Un reclamo e una risposta
Lo scorso novembre abbiamo pubblicato una segnalazione pervenutaci da un amico che si era recato a Messa, il 1 novemvre 2018, nella parrochia di San Paolo, in via Acquarone a Genova: La Messa personalizzata del parroco…
In seguito a tale segnalazione abbiamo ricevuto una protesta da un fedele della parrocchia, che si esprimeva con una certa supponente superiorità tale da indurci a registrare il messaggio, ma a non dargli seguito… non possiamo stare dietro a tutti i reclami che pretendono solo di trovare presso di noi una gratuita pubblicità
Ultimamente ci è giunto un altro reclamo, avanzato da una fedele della stessa parrocchia a suo nome e, a suo dire, a nome di altri fedeli.
Tale reclamo è a suo modo articolato e circostanziato, ma più in particolare è indicativo dello stato d'animo “religioso” che caratterizza tanti cattolici moderni, convinti di far parte in una Chiesa senza macchia e senza paura, suscettibile di essere solo lodata e condivisa.
A titolo di informazione, abbiamo pensato che fosse opportuno diffondere questo reclamo, anche in seguito l'espressa richiesta in tal senso della signora reclamante.
Pubblichiamo quindi il testo integrale di tale reclamo - tolto il nome della mittente - e lo facciamo seguire dalla risposta che abbiamo inviato alla signora, che abbiamo avvertito in tal senso pochi giorni fa.
Il reclamo
Ho letto su di un vostro foglio a ciclostile, in data 21/1/2019 alle pagine 1 e 2, le considerazioni di un anonimo che, su segnalazione di “un amico” (anonimo), appartenente alla vostra associazione, espone circa le “creatività’ liturgiche” nella Parrocchia di San Paolo, via Acquarone, a Genova, alla Festa di Ognissanti, 1 novembre 2018 (www.unavox.it/FruttiPostconcilio/NuoviPreti/Messa_a_Genova_2018). La segnalazione dello scrivente fa riferimento ad una sola delle quattro S. Messe festive celebrate da Don Franco Buono e, precisamente, a quella dedicata ai bambini, quindi, l’unica, in qualche modo “vivace”, ma a misura di giovanissimi. Durante le altre l’autore avrebbe certamente trovato il modo di concentrarsi, meditare, “tremare” secondo le sue personali esigenze. Rimanendo in argomento, sarebbe stato doveroso affiancare alla giusta constatazione di “ interventi e brusio”, quella della presenza numerosa di bambini, ragazzi e giovani genitori, come non si vedeva da tempo nella Parrocchia di San Paolo. Questo dato reale (frequento questa Chiesa da più di 70 anni ), mi pare molto indicativo ed innegabilmente importante, ma evidentemente sconosciuto ( o taciuto?) dall’articolista. I commenti del celebrante alle letture bibliche,non sono “ battute o chiose” , ma semplicemente spiegazioni che aiutano a seguire con piu’ attenzione ed a comprendere meglio le suddette letture.
In merito al rilievo, circa il congedo finale che “si ritrasforma in un rumorosissimo mercato”, ritengo doveroso segnalare che questo momento, seppur non silenzioso, rappresenta l’ occasione per uno scambio di notizie personali che favoriscono la concreta realizzazione della comunità parrocchiale. Comunità che, a seguito dell’arrivo di Don Franco Buono e’ diventata innegabilmente molto più viva e attiva.
Inviterei, inoltre lo scrivente, per una sua più completa informazione, ad aggiornarsi in merito a tutte le nuove attività, avviate e seguite da un congruo numero di parrocchiani, rivolte, soprattutto, al coinvolgimento giovanile e all’approfondimento biblico.
Infine, mi permetto di aggiungere che ritengo davvero non sia un atteggiamento educato, da buon Cristiano, ne’ tantomeno realmente caritatevole, quello di mettere in rete, e quindi accessibile a tutti, obiezioni che, se vere per chi le ha scritte, sono condite con frasi e termini così provocatori ed acidi che non fanno certamente onore a chi le riferisce ed alla associazione di cui fa parte.
Ringrazio comunque lo scrivente per le sue esternazioni che hanno permesso a gran parte della comunità di San Paolo di stringersi con rinnovato affetto e grande stima intorno al suo Parroco.
Sono certa che queste mie considerazioni, condivise da molti amici e conoscenti oltre che parrocchiani, troverà collocazione nel vostro sito.
Cordiali saluti.
Lettera firmata
Risposta
Gentile Signora…,
Lei mi scuserà, ma Le dico subito che avrebbe fatto meglio a non scrivere, non per noi, ma per Lei stessa, per i parrocchiani e per il parroco.
Lei ci chiede di pubblicare le sue considerazioni e noi lo facciamo, seppure a malincuore, perché non si dica che ci nascondiamo dietro l’“anonimato” o il silenzio. Lo facciamo a malincuore perché ci dispiace dover ricordare a dei fratelli cattolici che cosa significa andare in chiesa per assistere alla S. Messa e che cosa significa la S. Messa cattolica.
Ma andiamo con ordine.
Innanzi tutto da noi non ci sono “anonimi”, ma persone con nome e cognome che si preoccupano, con l’anonimato, di non fare del protagonismo, le nostre persone non contano, quello che conta è la dottrina e la liturgia cattoliche, quello che conta è la Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo. Ed è tanto vero questo che Lei ha potuto scrivere, trovandoci vivi e vigili, e sta ricevendo una risposta, che questa volta, trattandosi di una lettera personale, verrà debitamente firmata; si informerà Lei stessa se il nostro nome, e di conseguenza il nostro lavoro tramite il sito, sia o no conosciuto da decenni a Genova.
La sua prima considerazione riguarda il fatto che quella Messa era “dedicata ai bambini”… come se questo autorizzasse un parroco, un vescovo o un papa a trasformare il culto da rendere a Nostro Signore in una caciara.
