DISPACCI (DISPERATI) DALLA CINA. SIGLATO L’ACCORDO. NON PUÒ ESSERE VERO. UNA BURLA? O SONO DIVENTATI MATTI?
Cari lettori di Stilum Curiae, è evidente che tutto quello che seguirà queste poche righe di introduzione ai Dispacci del M° Aurelio Porfiri non può essere vero. Non può essere vero, deve trattarsi di uno scherzo grossolano, il fatto che il Pontefice demandi ad altri la scelta più importante fra le tante che fa, e cioè quella dei successori degli Apostoli, per prendersi cura del gregge a lui affidato da Cristo. Non può essere vero che il suo ruolo sia limitato a dire “no, non mi piace” questo vescovo. Non può essere vero che la Santa Sede, in un Paese oppresso da una dittatura sanguinaria e disumana, che manda milioni di persone nei campi di concentramento, affidi la scelta dei vescovi al “popolo”, e all’Associazione Patriottica, vale a dire all’emanazione religiosa del Partito Comunista. Non può essere vero, sarebbe come se Pio XI e Pio XII avessero affidato alla Germania Nazista il compito di scegliere e proporre candidati all’episcopato. Non può essere vero che i media pagati dal Vaticano, o contigui al Vaticano, esaltino questo aborto come una mossa positiva e che sanerà i problemi della Chiesa in Cina. E che creerà un precedente clamoroso per ogni futuro governo dittatoriale che voglia imporre suoi vescovi alla Chiesa. Deve trattarsi di una burla colossale. Di cattivo gusto, per di più. Smettiamola di scherzare, per favore.
Comunque torniamo ai Dispacci.
Comunicato Stampa Santa Sede
“Nel quadro dei contatti tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese, che sono in corso da tempo per trattare questioni ecclesiali di comune interesse e per promuovere ulteriori rapporti di intesa, oggi, 22 settembre 2018, si è svolta a Pechino una riunione tra Mons. Antoine Camilleri, Sotto-Segretario per i Rapporti della Santa Sede con gli Stati, e S.E. il Sig. Wang Chao, Viceministro degli Affari Esteri della Repubblica Popolare Cinese, rispettivamente Capi delle Delegazioni vaticana e cinese. Nel contesto di tale incontro, i due Rappresentanti hanno firmato un Accordo Provvisorio sulla nomina dei Vescovi.
Il suddetto Accordo Provvisorio, che è frutto di un graduale e reciproco avvicinamento, viene stipulato dopo un lungo percorso di ponderata trattativa e prevede valutazioni periodiche circa la sua attuazione. Esso tratta della nomina dei Vescovi, questione di grande rilievo per la vita della Chiesa, e crea le condizioni per una più ampia collaborazione a livello bilaterale.
È auspicio condiviso che tale intesa favorisca un fecondo e lungimirante percorso di dialogo istituzionale e contribuisca positivamente alla vita della Chiesa cattolica in Cina, al bene del Popolo cinese e alla pace nel mondo”.
Scisma?
In un articolo di Stefano Magni per “La Nuova Bussola Quotidiana” pubblicato prima della firma dell’accordo, vengono riportati stralci di una intervista al Cardinale Joseph Zen per l’agenzia Bloomberg. In essa il prelato cinese paventa il rischio di uno scisma: “L’oggetto della discussione è l’ultima voce sull’imminenza dell’accordo fra Santa Sede e Pechino, diffusa dal Wall Street Journal la settimana scorsa. Secondo queste indiscrezioni, i vescovi cinesi saranno nominati di comune accordo da Pechino e dalla Santa Sede. In pratica, se i dettagli sono veri, sarebbe la Conferenza Episcopale cinese a proporre il nome e il Papa avrebbe diritto di veto. Ma secondo il cardinal Zen “Non c’è alcuna vera Conferenza, è tutto finto, il regime mantiene il pieno controllo”. La Chiesa ufficiale cinese è controllata dalla Associazione Patriottica, emanazione diretta del Partito Comunista. Nella sua intervista a Bloomberg, il cardinal Zen mette in dubbio che si tratti di un compromesso costruttivo. “Dicono che il Santo Padre abbia sempre l’ultima parola. Quale ultima parola?” “Una volta che la Conferenza presenta il nome del vescovo al Papa, il Santo Padre cosa può fare? Porre il veto a tutti i nomi?””. Voce che grida…
Sant’Egidio sull’accordo
Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio e noto storico, ha pubblicato un articolo sul “Corriere della Sera” di cui vale la pena leggere alcuni passaggi: “La firma dell’accordo Santa Sede e Repubblica popolare cinese è ormai certo. Mons. Antoine Camilleri, sottosegretario vaticano per i rapporti con gli Stati, sottoscrive in questi giorni il primo testo in comune tra due «potenze» così asimmetriche, la Cina e la Santa Sede, le quali non hanno mai avuto rapporti ufficiali dal 1949, quando Mao Zedong proclamò la Repubblica Popolare. Nel 1951, l’internunzio vaticano a Pechino, Riberi, che non aveva avuto alcuna relazione con le nuove autorità comuniste, dovette lasciare il Paese e si recò a Hong Kong. Cominciò un lungo inverno tra Pechino e il Vaticano, considerato dai cinesi, nel clima della guerra fredda, una forza straniera, occidentale e imperialista”. Ma leggete questo altro passaggio: “Significativamente il testo firmato non sarà reso pubblico. L’accordo individua un meccanismo, considerato provvisorio e da rodare, per la nomina dei vescovi. È un fatto decisivo per la Chiesa, su cui si è trovato un compromesso: comunità cattoliche cinesi, governo e Santa Sede avranno, tutte e tre, un ruolo nel processo di scelta. Il papa conserva la possibilità di rifiutare la nomina. Sono meccanismi utilizzati in passato. I governi spagnoli e portoghesi, con il «patronato regio», sceglievano i vescovi dei loro domini, che poi il papa istituiva. Nella Cina del passato, molti affari religiosi erano gestiti dalla Francia. Anche la Spagna di Franco e alcuni Paesi latinoamericani sceglievano i vescovi. L’accordo non conclude un processo, ma apre una strada, che esigerà un costante rapporto negoziale tra Vaticano e Cina. A questo fine, una rappresentanza vaticana stabile a Pechino aiuterebbe i contatti e l’individuazione di candidati all’episcopato adatti, pastorali e accettati dalla Cina e dai cattolici cinesi. Resta il fatto storico che l’accordo di Pechino, nonostante le discussioni che susciterà, fa cadere uno degli ultimi muri della guerra fredda”. Ma il fatto che quei meccanismi di scelta dei vescovi fossero superati è proprio in quanto sfavorivano la scelta di buoni vescovi. E poi il testo rimane segreto? Quindi, per chi conosce il mondo cinese, gli si farà dire quello che chi comanda vuole. Con tutto il rispetto per lo studioso Andrea Riccardi, devo dire che un accordo di questo tipo introdurrà una ferita ancora più profonda. Basta osservare quello che presto accadrà.
I riti del mangiare
Chi va in Cina per un certo tempo, osserva come ai cinesi piace mangiare fuori. A Hong Kong ci sono una marea di ristoranti per tutte le tasche e tutti imgusti, sono ovunque. Se si visita Central, il quartiere degli affari, si notano tutti questi ragazzi in giacca e cravatta e queste donne vestite con una certa eleganza fare la fila per prendere un pasto in qualche ristorantino. Il cinese non ha problemi a sedersi in un tavolo di fronte ad un estraneo e mangiare qualcosa. Per me devo dire che all’inizio non era facile, non mi piaceva mangiare davanti ad un estraneo. Ora mi sono un poco abituato. Per loro il mangiare è comunque una funzione prettamente fisiologica, il grande scrittore Lin Yutang notava come i cinesi danno grande importanza all’intestino, piuttosto che al cuore. E in effetti se ne prendono cura, per esempio bevendo acqua calda o tiepida e non gelata, come siamo abituati noi.
Controllo assoluto
Il caro padre Sergio Ticozzi del PIME, che posso chiamare amico, ha rilasciato una coraggiosa intervista ad “AsiaNews”, anche questa prima dell’accordo. Ecco un estratto: “Tutti già sanno dell’esistenza di un testo che è oggetto di discussione negli incontri tra le delegazioni del Vaticano e del Governo cinese. Il suo contenuto non è ancora noto nei dettagli ma, a quanto è riferito dalle autorità ufficiali ecclesiastiche, tratta del modo di nominare i vescovi. Ma per questo le autorità cinesi richiedono la legittimazione dei sette vescovi illegittimi di cui tre scomunicati. Il Vaticano sembra molto desideroso di fare questo, con lo scopo di evitare la continuazione di ordinazioni episcopali illegittime e quindi il pericolo di uno scisma.
