ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 9 dicembre 2015

Vatican-Park

Spettacolo animalista proiettato sulla basilica di San Pietro

E così lo show si è consumato. La facciata della Basilica di San Pietro immersa nella “natura”: leoni, tigri, elefanti, lupi, delfini, sostituiscono i simboli religiosi in una vera e propria sarabanda animalista. La Basilica di San Pietro multicolor è divenuta la gigantesca tela del “politicamente corretto”.

Uno spettacolo coerente più che con una cerimonia religiosa, quale il Giubileo della Misericordia, con la contemporanea Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici COP21 di Parigi, alla quale, nello stesso giorno, papa Francesco ha fatto esplicito riferimento. Un testimonial decisamente inedito. Monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, durante la conferenza stampa in sala stampa vaticana del 4 dicembre ha spiegato che si tratta di «immagini ispirate alla misericordia, all’umanità, al mondo naturale e ai cambiamenti climatici».

Il comunicato la definisce « un’opera d’arte contemporanea che racconta la storia visiva della dipendenza reciproca degli uomini e della vita sulla terra con il pianeta, al fine di educare e ispirare un cambiamento sui temi del cambiamento climatico senza distinzione di generazioni, culture, lingue, religioni e classi. L’installazione di arte architettonica pubblica su grande scala si ispira ai temi del cambiamento climatico, della dignità umana e delle creature viventi sulla terra contenuti nell’Enciclica “Laudato Si’” di Papa Francesco».

La variopinta messa in scena sulla Basilica di San Pietro dal titolo non casuale «Fiat Lux: illuminiamo la nostra casa comune» è stata all’insegna dell’ambientalismo radicale, in coerenza con le politiche di sviluppo sostenibile e responsabilità globale, messe a punto dall’Onu con l’agenda post-2015 dello scorso settembre. Direttive politiche che non parlano solo di lotta alla povertà, ecotutela e clima, ma anche di «accesso universale ai servizi di assistenza sanitaria riproduttiva» ovvero contraccezione, aborto e fecondazione assistita.

Del resto, fu proprio l’Accademia pontificia di Scienze Sociali a dire lo scorso 28 aprile al Segretario dell’Onu, Ban Ki-moon, d’esser pronta ad accettare tale agenda, ritenendo addirittura conformi all’insegnamento della Chiesa – sia pure «a certe condizioni» – terminologie come «pianificazione familiare e salute sessuale». A volere il fantaprogetto, proiettato sulla Basilica di San Pietro, è stata una coalizione composta dalla Paul G. Allen’s Vulcan Inc., dalla Li Ka Shing Foundation e dalla fondazione ambientalista Okeanos, in collaborazione con The Oceanic Preservation Society Obscura Digital, il tutto sotto l’egida diConnect4Climate, che fa riferimento alla Wold Bank, la Banca Mondiale.

Un intreccio di sigle, che ai profani dicono poco, ma che è stato ben spiegato in un articolo di Pete Baklinski su LifeSiteNews, sottolineando i nomi pagani dominanti tra i partner dell’evento, nonché il singolare richiamo, già nel titolo dell’ambizioso spettacolo, al primo comando di Dio all’inizio della Creazione: «Fiat lux» LifeSiteNews ha commentato amaramente come la Chiesa Cattolica, chiamata a «diffondere la luce di Cristo nel mondo», abbia invece per l’occasione «invitato il mondo ad inondarla con la sua luce».

Ma non è solo questo. La Banca Mondiale, sotto la cui egida si è svolto lo show, sostiene aborto e contraccezione, dicendo di voler così «por fine all’estrema povertà» e «diffondere la prosperità». I medesimi concetti sono ribaditi anche sul sito ufficiale di Connect4Climate, che paventa scenari apocalittici, tali da costringere masse di «famiglie al di sotto della soglia della povertà» ed imputandone la causa all’uomo.

Una delle armi messe a punto col pretesto di mitigare il degrado degli ecosistemi e lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali è da sempre quella del controllo demografico, quindi di politiche abortiste di massa, nessuna esclusa, nemmeno l’eventuale adozione, ipotizzata tra 30 o 40 anni, della politica del figlio unico, come si evince dalle proiezioni elaborate da Corey Bradshaw e Barry Brook dell’Università di Adelaide, in Australia. Ed anche questo, secondo il loro studio pubblicato sul Proceedings of the National Academy of Sciences, non basterebbe: servirebbe studiare anche nuove modalità di sfruttamento delle risorse. Si legge in controluce il manifesto di Cop21, che non a caso è un Forum dell’Innovazione Sostenibile.

