03_Fatima, padre Pio, la sofferenza vicaria e le anime-vittima: un rimedio in tempo di apostasia – terza parte
Maria è l’unica sorgente che ha fatto sgorgare padre Pio e Fatima. Sua è la mano che descrive le meraviglie di Fatima come le meraviglie di padre Pio: due momenti di un’unica azione soprannaturale gestita da Maria, che ha il fine di stabilire il Trionfo del suo Cuore Immacolato, perché si realizzi il Regno di Cristo. E’ il fine per cui lavorò padre Pio, gloria vivente di Maria, in riparazione degli eventi futuri.
Nel panorama della folta schiera di “anime vittime” provvidenzialmente operanti e sofferenti nel secolo scorso e in quello presente, l’attenzione si posa volentieri su san Pio da Pietrelcina, colui che potrebbe essere definito il “corifeo” di queste anime generose, colui che ha vissuto il mistero di questa sofferenza vicaria anche con una visibilità straordinaria, avendo portato impressi nel suo corpo per 50 anni i segni sanguinanti della Passione del Cristo! La sua missione, la missione dello stigmatizzato del Gargano, era rinnovare e riattualizzare la passione di Nostro Signore Gesù Cristo. «Che sia Gesù venuto di nuovo su questa terra sotto la veste di frate?»[1], è quanto si domandava esterrefatta Cleonice Morcaldi, una delle più intime confidenti e figlie spirituali di Padre Pio da Pietrelcina dopo il loro primo incontro.
Tale era lo stupore di tutti quelli che accostavano quel misterioso frate. La domanda della Morcaldi riassume lo stato interiore, la sorpresa delle centinaia di migliaia di uomini e donne che hanno potuto avvicinare il Padre lungo l’arco della sua vita. Ma quella domanda ha anche il pregio di riassumere la questione sorgiva inerente alla persona, al mistero, alla vocazione di Padre Pio: quel frate era davvero un “alter Christus Crucifixus”e da questo fatto fondamentale si spiegano tutte le altre cose straordinarie che avvenivano in lui e attraverso di lui: prodigi, miracoli, profezie, locuzioni, bilocazioni, ecc. Un “altro Gesù”, insomma, riedizione attuale del Nazzareno, mandato sulla terra da Dio per salvare l’umanità camminante pericolosamente sull’orlo dell’abisso proprio in quel secolo che, di tutti, è stato certamente il peggiore e più disastroso. Chi ha visto padre Pio, in pratica ha visto Cristo redivivo e ha sperimentato la potenza vivificante dell’opera redentrice e salvatrice di Lui, Morto e Risorto.
L’impegnativa missione affidata dal Cielo al frate di Pietrelcina comportava sofferenze fisiche e spirituali inaudite. Egli, con il trascorrere del tempo, comprendeva sempre più a fondo il significato di quelle sofferenze che lo avevano segnato fin da piccolo. Le piaghe dell’anima gli procuravano dolori ancora più profondi delle ferite del corpo: “prima dei chiodi alle mani ed ai piedi, l’anima era già crocifissa”, ricordava a suoi direttori. La “croce” che, come un “cireneo”, portava per espiare le colpe del popolo di Dio, si componeva di dolore corporale con le malattie e le stimmate; ma concerneva anche una estenuante “flagellazione dell’anima” con le vessazioni diaboliche, le incomprensioni, le persecuzioni da lui tutte pazientemente sopportate ed offerte. I segni della passione, nel corpo del venerato Padre Pio riattualizzano, come in una sorta di sacro memoriale, le sofferenze e la morte redentrice del Salvatore. Non avvenimenti dovuti al caso o ad una serie di circostanze più o meno fortuite, esse sono al contrario il sigillo di tutta la missione di Cristo.
L’opera santificatrice e salvatrice del “cireneo del Gargano” si dispiega fondamentalmente nella duplice dimensione della Croce:
- quella verticale, nell’impegno di ascesi, di assimilazione a Cristo e di ricerca di Dio Padre, vissuta accettando le stimmate, la reclusione in convento e il peso del mistero sacerdotale;
- quella orizzontale, nell’impegno a salvare gli altri, a offrirsi vittima per i poveri peccatori, consapevole che la salvezza e la santificazione della anime sempre si paga e sempre si pagherà con la “moneta del dolore”: «senza spargimento di sangue non esiste perdono» (Eb 9, 22).