Non è la “presenza numerosa di bambini, ragazzi e giovani genitori” che viene per prima… prima di tutto viene la S. Messa, viene il rinnovamento incruento del Sacrificio di Nostro Signore, viene il mistero di Signore Nostro Gesù Cristo che si rende presente sull’altare per mezzo del ministro consacrato; e tutto questo dovrebbe, anche solo all’idea, far tremare le vene e i polsi e dovrebbe indurre i fedeli presenti, grandi e piccoli, ad ammutolire e a prostrarsi deferenti e adoranti. Questa è la S. Messa. Ed è questo che il parroco e i genitori dovrebbero insegnare ai bambini ed ai ragazzi.
Purtroppo, sono costretto a dirLe, con dispiacere, che considerazioni come le sue rivelano lo stato miserando in cui versa la compagine cattolica moderna per colpa degli uomini di Chiesa.
La sua seconda considerazione riguarda “i commenti del celebrante alle letture bibliche” che non sarebbero “battute o chiose”, come ha fatto notare il nostro anonimo amico, “ma semplicemente spiegazioni che aiutano a seguire con più attenzione ed a comprendere meglio le suddette letture”. Il che è poco serio prima di essere inopportuno e quasi blasfemo.
Alla fine delle letture, oggi si usa dire: “Parola di Dio”, … ma come si fa a non accorgersi della patente contraddizione quando si avalla il protagonismo “troppo umano” del celebrante che intercala la “Parola di Dio” con le sue parole di semplice uomo peccatore e tronfio di saputeria!
Anche i bambini sanno, perfino oggi, che l’omelia, o la predica, serve proprio per illustrare le letture dell’Epistola e del Vangelo, perché i fedeli presenti possano “comprendere meglio”. Vero è che, sempre oggi, il celebrante che fa l’omelia è più preso dal fare una predica mondana piuttosto che dal compiere una funzione che fa parte integrante della S. Messa e serve per l’edificazione dei fedeli. Ma questo, non solo non autorizza il celebrante a trasformare perfino le letture in un comizio, ma recita a favore del fatto che ai giorni nostri sia il parroco, sia il vescovo, sia il Papa danno più importanza all’attenzione per l’uomo piuttosto che alla riverenza per Dio.
Questa non è la liturgia cattolica, anzi non è neanche una “liturgia”, perché la stessa etimologia del termine rimanda ad un dovere da compiere e non ad un piacere da consumare.
Che questo possa far piacere ai cattolici moderni, non solo è cosa scomposta, ma costringe a porsi la domanda: ma che ci si va a fare in chiesa, a Messa, per vivere un qualsiasi momento come lo si può vivere al bar o in un incontro tra amici?
La S. Messa è una cosa seria, che attiene a Nostro Signore, e si dovrebbe già entrare in chiesa con atteggiamento dimesso e silenzioso, compunti e contriti per chiedere al Signore Gesù e alla Sua Santissima Madre di essere perdonati e aiutati a diventare sempre più buoni e veri cristiani.
La sua terza considerazione riguarda il congedo che, secondo il nostro anonimo amico, “si ritrasforma in un rumorosissimo mercato”, mentre invece si tratterebbe, come dice Lei, di un momento che “seppur non silenzioso, rappresenta l’occasione per uno scambio di notizie personali che favoriscono la concreta realizzazione della comunità parrocchiale”.
Mi lasci dire, cara Signora Pedullà, con dispiacere, che Lei sta avallando il fatto che alla fine della S. Messa i fedeli moderni, invece di rendere grazie a Dio, possibilmente in ginocchio, si lanciano in una concione mondana dentro quella stessa chiesa che ha visto poco prima Nostro Signore Gesù Cristo rendersi presente per farsi cibo di salvezza.
Ma non si può aspettare di uscire dalla chiesa per fraternizzare, scambiare notizie personali e favorire i rapporti comunitari? Si dovrebbe!
Questo significa solo che ai giorni nostri non c’è più rispetto per la “casa del Signore” e per lo stesso Signore, tanto da trasformarla tranquillamente in un salotto mondano; e significa anche che i fedeli moderni non vedono l’ora di tornare alle faccende mondane… altro che “favorire i rapporto comunitari”! Avrebbe fatto meglio, cara signora, a dire: favorire “la concreta - e frettolosa - realizzazione della comunità parrocchiale”.
Posso dire che siamo quasi alla farsa?
La sua quarta considerazione riguarda la supposta maleducazione e la supposta mancanza di carità del “mettere in rete” obiezioni “condite con termini provocatori e acidi” che non fanno onore a nessuno.
E qui, cara Signora, è bene ricordare due cose: la prima è che è opera di misericordia, opera di carità, riprendere il fratello che sbaglia o che si comporta in maniera scomposta e poco rispettosa della religione, della Chiesa e di Dio; la seconda è che in ogni occasione “opportuna e non opportuna” il dovere elementare di ogni buon cattolico è quello di dire pane al pane e vino al vino o, come insegna Nostro Signore: “Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno”.
La crudezza del linguaggio che lamenta Lei fa pensare all’ipocrisia moderna e al cattivo vezzo dei genitori moderni di non “sgridare” i propri figli e di non assestare loro il classico salutare “ceffone” per insegnare loro a crescere e a diventare buoni cristiani, col risultato che oggi i figli sono alla deriva e in preda alle più nefaste influenze perfino diaboliche.
In termini più terra terra, mi permetto di far notare che una comunità parrocchiale che dimostra di comportarsi nei confronti della chiesa e del culto come se si trovasse in una scampagnata, conferma le nostre critiche sullo scadimento della compagine cattolica odierna; non si pretende certo chissà che utopica attitudine, ma se oggi i fedeli venissero aiutati a vivere la propria fede in conformità con la vera dottrina e la sana liturgia, seguendo quel minimo di regole che portano a coltivare realmente lo spirito religioso cattolico, le chiese sarebbero più piene di adesso, e di fedeli che si sforzano di piacere a Dio e non agli uomini.
So benissimo che molto probabilmente io e Lei guardiamo le cose da una prospettiva diversa, e non esito a riconoscere che forse la mia prospettiva è un po’ più ristretta della sua, ma, pur non potendo e non dovendo pretendere l’uniformità del sentire, del pensare e dell’agire, che sarebbe quanto meno irreale, non v’è dubbio che la prospettiva di ognuno di noi dovrebbe potersi inquadrare nello spazio più ampio che comporta l’aspirazione al Cielo; non siamo su questa terra per godere del nostro trovarci in “questa valle di lacrime” – come si recita nel Salve Regina -, ma siamo qui di passaggio in attesa di ritornare nel Cielo da cui siamo venuti per volontà di Dio; e nel frattempo non dobbiamo disprezzare tutte le cose buone che il Signore ci permette di godere in questa vita, ma dobbiamo vivere da uomini che in tutto guardano al Cielo, pur con i piedi poggiati per terra.
