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martedì 7 luglio 2020

AriCovid...

Iustitia in Veritate: "Misure ingiuste contro il Covid"

L’associazione Iustitia in Veritate con il comunicato "Per tornare a vivere", sottoscritto da personalità in ambito medico, parla di quanto avvenuto da febbraio ad oggi analizzando le paure su cui non si può fondare un impianto di misure coercitive: molto si dovrà discutere a riguardo del caos normativo-sanitario seguito alla diffusione del virus, ma ciò che risulta chiaro è la fine dell’emergenza che ha violato le regole della democrazia.




È stata presentata a Milano nella sede di Corso Venezia 40 l’iniziativa “Per tornare a vivere” promossa da Iustitia in Veritate, associazione fondata e guidata dall’ Avvocato  Marco C.A. Boretti, dall’Avvocato  Francesco Fontana e dalla dottoressa Wanda Massa. Ad essa fa riferimento un team di professionisti di vari settori e discipline uniti dalla passione per la Verità, secondo il significato cristiano del termine, senza la quale non può esserci alcuna giustizia reale. Il principio statutario fondante di questa realtà è la difesa della libertà religiosa di fronte ad ogni suo attacco e manifestazione verso la singola persona o nei confronti di qualsiasi forma associata o iniziativa.

Il proposito di Iustitia in Veritate, a partire dalla constatazione degli abusi contro il libero esercizio della fede e di culto perpetratisi in occasione della normativa emanata durante il periodo della diffusione del covid-19, con disposizioni di legge dettate da ragioni che vanno ben oltre un discorso di sicurezza, e che violano palesemente i diritti fondamentali delle persone costituzionalmente garantiti, è quello di allargare lo sguardo il proprio campo di azione a tutti gli abusi che man mano si sono estesi e sono comunque riscontrabili in tutti gli altri settori della vita dell’uomo nelle sue espressioni di libertà anche in forma associata e non necessariamente legati a eventuali normative emergenziali. L’associazione offre quindi tutela ed assistenza sotto ogni profilo, non solo legale, a chiunque necessiti di un supporto professionale, serio e pacificamente indirizzato a coniugare le proprie esigenze, in modo da non dimenticare la difesa e l’affermazione della giustizia in ogni campo, avendo come principio fondante la legge e il diritto naturale.

Iustitia  in Veritate ha dunque presentato una importante iniziativa, un  comunicato  sottoscritto da diverse personalità in ambito medico, alcune delle quali operanti in prima linea contro il Covid 19, con capofila il professor Giulio Tarro, dal significativo titolo “Per tornare a vivere”. Il comunicato offre una accurata disamina di quanto avvenuto da febbraio ad oggi, a partire dall’esigenza di fornire una lettura chiara e ragionevole rispetto alle paure che appaiono ora ingiustificate e che non possono fondare un impianto di misure coercitive future con la minaccia di un ritorno del virus e di un ulteriore castello normativo repressivo basato solo su mere ipotesi.                                                                                                        

Negli ultimi giorni sono stati evocati da parte di qualche personaggio politico anche interventi di tipo straordinario, come i Trattamenti Sanitari Obbligatori, che dalla stessa normativa sanitaria vigente sono considerati strumenti a cui ricorrere in circostanze particolarmente gravi. Sappiamo bene come nei regimi totalitari del XX secolo per la repressione del dissenso fosse ampiamente utilizzata la pratica dell’internamento con motivazioni pseudo-sanitarie. Non si vorrebbe davvero assistere al ritorno di tali metodi all’interno di una democrazia occidentale come la nostra.

