ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 4 aprile 2019

Una finestra di Overton rovesciata?

NOBILE: PERCHÉ NON CREDO A CHI CRITICA VERONA. UNO “SCANDALO” OTTIMO E NECESSARIO.


Cari Stilumcuriali, l’eco del Congresso di Verona non si è ancora spento. Un verso scandalo, di quelli buoni, perché ha messo in luce ancora una volta l’odio e la protervia verso la famiglia di ampi settori della sinistra, gli empiti censori della cultura che si auto definisce progressista, la malafede conclamata dei grandi giornali, e dei piccoli giornalisti, la penosa afasia di una Chiesa – al meglio – tartufesca. E dei benpensanti radical-chic che in carenza di altro si scandalizzavano perché qualcuno aveva la riproduzione di un feto di undici settimane in gomma. Già perché scandalizzarsi? Non è mica un ‘immagine oscena. È come siamo stati tutti – abortisti compresi – in una certa fase della nostra esistenza. Ma la cultura del femminismo, della sinistra e delle una di troppo si basa proprio su questo: sul non dire, sul nascondere, in fondo sul mentire; perché non si ha il coraggio di guardare negli occhi quella che è la realtà delle cose. Su Verona ci ha mandato una sua riflessione Agostino Nobile. Buona lettura.

                      Perché non crediamo a chi contesta il Congresso delle Famiglie
L’ex presidente del Senato Laura Boldrini ha definito “semplicemente mostruoso” il gadget di gomma che rappresenta un feto, perché manda un “messaggio terribile” alle donne che decidono di abortire e vengono chiamate “assassine”. Prima degli anni ’60 i contestatori molto spesso facevano riferimento alla scienza per accusare chi non la pensava come loro, anche se spesso erano riferimenti taroccati. Oggi la scienza è stata rimpiazzata dall’opinione e dalle emozioni.
Che l’aborto sia un omicidio non è un punto di vista, è scienza. Il professore dottor Bernard Nathanson, responsabile di 75mila aborti, in una sua famosa dichiarazione che si può trovare su internet   tra l’altro affema: «Con la tecnica moderna possiamo trattare all’interno dell’utero molte malattie e praticare più di 50 tipi di chirurgia. Sono stati questi argomenti scientifici che hanno mutato il mio modo di pensare. Il fatto che l’essere concepito è un paziente che può essere sottoposto a un trattamento significa che è una persona, e come tale ha diritto alla vita e noi dobbiamo preservarla. Quando si permette un aborto permettiamo un atto deliberato di distruzione e pertanto un crimine. Come scienziato, non è che io credo, ma io so per certo che la vita inizia nel momento del concepimento e deve essere inviolabile. Considerando che non professo nessuna religione, penso che ci sia una Divinità che ci ordina di porre fine a questo triste, vergognoso atto criminale contro l’umanità. Se non ne usciremo vittoriosi la Storia non ce lo perdonerà mai». Più tardi, nel 1996, il professor Nathanson, ateo e ebreo di nascita, ha ricevuto il battesimo nella Chiesa Cattolica.
Quindi la signora Boldrini & C, con consapevolezza o meno, dicono il falso. Fanno inoltre finta di ignorare quelle case farmaceutiche e fabbriche di cosmetici che annualmente macinano milioni di feti. È forse questo il motivo per cui sono incattiviti con chi cerca di fermare l’aborto, o vuole dare una sepoltura degna a queste creature?
Quando si parla di falsi non possiamo non ricordare la senatrice del PD, signora Cirinnà, che in occasione del Congresso ha affermato: «La libertà e l’eguaglianza delle donne e di tutte le famiglie si costruisce con politiche sociali attente alle concrete condizioni di vita, che garantiscano parità salariale, congedi parentali paritari, misure di sostegno alla prima infanzia e di promozione della conciliazione tra lavoro e vita familiare». Cose che il PD in anni di governo non ha fatto, promuovendo genderismo, madre surrogate e immigrazionismo. Tanto più che in un suo famoso cartello che posta fieramente sui social, scrive “Dio-Patria-Famiglia che vita de merda”. L’esatto contrario della mielosa affermazione sulla famiglia.
Nel Congresso appena terminato don Fortunato di Noto ha parlato della piaga della pedofilia, ma non mi sembra che si sia affrontato il tema di un’altra perla anti famiglia. Stiamo parlando della più grande e nefasta produzione mediatica: la pornografia, causa prima, insieme alla droga, della decadenza sociale. Oggi anche i bambini posso accedere ai siti porno. Mariti e mogli si dilettano più col porno che col corpo, e se non si sposano e non figliano il motivo è da ricercare anche in questo tsunami di genitali. Perché i governi non fanno nulla per oscurare questi siti?
Migliaia di femmine giovanissime, giovani e meno giovani, perché drogate o perché psicologicamente e moralmente deboli, per pochi dollari sono costrette a interpretare ruoli aberranti. In questo ambiente l’alcol, le droghe, la depressione e i suicidi sono all’ordine del giorno, soprattutto tra le donne. Ma non ci risulta che le signore progressiste come Boldrini e Cirinnà abbiamo mai espresso un pensiero su questo devastante sfruttamento psicofisico.
Ora, se sommiamo le false affermazioni dei nostri contestatori abortisti, i feti vivisezionati e venduti, la maternità surrogata, la famiglia “de merda”, il silenzio sulla macelleria pedopornografica e pornografica, come risultato abbiamo l’Odio. Un irrefrenabile disprezzo per la donna, il bambino e la famiglia, a cui si sono accodate milioni di ingenue convinte di promuovere la libertà della donna. Ma libbertà de che?  Non hanno capito che il loro disprezzo porta acqua alla peggiore forma di società tribale, dove, per le ragioni su descritte, la donna diventa un vuoto a perdere?