Il mistero della sofferenza nella vita di padre Pio va letto essenzialmente in prospettiva cristologica e soteriologica, in quell’orizzonte cioè che disvela un autentico valore nella sofferenza, in quanto carica della “capacità redentiva”; ma è Cristo Crocifisso e Risorto cha ha dato alla sofferenza umana questa potenzialità radicale, dandole altresì un senso, un volto, un significativo. Il patimento, dopo l’Incarnazione redentrice di Gesù Cristo, non sarà mai più segno dell’abbandono di Dio ma della partecipazione e comunione al grande mistero della redenzione da Lui attuata.
Il primo volume dell’Epistolario del Padre attesta con chiarezza questa sua vocazione alla sofferenza vicaria mentre egli andava progressivamente disponendosi all’accettazione del volere divino. In una lettera del 29 luglio 1910 si legge: «parmi di racconsolarmi ed incoraggiarmi a sempre più correre nella via della croce. Soffro è vero, ma intanto non mi dolgo perché Gesù così vuole»[2]. Degno di nota è anche uno scritto indirizzato al suo direttore spirituale, padre Agostino da San Marco in Lamis, in data 20 settembre 1912: «Egli (Cristo, ndr.) si sceglie delle anime e tra queste, contro ogni mio demerito, ha scelto anche la mia per essere aiutato nel grande negozio dell’umana salvezza. E quanto più queste anime soffrono senza verun conforto tanto più si alleggeriscono i dolori del buon Gesù»[3]. Nel testo citato, padre Pio parla di aiuto dato al Cristo “nel grande negozio dell’umana salvezza” e la sua partecipazione ai di Lui dolori. È, in effetti, la “testimonianza autoconfessata” della chiamata del Signore, a lui rivolta, alla sofferenza vicaria.
In un’altra lettera del 27 agosto del 1918 di padre Benedetto (a quel tempo direttore spirituale del giovane padre Pio) al sacerdote cappuccino si parla di una vera e propria “missione a corredimere”. Nel tentativo di offrire una spiegazione teologica della mistica grazia della “trasverberazione del cuore”[4] di cui padre Pio era da poco stato insignito, il padre Benedetto afferma: «Tutto quello che avviene in voi è effetto di amore, è prova, è vocazione a corredimere, e quindi è fonte di gloria (…). Il fatto della ferita compie la passione vostra come compì quella dell’amato sulla croce»[5]. L’autore della lettera, parlando di “vocazione a corredimere”, palesa il senso cristologico e soteriologico – a cui prima si accennava – delle esperienze dolorose vissute dal frate di Pietrelcina, di una vocazione a conformarsi in modo singolare al Cristo Crocifisso a beneficio dei fratelli; l’esperienza della trasverberazione assume, senz’altro, un valore prolettico in relazione a quanto si verificherà un mese dopo circa, quando la “conformità crocifissa” verrà suggellata dalle stimmate visibili alle mani, ai piedi ed al costato. Con la partecipazione dolorosa alla passione dell’Amato sulla croce, padre Pio per grazia divina si associava alla stessa missione del Redentore. Il “misterioso personaggio” della trasverberazione e della stigmatizzazione, di cui parla padre Pio nelle sue lettere, è lo stesso Cristo. E’ per l’appunto quest’ “Amante crocifisso” Colui che sceglie il giovane sacerdote come Sua vittima di amore e di dolore.
Questa immedesimazione al Cristo Crocifisso, così, ben più che semplice imitazione di Gesù, è piuttosto principio efficace di collaborazione attiva alla Redenzione, flusso vivo del Sangue di Cristo: «Padre Pio, dunque, come primo sacerdote stimmatizzato che la storia della Chiesa registri, è stato chiamato a cooperare con Cristo alla redenzione del genere umano, contribuendo, con la sua vita e con lo svolgimento del suo ministero sacerdotale, ad applicare alle anime i meriti della vita, passione, morte e risurrezione di Cristo»[6].
