Burqini? No grazie, ma il problema non è solo l'abito
La Francia e la sua politica assimilazionista ha fallito. E' la quantità a fare la differenza e se si fanno entrare troppi stranieri (specie di fede islamica) parole come integrazione e assimilazione non hanno più alcun senso. Saranno e sono loro a imporre i loro usi e costumi, e non il governo centrale. Saranno e sono loro a stabilire come devono vestirsi e coprirsi le loro donne che trattano peggio delle capre. E' il caso delle spiagge della Francia mediterranea (Nizza, Cannes, Villeneuve, Mandelieu ecc) col burqini (o burkini) quel ridicolo abbigliamento dove la donne islamica entra in acqua vestita da capo a piedi e col capo coperto, vietato dal sindaco di Nizza mediante specifica ordinanza.
Ovviamente questo discorso non vale solo per la Francia, ma anche per la Germania, dove la Merkel ha vietato il burqa: un bicchiere d'acqua fresca, rispetto alla gravità dei fatti terroristici e degli stupri di Capodanno lì avvenuti. E anche per l'Italia, dove mi capitò di trovare all'ufficio postale una donna col velo integrale (niqab) in fila, nell'imbarazzo e sgomento generale della gente che si spostava più in là.
Ovviamente questo discorso non vale solo per la Francia, ma anche per la Germania, dove la Merkel ha vietato il burqa: un bicchiere d'acqua fresca, rispetto alla gravità dei fatti terroristici e degli stupri di Capodanno lì avvenuti. E anche per l'Italia, dove mi capitò di trovare all'ufficio postale una donna col velo integrale (niqab) in fila, nell'imbarazzo e sgomento generale della gente che si spostava più in là.
Semmai si taglia la testa al toro, vietando l'ingresso, la cittadinanza e residenza a chi veicola questi pessimi beduini usi e costumi. Si stabilisce il sacrosanto diritto di popoli e nazioni a non venire invasi (Yes Borders) e a contabilizzare con giudizio e raziocinio gli ingressi.
Ora sedicenti collettivi contro l'islamofobia, si scatenano contro il sindaco di Nizza perché ha inviato l'ordinanza anti-burqini nelle spiagge della città, con tanto di multa per chi lo indossa (38 euro, che per la sottoscritta è ancora poco). Giustamente il sindaco fa leva sulle norme igieniche: entrare in acqua o in piscina vestiti non è sicuro per chi nuota né igienico. Ma anche contro l'ostentazione religiosa : "Una tenuta da spiaggia che ostenta un'appartenenza religiosa, in un momento in cui la Francia e i luoghi di culto sono attualmente al centro di attacchi terroristici, rischia di creare problemi di ordine pubblico che è necessario prevenire".
Come dargli torto specie alla luce di quanto è avvenuto nella sua città?
Perché è evidente che questa è un'ostentazione a scopo provocatorio, buttata lì tanto per suscitare delle reazioni. Una delle quali è quella di farsivittime della "repressione dei costumi etnici".
Come dargli torto specie alla luce di quanto è avvenuto nella sua città?
Perché è evidente che questa è un'ostentazione a scopo provocatorio, buttata lì tanto per suscitare delle reazioni. Una delle quali è quella di farsivittime della "repressione dei costumi etnici".
Ma la verità è che questo tipo di battaglie culturali e identitarie vanno a toccare fattori accessori (in questo caso l'abito), senza intaccare la sostanza: chi sta dietro o sotto l'abito. Si preferisce svincolare dal fatto che l'immigrazione massiva reca in sé questi effetti collaterali ed inconvenienti, e che certa gente deve imparare per amore e per forza, a starsene a casa propria. Voler vivere sicuri e in condizioni igieniche salutari, non è razzismo. Voler decidere chi deve e chi non deve entrare a casa propria non è razzista. Molti paesi civilissimi già lo fanno: Canadà, Australia, Nuova Zelanda, Svizzera; lo stesso Giappone da secoli è promotore dell'isolazionismo culturale e, pertanto, ha sempre messo in campo politiche anti-migratorie, per scoraggiare i flussi nella sua direzione. E ora la Gran Bretagna post Brexit, lascia intravedere nuove speranze.