Molti africani che arrivano in Europa ostentatamente affaticati e affamati, possiedono uno smartphone. Uno dirà, per chiamare le famiglie rimaste in Africa. Beata ingenuità. I continui stupri che si consumano in Italia e in Europa hanno un’unica matrice: la pornografia diffusa attraverso i computer e gli smartphone. Molti africani credono, come mi conferma un conoscente arabo, che questi macelli anti donna rappresentino la femmina europea. Ne sono talmente convinti che ogni giorno si macchiano di un numero imprecisato di stupri. Stuprano anche gli occidentali, si dirà. Ma con i nuovi arrivi il numero degli stupri ha raggiunto percentuali mai viste, anche perché per i musulmani le donne non islamiche possono essere usate come oggetto di piacere senza infrangere la dottrina coranica.
Come previsto i progressisti, fino a Di Maio, in questi giorni hanno utilizzato i secoli medievali con disprezzo. Checché ne dicano il Medioevo non era maschilista né oscurantista. In quei secoli i Trovatori e i Trovieri (i primi cantautori della storia) creano la poetica dell’amor cortese che, attraverso diverse forme musicali, sono sopravvissute fino al ‘900 nelle canzoni rock/pop.
Negli anni 60’ sono arrivati i contestatori e i cantautori più o meno depressi e repressi, seguiti a ruota dalle femministe e dagli scontenti della società. Tra melodie più o meno piacevoli, non hanno pensato di risolvere i loro problemi esistenziali con l’amore, bensì creando conflitti tra figli e genitori, donne e uomini, professori e studenti. Parola d’ordine: libertà. Una libertà che ha portato alla macelleria umana di cui abbiamo parlato. A meno che non si voglia pensare che la più alta percentuale dei depressi della storia che ha raggiunto la nostra società non sia causata dal surriscaldamento terrestre.
Dato che la musica, come la letteratura e le arti rappresentano i costumi della società in cui nascono, concludiamo tornando all’amor cortese medievale. Tra il 1070 e il 1220 i trovatori e i trovieri erano costituiti anche da donne, che dedicavano le loro poesie in musica al loro amato, marito o amante. In un testo la trovatrice Beatrice, contessa di Dia, canta:
….Vorrei a sera tenere il mio cavaliere
tra le braccia nudo e ch’egli provasse soddisfazione
se solamente gli servissi da cuscino.
Parole che potrebbero essere scritte oggi… se non ci fosse l’eterofobia idrofoba femminista che punta il dito su tutto ciò che unisce e produce vita. Se una donna oggi scrivesse “ch’egli provasse soddisfazione se solamente gli servissi da cuscino”, sarebbe costretta, come minimo, a espatriare con parrucca e baffi.
A fine ‘900 i testi conflittuali hanno prodotto canzoni grottesche. Marilyn Manson vende milioni di copie con testi di ampio respiro:
Ci hanno detto che il peccato non è buono
ma noi sappiamo che è meraviglioso
tempo di guerra, droghe integrali, serbatoio di sesso
corazza di piastre 
bang, lo vogliamo, bang, lo vogliamo
bang bang bang. 
Più o meno il ritratto del pensiero di chi contesta la famiglia naturale e la vita.
Agostino Nobile
Marco Tosatti

4 Aprile 2019 Pubblicato da wp_7512482 9 Commenti --

Né diritto, né acquisito

Tra le varie amenità ascoltate a commento dei lavori del Congresso Mondiale della Famiglia appena conclusosi a Verona, ve n’è una che vorrei che non fosse lasciata passare senza un commento. Agli organizzatori è stato domandato in conferenza stampa se intendessero mettere in discussione i diritti acquisiti, in primis il diritto d’aborto. Si tratta di una domanda nonsense, ma tesa a cercare di rendere la risposta una pretesa assurda e a spingere l’interlocutore ad auto-censurarsi.
Ma certo, ogni pro-life dell’Universo non si limita a mettere in discussione l’aborto, ma ha l’obiettivo di abrogare le leggi abortiste, perché sa che così facendo un numero enorme di bambini vengono strappati alla morte. Non è un caso che 4 ginecologi su 5, in Italia, così come negli USA, non praticano l’aborto.
Diritti? Acquisiti? Vediamo di esaminare entrambi gli aspetti. Ogni persona aperta alla ragione e alla scienza riconosce nell’aborto non un diritto, ma un delitto, anzi, un abominevole delitto, per usare l’espressione adottata dai padri conciliari. Una legge intrinsecamente ingiusta come quella che priva della vita e del diritto ad esistere un essere umano, non obbliga, perché non è legge, ma sua corruzione.
Dunque di quale diritto stiamo parlando? Del diritto di autodeterminazione realizzato mediante l’eterodeterminazione del bambino a morire? Del diritto sul proprio corpo, attuato mettendo le mani sul corpo altrui, quello del bambino? Il diritto alla salute? Beh, non è che il bambino abortito goda di molta salute. Allora non rimane che un solo diritto: il diritto del più forte sul più debole. La legge però non è fatta per fornire copertura all’arbitrio, ma per garantire la giustizia anche al più debole.
La legge sull’aborto non è più diritto di quanto lo fosse il diritto a sterminare gli ebrei rivendicato dai nazisti, o di possedere schiavi nelle piantagioni degli Stati del sud degli Stati Uniti invocato dai grandi latifondisti. Sì sono stati acquisiti, ma questo non significa che non siano revocabili. Parafrasando Giovanni Falcone, l’aborto “è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine”. Sì, è stato acquisito, ma le misure legislative negli Stati del Mississippi, Kentucky e Georgia e quelle simili che si profilano in altri Stati, come Florida, Missouri, Ohio, Tennessee Texas, dove le nuove leggi approvate dichiarano illegale abortire quando inizia il battito cardiaco (rendendo di fatto illegale l’aborto), mostrano che tornare indietro è possibile. È stato fatto in Polonia, in Cile, in Salvador, le numerose leggi limitative dell’aborto approvate nel corso degli anni dai repubblicani americani sotto la spinta del movimento pro-live, indicano che il delitto è revocabile.