Secondo Iustitia in Veritate, molto si potrà e si dovrà discutere sulle effettive ragioni del caos normativo e sanitario dovuto alla diffusione del virus, ma ciò che risulta chiaro adesso è la fine dell’emergenza che per parecchie settimane ha limitato, se non violato, le più basilari regole di democrazia del nostro paese e le libertà individuali costituzionalmente garantite con misure coercitive, che oggi non hanno più ragione d’esistere. Lo stesso ministro Boccia richiamando la Corte Costituzionale aveva dichiarato che si trattava di atti puramente amministrativi.                                                                                                                           

Il Comunicato "Per tornare a vivere" fornisce quindi una sintetica, ma documentata serie di fatti ed evidenze scientifiche che mostrano l’inopportunità di proseguire in una politica di allarmismo sanitario, basata sull’emergenza epidemica da coronavirus. La Fase3 in Italia vede il virus evidentemente meno contagioso e meno aggressivo. Si tratta comunque di una patologia prevalentemente geriatrica, con un indice di mortalità, che nel nostro paese, a differenza di molti altri, come la Germania, è stato più elevato a causa di una serie di misure discutibili e di errori strategici. In molti paesi, quali ad esempio l’Australia, la mortalità è stata paragonabile a quella di una normale influenza stagionale.

Ci sono dunque state gravi mancanze che hanno impedito un’efficace gestione dell’emergenza, contribuendo significativamente a determinare i numerosi decessi, anche tra il personale sanitario, che pure si è speso con generosità e abnegazione. C’è stato un iniziale ritardo nell’approntare misure di emergenza: l’attuale classe politica ad inizio gennaio ha ignorato e persino irriso gli appelli ad affrontare l’epidemia in atto, come se la posta in gioco fosse l’antirazzismo e non la salute degli italiani. In seguito c’è stato un impedimento nella ricerca di una terapia efficace per la malattia, con provvedimenti che sconsigliavano l’esecuzione delle autopsie ed imponevano cremazioni obbligatorie e indiscriminate dei cadaveri.

È stato solo grazie alla provvidenziale disobbedienza di alcuni medici che si è potuto constatare la natura trombolitica e vascolare del Covid19 che, debitamente trattata, rende possibile, nella maggior parte dei casi, la cura domiciliare, senza necessità di occupare le unità di rianimazione, la cui penuria ha determinato altri decessi e le cui vittime potrebbero essere catalogate come morti per coronavirus, senza avere il coronavirus.

Dopo aver subito le gravi limitazioni alla libertà personale tramite i vari DPCM che si sono susseguiti, oggi continuano le “minacce” che alimentano la paura basata sulla mera ipotesi che se non ci atterremo scrupolosamente a tali disposizioni coercitive, ci renderemo colpevoli rispetto ad una del tutto ipotetica seconda ondata del virus, da un punto di vista scientifico tutta da dimostrare.

Alla luce di quanto esposto, il comunicato si chiude con la richiesta di un necessario e doveroso ripristino delle libertà personali, soppresse con la scusa dell’emergenza sanitaria, consentendo la piena ripresa di tutti i servizi pubblici e delle attività sociali ed economiche, nonché il pieno ripristino della libertà di culto.

Paolo Gulisano
https://lanuovabq.it/it/iustitia-in-veritate-misure-ingiuste-contro-il-covid