Lo studio di Bradshaw e Brook riterrebbe risolutivo un evento di mortalità di massa come una pandemia globale o una guerra nucleare, in grado di provocare la morte di almeno 2 miliardi di persone nell’arco di 5 anni. Con lo scenario internazionale che stiamo vivendo, c’è da tremare di fronte a certe previsioni studiate a tavolino.

Così come l’agenda post-2015 dell’Onu, anche l’accordo finale di Cop21, previsto per l’11 dicembre, dovrebbe prevedere sanzioni ed esclusioni dai finanziamenti per gli “inadempienti”: quello che si profila, in prospettiva, è un mondo tenuto “in ostaggio” da grandi organismi internazionali, capaci di annientare o rendere inutili le politiche e le identità nazionali dei singoli Stati, privati della loro sovranità, concessa solo sulla carta. Ma c’è di più. Di quali fotografi sono state proiettate le immagini sulla Basilica di San Pietro? Certo, vi figurava il gotha ambientalista con Shawn Heinrichs e l’attivista Chris Jordan, dichiaratamente contro il consumismo. Però v’era anche dell’altro.

Ad esempio, a proposito di demografia, ecco spuntare il nome di Joel Sartore, un neomalthusiano convinto che la «bomba demografica» sia lì lì per esplodere. In un’intervista, pubblicata nel maggio 2011 su In the Country Photos, ha dichiarato: «In tutti questi anni passati a vagare per il pianeta con la macchina fotografica, la cosa che mi ha spaventato di più è scoprire che il mondo è un posto davvero affollato. Oggi ci sono quasi sette miliardi di esseri umani e per il mondo naturale questo ha conseguenze concrete e devastanti. Il mio lavoro è far sì che la gente se ne preoccupi».

Benché sia stata ormai dimostrata l’inconsistenza dell’ideologia malthusiana, coi suoi addentellati antinatalisti ed abortisti, c’è ancora chi vuol “livellare” la popolazione umana per tutelare porcellini d’india e coleotteri. Non mancano i risvolti politici: tra le immagini proiettate sulla Basilica di San Pietro ci sono state anche quelle di Sebastião Salgado, dichiaratosi in un’intervista a favore del Movimento dei lavoratori rurali Senza Terra, che contribuì fortemente all’elezione di Lula alla presidenza, affidando così il Brasile alla Sinistra marxista estrema.

Ma del Movimento Sem Terra fecero parte anche i sacerdoti della «teologia della liberazione», condannata nel 1984 dalla Chiesa. Stupì, pertanto, vedere il 27 ottobre dello scorso anno il leader dei Sem Terra, Joao Pedro Stedile, in Vaticano all’incontro globale dei movimenti popolari «Terra, Labor, Domus», immortalato dai fotografi con papa Francesco. Stedile chiuse la prima giornata di quell’incontro, attaccando violentemente «la discriminazione nei confronti della comunità Lgbt e delle diversità religiose». Anche l’ecologista Yann Arthus Bertrand, di cui pure sono apparse le foto sulla Basilica di San Pietro, in un’intervista recente all’Ansa, si è professato anticapitalista e pacifista. Considera Bill Gates «un eroe»: peccato che la sua Fondazione Gates promuova la contraccezione e l’aborto.

Pian piano si ha l’impressione di vedere una matassa dipanarsi e svelare una nuova trama. Trama, leggibile anche nello spettacolo di luci voluto proprio nella festa dell’Immacolata Concezione e per questo definito «un osceno oltraggio» dall’agenzia LifeSiteNews. Benché le immagini proposte abbiano richiamato temi ripresi dall’enciclica Laudato Sì. Ciò dà la sgradevole sensazione di trovarsi di fronte ad una sorta di consorteria mondiale decisa a portare avanti una medesima politica universale. Dimenticando però, in questo “embrassons-nous” collettivo, ruoli e identità dei singoli attori. (Mauro Faverzani)

http://www.corrispondenzaromana.it/spettacolo-animalista-proiettato-sulla-basilica-di-san-pietro/

San Pietro caduta nelle mani dei neo-pagani
di Riccardo Cascioli 09-12-2015
Fiat Lux
Tutti preoccupati per un possibile attacco dei fondamentalisti islamici al cuore della cattolicità, a Roma, non ci si è resi conto che nel frattempo San Pietro sta cadendo nelle mani di un altro nemico, quella lobby ecologista e anti-natalista che controlla le agenzie dell’ONU. E ieri sera, in quell’oltraggioso quanto noioso spettacolo di immagini proiettate sulla facciata della Basilica di San Pietro (Fiat Lux), se ne è avuta chiara evidenza.