E giungiamo, finalmente, al culmine della trattazione, laddove è svelato un ulteriore prodigio nella già prodigiosa e meravigliosa vocazione di padre Pio. Ce ne parla Antonio Socci nel suo libro menzionato a più riprese, a cui lascio la parola per queste battute finali. Un fatto sorprendente che si pone come vertice e compimento della vocazione oblativa del santo cappuccino. Sarà Mons. Piero Galeone a svelare quello che sembra uno dei più grandi misteri mai registrati dall’agiografia cristiana, che sortisce effetti meravigliosi in questi ultimi tempi e di cui la nostra generazione è testimone: «Padre Pio non si è limitato a lasciarci il suo sconvolgente esempio, la sua missione non è finita il giorno della sua nascita al cielo, il 23 Settembre 1968. Monsignor Pietro Galeone (…) ha rivelato un segreto che lascia senza parole: “PADRE PIO MI RIVELÒ DI AVER CHIESTO A GESÙ E DI AVER OTTENUTO NON SOLO DI ESSERE VITTIMA PERFETTA, MA ANCHE VITTIMA PERENNE, CIOÈ DI CONTINUARE A RIMANERE VITTIMA NEI SUOI FIGLI, ALLO SCOPO DI PROLUNGARE LA SUA MISSIONE DI CORREDENTORE CON CRISTO SINO ALLA FINE DEL MONDO. Egli mi ha detto e confermato di aver avuto dal Signore la missione di essere vittima e padre di vittime sino all’ultimo giorno (…)”»[7]. Le conseguenze di una simile rivelazione non possono che essere grandiose. Si è letto qualcosa che suona come la garanzia che, in qualche modo, ci sarà fino alla fine del mondo qualche vittima, qualcuno che si immolerà per riparare, per scongiurare, per impetrare; ci sarà sempre qualche parafulmine interposto da Dio tra l’umanità peccatrice e la Giustizia divina…
Ma è tempo di concludere. E desidero farlo con un piccolo omaggio al grande Papa San Pio X ricordando quanto abbia inciso, nella vita e nella spiritualità di Padre Pio, la figura di questo santo Papa di cui il frate del Gargano diceva non essere salito mai uno più grande sul trono di Pietro e con cui ebbe profondi legami di ordine spirituale. Ebbene, Papa Pio X fu in certo modo matrice ed ispiratore della peculiare vocazione di “corredentore” di padre Pio essendo innanzitutto lui una di quelle anime vittime di cui si è parlato. Ci fa sapere A. Socci che Papa Sarto «nel 1910, meditava su ciò che chiedeva a sé stesso e ad altre anime: “E’ ardua la vocazione di vittima, poiché il luogo della vittima è sul Calvario con Gesù e non nelle dolcezze dell’amore”.
Il legame (finora sottovalutato) del padre con quel papa è rivelato anche da un episodio “strano” e testimoniato da don Orione, che accadrà negli anni Venti o Trenta. Il fondatore della “Piccola Opera della Provvidenza”, oggi santo, riferì a papa Pio XI di aver visto Padre Pio genuflesso nelle grotte vaticane davanti alla tomba di Pio X, ancora non salito alle glorie degli altari. “Se me lo dite voi ci credo” rispose Pio XI davanti al quale don Orione aveva anche difeso padre Pio dalle tante calunnie propalate sul suo conto. L’episodio finora è stato citato solo come esempio delle famose bilocazioni di padre Pio (che ovviamente si trovava a San Giovanni Rotondo e contemporaneamente «viaggiava» nelle grotte vaticane). Ma appare ancora più rivelatore in rapporto alla devozione del frate per quel pontefice santo. Papa Pio X peraltro era considerato da padre Pio come una grande figura profetica per i tempi che si preparavano. È infatti il papa che condannò formalmente la dilagante eresia modernista che oggi più che mai insidia la Chiesa con due memorabili pronunciamenti[8].
Prevedendo che il dramma della Chiesa dei tempi futuri sarebbe stato innanzitutto la crisi del sacerdozio, il papa delinea un profilo del ministro di Dio che sembra la perfetta descrizione di quello che sarà padre Pio: “Se al sacerdote manca la scienza di Cristo che si riassume nella santità della vita e nella illibatezza dei costumi, gli manca tutto. La stessa dottrina, la stessa destrezza di azione, sebbene possano recare vantaggio alla Chiesa o ad altri, non di rado sono al sacerdote di lacrimevole nocumento. Chi, invece, è ricco di santità, può – benché l’ultimo – operare cose meravigliose a salute del popolo di Dio, come fanno fede moltissime testimonianze di ogni età (…). Solamente la santità rende il sacerdote quale egli deve essere secondo la sua vocazione divina: “Uomo crocifìsso al mondo”, vivente nella novità di una vita protesa alle cose celesti per condurre alle medesime il popolo cristiano”[9].
