i soldi della Fondazione dell' ospedale Bambin Gesù. Ma Francesco si è reso conto di quanto Pell sia inviso agli uffici dentro le Sacre Mura; e di come tenda a privilegiare la sua cordata. Tra i prefetti vaticani gira la copia del decreto, anzi Decree , in inglese, che Pell stilò nel settembre del 2014 per annunciare la nomina dei propri collaboratori al Segretariato per l' Economia: undici righe con tanto di sigillo rosso nelle quali lui «stabiliva» e «decretava». Forse, l' avversione contro di lui nasce anche da un manicheismo che nelle intenzioni era ed è a fin di bene. Ma gli imputano di parlare troppo, producendo gaffe e nervosismo; di imporre sacrifici finanziari che non fa lui. Per questo, quando si chiede se tra i bersagli dei «corvi» non ci fosse per caso anche il cardinale australiano, la risposta in Vaticano è brutale: «Pell si bersaglia da solo».
Da Vatileaks a Nuzzileaks. Anche i giornalisti d’inchiesta nascondono segreti scomodi

Don Patriciello rivela su Avvenire un significativo scambio di battute con l’autore dello “scoop” sulle finanze della Chiesa: lo voleva alla presentazione senza fargli leggere il libro. Era a caccia di un distintivo di “presentabilità cattolica”?
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Don Maurizio Patriciello svela un periferico ma eloquente retroscena del nuovo Vatileaks che sta intorbidendo le acque intorno all’amministrazione delle risorse economiche e finanziarie della Chiesa. Si tratta di un “documento inedito esclusivo”, o meglio un “colloquio riservato”, che sarebbe dovuto rimanere segreto e invece – ironia della sorte – esce allo scoperto per suggerisce qualcosina sui reali moventi che si celano dietro l’ennesima fuga di notizie cominciata dagli uffici della Santa Sede e terminata in libreria.
UN SMS. In una lettera inviata ad Avvenire e pubblicata oggi dal quotidiano della Cei (con risposta del direttore Marco Tarquinio, ndr), il parroco di Caivano (Na) divenuto celebre su giornali e tv come “il prete della terra dei fuochi” racconta di aver ricevuto un paio di settimane fa (per l’esattezza lunedì 12 ottobre) un sms «da un numero sconosciuto». Recitava il messaggino: «Buongiorno, don Maurizio, sono Gianluigi Nuzzi, scrittore e conduttore di Quartogrado su Rete4. Volevo chiamarla per parlarle brevemente di una cosa. Quando posso disturbarla? Grazie. A presto».
«SERVI DELLA VERITÀ». Cortesemente, don Patriciello decide di chiamare direttamente il giornalista. E al telefono Nuzzi, ricorda il sacerdote, «mi chiede se ho avuto modo di leggere qualche suo libro. Risposta affermativa. Aggiungo che non sono di quelli che a tutti i costi vogliono difendere chi si è reso colpevole di scandali e abusi nella Chiesa. Siamo servi della verità non della menzogna. Nuzzi mi propone di essere accanto a lui a Roma il giorno 9 novembre 2015 quando in una “importantissima conferenza stampa” presenterà il suo ultimo libro». Si tratta, ovviamente, di Via Crucis, il libro di prossima uscita in cui il cronista di Mediaset pretende di smascherare “da registrazioni e documenti inediti la difficile lotta di papa Francesco per cambiare la Chiesa”, per dirla con il sottotitolo. Insomma uno dei due volumi che secondo le ricostruzioni degli investigatori del Vaticano sarebbero frutto delle trame dei presunti “corvi”.
«L’EDITORE NON È D’ACCORDO». Continua il “prete antiroghi”: «”Perché mai avrà pensato a me?”, mi domando. Gli chiedo, allora, di inviarmi subito il libro per poterlo leggere e meditare con serenità per poi decidere di conseguenza. Nuzzi si segna il mio indirizzo e-mail e ci salutiamo. Dopo qualche giorno ritelefona. Comprendo subito che ha difficoltà a mandarmi il libro, per cui senza perdere tempo gli dico: “Gianluigi, guarda che stai parlando con una persona seria…”. Il libro non arriva. Ancora qualche giorno e richiama: “L’editore – dice – non è d’accordo sull’invio”».
LA “SPIEGAZIONE”. Il parroco di Caivano a questo punto darebbe per seppellita la cosa. Invece Nuzzi non ha intenzione di rinunciare a un possibile testimonial così prezioso: «Mi propone di venire a Napoli personalmente per “spiegarmi” il libro», scrive don Patriciello. Il sacerdote, «basito», si trova a dover ricordare al celebre giornalista che «un libro si legge e non si spiega». Glielo dice, eppure l’interlocutore «insiste». Nella visione di Nuzzi, il prete della terra dei fuochi avrebbe dovuto accettare di «commentare il libro in una “conferenza stampa internazionale”» fidandosi ciecamente di «quella “spiegazione”». Tocca di nuovo al don, dunque, ricordare al famoso cronista le regole base della comunicazione: «Posso eventualmente parlare solo di ciò che conosco».
UNA SENSAZIONE. La vicenda si chiude nel più meschino dei modi. Conclude Patriciello: «Nuzzi annota di nuovo il mio indirizzo promettendo di inviarmi il libro. Il libro non è mai arrivato. E lo scrittore non si è fatto più sentire. Sono rimasto con la sensazione che volesse tirarmi un tiro mancino. Da questi strani modi di fare, naturalmente, sono distante mille miglia. Forse Nuzzi non poteva immaginarlo». O forse Nuzzi poteva immaginarlo benissimo, osserva il direttore di Avvenire rispondendo alla lettera, «ma ci ha provato ugualmente».
UN TESTIMONIAL “DOC”. «Da professionista capace e meticoloso qual è», prosegue Tarquinio, «è evidente, infatti, che il giornalista-scrittore avrebbe tutto l’interesse a sbandierare anche testimonial “doc” in tonaca o in clergyman. Buoni sacerdoti allineati dietro un tavolo o in prima fila a una conferenza stampa gli risulterebbero utilissimi per accreditare l’idea che la sua non sarebbe ciò che purtroppo è: un’operazione mediatica tecnicamente ben congegnata e però in sé opaca e segnata da profili morali assai discutibili. “Presentatori” così gli sembrano indispensabili per continuare a sostenere, con qualche speranza di essere creduto, che il suo nuovo libro – già tradotto in diverse lingue e destinato ad almeno 19 diversi mercati editoriali – non è prima di tutto un affare e un attacco alla Chiesa, ma un’opera buona a sostegno della persona del Papa».

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