Buon Ferragosto a tutti! Divertitevi, lontani da burqa e burqini.
Pubblicato da Nessie
Il
problema non è il burkini ma la religione che lo impone. Vietarlo non
serve a nulla se non ad alimentare il vittimismo su cui giocano molto i
musulmani per lamentarsi di discriminazioni, quando stanno invadendo non
solo il nostro suolo e i nostri spazi anche culturali. E dunque, se non
reagiamo con vigore, pretenderanno di imporci la loro shariacon
annessi e connessi. È questo che bisogna evitare e combattere: la radice
del problema non le sue manifestazioni, una delle quali è il burkini,
che rappresenta una visione arretrata della donna, che le nostre società
hanno superato, magari cadendo in eccessi opposti, ingannevolmente
visti come conquiste.
Certo che, se al burkini opponiamo i bikini formato francobollo, non è che si tratti di una conquista della donna. Tutto ciò che esce dalla decenza rende la donna oggetto sia nascosta e sacrificata dentro un burkini che esibita senza remore. Il metro è dato dal famoso comune senso del pudore,
talmente smarrito che non se ne parla nemmeno più, magari per non
essere considerati retrivi e bigotti. Bisognerebbe che fossero le donne
stesse a proporsi e imporsi secondo la loro sensibilità che non sia di
sottomissione né al maschio schiavista né a quello bavoso,
ché tale è reso dalla moda dominante; il che significa schiavizzante in
altro modo... Il cristianesimo parla di ben altra sottomissione[1]. La
verità posta a nudo, dissipa qualunque ideologia. Peccato che abbiamo
smesso di diffonderla nella erronea convinzione, che un vero cristiano
non può condividere, che "il proselitismo è una sciocchezza". Il nocciolo del problema del nostro esausto Occidente Europeo, che si riverbera sul mondo intero, è tutto qui.
Atlete olimpioniche iraniane nel 1966 e nel 2016 |
Ho trovato interessanti sulla situazione generale le osservazioni di Blondet, in ordine alle diverse coniugazioni dell'islam (tra cui il sufismo) ed alla nuova collaborazione sciita/sunnita Iran/Turchia che egli vede come inizio di una reazione musulmana contro il Wahabismo.
Trovo Blondet un valido giornalista, ma sul piano religioso portatore
di uno gnosticismo di conio guenoniano. In questo caso appare troppo
ottimista nell'individuare la soluzione nello stesso islam e nelle sue
correnti più moderate o che possono apparire tali. Ma il sufismo è
una minoranza che non ha alcuna efficace presa sulla radicalizzazione
oggi diffusa in fase esponenzialmente crescente, mentre il resto è un
orizzonte magmatico la cui componente attuale è, purtroppo come già
detto, la radicalizzazione. Il problema sta proprio nel fatto che
l'islam non è un monolite e manca un'autorità centrale con cui dialogare
e intessere accordi efficaci per una civile convivenza. Per questo
vanno fatte rispettare in casa nostra le nostre leggi impedendo ad
esempio la poligamia che di fatto viene permessa dalla moschea e ha i
suoi effetti che il contesto tutela ad oltranza mentre i nostri
governanti se ne disinteressano. E così per tutto il resto, compreso il
proliferare delle moschee e degli imam di importazione, che diffondono
l'islam più radicale.
Il problema non è il
burkini ma il nucleo tecnocratico veteropatriarcale da cui deriva ed è
imposto. Ed è questo da tenere a bada non solo con le leggi esistenti,
che vanno applicate; ma anche con una cultura ma soprattutto una Fede
più robuste e solidamente fondate nelle radici cristiane e greco-romane,
che sono le nostre, nelle quali è il nostro unico ubi consistam.
________________________________Io sentiva osannar di coro in coro /al punto fisso che li tiene a li ubi (DANTE Par. XXVIII, 94-95)
Maria Guarini
1. Cito Costanza Miriano: autrice del libro Sposati e sii sottomessa
: «... Quanto all’inferiorità o superiorità maschile, chi fa questa
obiezione non parla il linguaggio cristiano. Nella logica cristiana il
capo, che è il marito secondo san Paolo, è un capo come Cristo, che
muore per la sua sposa, la Chiesa. Un capo che ha come trono la croce.