Era stata presentata come una sorte di lode al Creato,legata all’enciclica Laudato si’ ma anche al presunto problema dei cambiamenti climatici, e già così aveva destato perplessità e preoccupazioni. Ma lo spettacolo – se così si può chiamare – è stato ben peggiore delle aspettative: uno scorrere lento di immagini e animazioni accompagnate dai “rumori” della natura; un’ora di noia mortale e sconcerto con uccelli, tigri, leoni, scimmie, delfini che si sovrapponevano alla facciata di San Pietro, una visione idealizzata della natura che ci ha portato in una atmosfera neo-pagana. Uno spettacolo inconcepibile in piazza san Pietro, uno sfregio alla basilica simbolo della cattolicità. 
Sarebbe interessante sapere chi è il responsabile vero e l’organizzatore di questa farsa, che oltretutto – per le polemiche che è destinata a suscitare – rischia di oscurare l’inaugurazione dell’Anno Santo. 
Il problema non è solo nel contenuto dello spettacolo, ma anche in ciò che ci sta dietro. È stato infatti un “regalo” della Banca Mondiale (e del suo programma Connect4Climate) e di alcune associazioni e fondazioni particolarmente interessate all’ecologismo, la Vulcan Inc. del co-fondatore di Microsoft Paul Allen e la Okeanos-Fondazione per il mare, istituzioni che non a caso portano il nome di due divinità pagane. A realizzare l’installazione è stato lo studio Obscura, un nome che è un programma. Scopo di “Fiat Lux”, come si legge in un comunicato stampa degli sponsor, è «educare e ispirare cambiamenti intorno alla crisi del clima attraverso le generazioni, le culture, le lingue, le religioni e le classi».
Come mai questo “regalo” che, come è facile intuire, è anche molto costoso? Nelle parole degli sponsor è chiara la riconoscenza al Papa per il sostegno alle politiche sul clima e per essersi speso a favore di un accordo alla COP21 in corso a Parigi, obiettivo su cui tutte queste organizzazioni spendono tutto il loro peso. Eppure la Banca Mondiale è anche l’istituzione che già dagli anni ’70 è tra le principali responsabili di quei ricatti contro i Paesi poveri (prestiti in cambio di programmi per il controllo delle nascite) che pure papa Francesco ha più volte denunciato. E sulla stessa lunghezza d’onda sono le altre associazioni per cui ecologismo e controllo delle nascite sono due facce della stessa medaglia.
Il “regalo” celebra il successo (o auspicato come tale) di un’operazione partita molti anni fa, già negli anni ’90 del XX secolo, per vincere la resistenza della Santa Sede nella prospettiva di un governo globale. È una partita che si sta giocando all’ONU, dove la Santa Sede è da sempre l’unico vero punto di resistenza a ogni forma di ideologia riduttiva della dignità umana, un baluardo al pensiero unico globale. In tutti questi anni, pur avendo soltanto lo status di Osservatore Permanente, su temi fondamentali per la dignità dell’uomo – come vita e famiglia – la Santa Sede è sempre riuscita a coagulare attorno a sé diversi Paesi, che hanno così intralciato i progetti anti-vita e anti-famiglia.

Ma l’ambiente e soprattutto il riscaldamento globale sono usati da almeno una decina d’anni come cavallo di Troia per unire anche la Santa Sede al coro che chiede un governo globale per lottare contro il clima. Fino a poco tempo fa certe pressioni molto interessate erano state respinte, ma c’è stato un paziente lavoro di infiltrazione anche nella Curia vaticana e nelle Pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze sociali, che hanno poi avuto un’influenza decisiva nella stesura delle parti “scientifiche” dell’enciclica Laudato si’, a quanto sostiene lo stesso presidente delle due accademie, monsignor Sanchez Sorondo. Sarebbe interessante al proposito sapere se, oltre al regalo di “Fiat Lux”, ci siano stati altri “regali” da parte di agenzie e fondazioni legate all’ONU per le Pontificie Accademie e per qualche Pontificio Consiglio.


