La battaglia decisiva si gioca sulla comunicazione: è ancora possibile nell’era della post-verità e dell'occupazione sistematica dei suoi spazi da parte delle grandi agenzie della menzogna far passare il messaggio della verità?
di Francesco Lamendola
La possibilità di arrestare la spirale distruttiva che sta risucchiando la nostra società, di invertire le forze dell’entropia e di ristabilire dei processi virtuosi, che restituiscano forza e speranza alle persone e aprano loro gli occhi sulla realtà in cui vivono, si gioca tutta sulla comunicazione. In pratica, si tratta di questo: di vedere se sia ancora possibile, nell’era della post-verità e della occupazione sistematica degli spazi comunicativi da parte delle grandi agenzie della menzogna, far passare il messaggio della verità. La situazione è già talmente compromessa, fuori e dentro di noi; i condizionamenti percettivi e mentali che subiamo, dall’esterno e dall’interno, sono talmente forti e, ormai, talmente “naturali”, ossia percepiti come tali, anche se in realtà sono interamente artificiali, che la partita è già seriamente compromessa e le probabilità di vincerla sono ridotte quasi a zero. Tuttavia, è sul quel “quasi” che si giocano le nostre ultime chances.
Chi si ritiene già perduto, è sconfitto in partenza; se una possibilità di salvezza ancora esiste, sarebbe un delitto rinunciarvi per una forma di fatalismo e di scoraggiamento.
Chi vuole sostituirsi a Dio? La battaglia decisiva si gioca sulla comunicazione: è ancora possibile nell’era della post-verità e dell'occupazione sistematica dei suoi spazi, da parte delle grandi agenzie della menzogna, far passare il messaggio della verità?
Il problema della comunicazione è quadruplice. Da un lato riguarda la dimensione quantitativa: si può e si deve comunicare la verità ai pochi o ai molti? Ne abbiamo già parlato altre volte, quindi non ripeteremo cose già dette: resta il fatto che voler trasmettere la verità a molti, o addirittura a tutti, comporta delle difficoltà pressoché insormontabili, in quanto la maggioranza delle persone è costituzionalmente refrattaria alla verità e, quand’anche gliela si mostrasse sotto il naso, non la vedrebbe, non la riconoscerebbe, non ci crederebbe (cfr. il nostro articolo: Si può insegnare la verità?, pubblicato sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 13/02/19). Dall’altro lato il problema del comunicare investe la dimensione gnoseologica, in quanto rimanda al problema squisitamente filosofico della verità: esiste, la verità? E poiché viviamo in una fase storica in cui il relativismo è stato eretto a sistema, anzi è addirittura il fondamento del Pensiero Unico, e quindi anche del Politicamente Corretto, il fatto stesso di porre la questione equivale a mettersi in contrasto irrimediabile con la filosofia del nostro tempo, la quale guarda agli assertori della verità come lo scienziato evoluzionista guardava alle incisioni raffiguranti i selvaggi della Terra del Fuoco, vedendo in essi, più o meno, l’anello di congiunzione fra l’uomo civilizzato e le scimmie più evolute; o, se si preferisce un paragone meno graffiante, come Galilei e i suoi seguaci guardavano a Lotario Sarsi, a Simplicio e a tutta la schiera degli scienziati di tradizione aristotelica e tolemaica, cioè con un misto d’impazienza e di compatimento.
Un uomo che negasse o che rifiutasse sistematicamente la verità, non solo con le parole, ma con tutto il suo comportamento, non sarebbe nemmeno più un uomo, ma un essere post-umano, forse oltre-umano, come auspicava Nietzsche, o forse, infra-umano, come crediamo noi e come, in verità, temeva egli stesso: perché, da uomo intelligentissimo, vedeva il pericolo insito nella trasvalutazione di tutti i valori, ossia nella negazione della verità!