Se Pio X, che morirà proprio offrendosi vittima, allo scoppio della Grande guerra, esorta i sacerdoti a “offrirsi vittime” e definisce questo addirittura come “grande ufficio della pietà cristiana”, vuol significare che — lungi dall’essere un’ascesi intimistica — proprio questo sacrificio di sé, assimilando a Cristo, permette al Signore di operare più efficacemente sulla terra. Ben più di quanto ottengono tutte le azioni umane e i progetti e le iniziative (…). Questa “arma”, apparentemente povera e insignificante, l’arma del proprio corpo e del proprio cuore, l’arma dei poveri, dei piccoli e dei semplici, è – secondo l’insegnamento tradizionale della Chiesa – quella in cui più si manifesta la potenza di Dio, specialmente nel tempo della grande prova e della grande apostasia».[10]
E’ l’offerta compiuta da Padre Pio e dai Pastorelli di Fatima, sulla scorta del messaggio della Bianca Signora. È ancora il messaggio che si prolunga e che arriva, oggi, alle anime generose che vogliano assumersi il compito di fare da parafulmini della divina giustizia. C’è dunque una speranza. Alla fine il Bene dovrà trionfare.
Note:
[1] Beatificationis et canonizationis Servi Dei Pii a Pietrelcina. Positio super virtutibus, vol. IV, p. 177 (Diario).
[2] Padre Pio, Epistolario I. Corrispondenza con i direttori spirituali (1910–1922), (abbr. Epist. I), a cura di Melchiorre da Pobladura e Alessandro da Ripabottoni, 3a ed., San Giovanni Rotondo 1995, p. 193.
[3] Epist. I, 304.
[4] La trasverberazione è uno dei fenomeni della mistica cristiana che consiste nella trafittura fisica del cuore. Il termine latino “transverberare” significa “trafiggere, trapassare da parte a parte” con un pugnale o una spada. Tale grazia mistica si verifica di solito in un’anima già pervenuta ai gradi più elevati della vita spirituale. La trasverberazione e le stigmate sono i segni visibili della crocifissione di Gesù Cristo condivisa in una creatura: mani e piedi confitti dai chiodi (stigmatizzazione) e il cuore trafitto dalla lancia (trasverberazione). Tali fenomeni sono, in sostanza, la rievocazione e al riattualizzazione dei segni della di Lui Passione. Nell’agiografia cristiana vi sono numerosi casi accertati, (circa quattrocento) di trasverberazione, spesso associata al fenomeno dell’impressione delle stigmate. Alcuni santi favoriti da tale grazia furono: San Francesco d’Assisi (1248-1309), Sant’Angela da Foligno (1248-1309), Santa Caterina da Siena (1347-1380), Santa Rita da Cascia (1380-1457), Santa Caterina da Genova (1447-1510), Santa Teresa d’Avila (1515-1582), Santa Maria Maddalena de Pazzi (1566-1607), Santa Margherita Maria Alacoque, (1647-1690), Santa Veronica Giuliani (1660-1727), San Paolo della Croce, (1694-1775), Santa Gemma Galgani (1878-1903), San Pio da Pietrelcina (1887-1968). Quest’ultimo sperimentò questa grazia mistica il 5 agosto 1918: cf P. A. Orlandi, I fenomeni fisici del misticismo, Gribaudi, Milano 1996; cf anche Padre A. R. Marin, Teologia della Perfezione cristiana, Edizioni Paoline, Roma 1961, pp. 879-881.
[5] Epist. I, 1068–1069.
[6] Suor M. I. Savanelli, L’Immacolata e la missione di Padre Pio, in Il Settimanale di Padre Pio (n. 49) 17 dicembre 2017.
[7] A. Socci, Il Segreto di Padre Pio, Rizzoli, Milano 2007, pp. 219-220.
[8] Soprattutto l’enciclica Pascendi del 1907 e il decreto Lamentabili.
[9] San Pio X, Haerent animo. Esortazione al clero cattolico, 1908
[10] A. Socci, Il Segreto di Padre Pio, pp. 58-61.
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