Nell’arco degli stessi giorni di fine agosto si sono avute due notizie gemelle riguardanti i rapporti tra la Santa Sede e due stati cruciali dell’Asia orientale: la Cina e il Vietnam.
In Cina vi è stata il 26 agosto la prima ordinazione episcopale fatta sulla base dell’accordo stipulato a Pechino il 22 settembre 2018: quella di Antonio Yao Shun, ordinario della diocesi di Ji Ning, nella Mongolia Interna.
E il 28 agosto vi ha fatto seguito una seconda ordinazione: quella di Stefano Xu Hongwei, vescovo di Hanzhong, nella regione dello Shaanxi
Curiosamente, la Santa Sede non ha dato la notizia ufficiale delle loro ordinazioni, limitandosi a confermare – in due dichiarazioni del direttore della sala stampa vaticana, Matteo Bruni – che sia l’una che l’altra sono avvenute con il “mandato pontificio”.
Entrambi i nuovi vescovi erano stati eletti a questo ruolo, lo scorso aprile, da assemblee di sacerdoti, religiose e laici delle rispettive diocesi, tutti selezionati dalle autorità cinesi, riuniti in albergo e istruiti su chi votare.
E in entrambi i casi è stata la pseudo conferenza episcopale cinese, fatta dei soli vescovi ufficialmente riconosciuti dal governo, a presentare i nuovi vescovi a Roma, che li ha accettati. I termini precisi dell’accordo tra le due parti sono tuttora segreti, ma è di evidenza palmare che esso funziona così.
Col Vietnam si è avuto invece a Roma, il 21 e 22 agosto, uno dei periodici incontri di lavoro tra le delegazioni delle due parti. Nel comunicato finale si è prospettato “nel prossimo futuro” di aprire in Vietnam una residenza permanente per il “rappresentante pontificio” presso questo paese, che attualmente risiede a Singapore.
Quanto alla vita della Chiesa cattolica vietnamita, con i suoi circa 8 milioni di fedeli su una popolazione che è vicina ai 100 milioni, il comunicato si è limitato a riferire le posizioni delle due parti, senza far cenno alle pesanti limitazioni alla libertà religiosa.
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Le similitudini tra Cina e Vietnam, nelle loro relazioni con la Chiesa di Roma, sono molto forti. Tra l’altro, sono i soli due paesi al mondo nei quali la nomina dei vescovi cattolici avviene sulla base di accordi segreti, stipulati in anni recenti, che assegnano alle autorità statali un peso preponderante nella scelta dei candidati.
In Vietnam le nomine episcopali avvengono “secondo una procedura concordata oralmente con il governo”, la cui “realizzazione si basa sull’onore, sulla buona fede e sul rispetto della parola data, e non può essere difesa giudizialmente”, ha dichiarato il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, in una conferenza alla Pontificia Università Gregoriana lo scorso 28 febbraio.
Parolin è il diplomatico che nel 1996, quand’era sottosegretario della Santa Sede per le relazioni con gli Stati, fu il principale artefice del citato accordo “orale” sulla nomina dei vescovi.
Da allora, spetta alle autorità vietnamite scegliere ogni nuovo vescovo fra tre candidati proposti dalla Santa Sede. E non di rado avviene che nessuno dei tre le soddisfi, col risultato di rimandare la nomina per anni e lasciare la diocesi vacante.
In Cina la Santa Sede è ancor più svantaggiata, perché la prima scelta del candidato spetta di fatto alle autorità cinesi, con il papa che in seconda battuta la può accettare o rifiutare, in questo caso rimandando la nomina a un nuovo futuro candidato per lui più accettabile.
Entrambi gli accordi spianano quindi inevitabilmente la strada all’entrata in carica di vescovi sottomessi ai rispettivi regimi, l’uno e l’altro egemonizzati da partiti comunisti ideologicamente avversi alla libertà religiosa.
A giustificazione di questo doppio cedimento della Santa Sede si sostiene che esso è il prezzo per assicurare alle Chiese un maggior spazio vitale in un contesto ostile.
In Cina però non risulta affatto che le cose siano migliorate, per la Chiesa cattolica e per le altre fedi, dopo la stipula dell’accordo del 22 settembre 2018.
In quello stesso anno 2018 è entrata in vigore una nuova “Normativa sugli affari religiosi” che ha ancor più inasprito la repressione della libertà di professare una fede, con effetti che hanno costretto le stesse autorità vaticane a una prudente, pubblica reazione, in un documento dello scorso 28 giugno:
> La Cina viola l’accordo. Un vescovo si ribella
> La Cina viola l’accordo. Un vescovo si ribella
E in Vietnam è lo stesso. Anche lì l’ambiente è tutt’altro che “favorevole alle attività e allo sviluppo della comunità cattolica”, come invece ha tenuto a dire la delegazione vietnamita nel recente incontro a Roma, stando a quanto scritto nel comunicato finale.
Basti segnalare che proprio nel giorno conclusivo dell’incontro romano, il 22 agosto, la commissione giustizia e pace della conferenza episcopale vietnamita ha promosso veglie di preghiera in tutto il paese per le vittime della persecuzione religiosa.
In particolare, sono scesi in piazza a pregare, come tutte le sere, un centinaio di famiglie cattoliche di Ho Chi Minh City, che lo scorso gennaio hanno avute distrutte le loro case (vedi foto) in un terreno denominato “Orti di Lôc Hung” di proprietà delle Missions Étrangéres di Parigi, sequestrato dal regime comunista per progetti di sviluppo commerciale:
Inoltre, non risulta che l’incontro romano tra le rappresentanze del Vietnam e della Santa Sede abbia acceso un minimo di speranza per le sorti di un obiettore di coscienza cattolico, Hô Dúc Hòa, membro attivo della diocesi di Vinh e collaboratore di un’agenzia di stampa dei padri redentoristi, condannato a tredici anni di carcere come “nemico dello Stato”:
Per una rassegna delle vicissitudini della Chiesa cattolica in Vietnam può essere utile scorrere l’indice dei servizi di UCA News, agenzia cattolica on line specializzata sull’Asia:
Quanto alla Cina – ma con interessanti paralleli col Vietnam – la più aggiornata documentazione sull’inasprimento della persecuzione anche dopo la stipula dell’accordo con la Santa Sede è in questo recentissimo libro di Massimo Introvigne, sociologo di fama internazionale, fondatore e direttore del Centro Studi sulle Nuove Religioni e del quotidiano on line in otto lingue “Bitter Winter”, specializzato proprio sulle religioni perseguitate in Cina:
Settimo Cielo
di Sandro Magister 31 ago
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