Ci stanno rubando il futuro: Mattarella dice che l'Ue è irrinunciabile, Bergoglio che l’Italia deve accogliere migranti: costoro vivono in un mondo loro completamente diverso da quello nostro, oppure ci stanno prendendo in giro
di Francesco Lamendola
Il sentimento più diffuso che si percepisce fra le persone che hanno un minimo di sensibilità e di amor di patria, in questi giorni, in questi anni, è lo sconforto. Per quel che riguarda la nostra esperienza personale, si tratta delle persone migliori: le più intelligenti, le più riflessive, le più oneste, le più limpide, ma soprattutto le più permeate dai valori che un tempo i genitori, la scuola e la società impartivano alle nuove generazioni. Sono, perciò, nella maggior parte dei casi, persone oltre la mezza età: dai sessant’anni circa, in su. In loro, si sommano la straniamento dovuto ai rapidissimi cambiamenti economici, sociali e culturali dell’ultimo mezzo secolo, con l’amarezza dovuta allo spettacolo che le cronache di casa nostra quotidianamente ci offrono, e non solo nel campo della politica, ma in tutti. La netta sensazione è che ci sia una regia ben precisa che manovra questi e che sta affrettando oltremodo anche quelli.
Meraviglia o sconforto? Il sentimento più diffuso che si percepisce fra le persone che hanno un minimo di sensibilità e di amor di patria, in questi giorni, in questi anni, è lo sconforto!
Intendiamoci: è naturale che una persona, diventando anziana, provi un senso crescente di disagio e disadattamento (normale nel contesto delle società moderne, caratterizzate dalla velocità e dominate dal mito del progresso illimitato), mano a mano che vede scomparire le cose a lei note cominciando dagli oggetti fisici, le case, le strade, i negozi, i bar, i quartieri e i paesi, sostituite da altre che hanno caratteristiche nuove e, soprattutto, nelle quali la tecnologia a farla da padrona, per cui anche la cosa più semplice, prenotare un biglietto del treno o pagare una visita medica, richiede una certa competenza nell’uso del computer. Peraltro, non tutti gli anziani reagiscono male a questi cambiamenti; ve ne sono di quelli che s’impadroniscono delle nuove tecnologie con la stessa disinvoltura dei giovani, o quasi; che si servono dei social, ad esempio, con la frequenza e la naturalezza dei loro nipoti; e che si adattano con pari facilità ai cambiamenti sociali, culturali e morali. Oggi non è affatto raro che un nonno o una nonna sconsiglino vivamente il nipote dallo sposarsi senz’altro, e gli suggeriscano semmai una “prova” di convivenza: segno che i nuovi modi di penare e di sentire sono penetrati assai a fondo nel tessuto spirituale della nostra società, visto che gli anziani, da sempre, rappresentavano la roccaforte della tradizione. È questo un indicatore da non sottovalutare, e lo si può osservare da parecchio tempo.
Oggi in Italia le banche straniere vengono a rastrellare il risparmio privato degli italiani, che è ancora grande: come gli avvoltoi quando sentono il puzzo di un cadavere. Oggi le strade e le piazze d'Italia si svuotano, specie la sera, e sono popolate solo di africani, di maghrebini, di bengalesi: uomini vestiti come si fosse a Timbuctù, donne velate e intabarrate sino ai piedi!
A noi accadeva, trent’anni fa, di cogliere il sorriso ironico nelle persone di mezza età di fronte alla nostra scelta di servirci volentieri, per gli spostamenti brevi, della corriera di linea, perché a loro risultava incomprensibile che un giovanotto, proprietario di un’automobile privata, non la usasse sempre, escludendo i mezzi pubblici; come di fronte all’abitudine di andare al lavoro in bicicletta, facendo parecchi chilometri al giorno, lasciando l’auto nel garage. Trenta anni fa c’erano dei cinquantenni così modernizzati, da trovare che la bicicletta e la corriera di linea sono mezzi di trasporto da poveracci, e che avere un’automobile equivale a servirsene sempre e comunque, anche solo per andare ad acquistare il sale nel negozio a cento metri da casa. Assai più significativi, comunque, gli adattamenti alla mentalità moderna nell’ambito del costume e della morale. Oggi si vedono andare in giro per la strada delle donne che sicuramente sono nonne, vestite, o semivestite, specialmente d’estate, come le loro vispe nipotine: esibiscono le cosce avvizzite e le vene varicose sotto le loro smaglianti minigonne, ostentano il seno flaccido attraverso scollature vertiginose o lasciano intravedere il ventre con le smagliature sotto la t-shirt a colori vistosi, e si direbbe che, per loro, tutto ciò sia la cosa più naturale del mondo. Le abitudini sessuali di molte persone anziane hanno conosciuto una rivoluzione: oggi ci sono delle sessantenni e settantenni che parlano tranquillamente, con le amiche, del loro nuovo “fidanzato”. Adoperano con nonchalance parole che, quando erano giovani, avevano un significato completamente differente. E uomini di cinquanta o sessant’anni frequentano le loro “fidanzate” sedicenni o diciottenni, sotto gli occhi compiaciuti di mamma e papà, i quali sono ben più giovani del maturo spasimante. E nessuno pare trovarci qualcosa di strano, qualcosa d’innaturale.
