idlibPERCHÉ?
A distanza di giorni dalla tragedia di Idlib è impossibile trovare un solo analista, un solo giornalista, un solo politico tra quelli che provano a capire veramente cosa è accaduto in Siria, in grado di rispondere alla più importante delle domande: “Perché?”
Perché Assad avrebbe deciso di effettuare un bombardamento chimico nella fase finale di una guerra ormai vinta e nel giorno in cui a Bruxelles si apriva la Conferenza Internazionale sul futuro della Siria (e su quello suo)?
E perché l’avrebbe fatto pochi giorni dopo aver incassato dall’Amministrazione Trump (per bocca di Nikki Haley, ambasciatrice all’Onu), la conferma che rimuoverlo “non è più una priorità degli Stati Uniti”?
Perché il regime siriano, in maniera così goffa e intempestiva, avrebbe optato per un attacco con armi chimiche violando l’accordo siglato nel 2013 a Ginevra sotto l’egida di Usa e Russia, che portò all’effettivo smantellamento del suo arsenale (come è stato riconosciuto dall’Onu), accordo mai violato in questi anni neppure nei momenti di maggiore indecisione sull’esito della guerra?
Perché farlo, ben sapendo che questo avrebbe scatenato la comunità internazionale, messo in drammatica difficoltà l’alleato russo, riacutizzato le divisioni nel mondo arabo, provocato una legittima reazione tra gli stessi siriani che oggi, a stragrande maggioranza, vedono Assad come il salvatore della Siria contro l’occupazione terrorista dei mercenari islamisti?
L’unica risposta che per ora rimbalza sui media mainstream è quella più stupida e più funzionale alla ridicola narrazione occidentale dei “buoni contro i cattivi”: perché Assad è un dittatore! Quindi si sa che i dittatori gasano e uccidono il proprio popolo: lo fanno per gusto o per rappresaglia. O peggio, come motiva il New York Times, “per depravazione”Giusto non può esserci altra spiegazione quando non si trovano le motivazioni.
HalabjaI DUBBI
Andrea Purgatori, uno che i bombardamenti chimici li ha visti sul serio nel 1988 ad Halabja quando Saddam Hussein scaricò cianuro e gas nervini sulla popolazione curda causando quasi 5.000 morti e il doppio dei feriti, intervistato su Intelligo ha espresso forti perplessità su ciò che può essere accaduto: “Quello che ho visto sul campo dell’uso dei gas è che uccidono indiscriminatamente e soprattutto difficilmente fanno “solo” 70 morti. Non dico che non siano stati usati ma secondo me è successo qualcosa che ancora non sappiamo bene. (…) il problema è che se io carico i gas su un aereo e poi bombardo mi sembra difficile che ci sia questo numero di morti”.
I bombardamenti chimici servono a spazzare via una popolazione e non un obiettivo militare. Per questo, usare armi chimiche per distruggere una fabbrica d’armi non è criminale è semplicemente stupido.
Su La Stampa, Giuseppe Cucchi esprime con onesta obiettività gli stessi dubbi di Purgatori. Ma va anche oltre. Richiama alla memoria il bombardamento di Merkale a Serajevo, che scatenò l’intervento Nato contro la Serbia; massacro per il quale, nonostante le sentenze definitive del Tribunale internazionale, rimangono “fondati dubbi (…) che i colpi di mortaio” che causarono oltre 40 morti civili, possano essere partiti “da zone in mano ai bosniaci e non ai serbi”.
E se l’orrore di Idlib servisse proprio a questo? A generare un casus belli per imporre magari un intervento diretto occidentale? A rimettere in discussione la permanenza di Assad anche in una Siria futura? È proprio quello che vuole Assad? O è quello a cui aspirerebbero i suoi nemici: i ribelli moderati di Al Qaeda e il paese principale che li supporta e li finanzia: l’Arabia Saudita; o quello che ambisce ad impossessarsi di pezzi della Siria e cioè la Turchia.
Ecco che allora la versione siriana e quella russa, secondo cui le sostanze chimiche non sono scese dal cielo ma si sono sprigionate dall’interno della fabbrica dei ribelli bombardata, potrebbe non essere solo una verità artefatta per nascondere l’evidenza di ciò che è accaduto. D’altro canto che armi chimiche siano in possesso e siano state utilizzate dai ribelli anti-Assad è cosa risaputa ed anche provata.
Ma ancora è tutto troppo vago.
NON È UNA GUERRA SIRIANA
Nel frattempo si consuma il previsto effetto dirompente sui media che serve a sconvolgere le coscienze e combattere questa guerra con le armi dell’emozione e dell’indignazione, spesso più potenti di quelle vere.
Perché nella guerra moderna le armi chimiche non hanno alcuna utilità militare; ma hanno una grande utilità mediatica.
E così, ecco puntuali i soliti Elmetti Bianchi, impavidi soccorritori cari ad Hollywood, falsificatori di professione legati ai gruppi di Al Qaeda, diffondere immagini e video che sembrano chiaramente manipolati e che si sommano alle immagini e i video reali e orribili dei bimbi morti o quelli agonizzanti, in un sadico e strumentale gioco di orrore che unisce il vero al falso.
Ed ecco l’Osservatorio Siriano dei Diritti Umani, emanazione dei Servizi segreti britannici, essere utilizzato come fonte d’informazione prioritaria sui media occidentali per spiegare quello che è successo a Idlib.
Come è possibile che il regime siriano non immaginasse questi effetti di un attacco del genere?
Assad sa troppo bene che la guerra in Siria non è più una guerra siriana ma una guerra mondiale. È che quello che lì avviene ha una ricaduta internazionale mille volte superiore rispetto a ciò che accade in altre guerre. Questo è il motivo per cui l’enfasi con cui i media occidentali mostrano le terribili immagini dei bimbi siriani è direttamente proporzionale al modo in cui gli stessi media relegano a semplice cronaca le notizie dei bimbi yemeniti (o somali) ammazzati dalle bombe americane e inglesi lanciate dai sauditi.
Può Assad non aver previsto tutto questo?
nikki-haley-chemical-attack-syria-united-nationsOLTRE LA LINEA ROSSA
L’unica cosa certa è che la strage di Idlib rischia di spostare indietro l’orologio della guerra siriana, riportandolo al 2013.
Il primo effetto politico è il cambiamento di posizione degli Stati Uniti annunciato da Donald Trump che ieri ha dichiarato “l’attacco sui bambini ha avuto un grande impatto su di me (…) siamo andati ben oltre la linea rossa”, chiaro riferimento all’ultimatum che nel 2013 Obama aveva posto ad Assad per evitare l’ingresso in guerra dell’America contro di lui. Facendo eco a lui la stessa ambasciatrice Haley: “Quando l’Onu fallisce nel suo dovere di agire collettivamente, ci sono momenti in cui gli Stati sono costretti ad agire per conto proprio”.
Ecco a cosa ha portato la strage di Idlib; ecco forse a cosa serviva.

