Annuario pontificio 2020 L’Annuario pontificio è un organo informativo pubblicato ogni anno in italiano dalla Santa Sede, è curato dalla Segreteria di Stato e pubblicato nella Libreria Vaticana. Viene pubblicato con questo nome dal 1912, ma risale al 1701. I titoli di Papa Francesco sono stati sempre elencati in capo alla pagina, iniziando con «Vicario di Cristo», «Successore del Principe degli Apostoli» «Sommo Pontefice della Chiesa Universale», «Primate d’Italia, «Arcivescovo e Metropolita della Provincia Romana», «Sovrano dello Stato della Città del Vaticano», «Servo dei Servi di Dio», ecc. Il tutto terminava con il nome al secolo, Jorge Mario Bergoglio, ed una brevissima biografia.

Come si vede, accanto a titoli dal profondo significato teologico e dogmatico, vi sono anche quelli legati alla storia della Chiesa. 
Quest’anno, per la prima volta, nella parte dedicata al pontefice tutti questi titoli scompaiono dalla parte alta per essere rubricati sotto la nozione di “titoli storici” (è scritto proprio così) come fossero note a piè di pagina, qualcosa che appartiene alla storia, non più presente. 
E’ senz’altro uno spostamento notevole, e per questo ciò ha preoccupato molti esperti poiché quei titoli, almeno quelli a carattere teologico, non possono essere annoverati tra i “titoli storici”, ma rappresentano l’essenza definitoria della figura di Pietro. 
Infatti, sul Die Tagestpost il card. Muller, prefetto emerito della Congregazione della Dottrina della Chiesa, scrive: “Dopotutto, si scopre perché Francesco, il Vescovo di Roma, è a capo della gerarchia cattolica, quando è stato eletto al suo pontificato dai cardinali e quando ha iniziato solennemente il suo ministero di “Pastore universale della Chiesa”. Certo, tutti i titoli essenziali del Papato sono cresciuti nella Chiesa, e ancor più quelli insignificanti. Questo vale anche per il concetto e il ministero del Vescovo, e quindi anche per il Vescovo di Roma. Gesù stesso non nominò il Vescovo di Roma, ma Simon Pietro, che più tardi subì il martirio a Roma, trasferendo così il suo primato alla Chiesa romana. Poiché tutti i vescovi sono successori degli apostoli, il vescovo della Chiesa di Roma fondata da Pietro e Paolo è anche il successore di San Pietro (Ireneo di Lione, Adversus haereseses III, 3:2). La lista dei vescovi romani (i ‘Summi Pontifici Romani’) inizia poi anche nell'”Annuario” del 2020 con ‘Pietro di Betsaida in Galilea, il principe degli apostoli, che ricevette da Gesù Cristo la suprema autorità papale, che doveva trasmettere ai suoi successori’”.

La stessa costituzione dogmatica della Chiesa, la Lumen Gentiumal numero 18, così recita:
“Di più proseguendo nel disegno incominciato, ha stabilito di enunciare ed esplicitare la dottrina sui vescovi, successori degli apostoli, i quali col successore di Pietro, vicario di Cristo e capo visibile di tutta la Chiesa, reggono la casa del Dio vivente”. 
Facendo proprio riferimento a questo passo della Lumen Gentium, il card. Muller prosegue: “È una barbarie teologica svalutare i titoli del Papa ‘Successore di Pietro, Vicario di Cristo e Capo visibile di tutta la Chiesa’ come mera zavorra storica. Sono infatti cresciuti storicamente, così come tutti i concetti della dottrina della Trinità, della cristologia, della dottrina della grazia e dell’ecclesiologia e così via. Ma essi fanno emergere elementi essenziali del primato petrino, che risale all’istituzione di Cristo ed è quindi legge divina e non solo umano-ecclesiale. Nessun Papa o Concilio ecumenico potrebbe, ricorrendo al loro supremo potere sulla Chiesa, al primato, all’episcopato, abolire o reinterpretare i sacramenti nella loro essenza.”
Il card. Muller, infine, critica aspramente gli autori dell’atto definendoli come affetti da “dilettantismo teologico”, essendo poi  “pieni di ipocrisia” quando riferiscono la ragione dello spostamente al “segno di grande umiltà” di papa Francesco.
Il prof. Armin Schwibach, professore associato presso il Pontificio Ateneo Regina Apostolorum, nonchè vaticanista da Roma per Kath.net, ha scritto in un tweet: “Se non è un pesce d’aprile: ecco, pare che continuino a smantellare tutto”.


L’annuario elenca tutti i papi del passato e tutti i membri delle congregazioni romane.
Recensisce anche i cardinali ed i vescovi di tutto il mondo, le diocesi, con relative notizie statistiche, le missioni diplomatiche della Santa Sede, le ambasciate accreditate presso la Santa Sede e i vertici degli istituti religiosi, con notizie statistiche su ciascuno.
L’opera include anche un elenco dei prelati d’onore di Sua Santità, che godono del titolo di monsignore.
Matteo Bruni, direttore dell’ufficio stampa vaticano, ha detto al Catholic News Service che “non c’è stata soppressione” di un titolo.
“La definizione di ‘storico’ in relazione ai titoli attribuiti al papa in una delle pagine a lui dedicate nell’Annuario Pontificio del 2020 mi sembra indicare il legame con la storia del papato”, ha detto Bruni. Tutti gli altri titoli “si intendono storicamente legati al titolo di vescovo di Roma perché al momento in cui viene designato dal conclave a guidare la chiesa di Roma, colui che viene eletto acquisisce i titoli legati a questa nomina”.
Le prime parole di Papa Francesco al pubblico dopo la sua elezione, il 13 marzo 2013, sono state: “Fratelli e sorelle, buonasera. Voi tutti sapete che il dovere del conclave era quello di dare un vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali siano andati quasi fino ai confini della terra per prenderlo… ma eccoci qui”.
di Sabino Paciolla
Vicario di Cristo. Perché è l’appellativo più importante

