Scalfari e il Papa
Gran interrogarsi tra monsignori intorno alle conversazioni
di Francesco con il fondatore di Rep.
Davanti al negozio bengalese di via di Porta Angelica l’altro giorno era un gran ridere e interrogarsi tra monsignori sulla surreale conversazione tra il Santo Padre Francesco e l’augusto interlocutore prediletto, Eugenio Scalfari. “Mò siamo a che Gesù è diventato Dio solo quando è morto”, diceva un giovane in clergy con sobrio occhiale da sole Ray-Ban, commentando il dialogo tra i due.
E l’altro, meno giovane e con trolley, ridacchiava profetizzando l’Apocalisse e forse, chissà, pure le paganissime Valchirie arrivare sul cupolone di San Pietro. Il mio cicerone, un vescovo vestito non da vescovo tanto da sembrare un turista bielorusso a Fontana di Trevi, mi diceva che il problema di questi romani (dove per romani si intende la variegata galassia dei nostalgici chierici del tempo che fu) è che non capiscono che la reale rivoluzione portata da Bergoglio è proprio questa, e cioè bere succhi di frutta non troppo freddi – il frigobar nella suite papale è ben fornita, non si sa però se ci sono ancora le Kinder Delice ivi riposte all’inizio del pontificato – con miscredenti e mangiapreti. Qualcuno dice perché l’istinto predatorio gesuita fa sì che si cerchi di convertire l’anima dell’ateo prima che sia troppo tardi, altri più modestamente sostengono che semplicemente al Papa attuale piacciono i tipi come Scalfari, senza troppi complessi da sacrestia, senza quell’aria da cattolicone che tutto dice di sapere di dottrina e morale e pastorale. Meglio ateo, insomma, che cattolico adulto. “Non si sa però cosa sia peggio”, aggiungeva serissimo il vescovo mio amico.
http://www.ilfoglio.it/roma-capoccia/2017/07/23/news/scalfari-e-il-papa-145527/
Non c'è nulla di terribile nelle epurazioni papali. Basta
chiamarle per nome
Francesco desidera attorniarsi di persone con una visione in
linea con la sua agenda, sintonizzate sulla frequenza “periferica”, stare in
mezzo al gregge più che in dotti cenacoli intellettuali
Roma. Manovre interne, promozioni improvvise, cordate e correnti. E’ il 2017 ma siamo sempre lì, ai “corvi che volano nella boscaglia” (copyright di Tarcisio cardinal Bertone all’epoca del primo Vatileaks che azzannava il pontificato ratzingeriano), agli spifferi, al gossipame. Non saranno gli anni dei Papi Borgia, con cadaveri nel Tevere, cardinali avvelenati in cene ricche annaffiate da vino di scarsa qualità, ma insomma, il quadro che emerge non è idilliaco (eufemismo). Gerhard Ludwig Müller, nell’intervista pubblicata ieri dal Foglio ha...
L’assurdo tentativo di
riabilitare Martini
il male che Carlo Maria Martini ha fatto alla Chiesa è
incalcolabile. Certo agli occhi di Dio tutto è chiaro. E nitido è stato per
l’Onnipotente giudicare il cuore del gesuita. E’ all’inferno? Chi può
escluderlo?
Ma a parte questo: che senso ha questa fregola -una sorta di
frenesia- sicuramente eterodiretta di riabilitare una persona che la storia ha
già giudicato come colui che ha guidato, per decenni, una fronda
intraecclesiale (che coincide con quella massoneria di cui già Mons. Luigi
Marinelli ha scritto) tesa a devastare la sana Dottrina?
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.