Dobbiamo seguire questo movimento, dobbiamo dare il via ad una finestra di Overton rovesciata: ciò che oggi è impensabile, l’abrogazione della legge abortista, diventi progressivamente un’istanza prima accettabile poi sensata, poi ancora diffusa ed infine la nuova legge che vieta l’aborto. Siamo all’inizio del percorso, ma il primo passo, il più difficile, è stato compiuto. Le marce per la vita, i manifesti cubitali dei bambini concepiti, il provvidenziale Congresso di Verona e la marcia finale sono la prima tappa. I nemici della vita lo sanno, per questo sono impazziti e ricolmi di odio. Ora il prossimo passo sarà il premere affinché l’abrogazione della legge sia inserita nella piattaforma programmatica dei partiti storicamente amici. Ci vorrà tempo, ci saranno resistenze fortissime, ma ciò che hanno fatto i pro-life americani col partito repubblicano è replicabile in Italia. Moltiplichiamo gli sforzi, un giorno, a Dio piacendo, saremo ricordati dalla storia come i cavalieri che fecero l’impresa.

Cosa è gettato

Permettetemi, a suggello di quanto abbiamo detto finora sugli avvenimenti dei giorni scorsi, di proporvi una pagina di Ortodossia di Chesterton. Come al solito, ci si domanda come più di cent’anni fa avesse potuto inquadrare con tanta precisione il momento presente. E la risposta non può essere che una sola. L’uomo di ogni tempo è sempre lo stesso.
“Questa si può definire l’essenza dell’antica ortodossia (…). Il suo vantaggio fondamentale è essere la più avventurosa e virile di tutte le teologie. Il suo svantaggio fondamentale è di essere semplicemente una teologia. Si può sempre affermare contro di essa che, per sua natura, sia arbitraria e campata in aria. Ma non è così in alto da impedire ai più grandi arcieri di trascorrere la vita intera a cercare di colpirla con le loro frecce, le loro ultime frecce; ci sono uomini che si rovineranno e rovineranno la loro civiltà se potranno rovinare anche questo vecchio fantastico racconto.
L’ultimo e più sorprendente fatto di tale religione è questo: i suoi nemici useranno ogni arma contro di essa, spade con cui si taglieranno le dita e torce infuocate con cui incendieranno le proprie case. Gli uomini che iniziano a combattere la Chiesa per amore della libertà e dell’umanità finiscono per gettare via la libertà e l’umanità pur di combattere la Chiesa. Questa non è un’esagerazione. Potrei riempire un libro con gli esempi che Blatchford ha addotto, alla stregua di un qualsiasi detrattore della Bibbia, per provare che Adamo non era colpevole del peccato contro Dio. Per  sostenere tale assunto ha affermato, come una semplice questione marginale, che tutti i tiranni, da Nerone a re Leopoldo, non si sono macchiati di alcun peccato contro l’umanità. Conosco un uomo che ripone così tanta passione nel voler dimostrare che non vi è alcuna esistenza dopo la morte da arrivare a rifiutare la sua esistenza attuale. Costui invoca il buddhismo e dice che tutte le anime si annullano una nell’altra; allo scopo di dimostrare che non può andare in paradiso, dimostra che non può andare nemmeno a Hartlepool. Ho conosciuto persone che hanno protestato contro l’istruzione religiosa sollevando argomentazioni valide contro qualsiasi istruzione, dicendo che la mente dei bambini deve crescere liberamente o che gli anziani non devono insegnare ai giovani. Ho conosciuto persone che hanno dimostrato che non può esistere alcun giudizio divino dimostrando che non può esistere alcun giudizio umano, anche per fini pratici. Costoro hanno bruciato il loro grano per incendiare la Chiesa, hanno distrutto i loro strumenti per demolirla: qualsiasi bastone andava bene per menare fendenti, anche se era l’ultimo pezzo rimasto dei loro mobili sfasciati. Non stimiamo affatto, e difficilmente giustifichiamo, il fanatico che distrugge questo mondo per amore dell’altro. Ma che cosa dobbiamo dire del fanatico che distrugge questo mondo per l’odio che nutre nei confronti dell’altro? Sacrifica tutta l’esistenza dell’umanità alla non esistenza di Dio. Non immola le sue vittime su un altare, ma le offre solo per affermare l’inutilità dell’altare e il trono vuoto. È pronto ad annientare persino l’etica primaria per cui tutte le cose vivono, per la sua strana ed eterna sete di vendetta su qualcuno che non ha vissuto affatto.
Eppure, la cosa rimane sospesa nei cieli, intatta. I suoi detrattori riescono soltanto a distruggere tutto ciò che essi stessi avevano di più caro. Non distruggono l’ortodossia, distruggono solo il coraggio politico e quello del buonsenso. Non dimostrano affatto che Adamo non era responsabile davanti a Dio, come farebbero a provarlo? Costoro dimostrano soltanto (in base ai
loro pregiudizi) che lo zar non è responsabile verso la Russia. Non dimostrano che Adamo non avrebbe dovuto essere punito da Dio; provano soltanto che lo sfruttatore di loro conoscenza non dovrebbe essere punito dagli uomini. Con i loro dubbi orientali sull’individualità, non offrono alcuna certezza del fatto che non avremo una vita individuale nell’aldilà; l’unica
certezza che offrono è che non avremo una vita molto felice o completa in questo mondo. Con le loro allusioni spiacevoli secondo le quali tutte le conclusioni sono sbagliate, costoro non stracciano il grande libro delle buone e delle cattive azioni; rendono solo più difficile tenere i libri contabili di Marshall Snelgrove. La fede è la madre di tutte le energie del mondo, ma i
suoi nemici sono i padri di tutta la confusione che regna nel mondo. I laicisti non hanno distrutto le cose divine, ma hanno distrutto le cose laiche, se questo li può consolare. I Titani non hanno scalato il paradiso, ma hanno devastato il mondo.”