Giubileo. Effetto-Bergoglio, Torriero: flop il primo giorno. Per non parlare del luna park serale

Giubileo. Effetto-Bergoglio, Torriero: flop il primo giorno. Per non parlare del luna park serale


“Erano tanti”, “erano pochi”; addirittura qualcuno ha commentato “pochi, ma giusti”; e poi, la paura del terrorismo, il freddo, la sobrietà del papa. E ancora: erano 100mila, 70mila, no, 50mila…

Quando tutti, giornali, opinionisti, conduttori tv, si affannano a commentare positivamente l’apertura del Giubileo, trascurando il dato concreto, c’è qualcosa che non va. La realtà è che il primo giorno è stato un flop (vedremo in seguito, come andranno prossimi appuntamenti).
E il dovere di chi rifugge dal pensiero unico è cercare di capire il perché. Intuirne le ragioni.
Ma come? Il Papa della Misericordia, della rivoluzione, della svolta epocale, il Papa che porta le periferie al centro della cristianità, che inaugura il Giubileo in Africa, non attira più le masse come all’inizio? Già finito l’effetto Bergoglio? Piace solo ai non convertiti che non si convertono? E’ la crisi della Chiesa? Il risultato dei recenti scandali?
Una cosa è certa, se ci fosse stata una chiamata, una mobilitazione in nome e per conto dei valori non negoziabili; oppure se la piazza San Giovanni dello scorso 20 giugno, la piazza anti-gender, avesse registrato le presenze di piazza San Pietro, gli stessi giornalisti, gli stessi opinionisti, politici, intellettuali e conduttori tv, avrebbero esultato, bocciando l’evento, usando a tutto tondo, la parola fiasco, fallimento.

E’ la prova che un papa percepito come “ideologico” piace al pensiero unico.
Quando, infatti, il tema è la misericordia, l’argomento è spendibile a 360 gradi: coincide col buonismo e col progressismo. E’ funzionale all’ideologia dominante. E qualcuno in casa cattolica comincia a uscire allo scoperto: quando un Papa passa gran parte del suo tempo a bastonare i cattolici e ad accarezzare gli atei, il risultato è quello di ieri.
Per non soffermarci, poi, sul luna park serale: lo spettacolo della sera in piazza che non a caso, ha raccolto più gente: leoni, pappagalli, fiori riflessi sulla cupola. Il cattolicesimo si è ridotto a questo?
Ha commosso, invece, la vera immagine della misericordia: l’abbraccio tra i due papi. Ecco, Ratzinger è il simbolo vero e vivente della misericordia. E forse, per una volta tanto, il messaggio tra i due pontificati, quello di Benedetto e quello di Bergoglio, coincidono: nel futuro ci sarà una Chiesa più piccola. Almeno numericamente.
09 dicembre 2015 ore 10:06, Fabio Torriero

Il titolo sul Giubileo che non si può fare

Forse è solo la malinconica osservazione di un giorno, ma se a San Pietro fossero stati in 300 mila avremmo titolato volentieri che la paura ha perso. Cos’è il restringimento di vitalità numerica della nostra libertà. Parliamone