Il governo cinese approfitta di questo e dell’emotività di Papa Francesco, e sa che, se ora il Vaticano è pronto a riconoscere vescovi con amante e figli, obbedienti innanzitutto ad esso e pedine politiche fin dal seminario, in futuro non farà problemi ad accettare ogni candidato che le autorità cinesi proporranno e per le diocesi da loro fissate (la suddivisione delle diocesi è spesso un’istanza molto complessa e non sembra che i membri della delegazione vaticana sappiano tanto di geografia ecclesiastica cinese).
L’episcopato cinese e la Chiesa cattolica continueranno quindi ad essere sotto il loro controllo assoluto. Oltre alla nomina dei vescovi, ci sono poi altri problemi, come quelli dell’ufficializzazione dei vescovi clandestini (ce ne sono 35 di cui 19 attivi), la registrazione del clero clandestino, il ruolo dell’Associazione patriottica, ecc.: non so se e come vengono trattati nell’accordo o rimandati. Temo che l’ambiguità del Vaticano sui principi di autonomia e indipendenza della Chiesa cinese venga purtroppo mantenuta”. Altra voce che ha gridato nel deserto…
Parla George Weigel
In un articolo per il “National Review”, George Weigel, biografo di San Giovanni Paolo II e noto intellettuale cattolico, fa sentire la sua voce sul dialogo Cina-Vaticano e su un, al momento dell’articolo, possibile accordo. E come oramai moltissimi, suona l’allarme. Ecco un passaggio in una mia traduzione: “Come descritto nei comunicati stampa, questo accordo è una chiara violazione dell’attuale legislazione ecclesiastica. Il canone 377.5 del Codice di Diritto Canonico afferma chiaramente che “Per il futuro non verrà concesso alle autorità civili alcun diritto e privilegio di elezione, nomina, presentazione o designazione dei Vescovi” – una clausola inequivocabile che dà forma giuridica all’insegnamento del Concilio Vaticano II nel suo decreto sull’ufficio pastorale dei Vescovi nella Chiesa. Ancora peggio, la responsabilità per gli affari della Chiesa nella RPC è stata presa dallo stato cinese e consegnata a un ufficio del Partito comunista cinese – il che significa che il Vaticano sta proponendo di dare un diritto di “presentazione”. . . dei vescovi “ai burocrati comunisti, i cui interessi, si può tranquillamente ipotizzare, non sono quelli della Chiesa e della sua missione di evangelizzazione. Peggio ancora, in termini di erosione dell’autorità morale di un Vaticano che armeggia per la sua risposta agli abusi sessuali del clero e ai vescovi malfunzionanti, questo accordo arriva in un momento in cui il governo cinese sta scatenando la persecuzione dei gruppi religiosi in tutta la Cina, demolendo chiese cattoliche, spogliando altre di statue religiose, consegnando i capi delle chiese domestiche protestanti ai campi di lavoro forzato e conducendo ciò che alcuni considerano una campagna di genocidio contro i musulmani uiguri. La Cina intensifica la persecuzione religiosa e il Vaticano firma un accordo con la RPC? Per favore”. Questa domanda, tra clero e laici, se la fanno tutti. E se la faranno sempre di più dal 22 settembre.
Marco Tosatti
Cina – Vaticano: un accordo, tante domande
Un “accordo provvisorio sulla nomina dei vescovi, frutto di un graduale e reciproco avvicinamento” e “stipulato dopo un lungo percorso di ponderata trattativa”.
Così la Santa Sede definisce l’intesa raggiunta tra il Vaticano e il governo cinese, aggiungendo che l’accordo sarà oggetto di “valutazioni periodiche circa la sua attuazione”. Occupandosi della nomina dei vescovi, “questione di grande rilievo per la vita della Chiesa, l’accordo crea le condizioni per una più ampia collaborazione a livello bilaterale”.