G. K. Chesterton, “Ortodossia”, ed. Lindau
Le parole di Chesterton sono realtà pratica, verificabile. Oggi lo sfacelo è molto più chiaro di ieri. Eppure pare che la verità sia diventata indicibile. In nome della libertà di seguire una menzogna si nega la libertà di dire la verità. Se il desiderio è la sola guida dell’esistenza, tutta la vita non è che sogno. Però un sogno da cui non ci si può svegliare si chiama incubo.
Le leggi di oggi sono l’impensabile di ieri e saranno l’assurdo di domani. Ma la famiglia, il matrimonio, la vita non sono tali perché una legge li fa o li disfa. Le leggi degli uomini non sono altro che note in calce al gran libro del mondo.
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Soldato non ricattabile: il popolo di Verona ai raggi X
Il popolo che ha marciato a Verona ha poche idee, ma sane e chiare in testa: no ad aborto, eutanasia, fecondazione artificiale, divorzio, omosessualità, unioni civili e indottrinamento gender nelle scuole. Non ammette eccezioni, non è ricattabile, vuole fatti e non parole. E' un soldato dei principi non negoziabili, che non vuole partiti o associazioni in cui intrupparsi, ma cerca generali che lo guidino alla vittoria. I quali però oggi non ci sono e se ci sono, litigano tra di loro. 
Molti se non moltissimi hanno parlato dei relatori e degli organizzatori dell’appena concluso Congresso Mondiale delle Famiglie. Ma forse ben più importante di chi ha parlato è chi ha ascoltato. Qual è la carta di identità non solo di chi ha partecipato fisicamente al Congresso e alla marcia conclusiva, ma di tutti coloro che si sono riconosciuti nei principi ispiratori di tale evento? Proviamo ad indicare i segni particolari di questo popolo pro family e pro vita.
In primo luogo è un popolo che ha poche idee, ma sane e chiare in testa. No all’aborto, all’eutanasia, alla fecondazione artificiale, al divorzio, all’omosessualità, alle unioni civili e all’indottrinamento gender nelle scuole. In secondo luogo questi “No” non ammettono eccezioni. Chi reggeva striscioni e bandiere domenica sfugge istintivamente a qualsiasi compromesso. Non ci sono bilanciamenti di interessi contrapposti che tengano, né casi pietosi, né falso rispetto umano che possano far piegare la testa. L’opportunismo ammantato da realismo politico non lo fa fesso. Annusa lontano un miglio i doppiogiochisti
In terzo luogo la chiarezza di idee porta a limpidezza nell’agire. Vuole fatti, non parole. Dato che le leggi che hanno approvato aborto, eutanasia, divorzio e unioni civili sono ingiuste, vanno prima o poi abrogate. Il pro life & family del 2019 non è un ingenuotto: sa bene che ciò non può avvenire domani, ma marcia in quella direzione perché avvenga dopodomani. E’ persona concreta e aspetta che qualcuno lo mobiliti per battaglie importanti. Ad esempio perché non indire una raccolta firme per appoggiare il ddl Gasparri che vuole riconoscere soggettività giuridica al concepito? Si tratta in fondo di uno dei punti programmatici indicati nel comizio al termine della marcia di domenica. Il militante con passeggino che abbiamo visto sfilare non vuole che il fuoco del Congresso si spenga. Mobilitiamolo.
Però non c’è solo la politica. Il difensore dei principi non negoziabili è persona che non sta con le mani in mano: legge e approfondisce, raccoglie firme e firma lui stesso appelli, inoltra notizie trovate in internet ad amici e parenti, è membro di gruppi di volontariato e associazioni, appoggia il don della propria parrocchia, ma anche tutti coloro che sente alleati, viaggia in lungo e in largo per l’Italia insieme ai suoi “anta” e più anni, di solito in compagnia di vecchi acciacchi, per seguire conferenze, meeting, per partecipare a pellegrinaggi a favore della vita e della famiglia. Si spende senza riserve, ma non si perde nel vuoto attivismo, si indigna quando occorre indignarsi, ma l’indignazione non spegne mai sul suo volto il sorriso. Ha ben compreso che va condannato l’errore, ma l’errante deve essere sempre accolto. E quindi lo trovi nei Cav e nei gruppi famiglia. E’ dunque testimone coerente e credibile, anche perché lui ha figli e grane connesse e non parla – quando parla perché è di poche parole – per sentito dire. Uno così non lo puoi ricattare in nessun modo. Uno così quando lo guardi, avesse in mano anche solo la V elementare, ti fa la radiografia subito, ti mette a nudo per quello che sei e per quello che vali perchè portatore sano di buon senso distillato in purezza. Davanti ad uno così ti senti piccolo piccolo perché è un gigante di umiltà.