AriCovid...
Il Covid e la propaganda terroristica: ecco la prova della malafede
La prova della malafede sta nel modo con il quale vengono forniti i dati.
Se si parla degli Stati Uniti si insiste sulle cifre assolute omettendo il fatto che la popolazione americana è cinque volte quella italiana e che, prendendo un parametro statisticamente più valido come ad esempio il numero di decessi per milione di abitanti, il nostro Paese sopravanza gli States di Donald Trump di oltre il 50 per cento (per non parlare del confronto col Brasile di Jair Bolsonaro).
Se invece c’è da terrorizzare gli italiani, si assume il solo indice di contagio per far credere ad esempio che il Veneto, fin qui considerato regione modello nel contenimento dell’epidemia, sia di nuovo appestato. Peccato che il balzo in avanti da 0,43 a 1,63 dell’RT, che ha fatto invocare a Luca Zaia nuove misure restrittive e il trattamento psichiatrico obbligatorio per gli indisciplinati, si basi su un numero di nuovi tamponi positivi che negli ultimi due giorni non arriva a toccare le dita di una mano. Una cifra che assumere come campione rilevante per il calcolo dell’indice di contagio è a dir poco surreale.
La verità è che l’andamento degli ultimi focolai, checché se ne dica, dà platealmente ragione a quanti come Alberto Zangrillo, Giuseppe Remuzzi e altri cercano disperatamente di sfondare la cortina del terrorismo di regime per far sapere – dati ed evidenze alla mano e con il pieno accordo dei medici che hanno sperimentato l’inferno delle terapie intensive nella fase acuta della pandemia – che il virus è tra noi ma è clinicamente spento.
Tentare di smentirli evocando il numero quotidiano di nuovi tamponi positivi (ammesso che di veri positivi si tratti, giacché gli studi hanno dimostrato che nella stragrande maggioranza dei casi il test riveli tracce virali talmente labili da non poter contagiare né il soggetto portatore né tantomeno terze persone) significa gettare la palla in tribuna. A meno che non si ritenga infatti che un virus possa sparire da un giorno all’altro come spariscono i clienti da bar e ristoranti a ogni alzata di ingegno dei professionisti del terrore, è evidente che il Covid è tra noi e continua a circolare. Come circolano i virus delle influenze, del morbillo, della varicella e di una infinità di altre malattie con le quali conviviamo in alcuni casi dai tempi almeno dell’antica Roma, al punto tale che c’è pure chi è riuscito a prendersele durante il lockdown.
Ma proprio la circolazione del virus consente di suffragare di nuove evidenze empiriche e statistiche la constatazione della sua ormai scarsa offensività. Così come rafforza l’idea che la vera attenzione vada prestata all’andirivieni da Paesi nei quali il Covid è ancora aggressivo. Magari con una punta di buon senso: negli stessi giorni rimpatriare un pugno di turisti americani (sanissimi, fino a prova contraria) arrivati in Italia con un jet privato e a quanto pare disposti a mettersi in quarantena preventiva, far sbarcare immigrati positivi e spalancare le frontiere alla Cina prendendo acriticamente per buoni i dati forniti dal regime di Xi denota un approccio che per carità di patria ci limitiamo a definire strabico.
Ancor più certi sono i riflessi di tutto questo sull’economia. Mentre il ministro Giggino Di Maio si improvvisa ambasciatore del Belpaese e se ne va in giro all’estero per promuovere le mete turistiche italiane, a ogni ondata allarmistica le strade si desertificano, gli esercizi pubblici si svuotano e lo spettro del disastro economico riconquista terreno. L’effetto è immediato, basta parlare con gli operatori dei settori più esposti per rendersene conto. Finché c’era da salvare vite, gli italiani meno garantiti sono stati i primi a sacrificare il proprio benessere in nome della sicurezza sanitaria delle proprie comunità. Ora che il Covid clinicamente non fa più paura, la sensazione è di vivere in un gigantesco Grande Fratello che non fa ridere. Al punto che quella che fino a qualche tempo fa poteva sembrare una provocazione è oggi una domanda non del tutto peregrina: siamo sicuri che in un Paese con un tasso così elevato di terroristi e ipocondriaci convenga continuare a fare tamponi?
di Claudia Passa
https://loccidentale.it/il-covid-e-la-propaganda-terroristica-ecco-la-prova-della-malafede/

Diretta urgente con DIEGO FUSARO: Ecco cosa sta accadendo e cosa accadrà prossimamente. Fase 1?
https://www.youtube.com/watch?v=8Yme1bk-xbA

Polacco: "Il ministro della Salute studia i Tso obbligatori" (06.07.20)


https://www.pupia.tv -
https://www.youtube.com/watch?v=r97L7LfGLcM

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