ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 6 ottobre 2017

Nobel o Ignobel?

REFERENDUM SULL’IMMIGRAZIONE    
            
Salvini batterebbe Bergoglio. Inchiodati dai sondaggi gli architetti della società multirazziale si sono ormai rassegnati a battere in ritirata. Il Papa, lo dico da credente farebbe bene a studiarsi un buon manuale di storia italiana 
di Michele Rallo   





  
Inchiodati dai sondaggi (quelli pubblici e, soprattutto, quelli “riservati”), gli architetti della società multirazziale si sono ormai rassegnati a battere in ritirata. Figuratevi che Angelino – che come ex ministro degli Interni ha certamente accesso ai sondaggi riservati – si è rifiutato di votare la legge sullo Ius Soli; neanche con la minaccia che il governo possa cadere; e neanche con le pressioni che – a quanto si sussurra in ambienti “solitamente bene informati” – avrebbe ricevuto da parte del Vaticano.
Il dato che emerge dai sondaggi è che, sull’immigrazione, gli italiani la pensano come Salvini e non come il Papa. Il quale Papa – lo dico da credente – farebbe bene a studiarsi un buon manuale di storia italiana, con particolare riferimento alla presa di Porta Pia e alla fine dello Stato Pontificio. Fine dello Stato Pontificio (siamo negli anni 1859-1871) che segnò anche la fine del potere temporale della Chiesa e della pretesa di imporre il volere del Papa-Re agli italiani.
Certo, allora la Chiesa Cattolica non si rassegnò facilmente: dovette subire la mortificazione dei plebisciti che segnarono l’indubitabile volontà delle popolazioni dell’ex Stato Pontificio di unirsi al resto d’Italia. Prima i plebisciti nelle “legazioni” periferiche. Poi, dopo il travaglio di una decennale “questione romana”, il plebiscito nel Lazio e a Roma (2 ottobre 1870) ebbe un risultato che dire schiacciante è poco: 133.681 voti a favore dell’unione al Regno d’Italia, contro 1.507 per la permanenza nello Stato della Chiesa, con un rapporto più o meno di 100 a 1. E si trattava dell’elettorato di allora, formato soltanto dalle classi più favorevoli al Papato: nobiltà ed alta borghesia. Figuratevi se avesse votato anche il ceto medio e il popolino!
Ma la cosa più notevole di quel referendum era che la stragrande maggioranza dei voti pro-Italia era stata espressa da cattolici convinti ed osservanti, gente che – come recitano i precetti – andava a messa alla domenica e si comunicava almeno una volta all’anno. Il fatto era che quei bravi cattolici – consapevolmente o inconsapevolmente – rifiutavano l’idea che il Papa potesse pontificare, oltre che in materia religiosa, anche in tutti gli altri campi del viver civile. Erano, cioè, “laici”. Ove per laicismo si intenda – cito da Wikipedia – l’essere «svincolato dall’autorità confessionale» ma senza che ciò «infici la pratica di una particolare credenza religiosa». In altri termini, gli italiani di allora (come quelli di oggi) si rifiutavano di credere che il Papa fosse il “portavoce” del Padre Eterno su tutti i campi dello scibile umano. Gli riconoscevano certamente rispetto, autorità morale, ma non al punto di considerare obbligatorio l’uniformarsi ai suoi precetti in materie che eccedessero l’àmbito religioso. Per regolare la loro vita civile, preferivano affidarsi allo Stato nazionale. Anche e forse soprattutto nell’Europa dell’Ottocento, che già da tempo aveva visto quasi tutti i suoi popoli creare i rispettivi Stati nazionali, ed affidare ad essi i loro