L’uomo che fa il marito come Cristo comanda è un uomo pronto a morire
per la moglie. La sposa secondo la Chiesa è quindi una sposa docile nei
confronti di un uomo nobile, generoso. La sposa con la sua dolcezza
risveglia i migliori sentimenti nell’uomo, come nell’amore cortese.
Evita che si metta in moto quella sorta Mister Hyde che è dentro ogni
uomo, la sua parte animale. Questa è la logica cristiana. Fare a gara
nello stimarsi a vicenda, avere un pregiudizio positivo nei confronti
dell’altro, dirgli: io sto dalla tua parte, mettiamo insieme la nostra
siderale diversità, e cerchiamo di donarci la nostra reciproca povertà.
Gridare i propri diritti non serve a niente, riconoscere che siamo
peccatori, poveri, limitati, fa funzionare l’amore...».
http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2016/08/il-problema-non-e-il-burkini-ma-la.html
IL TORMENTONE ESTIVO DEL BURKINI di Luigi Copertino
IL TORMENTONE ESTIVO DEL BURKINI
Solo settant’anni fa una donna che osasse esporsi in spiaggia in bikini – e si trattava di bikini che oggi riterremmo molto castigati – rischiava feroci condanne morali e perfino salate multe amministrative per “oscenità”.
In un Occidente che non sa neanche distinguere, ad esempio, un burqa da un chador (oltretutto entrambi di origini pre-islamiche, dato che il primo fu indossato da Roxane, l’amata consorte battriana, ossia in termini odierni “afghana”, di Alessandro Magno, al momento delle nozze ed il secondo di origine mesopotamica, attestato nell’epoca della dinastia persiana degli Achemenidi, serviva a distinguere la donne di rango dalle prostitute e dalle serve; la Santa Vergine Maria indossò il chador come testimonia ancor oggi l’iconografia mariana), abbiamo assistito, in questi ultimi giorni, al tormentone estivo a proposito del cosiddetto “burkini”, un costume da bagno usato dalle donne islamiche. Un costume integrale, di recente produzione, che copre l’intera persona nel rispetto della pudicizia e della norma coranica per la quale si devono coprire tutte le parti del corpo femminile suscettibili di richiami sessuali e quindi tutto il corpo salvo viso, piedi e mani.
Il primo ministro francese, socialista, Manuel Valls, in appoggio a quei sindaci che hanno vietato sulle loro spiagge l’uso del burkini, si è lanciato in una polemica anti-islamica che rivela tutta l’abissale ignoranza del personaggio. Una ignoranza abissale della storia e dell’antropologia religiosa che lo accomuna al nostro Matteo Salvini, capo leghil-populista italiano, esibitosi in analoghe perfomance mediatiche nella speranza di raccogliere voti tra gli italiani più sensibili ai (malintesi) richiami identitari. Più intelligentemente il nostro ministro degli Interni, Alfano, ha evitato di imbarcarsi in inutili quanto strumentali guerre di religione. Da parte cattolica invece, con le dichiarazione di mons. Galantino segretario generale della Cei, c’è stata una presa di distanza dalle posizioni di Valls e di Salvini, forse anche perché, sotto il profilo morale, non è certo possibile indicare nella maggior parte delle donne occidentali, anche tra le cristiane, un esempio di civiltà da additare al mondo islamico.
Almeno a giudicare almeno dalle immagini circolate in questi giorni sui media, il burkini non sembra neanche un indumento impresentabile. Anzi rileva perfino una sua “erotica” eleganza quando è indossato dalle giovani e spesso avvenenti donne di fede islamica. Sarà, forse, perché noi maschi occidentali, ormai del tutto assuefatti al nudo integrale femminile, non siamo più abituati all’immaginazione che un velo sul corpo femminile può suscitare.
In realtà quello del burkini è un tormentone che, ancora una volta, rivela il cortocircuito dell’ideologia occidentale.
