ORGOGLIO E OPERAI DEL DIAVOLO
L’orgoglio è lo spirito del mondo, la misura della distanza fra l’uomo e Dio. Gli zelanti operai del Diavolo, utili idioti che credono di vivere da cristiani all’ombra delle idee illuministe, marxiste e psicanalitiche
di Francesco Lamendola
Quasi tutti i vizi umani, anche i peggiori, anche i più ripugnanti, possono essere dissimulati, con un grado maggiore o minore di abilità, si capisce; ma ve n’è uno che si rivela immediatamente, senza maschere e infingimenti, anche perché non ne vuole, è incapace di sopportarli: la superbia, e specialmente la superbia che si nutre di orgoglio.
L’orgoglio, la presunzione dell’uomo di poter fare da solo, il rifiuto di riconoscersi creatura, peccatore e penitente: questa è la radice di ogni altro male: questo è l’abisso che separa l’uomo da Dio; abisso che può essere superato con la lenta, paziente, tenace costruzione dell’umiltà, ma sempre con l’aiuto della grazia, altrimenti non sarebbe che una falsa umiltà ed un nuovo, diabolico travestimento dell’orgoglio medesimo.
Quanto più l’uomo è impastato di orgoglio, tanto più è lontano da Dio, perché l’orgoglio consiste in questo: nel rendersi il piccolo dio di se stesso; quanto più ci si è spogliati dell’orgoglio e rivestiti di umiltà, tanto più si è amici di Dio, si è vicini a Lui, si è pervasi dalla sua grazia.
Gli umili posso fare tutto, laddove gli orgogliosi e i superbi falliscono miseramente, se non oggi, domani; ma questo avviene perché gli umili hanno appreso il grande segreto, che è quello di svuotarsi completamente del proprio io e di affidarsi tutti quanti, senza remore e senza riserve, alla potenza e alla sapienza di Dio. Il che è follia agli occhi del mondo.
L’orgoglio, pertanto, è il vizio supremo che riassume tutti gli altri e li rende possibili; e, nello stesso tempo, il più tipico, il più rappresentativo della modernità. Ecco: se dovessimo indicare il tratto più caratteristico della civiltà moderna, senz’altro indicheremmo questo: l’ipertrofia dell’io, il trionfo della superbia e dell’orgoglio; la superbia di credersi migliori di tutti, l’orgoglio di voler fare da soli, senza l’aiuto di nessuno. Chi non ha compreso che questo, sfrondati gli elementi accessori, è il tratto essenziale della modernità, non ha compreso il mondo in cui viviamo, anche se si serve benissimo della tecnologia, anche se ha una fiducia illimitata nell’intelligenza e anche se guarda con sufficienza, o con disprezzo, tutti coloro i quali conservano in se stessi, nel loro modo di sentire e di agire, una qualche traccia di pensiero o di sentimento “tradizionali”.
Dal non avere compreso ciò derivano le conseguenze più funeste: ed è un malinteso che si è manifestato nella maniera più drammatica proprio là dove, per molte ragioni, ci si sarebbe potuti aspettare che esistesse una vigile consapevolezza di quanto l’orgoglio sia pericoloso e di quanto esso abbia pervaso le forme e gli atteggiamenti di fondo della civiltà moderna: intendiamo dire nella Chiesa cattolica, negli esponenti della cultura cristiana e nel popolo dei fedeli. Aver pensato, aver creduto, che si possano mettere d’accordo le due cose, Gesù e il mondo moderno, è stato l’errore degli errori, quello da cui si sono originati, a cascata, tutti gli altri, e a causa del quale il cristianesimo sta vivendo la crisi più impressionante della sua lunga storia. Ciò per cui esso è minacciato al cuore, come non lo era mai stato nei duemila anni trascorsi, non è un pericolo che viene dal di fuori, sebbene di simili pericoli ve ne siano, e tremendi; ma quello che risale dal suo interno: la commistione di cristianesimo e modernità. La modernità è anticristiana nella sua essenza: nasce da un progetto anticristiano, l’illuminismo, e prosegue con tutta una serie di offensive anticristiane, che ora, come una rete di torrenti e di fiumi limacciosi, stanno convergendo tutti verso il gran mare putrido che avventa le sue ondate contro ciò che rimane del cristianesimo: il tenebroso disegno gnostico-massonico d’imporre all’umanità una nuova pseudo religione universale, dove tutte le precedenti si mescoleranno in un vago sincretismo e dietro le quali verrà instaurata la religione diabolica di una Umanità che si auto-divinizza. E pensare che ci sono perfino dei “cristiani” i quali pensano di poter conciliare tranquillamente la loro fede con l’ammirazione per Voltaire, per Marx, per Freud, e che pensano di poter vivere da cristiani all’ombra delle idee illuministe, marxiste e psicanalitiche. Non hanno capito niente, assolutamente niente. In compenso, sono gli zelanti operai del Diavolo, tanto più utili quanto più idioti, ossia quanto più convinti di lavorare per il vero Dio e di stare svolgendo un’opera meritoria: quella di “aggiornare” il Vangelo con le conquiste più significative della civiltà moderna.
