Simulacra gentium argentum et aurum: opera manuum hominum.
Similes illis fiant qui faciunt ea; et omnes qui confidunt in eis.
Se ci soffermiamo a considerare quanto Bergoglio ha osato affermare pubblicamente, chiedendo addirittura ai fedeli di associarsi a lui in questo delirio, non possiamo non fremere di sdegno, non tremare di orrore. Le sue parole, lungi dal ripetere i salutari insegnamenti di Nostro Signore, echeggiano il grido di Lucifero, non serviam.
A Bergoglio, costretto obtorto collo ad un cursus honorum ecclesiastico che egli quotidianamente dimostra di disprezzare e del quale si palesa vieppiù indegno, vorrei chiedere se può trovare nella Sacra Scrittura, nei testi dei Santi Padri o nella Liturgia anche citata solo una volta la frase Credo nell'amore.
Credo nell'amore è una bestemmia, laddove si umilia la divinità di Dio e la santità della nostra Religione al livello delle idolatrie, delle eresie e delle prostituzioni. Poiché non vi è amore al di fuori del Dio vivo e vero, non vi è amore nelle tenebre dell'errore, non vi è amore dove regna Satana. Non vi può essere amore tra luce e tenebre, né tra i figli della luce e i figli delle tenebre.
Affermare che, al di là del credo che ciascuno professa, siamo tutti figli di Dio, è parimenti una bestemmia, poiché vanifica l'opera della Redenzione ed il Sacrificio della Croce, grazie alla quale solo chi viene battezzato nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo è incorporato alla Chiesa e diventa figlio di Dio. Vane le promesse di Dio ai Protoparenti, vane le attese dei Profeti, vana la Concezione Immacolata della Vergine, vana l'Incarnazione, vane le sofferenze e la morte del Salvatore, vane le sofferenze della Sua santissima Madre, vani i tormenti dei Martiri, vane le prove e i sacrifici dei Santi, vane le penitenze dei Religiosi, vano il Magistero dei Sacri Pastori, vana l'opera dei Missionari, vane le speranze dei fedeli. Vana l'istituzione della Chiesa e del Papato, vano il Santo Sacrificio della Messa, vani gli Ordini Sacri, vani i Sacramenti, vana la Sacra Scrittura, vani gli studi e le dissertazioni dei Dottori e dei Teologi, vane le visioni dei Mistici, vane le preghiere e i digiuni, vane le apparizioni, vani i miracoli.
CREDO IN UNUM DEUM, questa è la nostra risposta alle bestemmie dell'empio tiranno. E questa dovrebbe essere la risposta di tutti i Cattolici, dei sacerdoti, dei Vescovi, dei Cardinali, ad un atto di apostasia e di induzione all'apostasia che lascerebbe allibiti anche i fautori del dialogo ecumenico conciliare, da Montini a Wojtyla. Ma non dimentichiamo chi impose il galero cardinalizio all'argentino. Non dimentichiamo che, se oggi egli può impunemente far professione di empietà bestemmiando nel giorno dell'Epifania il Re dei re, lo si deve solo al Concilio ed alla congerie di aberrazioni che esso ha tollerato, favorito e legittimato.
Più che di un rapporto di causa ed effetto, vedrei in questo ultimo episodio un rapporto di colpa e pena. La colpa è il Concilio, la pena inflitta al mondo e ai fedeli è il dover esser privati della paternità del Papa, ond'egli è chiamato Santo Padre, per trovarci orfani ed in balia di un patrigno che non conosce limiti ed abusa del proprio immeritato ruolo di capo della Chiesa per colpire la fede dei semplici e propagandare l'indifferentismo religioso, offendendo l'unico Dio.
Ci troviamo nella situazione paradossale di dover rimpiangere i immediati suoi predecessori, che pur diedero non irrilevante contributo al formarsi di questa mentalità irreligiosa, ad iniziare da Assisi. E se possiamo ancora riconoscere nella Chiesa Cattolica la nostra madre - ancorché umiliata e vilipesa - ci accorgiamo nondimeno che colui che il Salvatore volle indicarci come Padre comune ci rifiuta come figli, ci offende nei nostri sentimenti più sacri, ci addita come intolleranti privi di carità. Un padre, dico, che impone a Dio stesso - con una presunzione satanica - di riconoscere come Suoi figli anche coloro che rifiutano il lavacro del Battesimo e che negano, assieme a questa divina paternità, anche la maternità dell'unica Chiesa.
Sarebbe semplice - se non semplicistico - affermare che Bergoglio non è Papa: ci toglierebbe dall'incresciosa situazione di dover riconoscere la gravità delle sue parole e dei suoi gesti, che si ridurrebbero a miseri conati di un empio; ma è proprio perché costui è, nonostante tutto, Vicario di Cristo che la ferita inferta alla Chiesa, l'oltraggio a Dio e ai Santi, l'indegno esempio ai fedeli assumono una gravità inaudita ed impongono - ripeto: impongono - una risposta ferma e decisa da parte di tutti, ad iniziare da quanti, sinora pavidi per fraintesa prudenza, non hanno osato opporsi alla sequela di errori ed eresie insegnate dal Papa.
Certo, non lo abbiamo ancora udito proclamare eresie ex cathedra, ma il danno ch'egli arreca alla Chiesa e l'offesa a Dio che, proprio provenendo dal Romano Pontefice, sono di massimo scandalo, esigono una riparazione pubblica, se non vogliamo che il Signore ci consideri correi di tanta empietà e quindi meritevoli di tremendi castighi.
Sorgano dunque i Prelati, a tutela del gregge loro affidato e della sacralità del Papato, ed ancor prima a difesa dell'onore di Dio e della Sua Sposa.
Il silenzio, adesso, non ha più alcuna giustificazione.
Il silenzio, adesso, non ha più alcuna giustificazione.
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