La sindrome dell’eletto
Non
si creda che ce l’abbiamo con qualcuno in particolare: sono semplici
osservazioni di vita su un difetto che si riscontra fra militanti di fronti
opposti, ma accomunati da atteggiamenti analoghi. Proviamo, per cominciare, a
fare una breve lista di sintomi caratteristici (simili nella sostanza e
differenziati nell’apparenza), descritti con brevi proposizioni alla prima
persona singolare, quasi dando voce ai segreti pensieri di due rappresentanti
delle rispettive categorie.
-
Mi faccio la legge a modo mio; decido io quali norme osservare e quali no.
- Nel sistema che ho in tal modo costruito, osservo con
il massimo scrupolo le più piccole regole, ma il mio cuore può pure essere di
ghiaccio verso Dio e verso il prossimo.
-
Può anche non importarmi nulla dell’amore, l’importante è che io mi senta a
posto.
-
Qualsiasi cosa faccia o non faccia, ho sempre una giustificazione.
-
Chi non ha esattamente le mie idee, anche in cose secondarie o inessenziali, è
eretico, perché mette in discussione il mio sistema.
-
Tutto mi è dovuto, mentre io non devo niente a nessuno.
-
Mi faccio la legge a modo mio; decido io quali sono i veri valori.
-
Nel sistema che ho in tal modo costruito, sono convinto di avere tanto amore per
il mondo e per il prossimo quanto più i miei princìpi sono trasgressivi.
-
Può anche non importarmi nulla della correttezza, l’importante è che io mi
senta a posto.
-
Qualsiasi cosa faccia o non faccia, ho sempre una giustificazione.
-
Chi non ha esattamente le mie idee, anche in cose secondarie o inessenziali, è
reazionario, perché mette in discussione il mio sistema.
-
Tutto mi è dovuto, mentre io non devo niente a nessuno.
In
poche parole, è il trionfo dell’ego: in due sensi opposti, ma secondo la medesima
dinamica di un estremismo soggettivistico. Per questo i due orientamenti si
assomigliano molto in profondità e divergono solo in superficie. La coscienza
retta, al contrario, si conforma all’ordine oggettivo indipendentemente dal
fatto che ciò convenga o meno alle sue preferenze soggettive, che vengono
sottomesse a princìpi superiori ancorati alla realtà, piuttosto che determinati
da quelle. Ciò richiede indubbiamente un’ascesi dell’intelligenza e del senso
morale, ma nessun essere ragionevole ne è esonerato. L’individualismo
esasperato, che sia di segno tradizionalista o rivoluzionario, si puntella
sempre con sofismi contorti che, a lungo andare, inducono patologie di
involuzione mentale più o meno acute, i cui sintomi sono evidenti a chiunque
abbia un po’ di buon senso.
Non
crediate però di poter ottenere qualche beneficio sforzandovi di curare tali
sintomi: vi imbarchereste in discussioni senza via d’uscita che non
fornirebbero altro ai vostri interlocutori che un’occasione per rafforzare i
propri convincimenti. In molti casi ci vorrebbe un miracolo; il fatto è che
certi miracoli (quelli che devono toccare e trasformare la coscienza)
richiedono l’assenso dell’individuo, che suppone a sua volta il riconoscimento
di aver bisogno di aiuto. Ora, questo tipo di assenso è proprio quello che
l’eletto non è disposto a dare perché esige da parte sua l’umile ammissione di
esser finito fuori strada, ciò che farebbe inevitabilmente crollare il mito che
alimenta di se stesso. La sua salvezza è a un millimetro dal suo cuore, perché
gli basterebbe un piccolo atto di umiltà per ottenerla; ma quel millimetro è
per lui invalicabile.
La
sindrome dell’eletto si riconosce di solito da una malsana autoesaltazione che
sconfina spesso in un misticismo macabro e in una visione manichea, i quali
denunciano una radicale insoddisfazione di sé stessi, un violento rifiuto della
vita e un invincibile sospetto nei riguardi di Dio. L’unico modo di placare
queste perenni sorgenti di angoscia consiste nel cercare di corrispondere
perfettamente al proprio ideale di sé (che sia l’ineccepibilità farisaica o la
sregolatezza anarchica), onde dare un senso alla propria esistenza (anziché
accogliere quello che ha già) e assicurarsi l’approvazione o, viceversa,
l’affrancamento da quell’Essere supremo che è comunque tenuto a debita distanza
(ossequiandolo o bestemmiandolo). In un caso come nell’altro, l’uomo ne teme la
prossimità e la presenza, dalle quali sente inevitabilmente schiacciate le
pretese del suo ego, nonché smascherata l’inconsistenza del sistema che si è
costruito come una torre difensiva.
Una
volta ammessa la radice comune dei due atteggiamenti, non fa più meraviglia che
lo stesso soggetto possa passare come niente fosse dall’uno all’altro, magari
separandone le espressioni – al fine di salvaguardare un minimo di coerenza,
almeno apparente – nell’ambito privato e in quello pubblico. È così che, nella
vita nascosta di un granitico tradizionalista, si possono scoprire altarini in
totale contraddizione con il culto degli altari, mentre un irriducibile
anarchico può dar sfogo in famiglia alla sua asfissiante pedanteria. In fondo,
sono due facce della stessa medaglia: la volontà di porsi al di sopra di tutto
per poter vincere la percezione della propria radicale insufficienza, ovvero la
volontaria illusione di possedere in sé il principio del proprio essere, dalla quale
consegue la ribellione (di segno ossequioso o trasgressivo) contro l’unico vero
Principio.
Deus superbis resistit, humilibus autem dat gratiam
(1 Pt 5, 5): la trascendente Maestà divina, evidentemente, non si lascia
nemmeno scalfire da questi prometeici assalti, mentre effonde gli effluvi della
Sua bontà misericordiosa su quanti Le si arrendono in muta adorazione. Il
dramma è che il nichilismo contemporaneo, volenti o nolenti, ci ha contagiati
tutti in modo più o meno diretto e profondo, inquinando anche le intenzioni e
gli sforzi più virtuosi. Il primo fronte sul quale siamo obbligati a combattere
la sovversione è quindi il nostro cuore. Non basta indire crociate e sguainare
le spade, se il nemico si è infiltrato nell’accampamento o taglia inosservato
le retrovie. A lungo andare, paradossalmente, ci si potrebbe svegliare un
mattino e accorgersi di non avere più la fede, quella fede per difendere la
quale si è combattuto con tanto ardore, ma dimenticando la necessità di una reale
adesione personale a quanto affermato a parole, così da trascurare la propria
vita spirituale e lasciar inaridire l’intima relazione amorosa con Dio.
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http://lascuredielia.blogspot.it/2017/07/la-sindrome-delleletto-nonsi-creda-che.html
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