Piazza San Pietro durante la celebrazione dell'apertura della Porta Santa (foto LaPresse)
di Giuliano Ferrara | 08 Dicembre 2015 ore 19:26 Foglio
Quanti eravamo all’apertura della Porta santa? Qui da noi la contabilità della folla in piazza ha sempre fatto sorridere, in particolare ma non solo per la conta dei girotondi e dei concerti del Primo maggio e delle adunate ex articolo 18, siamo gente saggia. I dati della questura, i dati delle organizzazioni e quelli della realtà si sono sempre rincorsi e confusi teneramente e vanamente, almeno per il nostro occhio di lince. Perfino i due milioni della République con tutti i capi di stato e di governo alla testa del corteo, visto come prevedibilmente sarebbero andate poi le cose, con la fatale “se la sono andata a cercare”, non ci hanno impressionato. Qualche giorno fa, sull’onda delle stragi islamiche tra la folla di Parigi, un appuntamento con l’Angelus era rado di fedeli, e si può capire. Ora con il Giubileo straordinario della misericordia ciò che conta è l’immagine bellissima dei due papi, la parola del Papa sul perdono che ha il primato sul giudizio, la bellezza consueta dei paramenti e dell’apparato liturgico, il sentimento di una esperienza diffusa di fede e di attaccamento alla chiesa di Cristo. E ha fatto bene il decano dei vaticanisti, Luigi Accattoli, a mettere le mani avanti con onestà di dati e ragionamenti.
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Eravamo né pochi né molti, ha scritto a caldo. Le cerimonie sono concepite come diffuse territorialmente, per diocesi. Si è addirittura cominciato parecchio fuori porta, a Bangui con l’apertura della prima delle porte sante. Il tratto è quello della sobrietà invocata e perorata dalla Santa Sede. Certo, scrive Accattoli, la folla in San Pietro era imparagonabile con uno qualsiasi, se possa dirsi qualsiasi, dei recenti grandi eventi mediatico-ecclesiali, dalla morte di Giovanni Paolo II alla sua canonizzazione, comprese le santificazioni di Padre Pio e di Escrivá de Balaguer, il fondatore dell’Opus Dei. Ma la chiesa, aggiunge, si rifarà con la imminente canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta, il 4 settembre, e prima ancora con le solennità della Pasqua. Argomenti pacati e saggi, auspici, buona fede e buon temperamento. I giornali e le tv avevano puntato su centomila persone, poi era stata ridotta a settantamila la previsione, infine si registrerebbero cinquantamila persone tra le colonne di Gian Lorenzo Bernini e sotto il Cupolone di Michelangelo. Non erano i soliti due, trecentomila fedeli? Pazienza.
Speriamo che il decano abbia ragione. Eppoi per le persone bennate niente si giustifica con il numero, o quasi. Eppure qualche dubbio va registrato. Non riguarda Bergoglio: il suo può essere considerato un papato controverso, il che accade raramente eppure accade, ma è certamente un papato popolare, amato, di cui il cuore della chiesa sentiva il bisogno, e a cui molti laici desiderosi di pietà o devozione, in certi casi anche a basso costo, low cost, si piegano reverenti per la prima volta. Non riguarda il bisogno di misericordia, mai così ben ripartito in un mondo di pellegrini e peccatori umani troppo umani. Riguarda altro.
Forse non accadrà, ma c’è il sospetto che il continuo appello a non restare a casa, perfino dal palco della Scala dove non ci sono nemmeno posti in piedi: e l’appello più serio a una chiesa in uscita, in missione, che ridiventa per sua natura povera e callejera, ecco, il sospetto che tutto questo possa confrontarsi con il malessere o con la paura che tutti vorremmo, chi con un di più e chi con un di meno di retorica abusiva, esorcizzare. Ha riaperto la terrasse de La Bière, a Parigi. Si giocheranno altre partite in stadi pieni e rutilanti di colori. Concerti e balli non sono destinati a esaurirsi. E per fortuna. Ma una giornata un po’ grigia, piena di controlli e di affabulazione sui controlli, in una specie di universalizzazione del posto di blocco, il tornello del nostro secolo, ispira qualche sentimento di malinconia. Difenderemo il nostro famoso stile di vita, ce la faremo, ripartiremo, d’accordo, ma intanto in qualche occasione, con la no-fly zone sui cieli liberi di Roma, con la famosa “blindatura” che cambia la scena, nasce l’ipotesi, che speriamo venga smentita con il tempo, di un restringimento del bacino di traffico e di vitalità numerica della nostra libertà e della nostra partecipazione alla vita pubblica. Forse è solo una malinconica osservazione di un giorno, sebbene sia il giorno topico del Giubileo, qualcosa che non avviene a ogni momento, ma se a San Pietro fossero stati in trecentomila avremmo titolato volentieri che la paura ha perso. E’ un titolo che non possiamo fare. 

Pochi in piazza per il Giubileo, ancora meno la domenica a messa

Breve indagine tra i dati Istat sulla pratica religiosa in Italia: negli ultimi anni sempre meno persone entrano in chiesa almeno una volta alla settimana. Eppure Papa Francesco gode di una popolarità mai vista
di Roberto Volpi | 09 Dicembre 2015 
I dati dell'Istat dicono che sempre meno persone entrano in chiesa almeno una volta alla settimana
L’indagine sugli aspetti della vita quotidiana dell'Istat è eseguita su un campione di circa 24 mila famiglie, per un totale di circa 54 mila individui, distribuite in 850 comuni italiani di diversa ampiezza demografica. Questo per dire che i dati che si ricavano da questa indagine sono incomparabilmente più precisi e attendibili, per esempio, di quelli che si ricavano dai tanti sondaggi politico-elettorali dei quali pure non si fa che discutere e sui quali si basano, e basano le loro mosse, i soggetti politici del nostro come degli altri paesi. Tra i tanti risultati, si prestano a una considerazione tutta particolare quelli relativi alla “partecipazione sociale”.

