Lettera di un fedele cattolico spaesato
Chi
scrive non ha nessun intento polemico, e si vuole limitare a portare
la sua esperienza personale riguardo lo spaesamento che a vario
titolo è stato ingenerato nella sua vita, ma non nella sua fede.
Occorre
avere ben chiara questa distinzione: la Fede cattolica che professo
non è minimamente scossa; ed è proprio in base a questo solido
fondamento – la Roccia su cui è edificata la Chiesa cattolica,
corpo mistico di Cristo – che mi permetto di esporre le mie
perplessità riguardanti la vita concreta della Chiesa, portando la
mia esperienza di semplice fedele immerso nella quotidianità del
mondo.
Non
mi riferisco alla grancassa che i media fanno e ingigantiscono ad
arte ad ogni esternazione del Pontefice – non sono i media a
preoccuparmi, in quanto non hanno alcuna voce in capitolo in
questioni di fede, senza contare che chi li comanda è ferocemente
nemico dell’Autorità di Cristo. Ciò che mi crea disagio è lo
stato della fede nel cattolico comune, stato che conosco per
esperienza diretta.
Ciò
che passa alla coscienza dei fedeli non è la Fede o i suoi contenuti
dottrinali (poiché – purtroppo – di ciò non si parla più), ma
tutta una serie di esternazioni, discorsi, omelie che investono la
vita di fede, ossia come coniugare il Credo nella vita di tutti i
giorni. In generale, questa non distinzione tra i due piani porta il
fedele stesso a ritenere che la Fede cattolica consista nell’equità
sociale, nella moderazione dei comportamenti ed altre simili cose; ma
a questo punto verrebbe davvero da chiedersi se Gesù fu crocefisso
perché aveva detto di parlare di più a tavola, ovvero è risorto per combattere la povertà materiale. I
credenti che vivono nel mondo non sentono più parlare di fede e di
dottrina, e scambiano per esse queste cose che – con tutto il
rispetto – potrebbe fare proprie qualunque militante di sinistra.
Certamente
c’è dell’altro, come la difesa
della famiglia, dove invece le cose sono più chiare, ma solo
perché certe pretese dell’ideologia gender risultano fin troppo
assurde a chiunque abbia un po’ di aderenza alla realtà.
Se
quindi non si costruisce un retroterra solido di Fede e di contenuti
di Fede il rischio è scambiare per vincolanti alla coscienza del
fedele cose che non sono e non devono essere vincolanti e che, non
essendo tali, sono giudicabili nella loro opportunità
o nell’aiuto che danno alla fede da tutti i credenti. Si corre il
rischio di scambiare per Fede e dottrina cattolica ciò che invece è
solo un’applicazione tra le tante possibili della Fede, ma
soprattutto se non si ha ben chiari i contenuti dottrinali si finisce
per non capire per quale motivo e con quale spirito fare certe
azioni, che perderebbero quindi la loro natura caritatevole per
diventare semplice filantropia pelagiana.
L’impressione
che invece arriva al singolo cattolico è che ogni cosa detta dal
Papa (o presunta tale) sia da ritenersi come norma e contenuto
dottrinale, ed è questa la radice della mia perplessità. Dato che
la pastorale è soltanto l’applicazione pratica della Fede, se non
si dice chiaro e tondo cosa costituisce dottrina magisteriale e cosa
no, il risultato è la confusione totale, non solo a livello di cosa
credere, ma anche di cosa fare e per qual motivo fare certe cose. Si
rischia infine di prendere per Vangelo cose che sono solo opinioni
personali, abusando così del ruolo a cui la gerarchia ecclesiastica
ha il dovere di rimanere fedele: confermare la dottrina cattolica,
rispondendo così alla domanda “Chi è Gesù?”, domanda che non
si pongono solo i non cattolici, ma che sempre più spesso sorge nel
cuore di molti fedeli comuni, che sentono tanto parlare della divina
misericordia senza capire di che si tratta.
Ciò
che ho descritto non è pura teoria, ma concreta esperienza
quotidiana, che vivo nell’incontro e confronto con altri cattolici,
i quali non hanno le nozioni base per distinguere i vari interventi
di certe personalità ecclesiastiche da ciò che invece vincola
nell’incontro con Cristo, ossia in cosa consiste la sua Persona e
cosa invece è l’opinione del tizio che parla.
Ciò
dimostra ad abundantiam che non si possono separare dogma e
pastorale, poiché la seconda non ha ragione d’essere senza il
primo, del quale è un’applicazione. Il rischio è davvero quello
del protestantesimo, ossia che “Dio” si metta a parlare con la
voce dell’ecclesiastico di turno, il che è la maggiore bestemmia
possibile, e il peggior abuso che la gerarchia possa fare: non più
custodire la Fede, ma inventarla e sostituirsi a Dio.
Ciò
che ho scritto non ha nessun intento polemico, vuole essere solo la
constatazione di un fatto e dei rischi che si corrono, ai quali ho
anche abbozzato un rimedio, ossia riscoprire i contenuti di Fede e
dottrinali, per poter capire davvero Chi è Gesù, e in cosa consiste
il Suo amore. Queste cose il comune fedele può farle semplicemente
sfogliando il catechismo della Chiesa cattolica, libro del quale
peraltro esiste anche un agevole compendio, per trovare cosa è
veramente la Fede divina e cattolica, e da lì reinterpretare tutto
il resto, compresa la propria vita e le proprie azioni, comprendendo
infine che la dottrina e i contenuti di Fede sono prioritari rispetto
alla pastorale degli ecclesiastici, e che non si tratta di
speculazioni astratte ed estranee alla vita di tutti i giorni: chi si
metterà a leggere, resterà piacevolmente sorpreso dalla concretezza
della Fede cattolica, fede in Dio che si è fatto carne concreta e
uomo.
di Giovanni Donini
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