destini, il loro sviluppo, il loro progresso, il passaggio ad istituzioni che già allora, bene o male, interpretavano gli interessi reali delle collettività amministrate. Mentre l’Italia – proprio per la presenza dello Stato Pontificio – aveva dovuto attendere fino al 1870 per realizzare il suo Stato nazionale. I bravi cattolici italiani ascoltavano con filiale rispetto Pio IX tuonare contro la liberazione di Roma («una audace cospirazione contro la Chiesa di Dio e questa Santa Sede»), ma facevano spallucce e gridavano «viva il Re» e «viva Garibaldi».
Poi arrivò Mussolini, a metter termine ad un conflitto che affliggeva l’animo degli italiani, intimamente combattuti tra la fedeltà alla patria e quella alla religione. Furono i Patti Lateranensi (1929) a segnare la fine del conflitto fra il Regno d’Italia e il nascente Stato della Città del Vaticano, stabilendo fra le due entità dei precisi limiti di competenza: allo Stato la cura degli affari civili, alla Chiesa quella delle anime.
Naturalmente, quei patti hanno retto benissimo fino a quando l’autorità civile ha mantenuto la sua autorevolezza e la sua indipendenza. Poi, man mano che gli attributi andavano perdendosi per strada, man mano che “lo Stato” andava scolorendo e diventando “paese”, man mano che l’idea di patria come somma di sangue e di suolo (per dirla con Darré) andava cedendo il passo a concezioni burocratiche, amministrative, man mano che la deriva degli ultimi decenni andava pervadendo tutto e tutti... ecco il fantasma di Pio IX tornare a fare capolino fra le mura leonine, ed ecco una parte (dapprima minoritaria) della dirigenza vaticana essere tentata dal tornare ad imporre le sue regole alla società italiana.
E adesso – quando l’attacco agli Stati nazionali viene mosso dai poteri forti della finanza speculativa – ecco che un Papa decisionista e autoritario sembra voler calcare le orme di Pio IX, ecco “El General” (come taluno lo chiama in Vaticano) intervenire a gamba tesa nel dibattito politico italiano, cercando di imporre la sua personalissima visione del fenomeno migratorio come una sorta di nuova religione buonista, cui tutti – cattolici e non – debbano necessariamente uniformarsi.
Peccato che, come nel 1870, i cattolici italiani dell’anno di grazia 2017 non abbiano la minima intenzione di sottostare alla privata visione delle cose del Papa pro-tempore, preferendo laicamente mantenere la dignità delle proprie convinzioni politiche.
Non solo. Ma certi segnali di disagio, di disaffezione nel mondo cattolico cominciano a prendere corpo. Alcuni di questi sono stati anche quantificati in certi sondaggi della stampa romana. C’è gente che comincia ereticamente a chiedersi se sia proprio vero che, quando i Cardinali eleggono il Sommo Pontefice, siano veramente assistiti dallo Spirito Santo, o se non siano piuttosto condizionati da certe logiche “di corrente” o “di cordata”. Certo, l’elezione di questo Papa è avvenuta in un momento del tutto particolare, con un Papa regnante che – per la prima volta nella storia – aveva abdicato. E non voglio aggiungere altro.
In ogni caso, sarebbe bello ripetere il referendum del 1870. Non su Porta Pia, naturalmente, ma sull’immigrazione. Papa Bergoglio potrebbe fare le veci di Pio IX, ed un Salvini – per esempio – potrebbe essere chiamato a difendere le ragioni dell’Italia laica. Sono pronto a scommettere che vincerebbe Salvini, e con una percentuale che umilierebbe Bergoglio.