ARTICOLI CORRELATI Il Papa apre il Giubileo e bacchetta chi si oppone alle aperture dello Spirito Il titolo sul Giubileo che non si può fare Perché oggi più che mai "non possiamo non dirci cristiani"Prima confessione: volevo verificare se il pontificato di Papa Francesco, un Papa così popolare, universalmente apprezzato, amato, aveva ottenuto un qualche effetto positivo relativamente alla “pratica religiosa” della popolazione italiana, sintetizzata dall’indicatore più importante, quello della “percentuale di persone di oltre 6 anni che si recano in un luogo di culto almeno una volta alla settimana”. Premetto che se c’è un ambito in cui le statistiche non possono scendere nelle motivazioni profonde e nelle manifestazioni così intime dell’agire umano, bene questo è senz’altro quello religioso, della fede religiosa. Dunque, nessuna pretesa di spiegare o dare giudizi, soltanto quella di mettere sul tappeto, per dire così, qualche dato che pur nella sua limitatezza esplicativa qualcosa possa consentirci comunque di capire e apprezzare con maggiore cognizione di causa. Ed è con maggiore cognizione di causa che possiamo infatti dire che la pratica religiosa in Italia non sta bene, nonostante Francesco. Anzi, con Francesco sembra stare perfino un poco peggio.

Ed ecco allora la seconda confessione: non me lo aspettavo. Non mi aspettavo che la frequenza della presenza nei luoghi di culto (ovvero le chiese, perché tra le famiglie campionate quelle di altre religioni non arrivano presumibilmente al 5 per cento del campione e non pesano che in modo impercettibile sui risultati), anziché risalire, con Francesco fosse ulteriormente scesa, fino a toccare un minimo nel 2014 (per questo 2015 agli sgoccioli occorrerà aspettare la fine del prossimo anno) del 28,8 per cento. Entra in chiesa almeno una volta alla settimana, insomma, poco più di una persona su quattro. Sia chiaro, qualcuno  – o molti, non saprei – può ritenere che questo dato non sia poi così malvagio, ma non è questo il punto.

Il punto, come si dice un milione di volte a sproposito, è un altro. Ma qui è davvero un altro, perché negli anni del pontificato di Benedetto XVI la partecipazione si è tenuta costantemente oltre il 30 per cento, e mediamente attorno al 32-33 per cento, dunque è arretrata con Francesco. Insomma, ancora una volta qualcosa non quadra e quel che si legge sui giornali, si ascolta in TV e radio, non trova poi un riscontro nei dati. E i dati in questione sono attendibilissimi, dicevo, cosicché s’impone una domanda assai delicata, ma ineludibile: com’è che la straripante popolarità di questo Papa, il suo essere universalmente apprezzato, condiviso negli atteggiamenti non meno che per le azioni e le decisioni che prende, non ha portato in Italia a un aumento della partecipazione alle “pratiche religiose”? Com’è che non si va di più, bensì di meno in chiesa con Francesco?

L’interrogativo non è tale da potersi affrontare così su due piedi, liquidare con qualche frase di circostanza. Merita un approfondimento, una discussione. Merita che il fenomeno Francesco – perché tale è –  venga visto, letto e interpretato laicamente, coi mezzi dell’analisi razionale e dell’indagine empirica. Perché, ed è questa una risposta che mi sento di poter azzardare, la lettura che di Francesco hanno  e stanno offrendo i mezzi di comunicazione di massa, col diluvio di parole e servizi e libri dedicati alla sua figura e al suo apostolato, si sta rivelando ben poco laica, nient’affatto acuminata e sottile, bensì conformista, finanche fuorviante. E tuttavia capace, proprio per questa sua scoperta debolezza, di mostrare l’evidenza di una dissociazione: la popolarità, la stima, il gradimento, la condivisione delle parole e delle azioni di Francesco non si riverberano sulla chiesa, né portano i fedeli a una maggiore partecipazione alla sua vita. E’ una dissociazione che, manifestatasi con papa Giovanni Paolo II, riassorbita con Benedetto XVI, sta addirittura esplodendo con Francesco. E’ una dissociazione che certo non può passare inosservata dalle parti del vaticano, neppure in tempi di Giubileo. E che, anzi, proprio il Giubileo minaccia di aggravare ancora di più.
http://www.ilfoglio.it/chiesa/2015/12/09/pochi-in-piazza-per-il-giubileo-ancora-meno-la-domenica-a-messa___1-v-135876-rubriche_c172.htm