Su Twitter: @GiampaoloRossi
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Il sangue di San Pietroburgo



Avrete notato tutti come il fascio di luce dei riflettori mediatici si sia soffermato poco sull'attentato di San Pietroburgo, rispetto a quello di  Londra e di come sia subito stato sopraffatto dall'attacco di Idlib  con gas Sarin in Siria. Perciò innanzitutto sono costretta a tornare a San Pietroburgo, la città dalle molteplici chiese lungo il fiume Neva. Abbiamo radici italiane in questa magica città nella quale gli zar commissionarono l'opera all'architetto ticinese Domenico Trezzinie ad altri architetti di scuola italiana. Sono d'accordo con Gian Micalessin quando scrive: "Aver arrestato lo scivolamento dell’Ucraina verso Nato e Unione Europea, aver rimesso piede in un Medio Oriente dove l’influenza degli Usa di Obama era al lumicino, aver gettato le basi per la rinascita della potenza russa e aver ipotizzato un’intesa con Donald Trump ha sicuramente un costo."
Putin come nuovo attore nello scacchiere mondiale viene considerato un leader "pericoloso" per le mire egemoniche ed espansioniste dei mondialisti. Sa mantenere una stabilità al proprio paese, è un leader amato e stimato, è stato riconfermato alle elezioni presidenziali del 2012, ha saputo essere determinante nella lotta contro il terrorismo e si è mostrato determinato nel voler sconfiggere l'Isis. Insomma si è mostrato protagonista, e non comparsa e non si è piegato.
Per lo "zar Putin" cercasi tanti piccoli Lenin in grado di recargli il danno di nuove "rivoluzioni colorate". E' un po' questo lo schema detto in soldoni. Si dà il caso che i russi siano consapevoli  della loro storia e  cultura. Ne parlò in proposito l'ambasciatore Komov a Rovereto qualche anno fa, ricordando che le "radici" di quel marxismo-leninismo che tanto li afflisse con la sua dittatura durata quasi un secolo, sono made in Europe e che la Russia è un paese cristiano geloso custode dei suoi valori. Volendo un po' forzare, la prima "rivoluzione colorata" finanziata dai Rothschild per il tramite di Lenin e Trotzky avvenne proprio nel 1917. Pertanto quell'Alexey Navalny che si è distinto in questi giorni quale agitatore di sommosse,  è un dissidente anti-Putin che fonda in Russia movimenti politici finanziati dagli Usa e venne formato nei  premiati laboratori universitari americani collegati all’élite mondialista in connessione con la Cia. Insomma un vero oppositore e agitatore "spontaneo" di popolo.
Tutto ciò è quanto basta per capire la natura delle recenti proteste in Russia: prove tecniche di "rivoluzione colorata" sospinta dalle oligarchie sorosiane simile a quelle già ampiamente sperimentate in Ucraina e in altri paesi eurasiatici ed estese anche all'area mediterranea.