Come certamente avrete appreso, nell’edizione 2020 dell’Annuario pontificio c’è una novità.
Proprio nelle prime pagine, dove viene presentato il papa regnante, c’è il nome del pontefice, Jorge Mario Bergoglio, c’è una sua breve biografia e poi, sotto la definizione di “titoli storici”, c’è l’elenco dei termini che connotano l’identità spirituale, religiosa e giuridica del romano pontefice: Vicario di Gesù Cristo, Successore del Principe degli Apostoli, Sommo Pontefice della Chiesa Universale, Primate d’Italia, Arcivescovo e Metropolita della Provincia Romana, Sovrano dello Stato della Città del Vaticano e Servo dei Servi di Dio.
Se si confronta questa presentazione con quella dell’Annuario pontifico 2019 si nota subito un cambiamento che non è soltanto di impostazione grafica. Fino all’anno scorso, infatti, prima di tutto, in caratteri grandi, veniva il titolo di Vicario di Gesù Cristo, poi, in caratteri più piccoli, c’erano gli altri titoli e poi ancora veniva il nome del papa regnante, seguito dalla biografia essenziale.
Un cambiamento del genere di certo non può essere avvenuto se non su richiesta del papa stesso, per cui sarebbe interessante sapere da lui il motivo di questa novità. Tenuto conto che stiamo parlando dell’identità stessa del papa, penso che i fedeli cattolici avrebbero il diritto di conoscere dalla viva voce del pontefice che cosa lo ha spinto a cambiare.

Da parte nostra, possiamo fare qualche semplice osservazione.
Mentre in precedenza ciò che risaltava era il titolo di Vicario di Gesù Cristo, nella nuova formula ciò che risalta su tutto è il nome di colui che in questo momento è sul soglio di Pietro. C’è dunque una sorta di ribaltamento di prospettiva, così che ora la dimensione umana del papa sembra prevalere su quella spirituale.
Nella vecchia formula, ciò che la Chiesa cattolica riteneva più importante veniva messo in alto, in caratteri grandi. Come dire: ecco ciò che conta. Dopo di che veniva il nome del papa regnante, il quale certamente non è poco importante, ma altrettanto certamente viene dopo, perché il papa è colui che è chiamato a essere Vicario di Cristo per un tratto di strada nella storia degli uomini.

Ora invece il fatto che titolo che designa l’investitura sancita nel Vangelo (“Tu sei Pietro e su questa pietra…”), si trovi più in basso, tra i cosiddetti “titoli storici”, sembra dire che si tratta solo di una tradizione, qualcosa che abbiamo ereditato da tempi lontani, ma non di grande significato per noi oggi.
In un singolare commento ho letto che il papa regnante avrebbe chiesto il cambiamento in quanto “notoriamente allergico ai titoli onorifici”. Una frase senza senso, intanto perché quello di Vicario di Gesù Cristo non è un titolo onorifico ma è un attributo che ci dice proprio l’identità più profonda e più vera del pontefice, e poi perché, se davvero il papa avesse ragionato così, significherebbe che non è consapevole di ciò che significa essere vicario di Gesù Cristo.
Provoca comunque una certa inquietudine vedere l’appellativo di Vicario di Cristo inserito fra quelli che vengono definiti “titoli storici”. Come se l’appellativo stesso avesse soltanto, appunto, valore storico, non teologico e spirituale.

Nel libro-intervista Varcare la soglia della speranza (1994), Giovanni Paolo II, rispondendo a una domanda di Vittorio Messori, disse: “Il Papa è detto anche Vicario di Cristo. Questo titolo va visto nell’intero contesto del Vangelo. […] In questa prospettiva, l’espressione Vicario di Cristo assume il suo vero significato. Più che a una dignità, allude a un servizio: intende cioè sottolineare i compiti del Papa nella Chiesa, il suo ministero petrino, finalizzato al bene della Chiesa e dei fedeli. Lo aveva capito perfettamente san Gregorio Magno il quale, tra tutte le qualifiche connesse con la funzione di Vescovo di Roma, prediligeva quella di Servus servorum Dei (Servo dei servi di Dio)”.
Sull’appellativo di Vicario di Cristo si potrebbero fare moltissime considerazioni, da molteplici punti di vista. Sotto il profilo teologico, risaltano le parole rivolte da Gesù a Pietro: “Pasci le mie pecore… Pasci il mio gregge” (Gv 21:16-17). Ecco perché Pietro diventa vicario. Vicario significa infatti “fare le veci”, esercitare un’autorità o una funzione in rappresentanza di un’altra persona di grado superiore.
Come ha stabilito il Concilio di Firenze del 1439, la parola vicario sta a indicare l’occupare il posto di Gesù come pastore, missione ricevuta unicamente da Pietro. Siamo dunque di fronte a una relazione che è proprio peculiare di Pietro e dei suoi successori. Ecco perché, in precedenza, nell’Annuario pontifico questo appellativo veniva posto in alto, con particolare rilievo.
Nel Catechismo della Chiesa cattolica leggiamo: “Del solo Simone, al quale diede il nome di Pietro, il Signore ha fatto la pietra della sua Chiesa. A lui ne ha affidato le chiavi” (n. 881).
Per dirla tutta, sminuire il ruolo del papa quale Vicario di Cristo, e farne solo il vescovo di Roma, è da protestanti.