Come è già accaduto per il caso della reintroduzione del reato di opinione a proposito del negazionismo – sia chiaro che affermando questo lo scrivente non sta dichiarando alcuna simpatia per i “negazionisti” ma sta solo dicendo che essi devono essere affrontati e tacitati con le armi della storiografia e della cultura e non con il codice penale – il divieto per le donne islamiche di indossare quel che vogliono è una chiara, palese e patente contraddizione con la filosofia portante del liberalismo occidentale la quale pone al primo posto, anche al di sopra della Verità (che oltretutto per il liberalismo integralista non esiste), la “Libertà”, il diritto di ciascuno e di ciascuna di fare tutto quel che si vuole salvo danneggiare il prossimo.
Non a caso una delle giovani donne in burkini, intervistata in questi giorni da una tv, si è appellata proprio ai principi liberali dell’Occidente per rivendicare la sua libera scelta di indossare quel costume da spiaggia.
Naturalmente, molti occidentali, a fronte della rivendicazione dell’intervistata in questione, avranno pensato che le donne islamiche non siano effettivamente libere nella loro scelta ma invece costrette dalla pressione religiosa delle loro comunità. Questo del resto è lo stesso ragionamento che viene di solito applicato dall’occidentale medio, che si ritiene laico ed evoluto, alla scelta claustrale delle suore cattoliche, che si fa dipendere da condizionamenti culturali o familiari e mai dalla gioia di un incontro con il Vero Amore. Nella mentalità dell’occidentale medio lo stesso senso di colpa che un credente può provare, per i suoi peccati, di fronte a Dio altro non sarebbe che atavico e barbarico retaggio di un passato oscuro e difficile da estirpare. Sicché, poi, per spiegare il fenomeno l’occidentale in questione ricorre a tutto l’armamentario illuminista, libertario o marx-freudiano che i vaghi ricordi di quanto appreso dai suoi professori negli anni scolastici ed universitari, confermatigli dalla quotidiana e banale ripetizione massmediatica, gli mettono a disposizione.
Si potrebbe, però, chiedere al nostro occidentale medio quando sono invece libere le nostre laiche ed evolute donne nello spogliarsi? Se, in altri termini, esse lo fanno per effettiva libera scelta o perché indottevi dalla moda del nostro tempo e quindi dalla pressione culturale e sociale benché diversa da quella che induceva le loro nonne ad indossare vestiti coprenti ed a portare il velo sulla testa in chiesa? Oppure ancora, se una donna che si spoglia – e questo vale anche per l’uomo – lo fa per decisione immune da ogni vanità o desiderio di attrarre l’attenzione dell’altro sesso oppure proprio perché cede a questo desiderio, del resto naturale ma anche da comporre con quanto nell’uomo non è mera animalità bensì spiritualità (la “sacramentalizzazione” o la ritualizzazione che le religioni fanno dell’unione tra uomo e donna proprio a questo serve, a rendere spirituale anche l’unione carnale e sessuale)?
Ora è chiaro che se una donna mussulmana vuole indossare il burkini nessuno potrà, secondo i canoni dell’Occidente liberale, impedirglielo come nessuno può impedire ad una donna occidentale di indossare il bikini, il monokini o di andare completamente nuda (almeno nelle spiagge riservate ai nudisti).
Vietare il burkini è un contravvenire alle stesse basi valoriali dell’Occidente, checché ne pensi il ministro francese Valls che ha parlato, a proposito dell’indumento estivo delle mussulmane, di un attentato ai “nostri valori”.
Quali valori? Il punto infatti sta tutto nell’approccio francese, un approccio giacobino, all’idea di “Liberté”. Quel che il primo ministro francese ha contestato alle mussulmane è, infatti, che esse indossando il burkini intendono manifestare pubblicamente la propria appartenenza religiosa e quindi distinguersi dalle altre cittadine francesi mettendo al di sopra della “sacra laicité repubblicana” il proprio credo religioso. Le giovani islamiche sarebbero responsabili di lesa maestà repubblicana. La Marianne non può tollerare alcuna diversità che metta in discussione l’egalitarismo rivoluzionario.
Valls attesta nuovamente, se ve ne fosse ancora bisogno, l’essenza totalitaria del giacobinismo rivoluzionario e della “laicité” alla francese.
Questo modo di approcciare la laicità, infatti, è lo stesso che impone in Francia la “privatizzazione” anche della pratica religiosa cristiana, la quale non può avvenire pubblicamente ma deve esprimersi solo nei luoghi a ciò adibiti ossia nelle chiese, e dispone il divieto di esporre il Crocifisso negli uffici pubblici.
