Pentecoste e migrazioni
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«Siamo Parti, Medi, Elamiti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, stranieri di Roma, Ebrei e proseliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio» (At 2, 9-11).
Per la festa ebraica di Pentecoste si radunavano a Gerusalemme uomini di ogni parte del mondo allora conosciuto. Si trattava o di Ebrei della diaspora che, in occasione della Pasqua, si erano recati in pellegrinaggio nella Città santa o di pagani che, per mezzo dei primi, erano venuti a conoscenza della religione rivelata e l’avevano accolta. Il loro viaggio era stato dettato da ragioni puramente spirituali, mentre l’esilio del popolo eletto era stato causato da sciagure di immane gravità: la conquista e distruzione prima di Samaria, capitale del regno del Nord, ad opera degli Assiri (721 a.C), poi di Gerusalemme stessa da parte dei Babilonesi (586 a.C.), con le conseguenti deportazioni. Una parte del popolo, grazie all’editto di Ciro (535 a.C.), aveva potuto far ritorno nella sua terra per ricostruirvi il tempio e la città, ma anche il resto disperso manteneva con essa stretti legami.
La storia insegna che gli spostamenti di popolazioni non sono fenomeni spontanei né tantomeno indolori. Le ripetute emorragie italiane verificatesi negli ultimi due secoli furono causate da fattori tutt’altro che pacifici: prima le invasioni napoleoniche, poi l’unificazione forzata del Paese e le inique tasse del governo nazionale, infine due guerre mondiali… Anche oggi capita che milioni di persone abbandonino le loro terre, specialmente in Africa e in Medio Oriente, a causa di violenti conflitti, ma per ritrovarsi per lo più confinate in immensi campi-profughi dalle condizioni di vita disumane, dei quali non si parla mai. Chi invece si imbarca per entrare illegalmente nel nostro territorio paga il viaggio migliaia di dollari, oppure contrae un debito che lo obbligherà a lavorare gratis a tempo indeterminato per l’organizzazione mafiosa che lo traghetta da noi. È un vastissimo traffico di esseri umani, una nuova tratta degli schiavi dagli incassi favolosi.
Sostenere che si tratta di un fatto ineluttabile che andrebbe accompagnato e promosso significa fare gli interessi di potentissime organizzazioni criminali nonché quelli della massoneria internazionale, che se ne serve per raggiungere i propri obiettivi di disgregazione sociale e sostituzione dei popoli, perseguendo, attraverso di essi, l’instaurazione di un nuovo ordine del mondo, sinarchico e globale. Attaccare le forze politiche che si oppongono a questo disegno perverso significa istigare al suicidio collettivo, negando la realtà oggettiva a favore di una colossale menzogna cui non credono più neppure i bambini, a meno che non siano manipolati, a scuola e in parrocchia, da sinistri insegnanti e catechisti. Strumentalizzare la Sacra Scrittura e una festa cattolica fra le più importanti per ribadire fino alla nausea una posizione che si è rivelata fallimentare significa adulterare la fede, violare la coscienza dei credenti e perdere ogni residuo di credibilità rimasta.
Ogni uomo ha il diritto nativo e inalienabile di vivere dignitosamente nella propria terra d’origine, in seno al proprio popolo e in base alla propria cultura. Scambi e contatti tra terre, popoli e culture diverse si sono sempre verificati nella storia, ma in vista di un arricchimento reciproco, non di una rinnovata confusione babelica. La celebre torre biblica, in realtà, è una sintesi simbolica delle dottrine iniziatiche delle società segrete che governano il mondo, mentre la Pentecoste cristiana è appunto l’Antibabele, cioè il ritrovamento dell’unità e dell’armonia, ma non mediante programmi prometeici, bensì grazie alla fede nell’unico Salvatore di tutti e all’opera dello Spirito di verità. Terminato il discorso del primo Papa, «all’udir tutto questo si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: “Che cosa dobbiamo fare, fratelli?”. E Pietro disse: “Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo”» (At 2, 37-38).
