SUICIDIO DEL DIALOGO RELIGIOSO
I
cristiani sono sotto attacco; specialmente lo sono i cattolici e prima
di tutto la Chiesa. Questo è sotto gli occhi di tutti e non occorre
essere cattolici, basta essere un minimo in buona fede, per vederlo. La
bufala sul ritrovamento dei resti di ottocento esseri umani, bambini
soppressi dalle suore cattive, presso un convento dell’Irlanda del Nord,
è solo l’ultimo anello di una lunga catena di diffamazioni e calunnie.
L’attacco, peraltro, è non solo mediatico e psicologico, ma anche
politico. Le rivelazioni di monsignor Luigi Negri, ex arcivescovo di
Ferrara, sul possibile coinvolgimento del governo di Barack Obama nelle
manovre ricattatorie che hanno costretto, quattro anni fa, papa
Benedetto XVI ad abdicare – notizia “bomba” che avrebbe dovuto comparire
a tutta pagina su ogni organo di stampa e su ogni radiogiornale e
telegiornale, e che invece, significativamente, è passata quasi
inosservata – ne è una conferma. E che la tesi di monsignor Negri sia
una cosa seria, una possibilità reale, lo dimostra l’iniziativa di quei
vescovi cattolici americani che intendono andare sino in fondo e
ottenere dal loro governo tutte le spiegazioni del caso.
Questo,
per quel che riguarda le oscure manovre del potere finanziario e di
quello politico, miranti a screditare, intimidire, soggiogare la Chiesa
cattolica, la quale è, o almeno era fino a qualche tempo fa, il solo
centro di pensiero e di coscienza indipendente a livello planetario, il
solo la cui etica e la cui visione del mondo non collimi con le lobby
oggi padrone dei destini dell’umanità, il solo che continui a sfornare
uomini e donne non completamente asserviti alle logiche demenziali del
comunismo di stile americanista, non del tutto succubi della mentalità
moderna, ma ancora capaci di pensare a da sé e di ispirarsi, per le loro
scelte morali, a un Magistero distinto da quello, laico e
secolarizzato, offerto dai media di proprietà di George Soros o della
famiglia Rockefeller, e dai governi ultralaicisti, come quello francese,
per i quali è scandalo mostrare anche solo un crocifisso al collo, in
una scuola o in ufficio pubblico, e intollerabile che in una stanza di
un municipio compaia una immagine religiosa o una statuetta della
Madonna; mentre non è considerato scandalo, ma normalità, che decine di
migliaia di aborti vengano eseguiti ogni anno per offrire alla donna il
diritto all’autodeterminazione del proprio corpo e delle proprie scelte
di vita, o che, in alcuni Pesi, i genitori possano decidere l’eutanasia
per i propri bambini malati.
Quanto
alle altre grandi religioni, sono i fatti a parlare, i fatti e non le
belle chiacchiere con le quali i fautori dell’ecumenismo e del
cosiddetto dialogo interreligioso cercando di adulterare, travisare e
capovolgere la realtà delle cose. A parte il fatto che le religioni, fra
di loro, hanno poco o nulla su cui dialogare, perché, se non si vuol
essere ipocriti, è chiaro che ciascuna religione ritiene di essere la
sola custode della Verità, e che le altre sono false, per cui ci può
essere dialogo fra le singole persone, ma non fra le diverse istituzioni
religiose; a parte questo, dunque, sta di fatto che in tutto il mondo,
dall’India alla Nigeria, dall’Iraq alle Filippine, i cristiani, o meglio
i cattolici, sono costantemente oggetto di aggressioni, prevaricazioni,
intimidazioni, massacri e “pulizie” religiose. Oltre agli indù, che
frequentemente si scatenano contro la piccola minoranza cristiana
del’India (piccola rispetto alla popolazione totale, non in se stessa),
sempre se non si vuol essere ipocriti, bisogna dire chiaro e tondo che
gli attacchi, le persecuzioni e i massacri vengono in grandissima parte
dai musulmani; mentre non si è a conoscenza di un solo caso contrario. E
non si citi il caso delle Filippine, perché in quel Paese non sono i
cattolici, in quanto tali, ad attaccare i musulmani (peraltro, se lo
facessero, sarebbe a solo scopo di difesa e di reazione, perché il
terrorismo viene sempre e solo dalla minoranza musulmana), ma sono le
forze di sicurezza dello Stato: Stato che ha il “torto” di essere a
larghissima maggioranza cattolico, e con una modesta minoranza musulmana
(il 5% della popolazione, per l’esattezza).