Il testo, precisa il Vaticano, è stato firmato a Pechino da monsignor Antoine Camilleri, sottosegretario per i rapporti con gli Stati, e Wang Chao, viceministro degli Affari esteri della Repubblica popolare cinese. “Auspicio condiviso” è che “tale intesa favorisca un fecondo e lungimirante percorso di dialogo istituzionale e contribuisca positivamente alla vita della Chiesa cattolica in Cina e alla pace nel mondo”.
Da decenni la questione della nomina dei vescovi crea divisioni tra Pechino e Vaticano, ma determina anche una dolorosa spaccatura all’interno della Chiesa cinese, divisa tra “patriottica”, riconosciuta e pilotata dal governo, e “sotterranea”, non riconosciuta dallo Stato e come tale perseguitata, tanto da essere costretta alla clandestinità.
Come atto di buona volontà in occasione della firma dell’accordo, il papa “ha deciso di riammettere nella piena comunione ecclesiale i rimanenti vescovi ufficiali, ordinati senza mandato pontificio”. Si tratta dei vescovi Giuseppe Guo Jincai, Giuseppe Huang Bingzhang, Paolo Lei Shiyin, Giuseppe Liu Xinhong, Giuseppe Ma Yinglin, Giuseppe Yue Fusheng, Vincenzo Zhan Silu e Antonio Tu Shihua (quest’ultimo morto nel gennaio 2017 dopo aver espresso il desiderio di essere riconciliato con la Sede apostolica). Il Vaticano dunque ha accettato di riconoscere e consacrare sette “vescovi” illegittimi installati dall’Associazione patriottica cattolica controllata dai comunisti, vescovi che la Santa Sede aveva precedentemente respinto.
Inoltre il Vaticano avrebbe chiesto, come parte dell’accordo, che due vescovi della Chiesa sotterranea perseguitata si dimettano a favore dei “vescovi” della Chiesa patriottica.
Auspicio del papa è che “con le decisioni prese si possa avviare un nuovo percorso, che consenta di superare le ferite del passato realizzando la piena comunione di tutti i cattolici cinesi”.
Nello stesso tempo il papa ha costituito nella provincia cinese di Hebei la nuova diocesi di Chengde, suffraganea di Pechino, la prima da settant’anni.
“Non è la fine di un processo, è l’inizio”, dice il portavoce vaticano Greg Burke. “L’obiettivo dell’accordo non è politico, ma pastorale, permettendo ai fedeli di avere vescovi che sono in comunione con Roma, ma allo stesso tempo sono riconosciuti dalle autorità cinesi”.
Secondo il segretario di Stato della Santa Sede, cardinale Pietro Parolin, la firma dell’accordo “riveste una grande importanza, specialmente per la vita della Chiesa cattolica in Cina e per il dialogo tra la Santa Sede e le autorità civili di quel paese, ma anche per il consolidamento di un orizzonte internazionale di pace, in questo momento in cui stiamo sperimentando tante tensioni a livello mondiale”.
“L’obiettivo della Santa Sede – ribadisce Parolin – è pastorale, cioè aiutare le Chiese locali affinché godano condizioni di maggiore libertà, autonomia e organizzazione, in modo tale che possano dedicarsi alla missione di annunciare il Vangelo e di contribuire allo sviluppo integrale della persona e della società. Per la prima volta dopo tanti decenni, oggi tutti i vescovi in Cina sono in comunione con il vescovo di Roma”.
I dettagli dell’accordo non sono stati ancora comunicati. Pare che Pechino riconoscerà il papa come capo della Chiesa cattolica in Cina e avrà la parola finale nella nomina dei vescovi, mentre al papa sarebbe riconosciuto un diritto di veto.
L’impegno che Francesco affida a tutta la Chiesa cinese, dice il cardinale Parolin, è quello di “vivere in uno spirito di riconciliazione tra fratelli, ponendo dei gesti concreti che aiutino a superare le incomprensioni del passato, anche recente”. In questo modo “i fedeli potranno testimoniare la propria fede, vivere un genuino amore di patria e aprirsi anche al dialogo fra tutti i popoli e alla promozione della pace”.
“È certo destinata a entrare nella storia la data del 22 settembre”, scrive il direttore dell’Osservatore romano, Gian Maria Vian, tuttavia attorno all’accordo c’è un alone di mistero. Il sito Asianews, sempre molto ben informato sulle questioni cinesi, scrive che “il ministero cinese degli Esteri non sa nulla di una delegazione vaticana in visita a Pechino per mettere a punto (e forse firmare) un accordo fra Cina e Santa Sede per le nomine dei vescovi”.