Il cattolico Dante giustamente ricordava: «Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza».
Gentile Signora Pedullà, per correttezza non pubblicherò sul nostro sito le sue considerazioni, che saranno seguite dalla riproduzione della presente risposta adattata per la pubblicazione (il suo nome non figurerà), se non prima Lei avrà avuto modo di leggere la presente e, se lo riterrà opportuno, commentarla.
Un cordiale e fraterno saluto.
Sia lodato Gesù Cristo.
Calogero Cammarata
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV2834_L-assuefazione_dei_fedeli_alla_eterodossia_moderna.html
IL PRETE NO-GLOBAL
Don Vitaliano ci ricasca e profana la Sacra Liturgia
Ha creato scandalo la notizia che don Vitaliano Della Sala abbia fatto cantare prima della Messa la canzone “Soldi” di Mahmood. Il Festival, fiera del politicamente corretto, non dovrebbe essere avvicinato alla Sacra Liturgia per ridurre tutto al sociale. L’introito ha infatti il fine di «favorire l’unione dei fedeli riuniti, introdurre il loro spirito nel mistero del tempo liturgico».
Ha destato scalpore la notizia che don Vitaliano Della Sala, sacerdote in passato sospeso a divinis ma da qualche tempo reintegrato nella sua funzione di parroco, abbia fatto cantare prima della Messa nella ‘sua’ chiesa di Avellino la canzone vincitrice di Sanremo, Soldi, del cantante Mahmood. Lo ammetto, non ho visto il Festival di Sanremo. Non per essere snob o per fare il musicista impegnato, ma mi sembrava proprio la solita fiera dell’ovvio, la liturgia del politically correct.
Oramai il politically correct, che regola le cose umane, non è più un contenuto ma un contenitore, un modo di vedere la vita da cui non si può sfuggire. Eugenio Capozzi, nel suo bel libro Politicamente corretto. Storia di un’ideologia (Marsilio, 2018) dice bene nella sua premessa: «Politicamente corretto: in questa formula oggi abusata e logora è racchiuso un potente luogo comune, uno stereotipo tenace. Come tutte le forme di ipocrisia, è un omaggio che il vizio rende alla virtù, secondo la celebre massima di La Rochefoucauld. E, potremmo aggiungere, che la menzogna rende alla verità. Essa ci introduce sui generis a un nucleo di realtà che avvertiamo come solido, resistente. Che ci interroga, chiede di essere chiarito. Ancor più perché negli ultimi tempi si sostanzia in una strana forma di schizofrenia».
E questa schizofrenia Sanremo la rappresenta veramente bene, con inviti all’adorazione delle varie incarnazioni del politically correct, come i #MeToo, i migranti e il pauperismo (problemi veri ma a cui vengono date soluzioni sbagliate) da una parte e l’idolatria per l’apparenza, il commerciale più sfrenato, i sentimentalismi più decadenti e deleteri dall’altro.
Quindi, ritengo che il Festival di Sanremo non dovrebbe essere un esempio, ma soprattutto non dovrebbe essere avvicinato alla Sacra Liturgia. E il canto è stato usato come introito della Messa, visto che il sacerdote, don Vitaliano, era vestito con i paramenti all’altare. Ho letto che don Vitaliano avrebbe affermato che spesso usano canti non religiosi prima della Messa, ma spero sia un’esagerazione dei giornalisti. «Nessuna polemica, è stata l'occasione di discutere di argomenti che forse non saremmo riusciti a fare entrare nel nostro programma dell’oratorio», ha detto don Vitaliano. Veramente? Cioè, per parlare dell’uso del denaro non ha trovato un testo nella Bibbia e ha dovuto attingere a Sanremo?
Ecco allora una parte del testo: «Mi chiede come va, come va, come va/ Sai già come va,
come va, come va/ Penso più veloce per capire se domani tu mi fregherai/ Non ho tempo per chiarire perché solo ora so cosa sei/ È difficile/ stare al mondo quando perdi l’orgoglio/ Lasci casa in un giorno/ Tu dimmi se/ pensavi solo ai soldi, soldi/ Come se avessi avuto soldi, soldi/ Dimmi se ti manco o te ne fotti, fotti/ Mi chiedevi come va, come va, come va/ Adesso come va, come va, come va».
Era necessario parlare di soldi, di uso del denaro, usando questo testo? Non devo insegnare certo a un sacerdote che l’Ordinamento generale del Messale Romano così dice dell’introito: «La funzione propria di questo canto è quella di dare inizio alla celebrazione, favorire l’unione dei fedeli riuniti, introdurre il loro spirito nel mistero del tempo liturgico o della festività, e accompagnare la processione del sacerdote e dei ministri». Non è un’occasione per profanare la Messa e ridurre tutto al sociale. E poi mostrare come esempi sempre i soliti personaggi promossi dalla grancassa della narrativa dominante. Infatti Mahmood, per fare un esempio del tipo di messaggio, ha tra l’altro dichiarato: «Io non ho mai detto di essere gay. La mia è una generazione che non rileva differenze se hai la pelle di un certo colore o se ami qualcuno di un sesso o di un altro. Io sono fidanzato, ma troverei poco educata la domanda se ho una fidanzata o un fidanzato. Specificare significa già creare una distinzione».
Don Vitaliano vuole invitare Mahmood a parlare con i giovani, ai “ragazzi del coro” che hanno insistito per cantare il successo sanremese come introito della Messa (ma il sacerdote cosa ci sta a fare se non sa dire un giusto “no”?). Ma dirà ai giovani che per la dottrina cattolica se un uomo è fidanzato con un uomo o con una donna fa differenza?
