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lunedì 8 gennaio 2018

Non c'é posto a Santamarta

NUOVI MARTIRI "DIMENTICATI"


Martiri "ignorati" dalla neochiesa: «Voglio solo un posto ai piedi di Gesù» oggi in molti lo hanno già dimenticato, Shahbaz Bhatti ministro pakistano e unico cattolico del governo, assassinato per mano dei fanatici islamisti
di Francesco Lamendola  


Oggi in molti lo hanno dimenticato. Eppure è passata solo una manciata di anni da quell’11 marzo del 2011 in cui Shahbaz Bhatti, quarantadue anni, ministro pakistano per le minoranze e unico cattolico a far parte del governo di Asif Ali Zardari, cadeva assassinato per mano dei fanatici islamisti, a Islamabad, per fargli pagare le sue coraggiose prese di posizione in favore dei cristiani perseguitati. Era consapevole dei rischi che correva; peraltro, il governo gli aveva negato la scorta, per cui girava da solo e anche quel giorno, mentre si recava dalla casa di sua madre alla sede del suo ministero, viaggiava a bordo di un’auto con il solo autista, senza alcuna protezione. Appena due mesi prima era stato assassinato il governatore del Punjab, Salmaan Taseer, per essersi opposto, proprio come Bhatti, all’introduzione della legge sulla blasfemia, che in pratica pone una spada di Damocle su tutti i non islamici del Paese, oltre che sugli islamici considerati “tiepidi” ed invisi ai fondamentalisti, e per aver difeso, come aveva fatto il ministro, la sfortunata Asia Bibi, la giovane donna condannata a morte, appunto per blasfemia, nel 2010, con l’accusa – assai dubbia - di aver offeso il profeta Maometto. Ricordiamo, fra parentesi, che il papa Francesco, che pure ha ricevuto un appello di Asia Bibi dal carcere, non ha mai voluto neppure nominarla nel corso di questi primi cinque anni del suo pontificato. Sebbene parli ogni giorno dei diritti dei migranti e sebbene abbia più volte negato l’esistenza di un terrorismo islamico (o, magari, appunto per questo), il papa non ha ritenuto di spendere nemmeno un grammo della sua vasta popolarità internazionale in favore di Asia Bibi.  

Bhatti non era un eroe, ma un uomo giusto e un cattolico coerente, che aveva messo in conto la possibilità, tutt’altro che remota, di dover affrontare la prova del martirio. “Martire” viene dal greco e significa ”testimoniane”, e lui era quel tipo di cristiano che vuol rendere testimonianza a Gesù, a qualsiasi costo, anche a costo della propria vita. Ci piace riportare una parte del testamento spirituale di Shahbaz Bhatti, che dovrebbe far riflettere noi, cattolici pigri e superficiali, abituati a vivere in tutta pace e nei più vergognosi compromessi con il mondo, senza mai esporci al benché minimo rischio per essere degni di quel Gesù, al quale diciamo di credere e del cui santo Nome ci gonfiamo la bocca, ogni volta che intendiamo rivendicare nuovi diritti e nuove libertà per questo e per quell’altro, a proposito e a sproposito, e ogni qual volta, al contrario, vogliamo chiudere la bocca ai nostri interlocutori, sebbene, di questi tempi, sia più facile sentir invocare il nome di “papa” Francesco che quello di Gesù Cristo, forse perché il primo evoca folle festanti e plaudenti, mentre il secondo ci ricorda una cosa che proprio non ci piace per nulla, la Croce, che pagheremmo chissà cosa per scansare, ogni volta che ce la vediamo venire incontro (cit. nel periodico del Movimento Mariano Regina dell’Amore, Schio, Vicenza, n. 282 del maggio/giugno 2017, p. 25):

Fin da bambino ero solito andare in chiesa e trovare profonda ispirazione negli Insegnamenti, nel Sacrificio e nella Crocifissione di Gesù. Fu l’Amore di Gesù che mi condusse ad offrire i miei servizi alla Chiesa. Le spaventose condizioni in cui versavano i Cristiani in Pakistan mi sconvolsero. Quando avevo soli 13 anni ascoltai un sermone sul Sacrificio  di Gesù per la nostra Redenzione e la Salvezza del mondo intero e pensai di corrispondere a quel suo Amore donando amore ai nostri fratelli, ponendomi al servizio dei Cristiani. Non voglio popolarità, non voglio potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei un  privilegiato qualora Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita. Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Quando rifletto sul fatto che Gesù ha sacrificato tutto, che Dio ha mandato il suo stesso Figlio per la nostra Redenzione, mi chiedo come non possa io seguire il cammino del Calvario.

