ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 16 dicembre 2017

Code di Paglia

Decisiva la linea fluida di Bergoglio: niente trincee

Il catechismo sul fine vita non muta ma l'adesione ai principi appare molto meno dogmatica

Roma - Da Ratzinger a Bergoglio lo sguardo della Chiesa sul fine vita è cambiato ed è divenuto più conciliante.
E forse ieri in Senato le cose sarebbero andate in modo diverso senza il discorso che Papa Francesco un mese fa ha rivolto a monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita. Un intervento che, certamente, aveva confermato il Catechismo della Chiesa Cattolica sulle fasi terminali dell'esistenza e la sofferenza che le accompagna ma allo stesso tempo ne aveva rinnovato l'esegesi. Papa Bergoglio aveva ribadito che con la rinuncia all'accanimento terapeutico non si vuole «procurare la morte» bensì «si accetta di non poterla impedire». Ma il Pontefice aveva pure osservato come oggi sia «possibile protrarre la vita in condizioni che in passato non si potevano neanche immaginare» rilevando che «gli interventi sul corpo umano diventano sempre più efficaci, ma non sempre sono risolutivi: possono sostenere funzioni biologiche divenute insufficienti, o addirittura sostituirle, ma questo non equivale a promuovere la salute», invitando «a non insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo, ma talora non giovano al bene integrale della persona».

La dottrina non cambia ma con Bergoglio sembra sia possibile leggerla in modo più conciliante rispetto alla rigida adesione di Benedetto XVI. Papa Ratzinger nel 2009 (proprio nei giorni dell'infuocato dibattito su Eluana Englaro, la ragazza in coma vegetativo da 17 anni per la quale la famiglia chiese ed ottenne l'interruzione dell'alimentazione artificiale) aveva ammonito i fedeli affermando che «la risposta alla sofferenza non può mai essere la morte».
In molti si sono affannati a dichiarare che alle parole di Bergoglio era stato attribuito un significato più ampio di quello che intendeva dare il Santo Padre. Ma è pure vero che proprio con l' approvazione del Biotestamento emergono due visioni all'interno della Chiesa. Non contrapposte ma neppure sovrapponibili. Una è quella di severa condanna della legge, espressa dalla Cei. Per don Massimo Angelelli, direttore dell'Ufficio nazionale per la pastorale della salute si tratta di una norma che «lascia perplessi su tanti punti» e nella quale «come chiesa cattolica non possiamo riconoscerci in nulla». Per Angelelli «è un errore considerare alimentazione e idratazione come terapia. Bere e mangiare sono diritti inalienabili».
Più cauta la posizione dell'Osservatore «Si tratta di una legge controversa, sulla quale molto si è dibattuto». scrive il quotidiano della Santa Sede, aggiungendo che il testo prevede «nel rispetto della Costituzione» che «nessun trattamento sanitario possa essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata».
Non una rottura ma un distacco che si riflette anche tra i movimenti di ispirazione cattolica che otto anni fa apparivano coesi e pronti alla protesta di piazza per la difesa della vita mentre ieri in piazza invece c'erano i radicali con l'Associazione Coscioni a festeggiare il passaggio della legge.
Molti fra i cattolici che ieri al Senato hanno votato a favore del Biotestamento avranno forse pensato anche all'appello di Michele Gesualdi, uomo convintamente cattolico ed ex allievo di don Lorenzo Milani. Inchiodato dalla Sclerosi laterale amiotrofica, nel marzo scorso Gesualdi lanciò un appello ai presidenti di Camera e Senato affinché approvassero al più presto la legge sul Biotestamento.

Breve commento alle Disposizioni Anticipate di Trattamento – di Alfonso Indelicato

di Alfonso Indelicato  (*)
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La legge sulle Disposizioni Anticipate di Trattamento è un passo che precede un altro passo, del resto già annunciato da quanti, seduti sulla piccionaia del Senato, fra il riso e il pianto come dice il poeta, hanno plaudito alle DAT. Il secondo passo è, naturalmente, una legge che istituisca l’eutanasia, la quale già oggi, grazie a questa nuova legge appena entrata in vigore, sembra divenutaci familiare, quindi quasi buona. Ma tante sono le cose che ci sembravano impossibili e ora ci sono diventate familiari, e tante altre che sembravano perenni si sono sciolte come nebbia al mattino.
Particolarmente interessanti alcuni articoli della legge. Se i genitori sono in disaccordo circa la  sorte del paziente minorenne, spetta al giudice decidere se interrompere o meno le cure. Sentendo prima il bambino qualora abbia più di dodici anni, tralasciando tale noioso incombente se più piccolo. Se il malato non è in grado di esprimere la propria volontà, decide ancora il giudice. Se le persone che il paziente ha indicato come fiduciari sono in disaccordo, ancora si bussa al Tribunale. Per chi è incapace di intendere e volere decide il tutore, ma se vi è disaccordo fra tutore e medico, è ancora il giudice ad avere l’ultima parola. Scorrendo questa parte del testo viene da pensare che quanti fecero a suo tempo la Rivoluzione Francese abbiano sbagliato qualcosa: ammazzarono il re e la regina (nonché qualche migliaio di aristocratici parigini e duecentomila contadini vandeani) per affermare la divisione dei poteri, e hanno partorito la monarchia assoluta dei giudici. I quali giudicano, legiferano a colpi di sentenze pilota, e infine governano quando si danno alla politica.
Tornando alla sospensione delle cure, si deve precisare che la legge intende per tali anche l’idratazione e la nutrizione artificiali, per cui basta chiudere il rubinetto delle flebo e il gioco è fatto, anche se il malato, a morire, ci impiegherà un po’. Forse era meglio il metodo dei Padri romani: un salto giù dalla Rupe Tarpea e il bambino malato si spiaccicava subito, senza inutili sofferenze.
Infine la Chiesa ha protestato, ma in ordine sparso, ed è stato un bisbiglio. Solo il Vescovo di Trieste ha parlato con voce forte e chiara. Del resto non è più tempo di valori “non negoziabili”: ci restano quelli negoziabili, e dobbiamo accontentarci. Ci penseranno gli islamici, fra qualche anno, a darci di nuovo delle certezze.
Del resto su tutti noi aleggia lo “spirito di Marco”, come ha detto Monsignor Paglia. Non si riferiva a Marco Evangelista, ma a Marco Pannella. Non aleggerà su tutte le acque del globo, ma su questa nostra povera Italia certamente sì.
(*) Consigliere comunale eletto a Saronno

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