Il militante pro family & life non vuole essere generale, ma soldato. Però c’è il problema che è in cerca di generali. Li cerca tra gli uomini di Chiesa e tra i laici, ma non li trova. Questa è stata una delle richieste più importanti che sono venute dall’ultimo Family day ed è la stessa richiesta che, implicitamente, è giunta dall’uditorio del Congresso di Verona. Il soldato dei principi non negoziabili non vuole un partito, né una ennesima associazione in cui intrupparsi. Cerca qualcuno che lo guidi alla vittoria. Non solo, ma vuole generali coerenti: vuole che il cuore dei capi batta all’unisono con il suo. Il veleno peggiore per costoro è accorgersi che il proprio paladino il giorno prima afferma chiaro e tondo che la 194 è una legge omicida e il giorno dopo chiede che venga applicata bene. Il tradimento è la più bruciante ferita che molti di costoro si portano nel petto. Da qui una constatazione: esiste un evidente scollamento tra la base – come si usa dire – e i vertici. E i vertici sono i politici, la gerarchia della Chiesa e pure i responsabili di associazioni e movimenti (ovviamente non tutti). Per la maggior parte latitanti o peggio nemici. Per paradosso il fedele, come il tesserato del partito e l’appartenente ad associazioni e movimenti, era a Verona, ma i loro capi no.
I generali a ben vedere pure ci sono – il Congresso ne ha offerto un ampio catalogo: ne basterebbero la metà per cambiare il mondo – ma non si mettono d’accordo su cosa fare e ognuno marcia per conto suo. Attualmente il cancro principale del movimento pro family & life italiano è proprio la divisione interna, a volte sui principi, più spesso sulle strategie. In merito a queste ultime pare rinvigorirsi in queste ore una consegna implicita: vietato chiedere l’abrogazione delle leggi ingiuste, in primis la 194. Ma se è il tuo stesso nemico che ti mette in bocca questa richiesta perché non lo fai tu che sei cattolico? Cosa c’è di più ovvio che un cattolico chieda la cancellazione di una legge omicida? Hai paura di bruciarti politicamente e sul piano ecclesiale? Ma siamo stati arsi già da molto tempo sul rogo dell’inquisizione laica e quindi perché preoccuparsi? Sei già pieno di fango lanciato dalle solite mani intolleranti e temi di inzaccherarti? Cosa hai dunque da perdere? Il mondo ci ha tolto tutto – ma non la fede – e chi è povero è fortissimo, perché non puoi togliergli più nulla, non può essere oggetto di ricatti e dunque è liberissimo.
Infine chi è venuto a Verona in questi giorni e chi con il cuore era lì presente sono persone di fede, limpida e semplice. Persone semplici, ma non sempliciotte perché profonde. La lotta per la vita e la famiglia viene sempre condotta con lo sguardo non solo verso l’altro, ma soprattutto verso l’alto. La visione trascendente è quella che riesce a motivare queste persone anche in mezzo a difficoltà, sconfitte, dolori e tradimenti. Sono persone che, prima di marciare, flettono le ginocchia davanti a Dio, l’unico vero generale che mai li abbandonerà per qualche poltroncina in Parlamento. Sanno che le loro mani possono poco, ma se quelle mani reggono un rosario possono molto e tutto in Cristo. Sono ben consapevoli che più forti delle leggi sono le preghiere e che più potente delle nazioni è la fede.
Il popolo della vita e della famiglia è un popolo di santi e di santi combattenti.
Tommaso Scandroglio
http://www.lanuovabq.it/it/soldato-non-ricattabile-il-popolo-di-verona-ai-raggi-x

Una serena ma ferma valutazione dell’evento di Verona

In alcuni commenti precedenti, ho espresso mie opinioni sull’evento di Verona. Ho mosso alcune critiche iniziali, ma al contempo ho invitato – e per questo sono stato criticato da determinati ambienti – alla partecipazione popolare visto il folle attacco in corso da parte delle forze avverse alla vita, alla morale e alla famiglia; e poi, dinanzi ad alcune dichiarazioni, e, soprattutto, mancate dichiarazioni, ho mosso critiche, forse anche in maniera appassionata e personale, ma proprio per questo sentita e onesta.
Ora, più a freddo e con ferma serenità, molto velocemente, mi permetto alcune schematiche considerazioni conclusive:
1) Tutto ciò che aiuta la difesa della vita, della famiglia naturale e del matrimonio cristiano e della retta morale privata e pubblica, deve essere fatto. E dobbiamo riconoscere il merito di chi si impegna costantemente in tal senso. Deve essere fatto certamente legalmente, serenamente (ma questo per il nostro mondo è fuori discussione), anche con gioia (marce ecc.), ma deve essere fatto e nella massima unità possibile.
2) Ma perché questa “gioia” sia vera e l’unità esista, sono necessarie alcune condizioni imprescindibili (come i nostri stessi valori), che nascono direttamente dall’azione negative delle forze nemiche di tutto questo (“à la guerre comme à la guerre”, dicono i francesi, ed è un assioma inevitabile):
a) La Legge 194 non può essere “criticata” ricorrendo all’usuale tecnica della mancata piena applicazione; se l’aborto è omicidio, la 194 è legge omicida, e in quanto tale va abolita completamente; non è possibile, per un cattolico, scendere a compromesso con questo assioma.
b) La Legge Cirinnà (quando il nome è marchio di garanzia…) sulle unioni civili non può essere accettata da chi si professa cattolico; ci dimentichiamo che solo fino a qualche decennio fa tutto questo mondo non esisteva, tutti questi problemi non si ponevano, per la semplice ragione che esiste da sempre la libertà personale e pertanto ognuno agisce nella vita privata come crede, nei limiti della legge; invece, il riconoscimento delle unioni civili porta conseguenze – e non c’è certo bisogno che approfondisca io il tema, avendolo fatto da decenni un esercito di studiosi, fra cui anche chi oggi invece sostiene di non voler toccare questa legge – sociali, familiari e umane moralmente inaccettabili, soprattutto per i bambini; pertanto, una qualsiasi azione per la famiglia non può essere “benevola” o “neutra” verso la legge Cirinnà o qualsiasi legislazione sulle unioni civili e sulle loro conseguenze; una qualsiasi azione per la difesa della famiglia naturale deve richiedere l’abolizione della Legge Cirinnà.