Evidentemente, si credono più furbi di Gesù Cristo, il quale ammoniva che nessuno può servire due padroni, e che metteva continuamente in guardia contro la diabolica tentazione dell’orgoglio, ricordando che solo i miti e gli umili di cuore vedranno Dio, non gli orgogliosi e i superbi, i quali credono di leggere nel libro di Dio altrettanto bene di quel che fa Lui (una affermazione, questa, che è stata esplicitata da Galilei nel Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, e sia pure nel solo ambito delle verità matematiche: preludio, quattro secoli fa, della tempesta luciferina che si stava addensando contro la Verità del cristianesimo, e che ora si è scatenata in tutta la sua forza distruttiva).
La convinzione di codesti cattolici “progressisti”, che essi non si stancano giammai di ripetere come una litania, è che i cristiani hanno il dovere di “aggiornarsi”, di mettersi al passo con i tempi, di parlare il linguaggio del mondo, sia per poter essere capiti, sia per poter farsi capire. Disgraziati! Non vedono, non comprendono che è il Diavolo stesso a mettere loro in bocca queste parole, e nel loro cuore simili pensieri? La loro idea di fondo è sempre la stessa: Gesù è venuto per salvare il mondo, dunque il mondo non può essere male; e se il mondo non è male, neppure il mondo moderno lo è. Ebbene: o costoro non sanno leggere il Vangelo, o sono completamente accecati dall’orgoglio e della superbia intellettuale. Gesù è venuto per salvare il mondo, ma il mondo lo ha rifiutato, lo ha odiato, lo ha crocifisso: ed è questa la linea di divisione fra verità e menzogna. A partire da quel momento – che è un momento storico, che ha una precisa collocazione nelle vicende umane, ma è anche un momento metafisico, perché ci vede tutti suoi contemporanei, anche noi che viviamo a duemila anni di distanza da esso – nessuna ambiguità è più possibile: o si sta dalla parte di Cristo, o si sta contro di Lui. Il “mondo”, come ben si vede nel Vangelo di Giovanni, diventa una espressione che include due significati diversi: vi è il mondo che Gesù vuole salvare, e che accetta la Sua parola; e vi è il mondo che lo rifiuta, ispirato dal Diavolo, e per il quale Gesù si è addirittura rifiutato di pregare il Padre suo (Giovanni, 17, 6-10):
Ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro; essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie, e io sono glorificato in loro.
Gesù dice esplicitamente che chi è suo si trova nel mondo, ma non appartiene al mondo: non si può essere di Gesù e anche del mondo. E il mondo moderno è quello che ha creato la civiltà più lontana possibile da Dio e dalla Verità del Vangelo: la civiltà che più di ogni altra si è sforzata di costruire la sua torre di Babele, a sfida di Dio e a glorificazione dell’uomo. La civiltà moderna è una creazione del Diavolo, e gli uomini che l’hanno edificata sono i suoi manovali. Naturalmente, si può essere nella civiltà moderna, ma non appartenerle: questa è la posizione dei cristiani, che ci ricorda la natura perennemente peregrinante dell’essere cristiani. Il cristiano non è mai del mondo; non lo sarebbe nemmeno se la civiltà in cui vive si sforzasse di realizzare nel modo più fedele possibile la Verità del Vangelo. C’è sempre uno scarto fra il mondo e il Vangelo; nel caso della civiltà moderna, lo scarto è massimo, l’opposizione è totale, ed è intenzionale: ecco perché abbiamo detto che i cristiani progressisti sono solo gli utili idioti del Diavolo. Non hanno compreso che la civiltà moderna è stata creata per opporsi scientemente ai disegni di Dio e per sostituire ad essi quelli dell’uomo. Gli orrori della manipolazione genetica, cui stiamo assistendo in questo inizio del terzo millennio, sono solo una delle manifestazioni, sempre più rigorose e coerenti, di questa impostazione di fondo: la pervicace, proterva ribellione contro Dio, e la glorificazione dell’uomo come il nuovo dio di se stesso.