REFERENDUM SULL’IMMIGRAZIONE? SALVINI BATTEREBBE BERGOGLIO

Le opinioni eretiche 
di Michele Rallo


Del 06 Ottobre 2017

Arriva il vecchio “guru” per sostenere il fronte globalista e libertario: la Bonino

In vista delle elezioni politiche, da vari ambienti nella scena politica italiana si affaccia l’ipotesi di una nuova lista guidata dalla coppia Pisapia-Bonino, con dietro Prodi e Letta come sponsor della formazione.”
Rimane il fatto che la Bonino si sta adoperando al massimo sul tema dell’immigrazione e dello “Jus soli” e sta scaldando i cuori di tanti che, in quello schieramento, non sembrano più avere altri punti in agenda. L’ultima ’iniziativa della Bonino, “Ero straniero”, punta a superare la legge Bossi-Fini e a favorire l’invasione con la scusa dei permessi lavorativi.
Per sapere chi è veramente ed a chi risponde la radicale ed ultra mondialista Emma Bonino, può essere utile leggere quanto scrive in proposito Paolo Borgognone:
.”…Il Partito Radicale è il megafono degli odierni processi di flessibilizzazione consumistica delle masse e di colonizzazione, anche per via militare, dei popoli e degli Stati a vario titolo resistenti. Emma Bonino è una sorta di sacerdotessa del culto della liberalizzazione (dei costumi, dell’economia, delle frontiere etiche, nazionali, politiche). Il defunto Marco Pannella è stato il guru del politically correct declinato in versione populistica, demagogica, caciarona, spettacolarizzata oltre ogni limite e “arzigogolata” fino al ridicolo parossismo. In un libro dal titolo Verità e relativismo, Costanzo Preve aveva a riguardo criticato, giustamente secondo l’opinione di chi scrive, «una sinistra ormai del tutto privata di una visione sociale e politica alternativa al sistema». Una sinistra che, travisando il progresso capitalistico della Storia in chiave prettamente emancipazionista, «deve trovare la sua unica ragion d’essere nel cosiddetto “libertarismo dei costumi”, nelle quote rosa per le donne in carriera, nell’inseguimento grottesco del duo musicale relativistico Pannella-Bonino, eccetera». (……………)
Il Partito Radicale è stato ed è l’attore politico privilegiato per coloro i quali, disgraziatamente, da sinistra, auspicano e intendono il socialismo come approdo cosmopolitico finale di una società consumistica, di spettacolo e di dissoluzione compulsiva di ogni legame tradizionale. Il materialismo pratico, anarchicheggiante e ultracapitalistico, è la filosofia di riferimento dei radicali, laddove il materialismo dialettico, censorio e hobbesiano, fu la filosofia di riferimento dei comunisti staliniani dopo il 1931. Il chiliasmo messianico comunistico dei radicali è stato, da chi scrive, sottolineato ne “L’immagine sinistra della globalizzazione. Critica del radicalismo liberale “(p. 779):
Importante sottolineare come i radicali, per dichiarazione stessa di Pannella, rivendicassero, apertamente, la propria internità alla storia del comunismo intesa come soteriologia deterministica, apocalittica e tesa alla unificazione totalizzante della storia e delle comunità storiche, popolari e nazionali, nell’ambito di un monoclassismo cosmopolitico assoluto, ossia slegato da riferimenti e legami identitari collettivi tradizionali (Stato, religione, nazione, famiglia, genere sessuale). In questo senso, esattamente come Karl Marx, Fausto Bertinotti, Toni Negri, Slavoj Zizek, le Pussy Riot e tutta l’odierna masnada comunistica postmoderna, Pannella pensava realmente che il capitalismo e la globalizzazione fossero positivi fattori di totalizzazione di numerose determinazioni (storiche, politiche, sociali, economiche, culturali, religiose) che avrebbero in futuro inverato il comunismo (mentre invece, contrariamente a quel che sosteneva Marx, il capitalismo non produce alcunché, tantomeno il comunismo, al massimo implode). (……………………)
La postsocietà, o società postmoderna, o società liquida, culturalmente senza classi sociali e orientata all’antropologia del desiderio capitalistico illimitato, idealizzata e auspicata da Puig Antich nel 1974, è l’involucro politico (e il modello antropologico) da esportazione prediletto dagli strateghi dell’attuale «internazionale democratica» per il cambio di regime, in chiave liberale, liberista, libertaria e, naturalmente, filoccidentale, nei Paesi (Russia, Cina, Iran, Siria, ecc.) in qualche modo resistenti ai processi di colonizzazione cosmopolitica promossi dai teorici della “fine capitalistica” e “progressista” della Storia.
I liberali, sia manifesti (à la Pannella), sia camuffati da comunisti estremisti (à la Puig Antich, Bertinotti o Toni Negri) perseguono lo stesso orizzonte di rimodellamento cosmopolitico e neoliberale della (da loro auspicata) “società globale”. Un rimodellamento conformistico condotto attraverso la “sollevazione culturale antiautoritaria ma ultracapitalistica” di indistinte “moltitudini comunistiche biopolitiche globalizzate”.
Bonino e migranti
Nessuna meraviglia quindi che il fronte mondialista e radicale trovi nella Bonino il proprio leader d’immagine per portare avanti in forma decisa e senza soste il programma di sostituzione etnica della popolazione favorendo l’arrivo di masse di migranti e di conseguenza l’omologazione del paese a quanto disposto dai grandi organismi sovranazionali.
Sarà questa nuova formazione della sinistra mondialista a sospingere e favorire quel “rimodellamento cosmopolitico” e neoliberale della società italiana per renderlo più conforme a quello che i mondialisti auspicano come l’avvento della “società globale” conforme alle centrali di potere sovranazionale?
Una prospettiva che rende impossibile, per coloro che ancora si ritengono identitari e sovranisti, non scendere in strada ed organizzare una qualsiasi forma di resistenza prima che non sia troppo tardi.