Poi, basta con questa retorica dei soldi. I soldi servono anche alla Chiesa, altrimenti non potrebbe spedire missionari per evangelizzare, mantenere scuole, ospedali, parrocchie come quella di don Vitaliano. Il problema è l’idolatria del denaro, non i soldi in se stessi. Se la Chiesa fosse povera renderebbe i poveri ancora più poveri perché non li potrebbe assistere. Questo non significa vivere nello sfarzo o comprarsi auto lussuose. Certo, il denaro è una tentazione ma come il cibo o il sesso. Non sono mali in se stessi. E poi, ora che il cantante i soldi li sta facendo, chissà come dimostrerà il suo distacco da ciò che nella sua canzone esecrava così tanto. Se verrà invitato nella parrocchia di don Vitaliano a cantare con il coro (!?) spero qualcuno gli faccia questa domanda.
Aurelio Porfiri
http://www.lanuovabq.it/it/don-vitaliano-ci-ricasca-e-profana-la-sacra-liturgia
La "malattia dell'erba del vicino": le smorfie per la "messa in latino" e l'ammirazione per la liturgia ortodossa
Un Sacerdote Ortodosso, grande ammiratore della liturgia tradizionale cattolica, caratteristica che accomuna i suoi confratelli, ha riproposto con efficace arguzia su un social il tema della "malattia dell'erba del vicino" che in differenti occasioni sembra riaffiorare nella mente di quei fedeli cattolici che giustissimamente ammirano la bellezza e la ieraticità della liturgia ortodossa mentre sberleffano le millenarie espressioni cultuali cattoliche.
Ha scritto Padre Serafim: "Ci sono persone che entrano in Chiesa e mi dicono: "Sa io sono cattolico/a ma mi piace tanto l'Ortodossia, i vostri bellissimi canti, le Liturgie solenni, l'incenso, le candele, la spiritualità..." a questi rispondo: "Beh anche voi latini avete la Messa tradizionale, il gregoriano, il latino...." e allora mi guardano
contorcendo il volto in smorfie tipo ossesso/a sotto esorcismo e mi dicono: "Il latino!?!?? Nooooo abbiamo avuto un concilio..." la mia domanda è essenzialmente questa: di che malattia soffrono? Come si fa ad ammirare noi ortodossi per i motivi di cui sopra e contemporaneamente disprezzare 1000 e più anni di tradizione occidentale?" (beh... caro Padre un po' più di mille anni di tradizione liturgica romana...N.d.R.)
Il racconto di Padre Serafim ci fa ricordare, anche se non riusciamo a ritrovare dei concreti riferimenti, un simpatico aneddoto che circolava durante il Pontificato di Benedetto XVI in quei dismessi salotti curiali che temporibus illis si occupavano ancora delle "cose di Dio".
Dicitur che alcuni anni fa in occasione di un'importante ricorrenza di una Chiesa ortodossa nazionale, il Cardinale che rappresentava la Santa Sede al termine della Divina Liturgia nella Cattedrale rivolse all'Arcivescovo e al Clero ortodossi il suo compiacimento per la solenne celebrazione a cui aveva assistito.
Ringraziando il Cardinale l'Arcivescovo ortodosso fece un esplicito e commosso riferimento allo splendore della Liturgia Romana: tanto bella quanto colpevolmente dimenticata ( se non avversata) più dal Clero che dai fedeli.
I presenti riferirono la frase finale pronunciata dall'Arcivescovo Ortodosso " Perchè voi cattolici avete dimenticato la vostra splendida Liturgia?"
Abbiamo voluto citare ugualmente quel raccontino curiale dall'incerta paternità ( non voler sapere chi l'ha detto ma poni mente a ciò che è detto ) con lo scopo di evidenziare che ci sono ancora dei cattolici con i paraocchi che vedono la bellezza liturgica nell'ortodossia, ma reputano quella della chiesa latina come opulenza e sfarzo inopportune: la verità è che l'erba del vicino è sempre più verde!
Tutti ampiamente riconoscono che Liturgia cattolica dopo il Concilio Vaticano II è fortemente ferita, impoverita, sciatta, improvvisata e trascurata per effetto di un deleterio talvolta ridicolo super protagonismo clericale: ha perduto e non può più comunicare il senso del sacro.
Zelus domus tuæ comedit me : la Provvidenza divina sta suscitando tanti "volontari del sacro" , giovani e meno giovani, consacrati e laici che con grande spirito di abnegazione e con tanti sacrifici personali si dedicano con entusiasmo al decoro della Liturgia e della Casa del Signore.
Ravviviamo nei nostri cuori la cristiana speranza che l'incubo che ci attanaglia quotidianamente di una Chiesa asservita alle mode e sprofondata nell'agone politico e/o sociale presto svanirà alla luce di quella ritrovata spiritualità che solo la Liturgia "rivolta al Signore" riesce ad infondere negli sfiduciati cuori assetati di Dio ! Ritroviamo la fiducia!
Maria Madre della Chiesa prega per noi.
AC
http://blog.messainlatino.it/2019/02/la-malattia-dellerba-del-vicino-le.html#more
IL PRETE NO-GLOBAL
Don Vitaliano ci ricasca e profana la Sacra Liturgia
Ha creato scandalo la notizia che don Vitaliano Della Sala abbia fatto cantare prima della Messa la canzone “Soldi” di Mahmood. Il Festival, fiera del politicamente corretto, non dovrebbe essere avvicinato alla Sacra Liturgia per ridurre tutto al sociale. L’introito ha infatti il fine di «favorire l’unione dei fedeli riuniti, introdurre il loro spirito nel mistero del tempo liturgico».
Ha destato scalpore la notizia che don Vitaliano Della Sala, sacerdote in passato sospeso a divinis ma da qualche tempo reintegrato nella sua funzione di parroco, abbia fatto cantare prima della Messa nella ‘sua’ chiesa di Avellino la canzone vincitrice di Sanremo, Soldi, del cantante Mahmood. Lo ammetto, non ho visto il Festival di Sanremo. Non per essere snob o per fare il musicista impegnato, ma mi sembrava proprio la solita fiera dell’ovvio, la liturgia del politically correct.