c) È assolutamente moralmente inaccettabile che in un documento finale ufficiale di cotanto evento si parli di difesa dalla “discriminazione dell’orientamento sessuale”, dimostrando in tale maniera un cedimento ingiustificabile e davvero inaccettabile sia al linguaggio orwelliano del Nuovo Ordine Mondiale, sia all’azione pratica delle forze ad esso asservito: cosa vuol dire in concreto questa affermazione, se non l’accettazione – e perfino la difesa! – delle unioni civili e, di principio, dello stesso genderismo, conseguenza logica inevitabile di tale posizione, come chiunque dei nostri avversari ovviamente affermerebbe (e a ragione…)?
Chiedo a chi lo ha scritto: esiste davvero un “orientamento sessuale”? Ma davvero siamo arrivati a questo punto di cedimento?
Senza voler andare oltre (ci sarebbe ancora da dire), già tutto questo ci impone di porci delle domande fondamentali e urgenti, che mi permetto di rivolgere sia ai capi che al popolo:
Ai capi:
1) A cosa serve marciare, fare festa, andare sotto il sole con i bambini, palloncini, tutti sorridenti, tutti con tanta voglia nel cuore di difendere i nostri sacrosanti valori e beni, se poi non si condanna chiaramente e senza compromessi la Legge 194, non si chiede la revoca della Legge Cirinnà e addirittura si apre alla difesa dalle “discriminazioni dell’orientamento sessuale”, ovvero al gender? A cosa serve se accettiamo ciò che non esiste e proprio ciò che è stato inventato per distruggere la famiglia, la morale, la gioventù, l’umanità?
2) Al di là della festa popolare e di qualche assestamento “leaderistico” e organizzativo, a cosa serve tutto questo nel concreto, se aborto, unioni civili e gender non possono essere fino in fondo ragione di battaglia?
Al popolo:
3) A cosa serve fare finta di non vedere tutto questo? A cosa serve fare festa e poi calare un velo? Non è forse già accaduto tutte le volte nel passato (dai tempi di Piazza San Giovanni)? È utile prendersela con chi incalza per ottenere di più, con chi denuncia tali disfunzioni, solo magari per il gusto di non vedersi rovinata la festa?
Sia chiaro: qui nessuno vuole rovinare niente a nessuno. Anzi, si vorrebbe massima unità nella comune battaglia, si vorrebbe vedere un intero popolo in piazza non una volta ogni tre anni, ma “tre volte al giorno”, se fosse possibile. Si vorrebbe ottenere il massimo possibile, visto che ne va della vita dei bambini nel grembo delle madri, della famiglia naturale, della moralità e sessualità privata e pubblica, del futuro dei nostri bambini, della stessa sopravvivenza della società umana.
Questo si vorrebbe. Per questo ho detto di partecipare, soprattutto dinanzi alla vera e propria guerra scatenata dalle forze avverse. Ma per le stesse ragioni non mi è possibile tacere dinanzi a questi disfunzioni che reputo errori gravissimi, cedimenti inaccettabili. Anzi, qualora ripetuti e istituzionalizzati, diverrebbero veri tradimenti.
Qui c’è un errore morale insostenibile: quello del male minore. “Visto che non possiamo abrogare la 194, chiediamo la sua piena applicazione”. Ma questo atteggiamento è folle, e per due ragioni specifiche:
1) perché parte dal presupposto che i nostri avversari siano in buona fede, il che è semplice follia, appunto. Ma veramente pensate che applicheranno mai la 194 fino in fondo? Sono passati quarant’anni, l’hanno mai applicata fino in fondo? Ma davvero credete che tutto quel mondo voglia salvare i bambini? Ma non siamo ridicoli!
2) Ma la ragione più grave è quella di ordine morale: il machiavellismo di natura “democristiana” del compromesso. In tal modo, di fatto si accetta la legittimità della Legge 194, ovvero di una legge abortista e in quanto tale omicida. Ci si dimentica che se anche veramente fosse possibile – e sappiamo bene che non lo è – applicarla fino in fondo, ciò sarebbe comunque moralmente illecito agli occhi di Dio e della legge naturale. Pertanto, chi sostiene questo, se ne assume la responsabilità morale.
3) Inoltre: se anche si afferma questo (come l’accettazione delle unioni civili o addirittura la tutela dell’“orientamento sessuale”) allo scopo di finire in televisione per farsi conoscere, mi permetto di ricordare che anche questo è machiavellismo, e in quanto tale, inaccettabile moralmente e politicamente. E, ne sono convinto, anche inutile, nel senso di improduttivo. Si continua a fare finta di non capire chi siano i nostri avversari. Si continua ovvero a fare il ridicolo errore di ritenerli “confusi”, ma in buona fede. Si continua, per ragioni che non spetta a me giudicare, a fare i finti tonti, senza invece guardare in faccia alla realtà per quella che è, senza ammettere chi siano veramente i nostri nemici.
Nemmeno ora che sono venuti in piazza a manifestarsi apertamente nel modo che sappiamo.
Purtroppo, ci si ostina a seguire le indicazioni e i piani di chi dovrebbe essere in piazza ogni giorno per trascinare un intero popolo alla salvezza e produrre documenti ed esortazioni e invece si nasconde nei palazzi condannando ogni manifestazione – perfino le più pavide e innocue – pur di non dar fastidio al potere, con “distinguo” cervellotici quanto patetici. Purtroppo, si fa finta di non capire che più si segue costoro, più si tradiscono tutti gli ideali per i quali un intero mondo si batte. E si tradisce il Bene e la civiltà.
