ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 5 ottobre 2017

Poche parole, ma importanti

Cosa insegna la preghiera che l’Angelo insegnò ai pastorelli di Fatima?


Si avvicina il 13 ottobre, Centenario dell’ultima apparizione della Madonna a Fatima.
Offriamo una breve riflessione su una preghiera insegnata ai pastorelli dall’Angelo, apparso loro qualche tempo prima della Madonna.
Mio Dio! Io credo, adoro, spero e Vi amo; Vi chiedo perdono per quelli che non credono, non adorano, non sperano e non Vi amano”.
È fatta di poche parole, ma importanti, che, se meditate, lasciano un segno.
Riflettiamoci.

Recitandola noi dichiariamo a Dio di credere in Lui, di adorarLo, di sperare in Lui e di amarLo: stiamo quindi affermando di fare tutto quello che un cattolico deve.
Noi, infatti, dobbiamo credere! Non è una facoltà, una scelta.
Se crediamo, infatti, crediamo anche nella vita eterna. Se crediamo nella vita eterna, crediamo anche nel Paradiso e nell’Inferno. Quindi, se crediamo, vogliamo stare vicino a Dio nell’eternità e quindi salvare la nostra anima. Per questo diciamo che dobbiamo credere. Se non si crede, non ci si salva (Mc 16, 16).
Certo, il Signore ci ha lasciati liberi di compiere le nostre scelte, ma l’uomo è, sì, libero, ma questo non vuol dire che gli è lecito “usare” la sua libertà per rinnegare Dio, per dimenticarLo. Poter fare una cosa non significa necessariamente che quella cosa sia lecita. L’uomo è stato creato per cercare Dio, «per conoscerLo, amarLo e servirLo in questa vita» (Catechismo di San Pio X, Can. 13).
Si è quindi liberi materialmente di non credere, ma non lo si è moralmente.
Per amare Dio si deve prima credere in Lui. E credere in Dio significa avere fede.
La fede è «la prima virtù cristiana, è il fondamento passivo di tutte le altre (senza di essa non ne può esistere alcuna» (Teologia della perfezione cristiana, A. Royo Marin), così come la carità rende perfette le altre virtù.
«La Fede figura come l’obbligo fondamentale che gli uomini devono soddisfare per essere salvati» ed «…agli occhi di Cristo il peccato per eccellenza è la ripulsa volontaria della Fede (Gv 16, 9)» (Enciclopedia Cattolica, voce Fede).
La fede, insomma, non è un optional.
Urge, qui, una specificazione.
Chi non crede non è solo colui che rifiuta Dio in modo consapevole, ma anche quelli che «non si danno da fare per scuotersi di dosso il torpore del relativismo … che vivono senza Dio perché in fondo tutti fanno così, tutti vivono così» (Fatima. Un appello al cuore della Chiesa, P. S. Lanzetta, CME, p. 117). Sono anche quelli che, pur dicendo di essere cattolici, non conducono poi una vita aderente ai dettami del Cattolicesimo, non riconoscono delle verità (“sono cattolico, ma perché devo impedire a qualcuno di divorziare?” o “di abortire?” ecc…).
Come la Chiesa ha sempre ammonito, è sufficiente non credere ad una sola verità di Fede per non essere cattolici.
Certo, soprattutto al giorno d’oggi, è molto più facile e comodo non pensare a Dio, addirittura negarLo, adeguarsi alle mode. Comodo e facile, sì. Se non si pensa a Nostro Signore, se Lo si nega, non si hanno vincoli, limiti, si può fare tutto quel che ci viene in mente.
La vera libertà, però, non è quella del poter fare tutto quel che si può. La vera libertà è amare Dio.
Se si crede, tutto il resto vien da sé, come normale conseguenza.
Se infatti crediamo in Dio «Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili», ci viene spontaneo amare ed adorare il nostro Creatore, Colui che per amore ci ha dato la vita.
L’adorazione «è un atto esterno della virtù della religione con cui testimoniamo l’onore e la riverenza che merita l’eccellenza divina»; non è solo «rendere culto», ma anche «amare teneramente e con grande trasporto» (Treccani online). È quel che un figlio riconoscente fa con il Padre buono, è la giusta relazione con Chi non solo sa amarci, ma è Amore.
Conseguenza è anche la speranza, virtù teologale strettamente connessa alla fede, «con cui confidiamo con certezza di ottenere la vita eterna e i mezzi necessari per giungervi con l’aiuto di Dio» (Teologia della perfezione cristiana, A. Royo Marin).
Il Cristianesimo è una religione che dà speranza all’uomo, anche nell’accezione puramente umana.
Se Dio non esiste, la vita rischia di diventare qualcosa di insensato (senza senso), in cui si nasce e si muore senza un fine ultimo, senza una mèta finale. Motivo per cui anche la sofferenza e il dolore diventano incomprensibili e potrebbero portare alla disperazione.
Nel momento in cui, invece, sappiamo che Dio esiste, è Bontà infinita e ci ha preparato il Paradiso come mèta a cui puntare, la vita terrena acquista di senso. Il senso del cammino verso l’eterna visione beatifica di Dio.
Quanta speranza porta dunque all’uomo la fede. Confidiamo nell’aiuto di Dio, e della Vergine, per la vita eterna e speriamo fiduciosi anche per la nostra vita terrena.
La Madonna disse ai pastorelli «non offendano più Dio nostro Signore, che è già tanto offeso» (13 ottobre 1917) e chiese, a loro, ma anche tutti noi, di offrirsi «in riparazione dei peccati con cui è offeso e come supplica per la conversione dei peccatori» (13 maggio 1917).
La preghiera insegnata dall’Angelo è sulla stessa lunghezza d’onda, e non potrebbe essere diversamente.
Ci insegna, infatti, che dobbiamo chiedere perdono a Dio per tutti coloro che non credono, non adorano, non sperano e non Lo amano.
La prima offesa che Dio subisce è, infatti, proprio quella del non riconoscerLo, del non credere in Lui, che ha come conseguenza che non lo si adora, non si spera e non Lo si ama.
L’Angelo ci anticipa quel che l’Immacolata disse a Fatima: abbiamo l’obbligo di riparare, con la preghiera con i sacrifici con tutto ciò che ci è possibile, le offese subite da Colui che meriterebbe solo amore e riconoscenza.
E questo obbligo non è solo “a nostro vantaggio” ma per tutta l’umanità.
Allora ripetiamo ogni giorno, anche alla fine di ogni decina del Rosario, insieme all’altra preghiera insegnata da Maria a Fatima, “Mio Dio! Io credo, adoro, spero e Vi amo; Vi chiedo perdono per quelli che non credono, non adorano, non sperano e non Vi amano”.
Dio è Verità, Bontà e bellezza