Oramai il politically correct, che regola le cose umane, non è più un contenuto ma un contenitore, un modo di vedere la vita da cui non si può sfuggire. Eugenio Capozzi, nel suo bel libro Politicamente corretto. Storia di un’ideologia (Marsilio, 2018) dice bene nella sua premessa: «Politicamente corretto: in questa formula oggi abusata e logora è racchiuso un potente luogo comune, uno stereotipo tenace. Come tutte le forme di ipocrisia, è un omaggio che il vizio rende alla virtù, secondo la celebre massima di La Rochefoucauld. E, potremmo aggiungere, che la menzogna rende alla verità. Essa ci introduce sui generis a un nucleo di realtà che avvertiamo come solido, resistente. Che ci interroga, chiede di essere chiarito. Ancor più perché negli ultimi tempi si sostanzia in una strana forma di schizofrenia».
E questa schizofrenia Sanremo la rappresenta veramente bene, con inviti all’adorazione delle varie incarnazioni del politically correct, come i #MeToo, i migranti e il pauperismo (problemi veri ma a cui vengono date soluzioni sbagliate) da una parte e l’idolatria per l’apparenza, il commerciale più sfrenato, i sentimentalismi più decadenti e deleteri dall’altro.
Quindi, ritengo che il Festival di Sanremo non dovrebbe essere un esempio, ma soprattutto non dovrebbe essere avvicinato alla Sacra Liturgia. E il canto è stato usato come introito della Messa, visto che il sacerdote, don Vitaliano, era vestito con i paramenti all’altare. Ho letto che don Vitaliano avrebbe affermato che spesso usano canti non religiosi prima della Messa, ma spero sia un’esagerazione dei giornalisti. «Nessuna polemica, è stata l'occasione di discutere di argomenti che forse non saremmo riusciti a fare entrare nel nostro programma dell’oratorio», ha detto don Vitaliano. Veramente? Cioè, per parlare dell’uso del denaro non ha trovato un testo nella Bibbia e ha dovuto attingere a Sanremo?
Ecco allora una parte del testo: «Mi chiede come va, come va, come va/ Sai già come va,
come va, come va/ Penso più veloce per capire se domani tu mi fregherai/ Non ho tempo per chiarire perché solo ora so cosa sei/ È difficile/ stare al mondo quando perdi l’orgoglio/ Lasci casa in un giorno/ Tu dimmi se/ pensavi solo ai soldi, soldi/ Come se avessi avuto soldi, soldi/ Dimmi se ti manco o te ne fotti, fotti/ Mi chiedevi come va, come va, come va/ Adesso come va, come va, come va».
Era necessario parlare di soldi, di uso del denaro, usando questo testo? Non devo insegnare certo a un sacerdote che l’Ordinamento generale del Messale Romano così dice dell’introito: «La funzione propria di questo canto è quella di dare inizio alla celebrazione, favorire l’unione dei fedeli riuniti, introdurre il loro spirito nel mistero del tempo liturgico o della festività, e accompagnare la processione del sacerdote e dei ministri». Non è un’occasione per profanare la Messa e ridurre tutto al sociale. E poi mostrare come esempi sempre i soliti personaggi promossi dalla grancassa della narrativa dominante. Infatti Mahmood, per fare un esempio del tipo di messaggio, ha tra l’altro dichiarato: «Io non ho mai detto di essere gay. La mia è una generazione che non rileva differenze se hai la pelle di un certo colore o se ami qualcuno di un sesso o di un altro. Io sono fidanzato, ma troverei poco educata la domanda se ho una fidanzata o un fidanzato. Specificare significa già creare una distinzione».
Don Vitaliano vuole invitare Mahmood a parlare con i giovani, ai “ragazzi del coro” che hanno insistito per cantare il successo sanremese come introito della Messa (ma il sacerdote cosa ci sta a fare se non sa dire un giusto “no”?). Ma dirà ai giovani che per la dottrina cattolica se un uomo è fidanzato con un uomo o con una donna fa differenza?
Poi, basta con questa retorica dei soldi. I soldi servono anche alla Chiesa, altrimenti non potrebbe spedire missionari per evangelizzare, mantenere scuole, ospedali, parrocchie come quella di don Vitaliano. Il problema è l’idolatria del denaro, non i soldi in se stessi. Se la Chiesa fosse povera renderebbe i poveri ancora più poveri perché non li potrebbe assistere. Questo non significa vivere nello sfarzo o comprarsi auto lussuose. Certo, il denaro è una tentazione ma come il cibo o il sesso. Non sono mali in se stessi. E poi, ora che il cantante i soldi li sta facendo, chissà come dimostrerà il suo distacco da ciò che nella sua canzone esecrava così tanto. Se verrà invitato nella parrocchia di don Vitaliano a cantare con il coro (!?) spero qualcuno gli faccia questa domanda.
Aurelio Porfiri
http://www.lanuovabq.it/it/don-vitaliano-ci-ricasca-e-profana-la-sacra-liturgia
La "malattia dell'erba del vicino": le smorfie per la "messa in latino" e l'ammirazione per la liturgia ortodossa
Un Sacerdote Ortodosso, grande ammiratore della liturgia tradizionale cattolica, caratteristica che accomuna i suoi confratelli, ha riproposto con efficace arguzia su un social il tema della "malattia dell'erba del vicino" che in differenti occasioni sembra riaffiorare nella mente di quei fedeli cattolici che giustissimamente ammirano la bellezza e la ieraticità della liturgia ortodossa mentre sberleffano le millenarie espressioni cultuali cattoliche.
Ha scritto Padre Serafim: "Ci sono persone che entrano in Chiesa e mi dicono: "Sa io sono cattolico/a ma mi piace tanto l'Ortodossia, i vostri bellissimi canti, le Liturgie solenni, l'incenso, le candele, la spiritualità..." a questi rispondo: "Beh anche voi latini avete la Messa tradizionale, il gregoriano, il latino...." e allora mi guardano
contorcendo il volto in smorfie tipo ossesso/a sotto esorcismo e mi dicono: "Il latino!?!?? Nooooo abbiamo avuto un concilio..." la mia domanda è essenzialmente questa: di che malattia soffrono? Come si fa ad ammirare noi ortodossi per i motivi di cui sopra e contemporaneamente disprezzare 1000 e più anni di tradizione occidentale?" (beh... caro Padre un po' più di mille anni di tradizione liturgica romana...N.d.R.)