Quanto
al giudaismo, il discorso è diverso: non si registrano, ovviamente,
attacchi o azioni terroristiche, ma, in compenso, una costante, sottile,
implacabile azioni di ricatto e di sottomissione psicologica, facendo
leva su presunte “colpe” e “responsabilità” pregresse della Chiesa nei
confronti dell’antisemitismo, e rispolverando, ad ogni minima occasione,
fanfaluche come i “silenzi” di Pio XII e supposte connivenze con il
negazionismo della Shoah (resta peraltro da capire cosa c’entri il fatto
che, eventualmente, qualche cattolico, a titolo personale, abbia dei
dubbi sui modi e sulle cifre della Shoah, con il fatto che la Chiesa
cattolica debba chiedere continuamente scusa, assumersi ogni sorta di
responsabilità presenti e passate, e rendere omaggio in continuazione ad
Auschwitz e alle varie sinagoghe, ma specialmente a quella di Roma, per
rabbonire i “fratelli maggiori” e per rassicurarli che i tempi dei
“perfidi giudei” sono finiti per sempre, e che, da parte dei cattolici,
gli ebrei possono contare su ogni possibile forma di collaborazione,
fino alla vera e propria sottomissione (scordandosi quel che diceva
Dante in proposito: uomini siate, e non pecore matte,/ sì che ‘l giudeo di voi tra voi non rida!).
In
questa situazione, non si riesce a capire perché la Chiesa stessa,
cominciando dal suo vertice, cioè dal papa, e poi giù, giù, passando per
i cardinali, gli arcivescovi, i vescovi, i sacerdoti, e molti religiosi
e religiose, per non parlare dei diaconi, dei catechisti, dei
collaboratori pastorali di ogni ordine e grado, e molti semplici fedeli,
altro non facciano che sbandierare la loro gioia per il fatto che la
guerra è finita, che nessuno si odia più per motivi religiosi, e che i
conflitti e i massacri, le violenze e le persecuzioni di origine
religiosa sono cose del passato, dimenticate e destinate a non più
ripetersi. Non si capisce perché gli imam vengano invitati a pregare e
predicare nelle chiese cattoliche, dove son liberi di affermare che la
loro è “una religione di pace” e Maometto un profeta pacifico, senza che
nessuno li contraddica e, anzi, con l’assenso e l’incoraggiamento
festoso e rumoroso da parte di quelli stessi che li hanno invitati. Non
si capisce perché papa Francesco abbia proibito anche solo di nominare
il “terrorismo islamico”, affermando che una cosa del genere non esiste.