di Pierfrancesco Nardini

Il Cammino dei Tre Sentieri
 

Dite alle suore che debbono distogliere i bambini, prima e dopo la Comunione, dal tenere le mani giunte.
Prima leggete queste parole:
“Dite alle suore che debbono DISTOGLIERE I BAMBINI PRIMA E DOPO LA COMUNIONE DAL TENERE LE MANI GIUNTE. Dite loro che Dio li ama così come sono e desidera che si sentano del tutto a loro agio.  ELIMINATE IN CHIESA LO STARE IN GINOCCHIO e ogni genuflessione. RIMUOVETE GLI INGINOCCHIATOI”
chierichetti 2
Poi, seguite questo brevissimo video:
Se non credete ai vostri occhi cliccate nuovamente “play” e riguardatelo quante volte volete. Pensate anche al piccolo grande choc di quel povero bambino, emozionatissimo, cui un adulto, un anziano, fa un rimproverò: lo ricorderà a vita.
Andiamo avanti. Allora inizialmente è stata proposta una frase. L’avete letta, si? Bene, ora cominciate a capire. Ma per essere più espliciti bisogna dire da dove viene quella frase (che nel video viene messa in pratica) . Quella affermazione fa parte di precise indicazioni diramate negli anni Sessanta (e poi rivedute ed aggiornate negli anni 80 e 90). Che indicazioni? Scritte da chi? E rivolte a chi? E con quale autorità?
Forse siete troppo curiosi o, piu semplicemente, vorreste capire. Ed è giusto. Ed allora non vi resta che cliccare QUI e leggere tutto.
altar boy
Dopo, quando e se vi siete ripresi, potete tornare qui. E commentare. I commenti sono liberi, gratuiti e graditi. E senza filtri.

altar boy 2
Dite alle suore che debbono distogliere i bambini prima e dopo la Comunione dal TENERE LE MANI GIUNTE
https://linformatoreweb.wordpress.com/2017/10/05/dite-alle-suore-che-debbono-distogliere-i-bambini-prima-e-dopo-la-comunione-dal-tenere-le-mani-giunte/

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