Non si è fatta attendere la risposta violenta a San Pietroburgo dopo l'arresto di Navalny: l'attentato alla metropolitana che ha causato 11 morti e 51 feriti (bilancio destinato a crescere) subito provvidenzialmente tolto dall'attenzione mediatica occidentale. Gli esecutori materiali sono secondo i il comitato investigativo russo, membri di Al Nusra e dell'Isis, ma poco importa. Sappiamo bene che il terrorismo è la testa d'ariete idonea a  creare instabilità e a scatenare "la guerra dei nervi" oltre a quella contro le vittime.  Nessuno però in Europa ha acceso palazzi di rappresentanza diplomatica con il tricolore della bandiera russa, nessuno slogan in stile "Je suis Charlie", "Je suis Bataclan" e  in un battibaleno ecco voltare subito pagina.

A pochissimi giorni, ecco la nuova tragedia siriana di IDLIB. E' chiaro che mediaticamente questo attacco chimico serve anche a coprire l'attentato precedente e a far passare  Putin, da vittima che era, a collaborazionista del carnefice Assad. Ben lo spiega Mauro Bottarelli nel suo articolo pubblicato anche su Rischio Calcolato. Molte cose non tornano in queste ore convulse e la narrazione mainstream è tuttaltro che credibile.

Perché Assad avrebbe deciso di effettuare un bombardamento chimico nella fase finale di una guerra ormai vinta e nel giorno in cui a Bruxelles si apriva la Conferenza Internazionale sul futuro della Siria (e su quello suo)?

E perché l’avrebbe fatto pochi giorni dopo aver incassato dall’Amministrazione Trump (per bocca di Nikki Haley, ambasciatrice all’Onu), la conferma che rimuoverlo “non è più una priorità degli Stati Uniti”?
Perché il regime siriano, in maniera così goffa e intempestiva, avrebbe optato per un attacco con armi chimiche violando l’accordo siglato nel 2013 a Ginevra sotto l’egida di Usa e Russia, che portò all’effettivo smantellamento del suo arsenale (come è stato riconosciuto dall’Onu), accordo mai violato in questi anni neppure nei momenti di maggiore indecisione sull’esito della guerra?
Perché farlo, ben sapendo che questo avrebbe scatenato la comunità internazionale, messo in drammatica difficoltà l’alleato russo, riacutizzato le divisioni nel mondo arabo, provocato una legittima reazione tra gli stessi siriani che oggi, a stragrande maggioranza, vedono Assad come il salvatore della Siria contro l’occupazione terrorista dei mercenari islamisti? Sono questi,  gli interrogativi posti da Giampaolo Rossi nel suo blog, che attendono risposte. Ma anche da parte di tutti quelli che non si bevono la versione del mainstream sulla Siria, scatenatasi in queste ore. 

Intanto però senza uno straccio di prova, la cosiddetta ossimorica "comunità internazionale" ha già lanciato la sua condanna: Assad se ne deve andare e guerra su tutti i fronti a chi lo sostiene. Se lo dicono pure la Mogherini e Alfano l'Africano, allora siamo a posto. Se Corriere, Repubblica, Stampa, il Fatto e altra stampaglia pretoriana lo ripetono, allora sappiamo che i giornalisti si confermano sempre di più vil razza dannata. Fatte salve le debite eccezioni.

Nel merito delle armi chimiche ecco una buona intervista ad Andrea Purgatori (foto in basso) su Intelligo news su tutto ciò che non torna. E Purgatori è un cronista che ai bombardamenti chimici e ai suoi effetti nefasti generalizzati a tutti (e non solo ai bambini)  ha assistito quando Saddam Hussein li scaricò sulla popolazione curda provocando 5000 morti e un numero incalcolabile di feriti. Pertanto le armi chimiche non sono "selettive" né "intelligenti".

Assad non avrebbe alcun interesse ad autorizzare un attacco chimico del quale a suo tempo lo avevano già accusato falsamente senza uno straccio di prova, tant'è che dovettero desistere. Questa a mio modesto avviso, è una bella canagliata buttata lì per accelerare eventi nefasti e reazioni belliche incontrollabili che  personalmente mi fanno una certa paura.  Non mi sono piaciute in queste ore, nemmeno le dichiarazioni di un Trump stranamente "obamizzato", del  tutto incoerenti col Trump oppositore di Obama. 
Dio ci salvi dalla miopia e dall'ottusità criminale della classe politica cosiddetta internazionale che ritrova i suoi galoppini ripetitori in ambito nazionale. 
Il sangue di San Pietroburgo potrebbe essere solo prodromico di  tanto altro sangue innocente che verrà. Una cosa è certa: nessuno di quelli che hanno interesse alla pace (quella vera) e alla verità, vuole vivere una simile avventura senza ritorno.
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