Non si capisce perché coloro che hanno sempre odiato, e odiano tuttora
la Chiesa, i suoi valori, il suo Vangelo, e cioè i massoni, i radicali, i
marxisti, i banchieri, i neopagani, gli esponenti del pensiero
libertario e irreligioso, siano diventati, da un giorno all’altro, gli
amici fraterni, e, addirittura (come nel caso di Marco Pannella: parola
di un monsignore, il vescovo Vincenzo Paglia) dei modelli di vita da
stimare, imitare ed emulare. Non si capisce, insomma, perché l’esercito
cristiano sia stato smobilitato, proprio mentre è sotto attacco, anzi,
mentre lo è più che mai; perché sia stato disarmato, psicologicamente e
moralmente; perché dei vescovi, come quello di Padova, Cipolla, dicano
di essere più che disponibili a rimuovere dalle chiese i segni della
religione cristiana, pur di andare d’accordo con gli islamici; e perché,
se il popolo del Family Day si mobilita e organizza della
manifestazioni, per ricordare che la sola vera famiglia è quella
proposta da sempre dal cattolicesimo, cioè formata da un uomo e una
donna uniti nel sacro vincolo del matrimonio, e con dei figli voluti per
amore, e non le varie famiglie “arcobaleno” formate da coppie
omosessuali che si procurano i figli in vario modo, compresa la pratica
dell’utero in affitto, non si capisce perché, dicevamo, il papa taccia,
la gerarchia taccia, i vescovi progressisti improvvisamente perdano la
parola e i teologi modernisti, sempre scalmanati a rivendicare la
necessitò di attualizzare il Vangelo, di calarlo nel vivo delle
circostanze storiche attuali, perdano, insieme alla favella, anche i
loro bollori sociali e umanitari, girino la testa dall’altra parte, non
senza lasciar intravedere una punta di fastidio, e magari anche più di
una semplice punta, e si concentrino, da capo, sui problemi e le
necessità dei “lontani”, dei “diversi”, dei (falsi) profughi e dei
nostri cari fratelli omosessuali, ingiustamente discriminati ed
emarginati.
Più
in generale, i nostri nonni, e molti dei nostri genitori, sapevano bene
che cos’è la vita: una battaglia continua; perché nulla, nella vita,
viene regalato, che poi non si debba pagare in maniera esosa; e nulla si
ottiene senza lotta, senza sacrificio, senza disponibilità ad assumersi
impegni, fatiche, responsabilità. Anche i sacerdoti e i vescovi di un
paio di generazioni fa sapevano che la vita è lotta: una lotta del bene
contro il male, della verità contro la menzogna; e che, in questa lotta,
i cristiani non possono restar neutrali, ma devono sentirsi mobilitati
in permanenza, ventiquattr’ore su ventiquattro e trecentosessantacinque
giorni all’anno, feste e domeniche comprese (anzi, soprattutto quelle;
mentre oggi è tutto il contrario, le feste e le domeniche sono diventate
i baccanali del paganesimo consumista e dell’idolatria del denaro).
Insegnare ai bambini o ai giovani che nella vita tutto è facile come
bere un bicchier d’acqua; che non vi sono pericoli dai quali guardarsi,
né nemici che vogliono far del male; che tutti si vogliono bene, tutti
sono bravi e belli e buoni, e specialmente i poveri, i quali sono santi
perché poveri, e quindi assolutamente incapaci di fare il male, di
rubare, di stuprare, di uccidere: insegnare questo è semplicemente
criminale, poiché equivale ad esporli a dei pericoli certi e gravissimi,
ed esporli del tutto impreparati. Qual è quel genitore che insegna ai
suoi bambini che possono fidarsi di chiunque, e andar dietro al primo
che passa, magari offrendo loro delle caramelle? Se esiste un tal
genitore, gli andrebbe revocata immediatamente la patria potestà: costui
non è degno di fare il genitore, non sa amare i suoi figli, è un
perfetto imbecille o un irresponsabile, e il suo modo di educarli
equivale a gettarli, come pecore inermi, nella fossa dei lupi feroci.