Oggi, per piacere ai giovani, bisogna approvare tutto quel che fanno; e a pochi viene in mente che i giovani, invece, anche se fanno tante cose che non farebbero, se non si sentissero a loro volta sotto ricatto dagli sguardi della società e dal giudizio dei coetanei, in realtà aspetterebbero come la manna nel deserto una parola diversa, un gesto o un comportamento che dia loro il segnale che si può spezzare il circolo vizioso del così fan tutti!
Ma non tutti, ovviamente, sono così: non bisogna lasciarsi ingannare dalle apparenze. Crediamo che sia assai più numeroso l’esercito delle persone che si sentono fuori posto e non osano nemmeno esprimere il loro disagio e la loro sofferenza. Temono di essere prese in giro, di apparire ridicole o patetiche, magari di essere tacciate d’invidia e di egoismo. Oggi, per piacere ai giovani, bisogna approvare tutto quel che fanno; e a pochi viene in mente che i giovani, invece, anche se fanno tante cose che non farebbero, se non si sentissero a loro volta sotto ricatto dagli sguardi della società e dal giudizio dei coetanei, in realtà aspetterebbero come la manna nel deserto una parola diversa, un gesto o un comportamento che dia loro il segnale che si può spezzareil circolo vizioso del così fan tutti, si può tornare ad essere se stessi e infischiarsene del conformismo dell’anticonformismo, della dittatura imperante del politicamente corretto, che ha invaso anche gli spazi della vita privata, oltre che di quella pubblica. Chi sbaglia, forse sta aspettando qualcuno che lo corregga; chi si è abituato alla menzogna, attende inconsciamente una voce di verità; chi è sprofondato nei vizi, istintivamente anela a udire qualcuno che lo rimproveri, che lo scuota, che lo esorti a cambiar vita. Il grande errore dei progressisti a oltranza è di non capire che andare avanti non significa automaticamente andare nella direzione giusta, e che le masse sono, sì, passive, ma non necessariamente stupide e, soprattutto, non necessariamente prive di senso morale. Perciò chi vuol rendere un servizio alla società in cui vive; chi vuol dare qualcosa, e non soltanto prendere, non dovrebbe limitarsi ad assecondare e carezzare i gusti del momento e le mode che vanno e vengono, ma dovrebbe offrire il proprio contributo ala costruzione di una società più solida, basata su valori permanenti, che non conoscono la ruggine e l’usura del tempo, perché sono perenni. La cultura del relativismo predica appunto questo: che non esistono valori perenni; che una cosa è giusta o ingiusta, vera o falsa, buona o cattiva, bella o brutta, a seconda del momento e delle circostanze. Ma sulla sabbia del relativismo non si costruisce nulla, né in economia, né in politica, né a livello culturale, o nello sport, e neppure nella vita privata. La cellula sociale fondamentale, la famiglia, non nasce dalla sterile zolla del relativismo, bensì dalla zolla feconda dei valori perenni: anche se la prima si presenta in vesti gradevoli e la seconda è sobria e severa.
La netta sensazione è che ci sia una regia ben precisa che manovra! Sulla sabbia del relativismo non si costruisce nulla, né in economia, né in politica, né a livello culturale, o nello sport, e neppure nella vita privata!