Scriveva il padre benedettino tedesco Benedikt Baur, professore di teologia (nato a Mangen, nel Baden-Württemberg, nel 1877, e morto a Beuron, nel medesimo Land, nel 1963), nella sua opera Luce dell’anima. Meditazioni liturgiche (titolo originale: Werde Licht, Verlag Herder, 1956; traduzione al tedesco a cura delle monache benedettine del monastero di San Paolo a Sorrento, Roma, Casa Editrice Herdwer, 1961, vol. III, pp. 222-225):
1. CHI SI ESALTA SARÀ UMILIATI E CHI SI UMILIA SARÀ ESALTATO. Il fariseo e il pubblicano:; l’amor proprio che giunge fino ad anteporsi a Dio e a vantarsi di se stesso, e l’amor di Dio che fa dimenticare all’uomo se stesso per Dio e la verità, facendogli porre tutta la sua fiducia nella misericordia e nella bontà di Dio. Orgoglio e umiltà: l’orgoglio è lo spirito del mondo; l’umiltà è lo spirito di Cristo e della Chiesa, lo spirito del corpo mistico di Cristo.
2. L’ORGOGLIO È LO SPIRITO DEL MONDO, dei non cristiani. È orgoglioso chi segue la propria ragione e la propria volontà, chi conosce solo la propria volontà. Per orgoglio l’uomo si distoglie da Dio, si rifiuta di mettere al servizio della sua legge e della sua volontà i talenti, le attitudini, le energie del corpo e della mente che ha ricevuto da lui. Vuol essere padrone di sé e non accetta comandi neanche da Dio.
Qualsiasi peccato ha origine dal’orgoglio, dal rifiuto di sottomettersi a Dio, poiché l’orgoglio prepara il terreno al peccato, poi la soddisfazione di una passione, l’avarizia, la sensualità compiono l’opera. L’orgoglio è il principio, la causa di ogni peccato, la radice di ogni male, è il lievito che infetta quello che c’è di buono nell’uomo ed, estendendosi, lo porta a rovina; è il grande, anzi l’unico ostacolo all’unione con Dio.
È anche la misura del nostro allontanamento da Dio. Lo spirito del mondo consiste proprio in questo: allontanamento da Dio, amor proprio, vanità. Il mondo può fare a meno di Dio, dell’uomo-Dio, del Salvatore. della Chiesa, della preghiera e dei sacramenti; crede di essere abbastanza forte e abbastanza abile per manifestarsi puro, paziente, amorevole con le sue sole forze.
Questo spirito del mondo, di orgoglio e di vanità s’infiltra purtroppo anche nel santuario della Chiesa, nel cuore dei cristiani. Hanno rinunziato solennemente al mondo, hanno ricevuto lo Spirito Santo e nonostante ciò c’è in loro tanto rispetto umano, tanta ricerca delle lode e del favore degli uomini, degli onori e dell’autorità; sono così indegnamente schiavi dei grandi e dei potenti della terra, capiscono così poco l’umiltà cristiana, lo spirito di Cristo e della sua Chiesa. Tutto spirito del mondo! Come meravigliarci se la vita cristiana in molti fa tanto difetto? Se rinneghiamo e sacrifichiamo con tanta facilità i principi e gl’ideali, se scambiamo quello che c’è di più sacro per un piatto di lenticchie?