Figli di Dio – come tutti sappiamo – non si nasce, ma si diventa con il santo Battesimo, che è necessario per la salvezza eterna (almeno quello di desiderio, fosse pure implicito). Non lo si è, quindi, per il semplice fatto di essere uomini. Il compito della Chiesa è proprio quello di renderli tali con la predicazione della verità rivelata e con l’amministrazione dei Sacramenti, suscitando in loro la fede e comunicando ad ognuno la grazia, senza la quale non è possibile arrivare in Paradiso. Quando i popoli germanici, in successive ondate, irruppero nei territori dell’Impero Romano d’Occidente fino a dissolverlo, papi e vescovi mobilitarono tutte le forze ecclesiali, a cominciare dai monasteri, allo scopo di cristianizzarli e, al contempo, di civilizzarli. La grande sfida dell’odierno momento storico è dunque quella di donare agli immigrati che rimarranno da noi la civiltà e la fede, di cui ci saranno grati per l’eternità. Ciò non toglie che il flusso migratorio artificiale debba essere fermato con ogni mezzo e che quanti risiedono illegalmente nel nostro Paese vadano rimpatriati, a cominciare da quelli che si sono macchiati di crimini o appartengono alle svariate mafie straniere che, come se non bastasse quella nostrana, controllano il nostro territorio. Se poi si compara il loro tasso di natalità con quello nostro e si considera che i musulmani vogliono entrare in Europa con le nostre leggi per poi imporci le loro, sarà a tutti chiara l’entità del pericolo.
La dottrina cattolica, mirabilmente enunciata da san Tommaso d’Aquino, non esclude che, per vera necessità, gli uomini possano spostarsi da una terra all’altra, ma pone come criterio ineludibile la salvaguardia del bene comune e della coesione nazionale. L’accoglienza, secondo la retta fede e la retta ragione, non è quindi un imperativo assoluto e incondizionato, bensì ha dei limiti. Sognare un mondo senza confini è mera utopia, a meno che non si tratti di un impero cristiano. La storia ce ne mostra tutta una serie: l’impero di Carlo Magno, quello bizantino, quello russo, quello asburgico, che è l’esempio più riuscito e contro cui, non per nulla, la massoneria si accanì fino a distruggerlo. L’Europa non potrà essere unificata a reale vantaggio dei suoi popoli se non nella Croce e nel Vangelo; l’unione attuale non è altro che il frutto di un progetto sinarchico che ci sta portando a totale rovina. Se il nostro governo cadrà e il Presidente nominerà l’ennesimo esecutivo tecnico affidandolo al direttore della banca centrale, faremo la fine della Grecia. Se invece sarà rispettata la tanto decantata volontà popolare, avremo un capo di governo che difenda i nostri legittimi interessi, anziché fare il gioco dell’oligarchia finanziaria.
La risposta al mondialismo – lo ripeto – è uno Stato universale di ispirazione cristiana che riconosca Gesù Cristo come reale sovrano, rappresentato in terra dal Suo vicario nella sfera temporale, così come lo è in quella spirituale. Ciò non comporterebbe alcuna limitazione della libertà di coscienza per i cittadini di altre fedi, che sarebbero tollerate nei limiti dell’ordinamento civile, pur essendo promossa e favorita, com’è giusto, l’unica religione vera, a beneficio di tutti gli uomini e della società nel suo complesso. L’umanità intera non potrebbe che trarne benefici immensi e troverebbe finalmente la pace, la quale non è stata affatto favorita dalle Nazioni Unite, che perseguono invece l’asservimento dei popoli a fini diabolici, come la riduzione della popolazione globale e la sua omologazione ad una pseudocultura del nulla. Ben lungi dall’impedire i conflitti, esse assistono passivamente – quando non se ne rendono complici – all’inasprirsi delle tensioni internazionali, come quella con cui Israele e gli Stati Uniti vogliono oggi spingere l’Iran e i suoi alleati ad una terza guerra mondiale.
Implorando i Sacri Cuori congiunti di Gesù e Maria perché siano evitate queste tremende calamità, facciamo assiduamente penitenza e al tempo stesso operiamo perché prevalga il buon senso a tutti i livelli, civile ed ecclesiale, nazionale e internazionale. No, cari Pastori, non possiamo seguirvi nella vostra folle corsa verso il baratro; possiamo soltanto pregare per la vostra resipiscenza, se noi e voi la meritiamo. Le vostre assurde e offensive esortazioni non possono far presa se non su chi è obnubilato dall’ideologia o accecato dall’ignoranza. Chi ancora ragiona non può piegarsi ai diktat del politicamente corretto, perché sa di doverne rispondere a Dio e alla propria coscienza, nonché alle generazioni future. Qualora la Provvidenza permetta l’unificazione forzata dell’Europa, è solo perché ha disposto che, quando l’unità demoniaca si sarà compiuta, la Regina ribalti la situazione trasformando l’impero di Satana in impero cattolico sotto la guida di un Suo eletto. In spirito di fede, affrettiamo quell’ora intonando in anticipo il Te Deum.
Triste esempio:
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Pubblicato da Elia
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