È una vera tragedia che a scordarsi questa semplice verità siano stati tanti genitori, tanti educatori e, ahimè, anche tanta parte del clero. Per secoli, per quasi due millenni la Chiesa ha avuto la forza di predicare quel che è giusto e non quel che piace al mondo; anzi, di fustigare ciò che piace al mondo e di mostrarne la vuotezza, la miseria, l’ingiustizia. Ora ha capitolato, bruscamente, inopinatamente; e anche qui è difficile non vedere, non intuire una regia occulta. I seminari sono stati infiltrati da molto tempo e una schiera di vescovi massoni ha impostato una strategia sistematica e concordata per l’autodistruzione della Chiesa stessa; fra le molte tattiche messe in opera, questa è stata senza dubbio la più facile, la più efficace e la più remunerativa: andare incontro alle mode del momento, sotto le apparenze di una “apertura” e di una volontà di “dialogo” col mondo; adattarsi a ciò che piace, a ciò che gratifica l’ego, assecondare il narcisismo, approvare la sregolatezza, l’incostanza, l’imprudenza, e anche il vero e proprio disordine morale; affermare che in fondo va bene tutto, perché Dio capisce, Dio perdona, Dio non si formalizza: e intanto benedire e sottoscrivere i peggiori scandali e gli stili di vita più immorali. Così il prete, come il genitore con i propri figli, si è fatto compagnone e amicone dei fedeli; ha voluti stupirli mostrandosi più aperto di loro, più progressista di loro, più incurante della tradizione di loro. Ci sono dei preti, e noi ne conosciamo alcuni, che sfruttano l’ambone per parlar male di alcune delle cose più care al sentimento dei credenti, ad esempio il culto di Maria Vergine o la devozione al santo Rosario; che godono a farsi vedere moderni ed emancipati, a giustificare la perversione e la sodomia, e a parlar sempre di politica e dei migranti, come del resto fa quel signore biancovestito che sta prendendo per il naso un miliardo e mezzo di cattolici spacciandosi per papa, mentre è solo un agente delle logge massoniche e uno strumento al servizio dei grandi poteri finanziari, e ha per scopo, ormai evidente a chi lo voglia vedere (ma il problema è proprio questo: il non voler vedere), la completa distruzione della Chiesa e dell’opera redentrice di Gesù Cristo sulla terra. In altre parole è un anticristo, un cooperatore del Maligno, deciso a servirsi di qualsiasi mezzo per annullare i frutti della Redenzione: o per mezzo di documenti ufficiali, come quello di Abu Dhabi, o con parole e gesti quotidiani.
Il signore biancovestito sta prendendo per il naso un miliardo e mezzo di cattolici spacciandosi per papa, mentre è solo un agente delle logge massoniche e uno strumento al servizio dei grandi poteri finanziari, e ha per scopo, ormai evidente a chi lo voglia vedere (ma il problema è proprio questo: il non voler vedere), la completa distruzione della Chiesa e dell’opera redentrice di Gesù Cristo sulla terra. In altre parole è un anticristo, un cooperatore del Maligno, deciso a servirsi di qualsiasi mezzo per annullare i frutti della Redenzione: o per mezzo di documenti ufficiali, come quello di Abu Dhabi, o con parole e gesti quotidiani!
Esuli in patria
di Francesco Lamendola
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LA DISTRUZIONE DELL'ITALIA
di Francesco Lamendola
L’Italia, contrariamente a quello che pensano molti suoi figli, non è un piccolo Paese, ma un grande Paese: uno dei maggiori d’Europa – per popolazione, superficie, peso economico, prestigio storico culturale – e uno dei maggiori al mondo. La sua moneta, fra gli anni ’50 e ’60 del Novecento, è stata una delle più forti al mondo; la sua riserva aurea è tuttora una delle maggiori, e lo stesso vale per la quantità di risparmio privato. Pertanto, anche se i nostri “esperti” e, naturalmente, quelli stranieri, ci dicono e ci ripetono il contrario, la nostra situazione potenziale non è affatto disperata, senza parlare della struttura industriale che, per quanto depauperata dagli effetti della crisi, è tuttora in piedi e, se opportunamente rivitalizzata, potrebbe consentire un nuovo balzo in avanti, come è stato all’epoca del boom. La maggior parte delle nostre imprese non sono entrate in crisi per cattiva gestione ma per l’assenza di una classe dirigente capace di, e soprattutto intenzionata a, tutelare gli interessi dell’industria, dell’agricoltura e del commercio nazionali. A ciò si aggiunge il peso di una macchina burocratica elefantiaca, di una fiscalità assurdamente rapace, di una generale mentalità statalista, parassitaria, assistenzialistica e nemica dello spirito imprenditoriale.
Tutto è chiaro è solo un "Piano occulto": Salvini andava eliminato a ogni costo perchè è un elemento indisponibile a farsi strumento della servitù italiana verso la finanza straniera!