La modernità ha elaborato un altro modo di approcciare alla laicità ossia quello che ha prevalso negli Stati Uniti e che consiste nella libertà di espressione pubblica della propria fede religiosa ma anche nel riconoscimento statuale di qualsiasi fede, anche quelle settarie sul tipo di Scientology, in nome di un sostanziale indifferentismo o, per dirla con Benedetto XVI, relativismo. Tutte le fedi possono liberamente e “concorrenzialmente” (l’idea americana della laicità è del tutto mercantile) agire in ambito pubblico purché nessuna pretenda l’esclusiva, il monopolio, a discapito delle altre.
Tra il modello francese e quello americano, in fondo, non c’è molta differenza perché entrambi, il primo in modo autoritario ed il secondo in modo indifferentista, minano alla radice l’esperienza religiosa intaccandone la specificità ed i suoi inevitabili legami con la società, anche politica.
Nell’antichità il problema della convivenza tra le fedi era stato risolto con la tolleranza di fatto, da parte della fede egemone in un territorio, delle minoranze religiose allogene. Tolleranza di fatto che, sia chiaro, non escludeva affatto anche pesanti limitazioni civili e con una certa frequenza anche conflitti e violenze sociali cui le autorità cercavano di porre argini non sempre in modo efficace. Tuttavia, il sistema antico ha permesso, nonostante i suoi difetti, alle fedi di convivere ed alle varie minoranze di perpetuare la propria esistenza comunitaria fino ad oggi.
Non abbiamo avuto notizie di eventuali reazioni, in Francia, da parte della destra nazionalista e lepenista. Di sicuro, in essa, avrà prevalso l’anti-islamismo sull’anti-socialismo e si sarà accodata al coro occidentalista antiburkini in nome di una malintesa difesa dell’identità nazionale minacciata dall’islamizzazione. Probabilmente il neopaganesimo illuminista e nicciano di alcuni settori della destra francese, quelli facenti capo ad Alain De Benoist, avrà colto l’occasione per la solita reprimenda contro il “totalitarismo monoteista”, dal quale dipenderebbero l’egalitarismo di cui si nutre il laicismo francese, che a differenza del “pluralismo politeista” non ammette differenze. Una reprimenda che naturalmente non mette in conto – è quanto il pensiero nicciano e neopagano puntualmente nasconde! – che la fede nell’Unicità di Dio (la quale, pur nelle loro differenze, accomuna cristiani, ebrei ed islamici) dichiarata sul piano soprannaturale e trascendente non nega, anzi afferma ed impone, la diversità tra gli uomini, i popoli e le culture sul piano immanente e naturale.
Ma dalla destra, qualunque destra attuale, incapace di articolare un qualsiasi discorso culturale quale base della propria proposta politica nessuno, almeno non lo scrivente, si aspetta ancora qualcosa di intelligente.
Sono invece i cristiani e le cristiane a dover riflettere approfonditamente, consci di come e quanto l’ideologia occidentale ha essi per primi colpito duramente.
Lo scrivente, infatti, da cattolico (vorrei dire, ma non lo dico, “tradizionalista” se questo termine non fosse ormai abusato e svalutato da tanto trogloditismo, settario o teocons, che ammorba da alcuni decenni il cosiddetto tradizionalismo cattolico rendendolo una macchietta), non può non simpatizzare con le donne islamiche in burkini.
Questo perché ogni atteggiamento, maschile o femminile, di modestia, di umiltà, apre il cuore a Dio, ci avvicina all’Amore Assoluto, mentre, al contrario, gli atteggiamenti che sollecitano le nostre vanità, il nostro orgoglio, ed i nostri desideri non incanalati verso l’Alto ci chiudono nella protervia prometeica dell’esaltazione auto-deificatoria dell’io, allontanandoci dalla Luce Increata che vorrebbe accoglierci tutti se Glielo consentiamo.
Da cattolico peccatore, consapevole appunto dei miei innumerevoli peccati, non posso sentirmi migliore di una islamica che indossa il burkini e che almeno si sforza di essere più umile e più modesta di me.
Luigi Copertino
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