Fino a quando si continuerà in questo macabro gioco?
Se vogliamo difendere la vita dal concepimento alla morte naturale (tra poco bisognerà anche in Italia occuparsi di salvare le vite dall’eutanasia), la famiglia e la morale naturali e cristiane, la “mens” e la corretta sessualità dei nostri bambini, la sopravvivenza della società, occorre essere uniti, ma per essere uniti occorre essere assolutamente chiari e coerenti fino in fondo, evitando ogni cedimento di principio. Soprattutto, evitando i cedimenti al sistema mentale trans-umano della Rivoluzione antropologica.
Il “cedimento” per non apparire “esagerati” e trovare spazio nei media è l’ariete di sfondamento del nemico nella nostra cittadella.
Quelle parole in quel comunicato, sono peggio di una bomba atomica buttata su Verona. E non è possibile non capire da dove ne provenga l’ispirazione… Lo vogliamo capire, accettare, dire, o no? Sarebbe molto opportuno e saggio vedere una netta rettifica e ritrattazione.
Lo diciamo non per dividere o per fare critica inconsistente, ma per unire. Ben conoscendo il prezzo da pagare per noi: ma chiunque ama il Bene e la Verità, sa sempre quale sia il prezzo che deve pagare.
Perché solo la Verità può unire e renderci veramente liberi.
https://www.confederazionetriarii.it/una-serena-ma-ferma-valutazione-dellevento-di-verona/
Sì, ma infondo cos’è la famiglia se non “L’ultimo baluardo resistenziale rispetto alla logica atomizzante del turbocapitale globalista [1]?”.Visto che in precedenza ne ho parlato bene, nessuno se ne vorrà se in questa occasione ne evidenzio i limiti, o i motivi di dissenso che dir si voglia. L’avrete riconosciuto dalla citazione, una delle tipiche asserzioni che potevano uscire solamente dalle labbra di Diego Fusaro.
Il noto e simpatico filosofo, famoso soprattutto per il pensiero non allineato e l’eloquio ricercato, in bilico tra lo straordinariamente efficace e la caricatura di se stesso, si è espresso essenzialmente a favore delle istanze tornate alla ribalta in seguito al Congresso delle Famiglie di Verona, ma con alcune riserve.
In uno degli innumerevoli video con cui ogni giorno invade la rete, il giovane intellettuale ha evidenziato come secondo lui la battaglia in favore della famiglia naturale, di per sé sacrosanta, sia stata portata ad eccessi inopportuni, verso lotte che poco hanno a che vedere con l’obiettivo primario e tali da nuocere alla battaglia stessa, “portando a una brusca virata verso una reazione che nulla ha a che vedere con il processo di emancipazione del genere umano”. Si riferisce in particolare alla riesumata questione della revoca della legge sull’aborto e alle posizioni ritenute intransigenti in quanto giudicanti l’omosessualità essere “contro natura”. Tutte cose da lui ritenute “esiziali”, ovvero deleterie, nocive alla causa.
Non interessa qua analizzare quanto ci sia di effettivo nella presunta virata e quanto invece di spauracchio enfatizzato dai media; l’aspetto che ci preme è constatare come lo studioso stavolta sbagli nel merito, su entrambe le questioni.
Se anche vi fosse stata una “viratina” contraria al “processo di emancipazione del genere umano”, sarebbe stata tutt’altro che esecrabile, perché contrariamente a ciò che fa intendere il nostro pensatore, è proprio questo processo che andrebbe fermato. Da cosa dovrebbe emanciparsi l’uomo, oggi che in molti ambiti ha a disposizione ben più libertà di quelle di cui sarebbe legittimato ad usufruire? Appare piuttosto chiaro che oltre alla doverosa emancipazione dalla schiavitù del capitale finanziario, il nostro auspichi in certa misura anche l’emancipazione dalle leggi di natura, palesando con ciò la sua funesta, inespungibile formazione progressista e rivoluzionaria.
“La legge sull’aborto così com’è, in estrema sintesi, mi pare corretta e giusta,  in ragione del fatto che l’aborto è giusto combatterlo, ma non si pone fuori legge pensando di combatterlo. Ponendolo fuorilegge sopravviverà in altre forme clandestine come è sempre stato e a nocumento soprattutto delle famiglie più deboli economicamente”.
Fusaro, che solitamente ha il merito di essere additato come colui che canta fuori dal coro, in questa occasione si intruppa nella corrente del più comune mainstreamismo, manco fosse un qualsivoglia editorialista di “rotocalchi turbomondialisti” del Gruppo l’Espresso, di RCS, o degli insipidi fogli CEI.
“La lotta contro l’aborto deve essere una lotta culturale, paideutica vorrei dire; non basta porlo fuorilegge”.
Speriamo che quando suonerà l’adunata dei combattenti per fare la lotta paideutica non occorra conoscere il significato del termine, altrimenti temo non si potranno avere aspettative troppo elevate su una possibile vittoria. Scherzi a parte, è certo che “non basta porlo fuorilegge” l’aborto, ma è imprescindibilmente necessario farlo, almeno quanto la battaglia culturale. Che poi anche le leggi fanno parte di una cultura, e al contempo contribuiscono a crearla. Una vera cultura antiabortista, che non sia solo un ecclesial coacervo di buoni sentimenti, deve necessariamente portare a leggi antiabortiste, le quali a loro volta rafforzeranno la cultura che le ha generate, ricordando a tutti che quello è un crimine. Nientemeno.