Un albero di Natale LGBT in piazza San Pietro

(di Lupo Glori) L’8 dicembre, nel giorno della festa dell’Immacolata Concezione, Papa Francesco, con l’apertura della Porta Santa, ha dato l’avvio ufficiale al Giubileo straordinario della Misericordia. Nello stesso giorno, come da tradizione, sono stati inaugurati anche il presepe e il grande abete natalizio di piazza San Pietro e, per l’occasione, nel tardo pomeriggio, la piazza vaticana è stata protagonista anche del discusso mega-show, finanziato da lobby ecologiste e abortiste, con il titolo, Fiat Lux. Illuminiamo la nostra casa comune.
Se lo spettacolo di luci che ha immerso la facciata e la cupola della Basilica in un’atmosfera tribale, ha provocato in molti sorpresa e disgusto, non altrettanto scalpore ha destato il singolare addobbo dell’albero di Natale inauguratolo stesso giorno e che sarà illuminato il pomeriggio di venerdì 18. Guardando con un poco di attenzione la disposizione e il colore delle palline colorate, una domanda sorge spontanea e legittima: si tratta di un addobbo arcobaleno? Le tantissime palle colorate, diversamente dagli altri anni, sono state infatti disposte in maniera uniforme, avvolgendo l’albero con i classici colori della bandiera LGBT, partendo dal blu, passando per il giallo, il verde, il viola e il rosso. Non è possibile ancora vederne l’effetto reale che farà una volta acceso ma è possibile intuirlo.
IMG_4404Il Governatorato della Città del Vaticano ha reso noto che il grande albero, di ben 32 metri (diventati 25 per necessità di trasporto) proviene dalla Baviera ed è un dono dei comuni di Hirschau, Schnaittenbach e Freudenberg. Albero e presepe, donazione quest’ultima dell’arcidiocesi e della provincia autonoma di Trento, in collaborazione conl’Associazione amici del presepio di Tesero. Tuttavia, come anticipato, per “ammirare” l’equivoca illuminazione del grande abete bisognerà aspettare il pomeriggio di venerdì 18. Riguardo questo ultimo aspetto, il quotidiano on-line La Repubblica, probabilmente ancora all’oscuro del singolare effetto finale, ha sottolineato come il particolare addobbo che avrà quest’anno l’albero di piazza San Pietro sia il risultato del lavoro di bambini malati di cancro di diverse strutture oncologiche italiane, scrivendo: «le palline colorate in argilla sono frutto del paziente lavoro dei bambini ricoverati negli ospedali oncologici italiani».
Chi abbia colorato o meno queste palline sembra essere un fattore secondario. Quello che colpisce è l’infelice scelta vaticana di optare o acconsentire ad un addobbo natalizio arcobaleno, apparecchiando su un piatto di argento, ai promotori dell’agenda LGBT una imperdibile e ghiotta occasione di strumentalizzazione che certamente non si faranno sfuggire. Sappiamo, sulla base di precedenti analoghi, quali siano i disastrosi effetti di esternazioni e scelte comunicative errate. Il messaggio che passerà, al di là della certamente buona e lodevole iniziativa degli sfortunati bambini, donatori delle palle di argilla colorate, sarà che Papa Francesco ha voluto allestire l’albero di Natale con i colori arcobaleno in piazza San Pietro, facendo capire da che parte sta. Con i ringraziamenti e gli applausi della comunità LGBT. (Lupo Glori)