Il racconto di Padre Serafim ci fa ricordare, anche se non riusciamo a ritrovare dei concreti riferimenti, un simpatico aneddoto che circolava durante il Pontificato di Benedetto XVI in quei dismessi salotti curiali che temporibus illis si occupavano ancora delle "cose di Dio".
Dicitur che alcuni anni fa in occasione di un'importante ricorrenza di una Chiesa ortodossa nazionale, il Cardinale che rappresentava la Santa Sede al termine della Divina Liturgia nella Cattedrale rivolse all'Arcivescovo e al Clero ortodossi il suo compiacimento per la solenne celebrazione a cui aveva assistito.
Ringraziando il Cardinale l'Arcivescovo ortodosso fece un esplicito e commosso riferimento allo splendore della Liturgia Romana: tanto bella quanto colpevolmente dimenticata ( se non avversata) più dal Clero che dai fedeli.
I presenti riferirono la frase finale pronunciata dall'Arcivescovo Ortodosso " Perchè voi cattolici avete dimenticato la vostra splendida Liturgia?"
Abbiamo voluto citare ugualmente quel raccontino curiale dall'incerta paternità ( non voler sapere chi l'ha detto ma poni mente a ciò che è detto ) con lo scopo di evidenziare che ci sono ancora dei cattolici con i paraocchi che vedono la bellezza liturgica nell'ortodossia, ma reputano quella della chiesa latina come opulenza e sfarzo inopportune: la verità è che l'erba del vicino è sempre più verde!
Tutti ampiamente riconoscono che Liturgia cattolica dopo il Concilio Vaticano II è fortemente ferita, impoverita, sciatta, improvvisata e trascurata per effetto di un deleterio talvolta ridicolo super protagonismo clericale: ha perduto e non può più comunicare il senso del sacro.
Zelus domus tuæ comedit me : la Provvidenza divina sta suscitando tanti "volontari del sacro" , giovani e meno giovani, consacrati e laici che con grande spirito di abnegazione e con tanti sacrifici personali si dedicano con entusiasmo al decoro della Liturgia e della Casa del Signore.
Ravviviamo nei nostri cuori la cristiana speranza che l'incubo che ci attanaglia quotidianamente di una Chiesa asservita alle mode e sprofondata nell'agone politico e/o sociale presto svanirà alla luce di quella ritrovata spiritualità che solo la Liturgia "rivolta al Signore" riesce ad infondere negli sfiduciati cuori assetati di Dio ! Ritroviamo la fiducia!
Maria Madre della Chiesa prega per noi.
AC
http://blog.messainlatino.it/2019/02/la-malattia-dellerba-del-vicino-le.html#more
Ecco quale potrebbe essere il triste futuro prossimo (prossimo nel senso di vicino) che ci aspetta, la vendita delle nostre chiese. Purtroppo. Come la vendita della cattedrale di Santa Caterina a Utrecht, Olanda.
Un articolo del CNA nella mia traduzione.
La cattedrale di Santa Caterina a Utrecht dovrebbe essere chiusa e venduta a causa di una continua diminuzione delle presenze [dei fedeli], dato che l’antico edificio è diventato più costoso da mantenere.
La cattedrale sarà probabilmente venduta al Convento di Catharijne Museum Catharijne, un ex convento che è stato trasformato in una galleria d’arte religiosa. Un’udienza per la vendita si è tenuta il 18 febbraio.
Una petizione online è stata aperta da un gruppo di parrocchiani che credono che ci sia ancora una possibilità di crescita cattolica in città. La petizione ha ricevuto 1.655 firme.
“Chiudere la cattedrale e rimuovere così la visibilità del cattolicesimo nel centro della città impedirà la crescita della comunità in futuro”, si legge nella petizione.
La cattedrale di Santa Caterina fu inizialmente costruita come parte di un convento carmelitano, tra il XV e il XVI secolo. Quando l’Arcidiocesi di Utrecht fu soppressa nel 1580 tra la Rivolta olandese e la Riforma protestante, la chiesa fu ceduta ai calvinisti.
Nel XIX secolo fu restituita alla Chiesa cattolica e divenne cattedrale quando nel 1853 fu ristabilita l’arcidiocesi di Utrecht.
Lo storico della Chiesa Peter Nessen ha detto a NOS, un’emittente pubblica olandese, che “le critiche non vengono solo dai parrocchiani e dal pastore, ma anche dai social media, ed è per questo che è così sorprendente che l’Arcivescovo Eijk non abbia resistito finora, il che non aumenterà la sua moderata popolarità”.
Nessen ha aggiunto che in caso di vendita di Santa Caterina, la cattedra del vescovo potrebbe essere trasferita nella parrocchia di Sant’Agostino a Utrecht, o in una chiesa ad Apeldoorn, più di 40 miglia a est di Utrecht.
Lo storico ha aggiunto che sarebbe la prima volta per una cattedra olandese ad essere trasferita a causa di fondi insufficienti e di un basso numero di parrocchiani.
Da un massimo di 942.000 cattolici nel 1980, l’arcidiocesi di Utrecht è scesa a 750.000 cattolici nel 2014. Nel 2017, il numero di cattolici nell’arcidiocesi è aumentato moderatamente, raggiungendo quasi 754mila cattolici.
Fonte: Catholic News Agency
By Sabino Paciolla
Durante il convegno, tenutosi nei giorni 29/30 novembre 2018 presso la Pontificia Università Gregoriana, promosso dal cardinale Gianfranco Ravasi, sul tema “Dio non abita più qui?”, è stato discusso il problema di tante chiese che, per essere prive del clero officiante, sono del tutto vuote. La soluzione, a sentire il parere del Papa Francesco I, sarebbe semplice e immediata, quella, cioè, di venderle così che, con il ricavato, si possa venire incontro ai poveri. Non è nostra intenzione soffermarci su tale ‘trovata, che tanto somiglia – absit injuria verbis! – al parere che Giuda fornì quando Maria di Betania versò sul capo di Gesù una fiala di prezioso olio profumato di vero nardo (Gv. 12, 5), cosa che a lui parve uno spreco considerando esser meglio averlo venduto e, con il cui ricavato, provvedere ai poveri.