Il Global Times, giornale legato al Quotidiano del popolo, espressione del Partito comunista cinese, pubblica oggi un articolo secondo il quale il portavoce del ministero degli Esteri, Geng Shuang, durante una conferenza stampa ha detto che egli “non ha alcuna informazione su alcuna visita di una delegazione vaticana”. Però, ha aggiunto, “la Cina e il Vaticano mantengono efficienti contatti”.
“In questi giorni – scrive poi Asianews – è in Cina monsignor Marcelo Sanchez Sorondo, cancelliere della Pontifica accademia delle scienze”, che si trova a Xian per un incontro internazionale sui trapianti di organi. “Mesi fa – ricorda l’agenzia – il cancelliere aveva definito la Cina come il paese dove si applica nel modo più completo la dottrina sociale della Chiesa”, e anche in quest’occasione, intervistato dal Global Times, il rappresentante vaticano “elogia la Cina in modo sperticato”, definendola “un potere influente che rispetta la dignità umana e il pianeta” e “un Paese con una grande popolazione, con persone buone e di qualità, che osserva il bene comune ed ha provato la sua abilità in grandi missioni, come combattere contro la povertà e l’inquinamento”.
Secondo monsignor Sanchez Sorondo, consigliere influente del papa, “i critici verso un accordo fra la Cina e il Vaticano sono “una piccolo minoranza, gente che vuole creare problemi”; “gridano forte, ma non ve ne sono tanti”.
Forse non saranno tanti, ma certamente fra i critici c’è un nome che da solo vale moltissimo: quello dell’anziano ma indomito cardinale Joseph Zen di Hong Kong, ottantasei anni, che definisce l’accordo “un tradimento incredibile” e arriva a chiedere al segretario di Stato vaticano di dimettersi:
https://www.reuters.com/article/us-china-vatican-zen/leading-asian-cardinal-calls-for-vatican-foreign-minister-to-resign-over-china-dealings-idUSKCN1M025C
Zen, da sempre contrario a ogni tipo di cedimento della Santa Sede nei confronti di Pechino, come al solito non si trincera dietro le parole: “Stanno dando il gregge in pasto ai lupi. È un incredibile tradimento”, dice alla Reuters. “La firma di un accordo con il regime ateo di Pechino mina la credibilità del papa”.
L’intesa, ricorda Zen, arriva proprio mentre il presidente Xi Jinping sta colpendo duramente la libertà religiosa. Un giro di vite che riguarda tutte le attività religiose “non autorizzate” e il clero “non registrato”. “Le conseguenze dell’accordo – dice Zen – saranno tragiche e durature, non solo per la Chiesa in Cina, ma per l’intera Chiesa in tutto il mondo, perché ne danneggia la credibilità”.
Secondo Zen, che nel gennaio scorso volò a Roma per mettere in guardia papa Francesco da ogni tipo di compromesso con Pechino, il cardinale Parolin, capo della diplomazia vaticana, “non sembra avere grande considerazione per la fede cattolica”. “Io non penso che abbia fede. È solo un bravo diplomatico nel significato mondano e secolarizzato del termine. Dovrebbe dimettersi. È una resa completa: non ho altre parole”.
Oltre che alla Reuters, Zen ha affidato le sue riflessioni anche ad Asianews, con un commento nel quale scrive fra l’altro: “Il comunicato della Santa Sede, a lungo atteso, è un capolavoro di creatività nel dire niente con tante parole” .
Intanto anche l’esperto di Cina Steven Mosher, responsabile del Population Research Institute, ha un giudizio severo su Parolin, che in Cina avrebbe commesso “errori enormi”, destinati a essere pagati dai cattolici perseguitati. https://onepeterfive.com/parolin-china-negotiations/
Abbiamo assistito a qualcosa di “straziante”, dice Mosher, quando il vecchio vescovo sotterraneo Peter Zhuang, ottantotto anni, è stato costretto dagli emissari del cardinale Parolin a consegnare la sua diocesi di Shantou allo scomunicato vescovo patriottico Huang Bingzhang. “E questo processo ovviamente continuerà fino a quando l’ultimo dei vescovi sotterranei non sarà stato messo a tacere, in un modo o nell’altro”.
Aldo Maria Valli
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