Il Giubileo visto dai giornali


Il Papa, aprendo il Giubileo della misericordia, ieri in piazza San Pietro, ha ribadito la necessità di non anteporre la giustizia alla misericordia, architrave (quest’ultima) che sorregge la Chiesa. E’ stato questo il passaggio più significativo della brevissima omelia pronunciata nell’ambito di un rito semplice ma sempre suggestivo.
NO ALLE LETTURE DISTORTE E SEMPLIFICATORIE
Andrea Tornielli, responsabile del portale Vatican Insider, si chiede in un editoriale apparso in prima pagina sullaStampa se questo messaggio possa dire qualcosa anche alle nostre società: “C’entra con il modo in cui, ad esempio, si guarda ai rapporti internazionali? Una lettura distorta e semplificatoria riduce la misericordia al buonismo lasciando intendere che essa sia in contrapposizione con la giustizia, l’assunzione di responsabilità, la necessità di riconoscere i propri errori e di pagarne le conseguenze. A ben guardare, invece – prosegue Tornielli – misericordia e perdono, cioè la possibilità di muovere il primo passo sapendo superare anche i torti subiti, rappresenta l’unico modo perché la giustizia si compia davvero”.
APRIRE ANCHE LE PORTE DI CASA
Nel suo commento su Repubblica, il priore della comunità di Bose, Enzo Bianchi, guarda al significato più profondo che deve assumere la Porta aperta: “Purtroppo temo che molti di quelli che passeranno per le porte sante aperte nelle chiese non arriveranno neppure a pensare che potrebbero aprire o tenere aperta la porta della propria casa: aperta per chi giunge inaspettato, straniero o povero, conosciuto o sconosciuto, aperta per un atto di fede-fiducia fatto nei confronti degli altri umani, tutti legati dalla fraternità, valore per il quale pochi oggi combattono, ma senza della quale anche la libertà e l’uguaglianza diventano fragili e non sono concretamente instaurabili”.
IL SIGNIFICATO DELLA PRESENZA DEI DUE PAPI
Gian Guido Vecchi, vaticanista del Corriere della Sera, si sofferma sulla presenza dei “due papi” all’evento di ieri. Un segno molto più importante di una semplice comparsata di Benedetto XVI:  “L’abbraccio, l’esclamazione a braccio di Francesco all’Angelus (“Inviamo da qui un saluto, tutti, a papa Benedetto!”), dicono la continuità tra due pontefici diversi, com’è ovvio, ma uniti sul punto fondamentale: la necessità di riforma, il ritorno all’essenziale del Vangelo”. Bergoglio, scrive ancora Vecchi, “invita a ripartire dalla misericordia come parola-sintesi del Vangelo e tratto fondamentale del volto di Cristo”.
FRANCESCO STA MODIFICANDO LE REGOLE DEI GIUBILEI
Luigi Accattoli, sempre sul Corriere della Sera, afferma che “Francesco sta modificando lingua e regole dei Giubilei universali come sono stati praticati dalla Chiesa di Roma lungo sette secoli: dal 1300 al 2000. Resta il contenuto essenziale: cioè la chiamata alla penitenza e alla conversione. Ma non si parla più di ‘pratiche’ e preghiere per l’acquisto dell’indulgenza”. Da notare, rileva ancora Accattoli, che “nei discorsi di ieri Bergoglio non ha mai usato la parola indulgenza. L’aveva usata nella Bolla di indizione del Giubileo e nella Lettera all’arcivescovo Fisichella, ma solo al singolare e come sinonimo di perdono”. Francesco, insomma, “non si interessa ai riti ma alla sostanza della conversione e della grazia del perdono a cui alludevano le parole perdonata e indulgenza”. Ed è per questo – ricorda il vaticanista – che il Papa ha voluto porte sante in tutto il mondo. Seguendo la massima per cui “non dobbiamo porre dogane”, il Pontefice ha voluto che vi siano ottocento missionari della misericordia autorizzati ad assolvere ogni tipo di colpa, comprese quelle per le quali “è prevista la scomunica riservata al Papa”. E anche per il peccato d’aborto, la cui scomunica è riservata al vescovo.
I DUBBI DEL RABBINO LARAS
Qualche dubbio sulle parole del Papa secondo cui la misericordia deve essere sempre anteposta alla giustizia l’ha espresso, dalle colonne della Stampa, il rabbino Giuseppe Laras, grande amico del cardinale Carlo Maria Martini e presidente dell’Assemblea rabbini italiana. “Innanzitutto – dice – penso che bisognerebbe seguire le parole del Pontefice, che sono belle e confortanti, senza troppi arzigogoli teologici”. Però, “il discorso intorno alla misericordia” è sì “molto umano, ma all’interno del vivere sociale non può prescindere dalla capacità di giudizio e dalla necessità della giustizia”.

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