L’UMILTÀ È LO SPIRITO DI CRISTO. “Imparate da me” (Matt., 11, 29) non a operare miracoli, non a creare i mondi o a risuscitare i morti, ma quest’unica cosa: l’umiltà di cuore. Il mondo non aveva trovato né medico né medicine per il suo male l’orgoglio, allora egli è venuto e ci ha dato tutti e due nella sua persona. L’orgoglio è un veleno così virulento che può essere neutralizzato solo d un contravveleno potente. Ora il rimedio portato dal Signore è così energico che non può esisterne di più potente: la profonda umiliazione del Figlio di Dio. Venendo a noi il Figlio di Dio vuole la sottomissione, la povertà, l’umiltà e sceglie la morte più obbrobriosa e più umiliante, quella della croce. Dio che muore in croce, annientato, rigettato dagli uomini, condannato come l’ultimo dei malfattori. Ecco l’umiltà di Gesù!
L’umiltà è la sostanza del suo piano di redenzione il compendio di quello che ci ha insegnato con la parola e con l’esempio; è tutta la sua vita, la virtù che gli è propria. Deve essere perciò anche la virtù propria della Chiesa, del corpo di Cristi e di ogni vero cristiano, membro di Cristo. È il fondamento dell’edificio spirituale e soltanto su di esso le altre virtù poggiano con sicurezza; è la radice e l’origine di gi bene e di ogni salvezza. Dal progresso nell’umiltà dipende l’accrescimento della grazia e delle altre virtù.
Tutto l’edificio della vita di grazia poggia su due colonne: la forza della croce di Cristo e l’operazione dello Spirito Santo. Ma il peso della Croce di Gesù e della vita cristiana può sostenerlo solo chi è ben fondato nell’umiltà e lo Spirito Santo non stabilirà la sua dimora in un’anima che non si è svuotata di se stessa. Perciò l’umiltà è il fondamento sul quale poggia la vita cristiana, soprannaturale: l’umile sottomissione a Dio, il sentirci nulla di fronte a lui sgombrano gli ostacoli che il cuore, traviato dall’orgoglio, oppone alla fede, alla speranza, alla carità e ad ogni altra virtù. “Imparate da me che sono umile di cuore”.
3. Siamo rami di Cristo, la vite. Con Paolo ripetiamo: “Posso tutto in colui che mi dà forza” (Filipp., 4, 13). Nulla in noi stessi, siamo forti in lui. Tutto quello che possediamo di buono e che di buono possiamo fare ci viene da un altro, dalla vite, da Cristo: “Della pienezza di lui tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia” (Giov., 1, 16). Quello che siamo e che possediamo l’abbiamo solo come tralci della vite, come membra di Cristo; a lui ogni onore e gloria. In quanto a noi possiamo vantarci solo “delle nostre infermità” (2 Cor., 12, 10). “È il medesimo e unico spirito che opera dando a ciascuno in particolare secondo che gli piace” (Epistola).
“Volentieri mi glorierò nelle infermità, affinché abiti presso di e la virtù di Cristo. Per questo mi compiaccio nelle infermità, nelle violenze, nelle necessità, nelle persecuzioni e nelle angustie per Cristo; perché quando sono debole allora sono potente” (2 Cor., 12, 19, 10).
Perciò, dobbiamo imparare a lavorare incessantemente su noi stessi, per combattere la tentazione dell’orgoglio ed il vizio capitale della superbia. Senza di ciò, non giungeremo mai a quella umiltà del cuore che dà accesso alla confidenza con Dio. Egli resiste ai superbi e si mostra solo agli umili: i superbi li abbandona alla loro follia, mentre trasmette agli umili la sua forza e la sua sapienza. Dagli umili abbiamo sempre qualcosa da imparare; dagli orgogliosi e dai superbi, nulla, anche se fossero forniti di tutta la sapienza di questo mondo. Perché la sapienza del mondo è nulla, è solo polvere e vento, mentre l’unica sapienza che conta è quella di Dio. Con la sapienza del mondo si va dritti all’Inferno; e, magari, credendo di essere sulla strada giusta per costruire il paradiso in terra. Ma sarebbe un paradiso senza Dio e contro Dio. E un simile “paradiso”, che poi è quello che i nostri sapienti della modernità stanno realizzando, non è altro che l’Inferno. L’Inferno ce lo stiamo costruendo già noi, adesso, in questa vita - anticipo e caparra di quello che avremo per l’eternità -, ogni volta che ci lasciamo prendere la mano dall’orgoglio, ogni volta che assentiamo ai presuntuosi disegni della nostra umana superbia…
L’orgoglio è lo spirito del mondo, la misura della distanza fra l’uomo e Dio
di Francesco Lamendola
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