“In secondo luogo, sono stati invitati non seri studiosi che potessero discettare di temi famigliari ma sono stati invitati spesso personaggi che, a mio giudizio, poco o nulla hanno a che vedere con una lotta culturale. Penso a personaggi africani che addirittura nel loro paese sono forieri di discriminazione e di reclusione per gli omosessuali; penso ad americani che sostengono essere l’omosessualità una barbarie e follie di questo genere”.
Vorrei far presente all’atarassico Diego che per parlare in modo sensato di famiglia non è necessario essere seri studiosi, anzi, forse oggi la seriosità disciplinare contribuisce ad estraniarsi dalla realtà portando ad ignorare l’evidenza, che è chiarissima ai semplici. Non è nemmeno necessario essere americani per giudicare come barbarie una società che accolga le marziane rivendicazioni omosessualiste; se questa è follia, prepariamoci a farci internare. Quando accadrà, parafrasando Guareschi diremo che: «Per rimanere sani di mente bisogna, a un bel momento, prendere senza esitare la via del manicomio.»[2]
Ma il peggio viene adesso:
“L’omosessualità è perfettamente secondo natura ed esiste come eccezione all’interno di una società umana che si basa sul modello eterosessuale e che tuttavia contempla anche la presenza dell’omosessualità come eccezione degna del pieno rispetto”.
Fusaro sembra incredibilmente cadere nell’errore naturalista per cui tutto ciò che si verifica spontaneamente è da considerarsi “secondo natura”; ma se è così per il regno vegetale e quello animale, dovremmo sapere che altrettanto non si può dire per l’uomo, il cui fine, con Zenone, è: “il vivere in accordo con la natura, cioè vivere secondo virtú, perché la natura ci guida alla virtú.”[3]Non certo seguire ciecamente gli istinti, come gli animali, ma vivere secondo virtù, secondo ragione, secondo logos. A questo equivale per l’uomo vivere secondo natura. Checché ne dica “lo Hegel”.
Se uno prova istinti autolesionisti significa che c’è un grosso problema e che l’ideale sarebbe rimuoverlo, non che sia bene assecondare quell’istinto. L’omosessualità, nella sua tipica manifestazione, porta a comportamenti autolesionisti come è fin ovvio comprendere (anche se oggi a dirlo si rischia un processo).[4]Cosa significa se non che si tratta di un istinto dannoso, da non assecondare, e di un atto contrario alla ragione, alla virtù, al logos, alla natura umana?
Nessuno nega che esista in taluni un istinto omosessuale, ma occorre negare fermamente che questo sia secondo natura. Nessuno nega il rispetto e la dignità di tutte le persone in quanto tali, ma occorre negare fermamente il “pieno rispetto” verso un comportamento nocivo e affermarne l’indegnità rispetto all’uomo.
Il “modello eterosessuale” assunto dalla società non è uno tra i tanti adottabili, come ancora sembra trasparire dalle parole del filosofo, ma è IL modello col quale una società ha speranza di progredire, o perlomeno di non degenerare troppo. L’unico possibile.
Descrivendo come “degna del pieno rispetto” l’opzione omosessuale, Fusaro in fondo non si discosta molto da ciò che affermano, propongono e sostengono le “élite cosmopolitiche e demofobiche del turbocapitale globalista”, che egli tanto, e molto giustamente, depreca.
Affermare che “la famiglia sia l’ultimo baluardo resistenziale rispetto alla logica atomizzante del turbocapitale globalista” ed accettare quelle che rappresentano minacce nei suoi confronti di entità almeno pari rispetto al suddetto turbocapitale globalizzato e ad esso sinergiche, certamente è un errore, che forse chi non è dotato di fede nel Logos divino non riesce a vedere così nitidamente.
Èda condividere certamente l’idea che “la famiglia sia l’ultimo baluardo resistenziale rispetto alla logica atomizzante del turbocapitale globalista”, ma non possiamo fermarci solo a questo.
La famiglia è l’ultimo baluardo resistenziale rispetto al disfacimento della civiltà, processo per cui il globalismo finanziario è uno dei più potenti strumenti, insieme alla negazione del valore della vita nascente e alla celebrazione dell’inversione sessuale.
Provo a dirlo col suo linguaggio: il distinto filosofo testé citato, in codesta contingenza ha posato una leggiadra estremità del suo pregevole arto inferiore sopra una ciclopica, aulente e ragguardevole deiezione organica.
Già che ci siamo, non ci facciamo mancare nemmeno una riverente ma ferma osservazione ad un altro tra i pochissimi stimati filosofi contemporanei, che in un recente articolo pubblicato su Panorama sempre sullo stesso argomento, in mezzo a numerosi concetti altamente condivisibili ha affermato:
Dobbiamo abituarci a considerare prioritaria e indissolubile la famiglia verticale, e variabile la famiglia orizzontale: quel che non può mai essere revocato è lo status di padri, di madri, di figli, e dunque il loro rapporto fondato sulla natura e sul destino, mentre può essere revocato lo status di coniugati e l’unione di coppia.[5]
No, noi non ci vogliamo e non ci possiamo abituare alla variabilità del coniugio. Il vento ci soffia contro con forza inaudita, e se proprio non riusciamo ad avanzare, almeno staremo fermi cercando di tenere la posizione. Se arretriamo di un millimetro, è finita. Se accettiamo questa revocabilità (e come società lo abbiamo già fatto), firmiamo la nostra condanna a morte.
Perciò, con la fiducia dei bambini, contro ogni evidenza dei (mis) fatti, confidiamo che un giorno possa essere revocata la revoca. Aspettare, sempre. Accettare, mai. 
[2] L’originale, in “Chi sogna nuovi gerani?”è «Per rimanere liberi bisogna, a un bel momento, prendere senza esitare la via della prigione.»
[3] Della natura dell’uomo, Zenone, citato in Zenone, maestro di felicità, Utet.
 – di Marco Manfredini

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