Chi guadagna viene visto non come uno che crea posti di lavoro, ma come uno sfruttatore del popolo; lo Stato non incentiva l’impresa, ma moltiplica gli impiegati addetti a spremere ricchezza, peraltro con esisti fallimentari, perché manca la volontà politica di frenare l’esodo dei grandi capitali. Perciò si crea il paradosso di uno Stato che impone le tasse più alte d’Europa senza saperle utilizzare per migliorare i servizi pubblici e favorire l’impresa; e che non sa invogliare gli investimenti, né trattenere i propri imprenditori, e neppure offrire uno sbocco professionale ai suoi giovani laureati. I fondamentali dell’economia sarebbero assai migliori di quel che si creda, ma è come se un nemico occulto facesse di tutto per allargare le falle del sistema e trasformarle in voragini incolmabili. In effetti questa non è solo una sensazione, ma corrisponde ad una amara realtà di fatto: chi governa l’Italia non ha alcun interesse a favorire la sua ripresa; il suo interesse, al contrario, è quello di affrettarne la bancarotta, perché solo allora potrà realizzarsi il piano occulto che è stato scritto a insaputa degli italiani e sopra le loro teste: quello di trasformarla definitivamente in una colonia della grande finanza internazionale, della BCE da una parte, di Wall Street dall’altra. Cosa ci guadagnano gli uomini di governo italiani? Niente: di accreditarsi una volta per tutte come i proconsoli di un potere estraneo e di goderne tutti i relativi privilegi, senza doversi accollare l’onere fastidioso di governare in proprio, il che significherebbe assumersi la responsabilità del buon andamento del sistema Paese. Finora essi hanno governato l’Italia per conto di altri: Washington e Bruxelles. E poiché quei poteri hanno deciso che l’azienda Italia deve fallire, essi hanno la matematica certezza di poter conservare i loro privilegi, i loro alti stipendi e il loro dorato sistema di vita anche dopo che l’azienda sarà fallita e verrà messa in liquidazione. Esito estremo di una mentalità statalista e anti-impresa coltivata religiosamente per anni, per decenni: agendo in tal modo, i politici italiani, specie dell’area di centro-sinistra, non si sentono dei traditori del proprio Paese (il loro Paese è il mondo: niente muri ma solo ponti, come dice il loro vero leader carismatico, Bergoglio), ma come dei giustizieri nei confronti dei ricchi e come dei campioni dei “diritti”. Che una coppia di omosessuali maschi possa volare in Canada, comprare un bebè da una donna povera e poi tornare a goderselo in casa loro, come “papà” e “mamma”, da essi è percepito come una conquista di civiltà non inferiore, semmai superiore, alle banali lotte per la giustizia sociale del secolo scorso. Non lo dicono, ma lo pensano; e infatti agiscono di conseguenza; sebbene “pensare” sia forse una parola troppo grossa per costoro. Sarebbe più esatto dire che lo “sentono”, a livello epidermico, con l’egoismo e l’arroganza di chi è abituato, da sempre, a sentirsi più in su dei comuni mortali, moralmente migliore, politicamente più scaltro, culturalmente più evoluto. Si considerano la crema, dei poveri sanno solo parlare; infatti non si accorgono dei 5 milioni di cittadini italiani in povertà assoluta.
La prima mossa contro il popolo Italiano è quella finanziaria: l'Italia la si spoglia della sua sovranità monetaria e la si tiene sotto ricatto permanente per mezzo dell’euro!
Per queste ragioni, l’Italia è un Paese moribondo: l’economia è a crescita zero, la demografia va ancora peggio: con i ritmi attuali, si può prevedere l’estinzione del suo popolo a breve termine. Se ciò non avverrà, o meglio se non se ne avrà l’esatta percezione, è perché da tre decenni qualcuno ha deciso che l’Italia deve diventare una provincia dell’Africa islamica e la sua popolazione deve essere sostituita dagli immigrati afro-islamici: versione aggiornata e corretta del Piano Kalergi, il quale, peraltro, riguarda tutto il continente europeo. C’è chi lo ha capito e c’è chi non lo ha capito, perché non lo vuol capire. Orban lo ha capito; Putin lo ha capito; i vari Merkel, Macron, Renzi, non è che non lo abbiamo capito, ma sono parte del sistema di auto-distruzione programmata degli Stati europei, della sovranità europea, della identità europea e della sopravvivenza europea. L’Europa deve scomparire; l’Italia, per varie ragioni, anche geografiche, è suo malgrado il laboratorio destinato alle prove generali. Ventre molle d’Europa, come fu definita da Churchill durante la Seconda guerra mondiale, è il primo Paese di approdo degli invasori afro-islamici malamente mascherati da profughi o da naufraghi, e i dirigenti franco-tedeschi hanno deciso di far di essa il campo profughi di tutta l’Unione Europea.
