ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 2 ottobre 2016

Per non soffrire e senza soffrire?


                         

                              INIZIATIVE TEMERARIE


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Le cronache in questi giorni si sono occupate del Belgio per essere stata l’unica Nazione al mondo ad autorizzare l’eutanasia ad un bambino. La legge, varata nel 2014 ed applicata senza limiti d’età, impone l’autorizzazione dei genitori, della Commissione di controllo ed una forma di consenso del minore.
         L’offensiva, scatenata anche contro l’infanzia handicappata, non solo contraddice la morale di base di uno Stato di diritto, ma è destinata ad aprire stagioni cariche di disordini e di orrori. Con la trasgressione del quinto Comandamento (non uccidere) il ricorso all’atto omicida potrà consolidarsi sopprimendo o privando di cure necessarie anche il neonato dopo la nascita, se affetto da infermità giudicata incurabile. Mettere fine, in certe condizioni, all’esistenza di un malato è cosa nota ormai da tempo. L’esperienza riconduce alla mentalità delle masse, alla banalità della vita, ma anche al ruolo degli ambienti ospedalieri decisamente inclini ad applicare la “cura” risolutrice all’insegna di “benefici” (per gli eredi e la società) con la rapida liquidazione del moribondo. Il quinto Comandamento, ergendosi come barriera invalicabile, ricorda che solo Dio è Padrone della vita mentre l’uomo è il custode, il depositario, l’amministratore della propria esistenza. Perdita della Fede, indifferenza del Giudizio di Dio, insofferenza per i moniti riguardanti la pena eterna hanno concorso all’ instaurazione di quella sorta di culto per la morte dolce.
        È chiaro, tornando al particolarismo legislativo del Belgio, che nessuna sfumatura di vergogna potrà assolvere gli inventori di attenuanti con la soppressione dei più deboli. Anche la timida resistenza della cattolicità trova sulla sua strada il disinteresse per l’immortalità dell’anima alimentato dal formidabile imperversare di tematiche inique ed antietiche, applicate all’interno di una società infetta e disgregata. Tra i super-saggi che nella lunga stagione conciliare mostrarono di avere idee chiare ma sbagliate, un posto preminente spetta al Cardinale belga Suenens (1904-1996). Non solo paragonò (trionfalmente) gli sconvolgimenti prodotti dal Concilio agli eventi rivoluzionari del 1789 in Francia ma si adoperò, con convinzione, al raggiungimento di obiettivi in linea con le sue tesi anche in Belgio. Oggi nella Chiesa belga si raccolgono i frutti velenosi programmati dalla seminagione dell’illustre porporato (passato a miglior vita). La cancellazione completa del cattolicesimo dalle coscienze ha favorito l’idea che talora sia lecito sopprimere anche il minore sfruttando le circostanze attenuanti: è partito per non soffrire e senza soffrire. Una società senza Cristo consolida il proliferare di criteri molto utilizzati negli studi riguardanti lo svilimento della persona umana. Criteri che, pur scaturendo da fonti diverse, impongono regole che disciplinano vari settori della vita relativi, ad. es., anche all’ecologia. La conclusione è che la minaccia più grande per l’equilibrio naturale e per il pianeta è l’uomo. Anche nella sfera dei rapporti culturali e giuridici relativi all’impiego della forza lavoro si parla di persona umana in termini di vita produttiva, senza la quale l’uomo diventa un elemento negativo e di disgregazione della società. Leggi, diritti, obblighi, convenienze convivono, con l’applicazione di sistemi innovativi, nel calderone delle diverse nazionalità allineate all’unico denominatore comune: un solo modello culturale anche per la morte.             Chiudiamo il processo di sfaldamento e passiamo alla stagione delle conflittualità. Stagione che ci riporta alla religione che scalda cuori e riempie la vita grazie alla fantasia che affascina ed al rinnovato spirito di avventura in un mondo completamente cambiato. Scrupoli molto ridotti e competenze amplificate caratterizzano i toni distensivi di alcuni esponenti del clero apparsi in questi giorni in TV. Le plateali esposizioni avranno messo in moto il cuore pulsante del Magistero, sensibile al dramma di alcuni di essi. Dopo Venezia anche a Treviso il prete si innamora. C’è chi ha scritto al Vescovo ed è fuggito con l’amata. C’è anche chi ha presentato le dimissioni dando l’annuncio dal pulpito, raggiungendo la misteriosa donna che ha trafitto il cuore dell’amato. È frequente constatare come anche per il prete scocchi l’ora del colpo di fulmine. Oggi tutto concorre al dilagare dell’amore profano, ad insidiare il celibato e ad accentuare la crisi vocazionale. L’evanescente normativa disciplinare e morale proietta il celibato verso nuove aperture anche in considerazione della disinvoltura con cui le “pastore” si accostano all’altare per le letture bibliche ostentando minigonne e spacchi vertiginosi che lasciano poco spazio alla immaginazione. I fedeli dovranno abituarsi al susseguirsi di annunci romantici dal pulpito! È evidente che quel fondamentale tassello (sacerdozio), che prelude alle nozze eterne con l’incontro nell’altra vita con Cristo, non potrà mai arginare le incursioni della carne quando l’azione frenante del proprio spazio vocazionale è alla deriva o è agli inizi d’una corsa ad ostacoli. L’abbattimento del celibato, comunque, è la rivendicazione a cui Bergoglio dovrà porre rimedio per arginare quel deficit di trasparenza nella gestione delle procedure che potrebbe anche portare al superamento dell’Ordine Sacro. Ordine che potrà, forse, conciliarsi anche con la fatidica marcia vittoriosa verso la dolcificante presenza di un volto più intimo e familiare. «Dunque come insegnano gli Apostoli pratichiamo tutti la castità» (Papa Siricio sul celibato - 390) in tal senso il celibato, ritenuto di diritto divino sin dall’antichità cristiana, era ed è una regola. Anche i Papi conciliari hanno sempre ricordato al clero l’impegno contratto col celibato malgrado la Chiesa d’Oriente sia stata più tollerante in materia, pur ravvisando nel celibato radici profonde innestate alla Rivelazione. Resta il fatto che il matrimonio, incompatibile con il sacerdozio, è inconciliabile anche con la paternità spirituale del prete dal momento che egli è alter Christus. Pertanto come modello egli ha Cristo a Cui deve conformarsi offrendosi e consacrandosi a Lui. Anche se Gesù non ha fatto del celibato un comando diretto ha però fatto del carattere sacramentale della Sua chiamata la linfa essenziale della Verità, promettendo una ricompensa grandiosa a chi nel seguirLo abbandona tutto in vista del Regno dei Cieli (Mt 19,11). Il contesto socio-culturale dei nostri giorni, ispirato all’emancipazione, nega il nesso tra celibato e sacerdozio. Nesso di diritto divino che non consente di separare la vocazione sacerdotale dalla castità consacrata dal momento che i due elementi sono fusi in un’unica realtà. Va ricordato che una Grazia particolare mette il sacerdote nella condizione di restare fedele ai suoi impegni e al suo servizio con il superamento dell’amore profano, con il dominio delle tendenze fisiche ed affettive, con l’accettazione della vita di sacrificio, con la donazione totale a Cristo. Questa è la storia di quell’immensa legione di sacerdoti che nel corso dei secoli ha reso splendente il volto della Chiesa con la castità e la santità.

di Nicola Di Carlo
http://www.presenzadivina.it/279.pdf

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