Ebbene,
la stesa cosa si deve dire di quei sacerdoti, di quei vescovi, di quei
cardinali, di quei teologi (falsi e cialtroni) che insegnano che tutte
le religioni sono buone, che il cristiano può e deve fidarsi di
chiunque, che ha il preciso dovere di accogliere tutti in casa sua, che
le mele marce non esistono, ma sono solo una’invenzione dei preti
cattivi di una volta, ottusi e reazionari, incapaci di leggere il
Vangelo con amore e con spirito di verità, attaccati a una visione
difensiva e retrograda. A questi pastori indegni si dovrebbe togliere il
ministero del sacerdozio, come ai genitori buonisti e incoscienti si
dovrebbe togliere la patria potestà: non sono degni di fare i ministri
di Dio, non sono degni di custodire il gregge che Gesù in persona,
tramite i suoi apostoli, ha affidato loro, con la raccomandazione di
fare di tutto affinché nemmeno una pecorella vada perduta. Ma che cosa
hanno capito, invece, costoro? Che, per non perdere le pecorelle,
bisogna dir loro che va bene tutto, che è lecito qualunque
comportamento, che è legittima qualsiasi morale e qualunque teologia:
insomma che il gregge è fatto per tutti, ma senza porre la condizione di
convertirsi e credere al Vangelo: no, possono entrarci tutti quelli che
vogliono, è come un bar o un albergo dalle porte girevoli sempre
spalancate, si entra e si esce come al supermercato, nessuno fa domande,
nessuno controlla niente, nessuno pone condizioni. Così, per non
perdere le pecorelle, le si espone alla perdita dell’anima, cosa ben più
grave: le si illude che tutto vada bene, solo perché sono legittimate a
stare dentro la Chiesa e ad accostarsi ai Sacramenti (il che è una vera
profanazione), ma i falsi pastori non si prendono cura della loro
anima, la cui salvezza è lo scopo e la ragion d’essere della Chiesa
stessa. A che serve una chiesa che conserva un discreto numero di
“credenti”, i quali sono tali solamente a parole, ma che non fa nulla
per la salvezza delle loro anime, anzi, direttamente o indirettamente,
le induce in peccato, magari insegnando loro che il peccato, alla fine
dei conti, non esiste, e che basta seguire la propria coscienza e
regolarsi di conseguenza, per essere a posto con Dio (tanto più che “Dio
non è cattolico”, come dice papa Francesco, e dunque certamente non sta
a guardare tanto per il sottile in fatto di morale cristiana?). E
intanto, mentre i pastori della Chiesa cattolica hanno preso questo
indirizzo, e insegnano il Vangelo in questo modo, i seguaci delle altre
religioni non seguono affatto il loro esempio – e, dal loro punto di
vista, hanno perfettamente ragione -: né gli esponenti del giudaismo, né
quelli dell’islamismo, né quelli dell’induismo, si sognano di dire le
sciocchezze e le eresie che dicono e insegnano i preti e i vescovi
modernisti e progressisti; non allentano affatto la morale, non
annacquano affatto la specifica identità teologica delle loro rispettive
fedi, non incoraggiano per niente a fondersi e confondersi con i
seguaci delle altre religioni.
Una
canzone cattolica, che veniva insegnata ai bambini in vista della prima
Comunione (e che oggi, in omaggio allo “spirito” del Concilio, è tanto
raro sentire), recitava così: Io son cristiano, questa è la gloria /
che fa ridenti questi miei dì. / È il grido santo della Vittoria. / Io
son cristiano, morrò così! C’è fierezza, in quei versi, e
disponibilità al sacrificio; c’è la coscienza della serietà della vita
cristiana, e del fatto che la vita non è una passeggiata, e i nemici, ma
soprattutto il Nemico, sono sempre in agguato, per cui bisogna fare
come le vergini savie della parabola di Gesù: vegliare e vigilare. Altro
che rimuovere i crocifissi, caro monsignor Cipolla: lei è troppo pavido
per fare il pastore di una diocesi. Del resto, lo si è visto in
occasione dello scandalo di don Andrea Contin: lei ha solo saputo dire
alle vittime, come un Ponzio Pilato, di rivolgersi al magistrato. Oggi
più che mai la Chiesa ha bisogno di pastori fieri e coraggiosi, non di
conigli, o peggio: come chiamare, infatti, quanti disarmano i soldati
che sono sotto attacco? Quanti imitano la voce del pastore, ma sono
lupi?
A che scopo disarmare i soldati sotto attacco?
di
Francesco Lamendola
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