Con una certa dose d'ingenuità, potremmo chiederci come facciano, i cardinali e i monsignori della  neochiesa, a non riflettere su una verità così ovvia, come quella espressa da Shahbaz Bhatti: che essere cristiani significa non già andare in cerca di onori e di potere, ma di un posto ai piedi di Gesù; più precisamente, di un posto ai piedi della croce di Gesù, e, se possibile, sulla croce di Gesù. Come facciano a non essere ancora stanchi e nauseati di ricevere sorrisi, applausi e riconoscimenti, laddove Gesù ha ricevuto oltraggi, sputi e percosse; come sia possibile che non li sfiori mai un dubbio che chi piace al mondo non può piacere a Dio, perché, per piacere a Dio, bisogna essere odiati dal mondo. Ma sarebbero, appunto, degli interrogativi ingenui. Perché la vanità e l'ambizione, senza alcun dubbio, esistono nella gerarchia cattolica, come del resto sono sempre esistiti, dato che la Chiesa militante è formata da uomini, cioè da peccatori, e non da soli Santi. Ma quel che domina, oggi, nelle file della neochiesa, e specialmente della gerarchia, non sono solamente i "normali" vizi e peccati umani, lussuria, orgoglio e avidità, ma qualcosa di ancor peggiore: un preciso disegno, scientificamente studiato e giunto ormai in fase avanzatissima, per distruggere metodicamente la Chiesa dal suo interno, per opera dei suoi stessi membri, di quei pastori che dovrebbero custodire il gregge loro affidato, guidarlo, istruirlo, confortarlo, e, per quanto possibile, allargarlo, annunciando il Vangelo a tutti gli uomini, in ogni pare del mondo; cioè il disegno della massoneria ecclesiastica, che esiste da moltissimi anni e che da circa mezzo secolo è riuscita ad inserirsi nei gangli vitali della più alta gerarchia. Pertanto, se un cardinale o un arcivescovo trova il coraggio di tradire Gesù Cristo per servire i disegni della Fratellanza, è superfluo domandarsi dove trovi il coraggio di lasciarsi dominare dalla vanità e dell'ambizione, invece di cercare un posticino ai piedi di Gesù: costui ha già venduto l'anima al diavolo ed è già, alla lettera, un'anima persa, e ci vorrebbe letteralmente un miracolo, cioè un intervento straordinario di Dio stresso, per spingerlo a pentirsi e a ravvedersi, e per indurlo a desistere dalla partecipazione a un così malvagio disegno. Cosa che, in ogni caso, non gli sarebbe facile, perché non si arriva così in alto, con la protezione della massoneria, senza essere poi legati mani e piedi a un obbligo di cieca obbedienza e di assoluta fedeltà. Si aggiunga che molti di costoro sono, senza dubbio, ricattabili, perché praticano vizi nascosti e vergognosi che l'associazione segreta di cui fanno parte incoraggia a coltivare e a soddisfare, salvo tenere aggiornati dei dossier su ciascuno di essi, in modo da tenerli in pugno con l'arma del ricatto. E infine si tenga contro del satanismo, diffuso ai vertici della massoneria, e quindi anche della massoneria ecclesiastica, che crea fra i suoi membri un ulteriore vincolo di solidarietà e complicità, indicibile e inimmaginabile, utile a tenerli legati fra di loro e tutti quanti rispetto al vertice, come dei miseri strumenti del potere diabolico, dopo essersi abbassati ad adorarlo e a servirlo, anche attraverso riti raccapriccianti e innominabili. Larga e comoda è la strada che conduce all'inferno, stretta e faticosa quella che porta verso Dio. I pastori infedeli sono anime disordinate e viziose, che hanno scelto la prima strada perché non hanno la fede, o l'hanno persa, e quindi non credono in Dio, ma solo nel denaro, nel potere e nei piaceri carnali.

Una lezione per la neochiesa: un Paglia, un Galantino non esprimeranno mai concetti come questo: "Voglio solo un posto ai piedi di Gesù"; né, tanto meno, un Bergoglio


Lasciamoli in balia dei gorghi ribollenti delle loro passioni perverse e dei loro istinti vergognosi, legati al carro della loro smania di potere e di riconoscimenti, come il mulo da macina è legato alla stanga per far girare perennemente la ruota del mulino; non soffermiamoci a considerare la loro abietta e ributtante condizione di anime depravate e votate al diavolo, pronte a compiere qualsiasi scelleratezza: ci basti aver sollevato un po’ il coperchio del loro infernale calderone, tanto per capire quanto sia ingenuo chiedersi come possano non provare alcun rimorso di coscienza allorché, con affermazioni scandalose, eretiche e blasfeme, abusando del loro abito sacerdotale e della loro autorità e notorietà, sono di gravissimo scandalo alle anime dei credenti, nelle quali insinuano dubbi tormentosi in materia di fede.  

«Voglio solo un posto ai piedi di Gesù»

di Francesco Lamendola

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