Ciò che a noi preme commentare è quella raccomandazione – scrivono gli estensori del documento finale – per la quale ci si augura che le chiese, una volta vendute, non “diventino luoghi sordidi”. Dal che si evince che il rischio che ciò avvenga sia tutto nel futuro. Ipocrisìa e mala fede estrema! La sordizia, di cui si paventa, è sempre stata un pericolo per la Chiesa, ma col CV2, le sono state aperte le porte sicché, dal 1963 a oggi, è tutto un susseguirsi di scarichi di liquame – dogmatico, morale, liturgico, pastorale – che scorre nelle chiese e nelle coscienze dei fedeli.
Il fumo di Satana, così come denunciato da Paolo VI, non è entrato, dall’esterno, per le fessure del Tempio, ma ne è uscito dall’interno, alimentato da un focherello di allora e che, adesso, divampa come rogo. Con i documenti conciliari – Lumen Gentium, Nostra Aetate, Dignitatis Humanae, Gaudium et Spes etc… – la nuova Gerarchìa, plasmata dalla Massonerìa (Mino Pecorelli: O. P. Lista dei presunti massoni, sett. 1978), ha ritenuto di doversi ‘aprire’ al mondo, accettarne le sfide, e ivi andando in ‘libera uscita’ non più per evangelizzare, battezzare e per guadagnare anime al Signore ché, stando alla nuova pastorale bergogliana, “il proselitismo è una sciocchezza”, ma per “camminare”, per accompagnarsi” per “acquisire discernimento”, niente unità nella Verità, ma solo “condivisione” nella prospettiva del “dialogo ecumenico”.
E con questo spirito la furia del riformismo ha travolto e stravolto istituzioni secolari che, fino al 1963, ressero e difesero la Chiesa, la fede e la dottrina dagli assalti del mondo. Una delle più devastanti è da considerare quella dei Seminarî i cui piani di studio, fondati sulla Tradizione, la Patristica e la Scolastica tomista, sono stati accantonati a pro’ di una neoteologìa di marca umanistica e luterana; i cui regolamenti interni, legati al distacco dal mondo, al silenzio, alla talare e alla preghiera, sono stati candeggiati a pro’ di un’esperienza da spartire con l’esterno tale che, oggi, i Seminarî, vengono considerati e presi a un dipresso come ostelli dove si entra il lunedì e si esce, in abiti rigorosamente laici, il sabato; dove al Direttore spirituale è subentrato il psicanalista freud/junghiano, portatore di una falsa e corrotta scienza con cui la mente del futuro sacerdote è modellata secondo gli schemi di questa. La pedofilìa, la sodomia e l’omosessualità clericale – la male piante di questa contemporanea Cattolicità – nascono da un vivaio – il Seminario – in cui il seme cade su un terreno avvelenato. E non ci meravigli se, poi, assistiamo all’inarrestabile fenomeno dell’abbandono vocazionale per cause connesse alla sessualità.
Ora, una chiesa diventa luogo sordido perché vi si è commesso un sacrilegio e, pertanto, viene dissacrata. Ora il sacrilegio può configurarsi sia come visibile atto osceno, empio, sia come inquinamento dottrinario che, stando alla storia, costituisce l’origine di qualsiasi abominio. Col CV2 si è dissacrata, smembrata e lordata, la Chiesa di Cristo – Santa, Cattolica, Apostolica, Romana – avendone cancellata la configurazione trascendente e verticale e collocatala in posizione immanente e orizzontale, paritetica alle altre false religioni riconosciute, quest’ultime, depositarie della presenza dello Spirito Santo e del potere salvifico. E così, dal 1963, la melma del relativismo ha invaso ogni ambito della vita cristiana. Una testimonianza, che assevera questa nostra osservazione, ci vien offerta da una santa del nostro tempo, Madre Teresa di Calcutta, la quale, in accordo alla nuova teologìa conciliare, si esprime così “Tutto è Dio: buddisti, induisti, cristiani. . . tutti abbiamo lo stesso Dio” (Radio Spada, 1 sett. 2016), “Cerchiamo di dare ai morenti quello che desiderano, secondo quanto dettano le loro leggi, che sìano induiste, musulmane, buddiste cattoliche, protestanti o qualsiasi altra cosa” (La gioia di amare,17 Novembre – Ed. Mondadori, 1997), “Spero di riuscire a convertire la gente. E con ciò non intendo dire quello che pensate… Diventiamo indù migliori, musulmani migliori, cattolici migliori o qualunque cosa siamo, e dunque, essendo migliori, ci avviciniamo a Dio” (op. cit. 8 dicembre). E allora tutto diventa improvvisazione, sperimentazione, innovazione, religione fai-da-te, sincretismo, stravolgimento dogmatico, morale, liturgico così che dall’inquinamento dottrinario scaturiscono azioni, iniziative, gesti, parole, riti di marca mondana e, perciò, sordida e blasfema.
Ed ecco, infatti, sul palcoscenico del mondo, il primo festival multireligioso di Assisi (ottobre 1986), ideato, programmato e condotto da Giovanni Paolo II, l’accozzaglia di fedi e confessioni che entrano nella città del Poverello dove si consuma il sacrilegio primo: l’intronizzazione del Buddha, posto sul tabernacolo della chiesa di San Pietro, concessa ai pagani ‘arancioni’ mentre, da un’altra parte della città, viene impedito l’ingresso della statua della Vergine di Fatima per deferenza e rispetto – si dice – delle fedi altre.
Il cardinale J. Ratzinger, prefetto allora della C.D.S F. (ex S. Uffizio) che non vi aveva partecipato per palese dissenso, col nome di Benedetto XVI replicherà, poi, sempre ad Assisi – ottobre 2011 – la stessa adunata. È il Papa dell’ossimoro “Unità nella diversità”, acrobatico e furbastro tentativo di coniugare diavolo e acqua santa. Ed ecco i Pontefici postconciliari entrare e uscire in/da sinagoghe, moschee, chiese protestanti, pagode, boschi sacri africani, col séguito di proclami inneggianti alla giacobina triade di libertà, eguaglianza, fraternità.