Dobbiamo esserne consapevoli: oggi affermare che la verità esiste, ed è una, oggettiva, dimostrabile, visibile, tangibile, anche se non coincide affatto col principio di realtà quale appare all’esperienza empirica equivale a esser immediatamente sbeffeggiati, derisi, calunniati, oltraggiati, perseguitati. Lo scrittore Gilbert K. Chesterton, l’ideatore del personaggio di Padre Brown, aveva profetizzato, al principio del XX secolo, che sarebbe arrivato il momento in cui per poter affermare che l’erba è verde e il cielo è azzurro, sarà necessario sguainare la sciabola, perché il potere, e la maggioranza delle persone, ci vorranno far credere che sia l’erba che il cielo sono di tutt’altro colore: ebbene, sono passati cent’anni e quel momento è arrivato. Perciò siatene ben certi: se credete nella verità, troveranno il modo di farvela pagare: vi ostacoleranno nella carriera, v’ignoreranno nelle sedi accademiche, vi censureranno sulla stampa, vi faranno querela e da ultimo v’inseriranno nelle liste degli istigatori dell’odio: per nascondere il fatto che a odiare sono loro, perché chi odia la verità non sopporta il fatto che qualcuno l’annunci e la testimoni apertamente. Perciò, voi che ancora credete alla verità, voi che siete in pochi e che non troverete amici, né avversari leali, preparatevi: è incontro al martirio che state camminando. Dovete esserne pienamente coscienti; e se la prospettiva non vi piace, allora vi conviene cambiare strada, finché siete in tempo. Chiarito questo punto, possiamo andare avanti.
La verità è Dio; e Dio è inscritto nello statuto ontologico dell’uomo, vale a dire che fa parte della sua natura: negarlo, equivale a rendere all’uomo un cattivo servizio, perché lo si priva di un organo vitale!
Come si vede, i due corni del problema rimandano l’uno all’altro. La maggioranza delle persone non ama la verità; non ci crede; e in ogni caso non ammette che qualcuno l’abbia trovata e la voglia trasmettere, perché ciò ferisce il suo orgoglio. Tuttavia la verità esiste, tanto è vero che il bisogno di verità, quantunque negato e perfino represso nel sangue, risorge incessantemente, e nessun potere è mai riuscito a estirparlo completamente. Questo accade perché la verità è Dio; e Dio è inscritto nello statuto ontologico dell’uomo, vale a dire che fa parte della sua natura: negarlo, equivale a rendere all’uomo un cattivo servizio, perché lo si priva di un organo vitale, come – e peggio – che se gli venisse amputato un arto, o gli venisse espiantato un rene, o gli fosse prelevata una parte di midollo osseo. Il bisogno di verità è quindi, nell’uomo, un bisogno primario: sarebbe più facile costringerlo a vivere camminando a quattro zampe che inibirgli l’aspirazione alla verità, anche se questa, beninteso, il più delle volte giace al di sotto della sua coscienza, e quindi non è nemmeno consapevole di possederla. Eppure essa lo accompagna e gli suggerisce continuamente la strada da seguire nelle varie circostanze della sua esistenza; e sebbene egli non le presti alcuna attenzione, nondimeno deve fare un certo sforzo per negarla e fare in modo di non udirne il richiamo. Se, per ipotesi, ci riuscisse, allora vorrebbe dire che egli si è del tutto disumanizzato: infatti un uomo che negasse o che rifiutasse sistematicamente la verità, non solo con le parole, ma con tutto il suo comportamento, non sarebbe nemmeno più un uomo, ma un essere post-umano, forse oltre-umano, come auspicava Nietzsche, o forse, infra-umano, come crediamo noi e come, in verità, temeva egli stesso: perché, da uomo intelligentissimo, vedeva il pericolo insito nella trasvalutazione di tutti i valori, ossia nella negazione della verità. Ecco chiarita l’apparente contraddizione fra ciò che abbiamo detto poc’anzi, cioè che la maggioranza delle persone non vuol saperne della verità, e quel che abbiamo affermato ora, che essa è inscritta nello statuto ontologico dell’uomo. Il bisogno di verità esiste in ciascuno, ma solo in pochi esso diviene cosciente e s’innalza a supremo garante della vita morale; per gli altri è uno sconosciuto, o un parente povero, di cui ci si vergogna, e che si cerca di nascondere a tutti, anche a se stessi. Mostrarsi inclini a difendere il principio della verità equivale ad apparire deboli e sentimentali, e perciò inermi di fronte alle dure leggi della vita sociale, dove si afferma chi non va tanto per il sottile, e vince chi se ne infischia di verità e menzogna, ma bada unicamente al proprio utile.
Perché tante persone non sono disposte a porsi in atteggiamento di apertura e disponibilità verso ciò che è vero? E come si può sapere allora che una cosa è vera e non falsa? C’è un solo criterio per verificare la verità di una cosa: usare il metro della "Volontà divina"!