I politici italiani, specie dell’area di centro-sinistra, non si sentono dei traditori del proprio Paese: il loro Paese è il "Mondo", niente muri ma solo ponti, come dice il loro vero leader carismatico, Bergoglio!
S’illudono, naturalmente, perché l’ondata migratoria, per mille strade e con mille espedienti, non conosce frontiere e ha già ampiamente saturato anche i loro Paesi e sconvolto i loro equilibri sociali; intanto, nondimeno, coltivano il disegno di procrastinare la loro implosione scaricando il peso principale delle migrazioni afro-islamiche sull’Italia. La quale Italia, essendo priva, di fatto, di una vera classe dirigente, è l’obiettivo ideale di una simile manovra, le cui tenaglie sono due: la pressione finanziaria esercitata dalla BCE per spogliare economicamente il Paese, de-industrializzarlo e mortificare in maniera permanente le sue capacità produttive; e l’invasione afro-islamica, sponsorizzata e finanziata, in vari modi, dalla grande finanza internazionale, allo scopo di meticciare prima, e infine sostituire la sua popolazione. Pertanto le due questioni, il ricatto permanente esercitato dalla BCE, per mezzo dell’euro, sulla nostra vita economica, e gli sbarchi e gli arrivi incessanti, anche via terra, di decine e centinaia di migliaia d’immigrati provenienti dalla sponda sud e in parte anche da quella est del Mediterraneo, sono strettamente correlate: sono due facce della stessa medaglia. Per far sì che gli italiani ne abbiano una percezione diametralmente opposta al vero, i mass-media, tutti infeudati alla grande finanza, non fanno che ripeterci che non c’è salvezza al di fuori della UE, e che gli immigrati sono una risorsa, perché risolvono, in un certo senso, il problema delle culle vuote: due menzogne spudorate, che anche un cieco riconoscerebbe come tali, e che, nondimeno, ci vengono rifilate da una trentina d’anni, dai massimi livelli istituzionali in giù, fino all’ultimo opinionista, sindacalista e scribacchino, senza aver provocato (ancora) una rivolta popolare. Del resto, basta prendere l’aereo e in un’ora si arriva a Bucarest, a Budapest, a Praga, a Varsavia – lasciamo da parte la Russia, per adesso; e cosa vede, di primo acchito anche il viaggiatore più distratto? Economia in crescita e nessun africano per le strade. Ora, ci piacerebbe domandare ai vari Renzi, Boldrini, Delrio, Fratoianni, e naturalmente ai vari Bassetti, Galantino, Perego e Spadaro: sono dei pazzi, degli incoscienti, dei criminali, i governanti romeni, ungheresi, cechi, polacchi, i quali non ne vogliono sapere di lasciar andare le loro monete per entrare gloriosamente nell’euro e sottomettersi ai voleri della BCE, cosa che immediatamente li condurrebbe nel meccanismo infernale del debito pubblico? Eppure, da noi, non solo i politici, e gli intellettuali, ma anche fior di economisti, a suo tempo, dissero e predicarono in tutte le salse che dovevamo assolutamente entrare nell’euro, che se avessimo perso quel treno ci saremmo ritrovati in Africa, eccetera: e infatti in Africa ci siamo arrivati davvero, anzi, per dir meglio, è l’Africa che è arrivata da noi. E sono forse tutti quanti dei razzisti, dei fascisti, dei nazisti, per il fatto che non accettano rassegnati la logica dell’invasione programmata, non si lasciano bellamente infinocchiare dalle balle sui “disperati che fuggono da guerra e fame”, e che, se necessario, come ha fatto Orban, in poche settimane stendono una rete di 400 km. per difendere i loro confini, dato che la parola “confine”, da loro, ha conservato l’accezione originaria e naturale, ossia linea di protezione della propria patria, e non ha ancora acquisito la valenza puramente negativa, di chiusura e di esclusione dell’altro, che ha acquistato da noi, grazie all’opera incessante dei giornalisti prezzolati, dei politici venduti ad interessi stranieri e dei preti marxisti o dei vescovi acquisti alla massoneria e al Piano Kalergi?
La seconda mossa è quella di farla invadere: l’Italia deve diventare una provincia dell’Africa islamica e la sua popolazione deve essere sostituita dagli immigrati afro-islamici!
Come distruggere un grande Paese in tre mosse
di Francesco Lamendola
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