Anche la Bindi fa lo sciopero della fame: "Ius soli giusto, va approvato"

Dopo Delrio, anche la Bindi in campo per la cittadinanza facile agli immigrati: "È una legge giusta e va approvata adesso". Oltre 90 i parlamentari in sciopero della fame

"Aderisco allo sciopero della fame per lo ius soli". Dopo il ministro Graziano Delrio, anche Rosy Bindi si accoda ai sinistri che non mangiano per garantire la cittadinanza facile ai figli degli immigrati nati in Italia.
"È una legge giusta e va approvata adesso", chiosa il presidente della commssione Antimafia. Sono almeno novanta i parlamentari che hanno aderito all'iniziativa messa in campo dal senatore Pd, Luigi Manconi, che ha iniziato uno sciopero della fame (a staffetta) per sostenere l'approvazione della legge sullo ius soli.
La norma è bloccata in Senato da due anni. Non solo. A causa della mole di emendamenti presentati, è approdata in Aula senza che la commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama abbia potuto concludere i lavori. Chi è intenzionato a non demordere è il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio"Io aderisco all'iniziativa rispondendo da cittadino all'appello di un gruppo di insegnanti - ha detto, ieri, a Porta a Porta - si sono lanciati allarmi, si è fatta confusione io credo che ci sia bisogno di una riflessione pacifica che inviti ad una ulteriore riflessione ed il digiuno è una cosa mite". Poi una puntualizzazione: "Il parlamentare risponde alla nazione, non alla disciplina di partito. Sui diritti civili non ci si astiene". Delrio ha spiegato che "non bisogna avere paura dei bambini. Bisogna aiutare l'integrazione. Questo voto è di coscienza individuale dei parlamentari. Non so se ci sarà la maggioranza o meno. Se non ce la facciamo, amen. Ma mi interessa fare un dibattito ragionato, tranquillo, ragionevole. Dimostriamo di essere un grande Paese".
Intanto la mobilitazione cresce. La Bindi ha già dato il proprio appoggio all'iniziativa, mentreLaura Boldrini non esclude di farlo a breve. "Io non ho pensato di fare lo sciopero della fame - ha detto il presidente della Camera - ma ci penso. Non lo ho ancora deciso". Al digiuno di protesta hanno aderito anche il viceministro alle Politiche agricole, senatore Andrea Olivero, e i parlamentari Elena Ferrara, Paolo Corsini, Vannino Chiti, Lucio Romano, Sergio Lo Giudice, Walter Tocci, Franco Monaco, Sandra Zampa, Michele Piras, Loredana De Petris. "Ministri e sottosegretari che fanno lo sciopero della fame su ius soli non possono cavarsela con belle parole - scrive su Twitter Arturo Scotto, deputato di Mdp - mettano la fiducia o si dimettano".

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