Abbiamo visto che la partita sulla comunicazione è una partita truccata, perché tutti i mezzi di comunicazione, o quasi tutti, e specialmente i maggiori, a cominciare dalle grandi agenzie di stampa e televisione, sono controllati da pochissimi individui che li usano sfacciatamente per difendere i loro interessi e per tenere la stragrande maggioranza delle persone in uno stato di minorità permanente, come un immenso esercito di bambocci che non pensano più con la loro testa, perché non sanno più cosa pensare e non sanno neppurecome pensare. Infatti è difficile pensare a qualcosa di sensato nel mondo della post-verità, dove nulla è certo, e soprattutto dove nulla è realmente come appare; ed è ancor più difficile pensare in genere, semplicemente pensare, quando si ha la mente pressoché imprigionata nell’illusione delle false percezioni, come lo sono tutte quelle provenienti dalla tecnologia informatica, ma anche dalla televisione, dal cinema, dalla pubblicità, dalla moda, dalla politica, dalla pubblica amministrazione. Il potere finanziario, che tutto controlla e tutto contamina col suo sistema usuraio mondiale, non vuole che la gente pensi, e meno di tutto che pensi secondo verità. È per questo che fa leva sugli istinti, specialmente i più bassi e i più torbidi: perché se cercasse di condizionare le persone servendosi della persuasione razionale, rischierebbe di mettere in moto un processo che poi gli sfuggirebbe di mano: la scoperta, lo sviluppo e il trionfo del pensiero libero, che è precisamente quanto vuole evitare a qualsiasi costo. E poiché alimentare, stuzzicare e scatenare gli istinti che giacciono al fondo melmoso di chissà quali abissi potrebbe far nascere dei sensi di colpa e le persone, se non altro per liberarsi da tali sensi di colpa, potrebbe riconsiderare in maniera logica e razionale le proprie scelte e la propria vita, il potere si è affrettato a prendere le sue contromisure e ha elaborato parecchie correnti e tendenze speculative, prima fra tutte la psicanalisi, per esorcizzare e sterilizzare il senso etico e familiarizzare la gente con l’idea che ciò che nasce spontaneo e il cui soddisfacimento procura intense, piacevoli emozioni, diviene anche un diritto sacrosanto, e guai a chi si azzarda ad attentarvi.
Gli uomini moderni si sono allontanati da Dio; quindi si sono allontanati dalla Verità; e dunque è inevitabile che vivano in mezzo alla menzogna e che la comunicazione sia divenuta un ragliare, un grugnire, un ruggire assordanti e insensati, ove nessuno capisce nulla di ciò che gli altri dicono e tutti capiscono quel che pochi, astuti e cinici, vogliono che sia capito, e che è un’orribile contraffazione della verità, perché costoro vogliono mettersi al posto di Dio e governare gli uomini, e perfino correggere o perfezionare la natura, come fossero Dio!
Esistono dunque due gravissime difficoltà che rendono ardua la comunicazione: la prima è dovuta al fatto che la maggioranza delle persone non vuole accogliere la verità, e nemmeno ascoltarla; la seconda, dipende dalla circostanza che i principali canali comunicativi sono controllati da chi non ha alcun interesse alla trasmissione e alla diffusione della verità. La comunicazione, però, è comunicazione del vero; diversamente non è che inganno e confusione; e tale, difatti, è oggi la comunicazione: diffusione di menzogne e di false informazioni che seminano la confusione. Chi ama la verità, chi la cerca sinceramente, chi la vorrebbe diffondere, va a sbattere contro questo duplice ostacolo. Come trasmettere la verità a chi non la vuole ascoltare? E come trasmetterla, se i canali attraverso i quali essa deve passare sono completamente controllati dai nemici della verità, dunque dai nemici della vera comunicazione? E si tenga presente che fra questi canali, anzi il primo di tutti, è il linguaggio; e il linguaggio non è neutro, ma è controllato anch’esso da chi detiene il potere finanziario; per cui esso è stato addomesticato, modificato, alterato, falsificato, e infine trasformato in un linguaggio ingannevole e truffaldino, mediante il quale anche le cose vere diventano false, o quanto meno appaiono tali e viceversa le cose false acquistano un sapore, benché superficiale, di verosimiglianza.
In una cosa, l’ignorante presuntuoso ha ragione, anche se non per i motivi che crede lui: la verità non si può trasmettere dall’esterno, perché essa è sempre una "Conquista personale". Pertanto quel che si può fare, o si può provare a fare, non è di trasmettere direttamente la verità, ma trasmettere l’amore della verità, insieme agli strumenti necessari per cercarla e per trovarla!
Vedi anche:
La verità può essere insegnata? - SI PUO' INSEGNARE LA VERITA'?
La battaglia decisiva si gioca sulla comunicazione
di Francesco Lamendola
continua su:
9 novembre 1799 - 9 novembre 1989: la grande trappola
Ancora sui 30 anni dalla caduta del Muro. Neocomunismo e neoliberismo
https://www.youtube.com/watch?v=akND67Y4a_Q
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