Resa, quindi, la Religione Rivelata e la Chiesa di Cristo, di pari “indegnità” con le confessioni false e bugiarde, prende il via l’invasione delle orde nemiche, come predetto dal salmista: “Deus, venerunt gentes in hereditatem tuam, polluerunt templum sanctum tuum” (Ps. 78, 1) e, a seguire, la profanazione del biblico “locus terribilis” (Gen. 28, 17) dove si produrranno i più aberranti, abominevoli e sordidi riti.
Con la riforma dell’architettura sacra, viene abbandonata la gloriosa pianta a croce – latina o greca – e assunta quella dell’hangar/capannone che tanto si addice alla nuova concezione paolosesta della Messa, non più rinnovazione del sacrificio di Gesù, ma quale “cena” del popolo di chiaro significato protestante. A ciò si aggiunge il servizio illustrativo di un’arte sacra degenerata e immersa nell’informale sì che tutto è straniato nello sgorbio, nel brutto, nel vilipendio del volto di Colui che è “il più bello tra i figli degli uomini” (Ps. 44, 3).
La chiesa – casa di preghiera (Is. 56, 7 – Ger. 7, 11 – Mt. 21, 13) – si trasforma in sala polifunzionale dove si avvicendano: giochi “dei pacchi” (Nettuno, chiesa dell’Annunziata); festival delle barzellette (Verona); ingresso della statua di… Minerva nel santuario mariano di Aparecida (Brasile, ottobre 2013); matrimonio di rito anglicano (Santa Marinella, maggio 2013); intronizzazione della statua di Martin Lutero in Vaticano (ottobre 2017); Messa per i Massoni (Belo Jardin, Brasile, 20 agosto 2012). Per non parlare del feticismo: Messa funebre per una defunta attrice, con sull’altare un pupazzo di peluscia, simbolo di un suo personaggio (Milano 2, 23 settembre 2010); Messa funebre per uno sportivo con, davanti all’altare, due motociclette messe in moto per una “ultima sgasata” (Coriano, ott. 2011); Halloween satanico nella chiesa napoletana di San Gennaro all’Olmo, con donne nude e scene di impiccagioni sull’altare (31 ottobre 2018); banchetti natalizî in varie chiese e basiliche (Santa Maria in Trastevere a Roma, San Petronio a Bologna, San Francesco di Paola a Civitavecchia); dormitorio per clandestini (Chiesa San Luigi Gonzaga a Palermo, giugno 2014) con biancherìa sciorinata sulle acquasantiere – conferenze, dibattiti, proiezioni filmiche, fanfare – applausi nei riti funebri, fischi e palloncini nei battesimi e matrimonî; amministrazione dell’Eucaristìa a note coppie sodomitiche, divorziati, conviventi, massoni; udienze papali, “in pompa magna”, a esponenti dell’ateismo abortista internazionale definiti “grandi personalità al servizio del bene sociale” (Pannella, Bonino, Scalfari, Marino e altri di simil pelo).
Pochi, ma significativi, esempi del degrado in cui la Cattolicità sta continuamente scivolando senza che alcuno della Gerarchìa osi intervenire con santo zelo, quello che spinse Gesù a cacciare, a scudisciate, i mercanti dal Tempio. A costoro che, pavidi, se ne stanno rintanati, val bene rammentare le parole del profeta. “Guai a me, perché ho taciuto!” (Is. 6, 5).
– di Luciano Pranzetti
https://www.riscossacristiana.it/le-chiese-non-vengono-profanate-quando-sono-vuote-ma-quando-sono-riempite-da-fedeli-e-sacerdoti-senza-fede-di-luciano-pranzetti/
Riceviamo e pubblichiamo l'appello che un lettore ha ricevuto dal priore di un ordine monastico filotradizionalista, che per timore delle solite persecuzioni da parte dei soliti vescovi, chiede di rimanere anonimo.
Il loro grande desiderio è quello di fondare una Congregazione monastica a Roma, e a tale scopo cercano disperatamente un Canonista disposto ad aiutarli senza compenso, a causa della loro condizione e voto di povertà, essendo di stretta osservanza.
Ci rendiamo perfettamente conto che si tratta di un impresa a dir poco folle, se non impossibile, vista l'aria di "miserikordia" che tira... loro ne sono perfettamente coscienti, ma sostengono a buona ragione che per Dio nulla è impossibile; del resto altre realtà religiose, come ad esempio l'Ordine dei Salesiani, quando era solo un idea nella testa di San Giovanni Bosco appariva come vaneggiamenti di un folle.
Spargete la voce e proviamo ad aiutare questi bravi monaci, che altro non desiderano che "...il permesso canonico di vivere e morire come fedeli monaci figli e figlie della Santa Madre Chiesa di Roma, vicino alla Cattedra e all'ombra di Pietro" (cit.).
Non è previsto un compenso, certamente, ma le preghiere di questi monaci saranno una grande ricompensa perchè attireranno le Grazie Divine sulle persone che vorranno aiutarli.
Cercasi Canonista
Riceviamo e pubblichiamo l'appello che un lettore ha ricevuto dal priore di un ordine monastico filotradizionalista, che per timore delle solite persecuzioni da parte dei soliti vescovi, chiede di rimanere anonimo.
Il loro grande desiderio è quello di fondare una Congregazione monastica a Roma, e a tale scopo cercano disperatamente un Canonista disposto ad aiutarli senza compenso, a causa della loro condizione e voto di povertà, essendo di stretta osservanza.
Ci rendiamo perfettamente conto che si tratta di un impresa a dir poco folle, se non impossibile, vista l'aria di "miserikordia" che tira... loro ne sono perfettamente coscienti, ma sostengono a buona ragione che per Dio nulla è impossibile; del resto altre realtà religiose, come ad esempio l'Ordine dei Salesiani, quando era solo un idea nella testa di San Giovanni Bosco appariva come vaneggiamenti di un folle.
Spargete la voce e proviamo ad aiutare questi bravi monaci, che altro non desiderano che "...il permesso canonico di vivere e morire come fedeli monaci figli e figlie della Santa Madre Chiesa di Roma, vicino alla Cattedra e all'ombra di Pietro" (cit.).
Non è previsto un compenso, certamente, ma le preghiere di questi monaci saranno una grande ricompensa perchè attireranno le Grazie Divine sulle persone che vorranno aiutarli.
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