Non cedete al ricatto per nessun motivo
Ne fiant, sicut patres eorum, generatio prava et exasperans (Sal 77, 8).
La Sacra Scrittura, una delle due fonti della Rivelazione divina, si dissocia dal culto degli antenati, comune a moltissime culture antiche. Coloro che ci hanno preceduto non sono stati necessariamente buoni e santi; perciò non rappresentano modelli da imitare per il solo fatto che sono vissuti prima di noi. Il libro del Siracide tesse sì l’elogio dei padri che furono uomini illustri, ma seleziona coloro in cui Dio ha manifestato la Sua gloria (cf. Sir 44ss). Il Salmo 77, in verità, allude specificamente alla generazione che fu liberata dalla schiavitù egiziana e nel deserto si ribellò poi ripetutamente al Signore, disprezzando le manifestazioni eclatanti della Provvidenza; le sue osservazioni, tuttavia, rimangono valevoli per ogni epoca storica e, certamente, anche per la nostra.
I “padri” della generazione malvagia e irritante, in riferimento alla vita cristiana nel nostro tempo, possono essere identificati con quei chierici che si sono formati a partire dai tardi anni Sessanta. Essi, considerati nel complesso (senza perciò escludere le felici, benché rare eccezioni) sono responsabili del completo stravolgimento della dottrina, della morale e della liturgia. Certamente non tocca a noi emettere un giudizio definitivo; tuttavia non possiamo fare a meno di prendere atto di quel che è pur successo, cioè della sostituzione della religione cattolica con un surrogato che conserva qualche vaga somiglianza con essa, ma è decisamente un’altra cosa, da ogni punto di vista. Quella generazione perversa, col tempo, è giunta ad occupare nella Chiesa i posti di comando, ma si è completamente sottomessa allo Stato, divenuto il nuovo vitello d’oro.
Con assoluta evidenza, la pretesa degli attuali Pastori di stabilire doveri morali in ambito sanitario è priva di qualsiasi fondamento, così come quella delle autorità civili di imporre nel medesimo campo obblighi legali che vadano oltre le necessarie precauzioni. Le raccomandazioni inviate ai vescovi dalla Presidenza della Conferenza Episcopale (senza nomi), che di fatto – andando al di là di quanto richiesto dalla normativa civile e senza il minimo supporto canonico – esige per gli operatori pastorali la cosiddetta vaccinazione, fanno inevitabilmente dubitare, nel loro stile tanto mellifluo quanto ipocrita, della buona fede di chi le ha redatte. Le dichiarazioni di singoli presuli in materia, poi, non poggiano su alcuna argomentazione accettabile sul piano della ragione, ancor meno su quello della fede. Nel leggere quei testi si ha l’invincibile impressione che siano un parto di menti offuscate o stravolte da oscure ossessioni. Il senso comune – per non parlare del sensus fidei – reagisce alla lettura con acuto disagio, se non con orrore: a cosa si è ridotta la gerarchia cattolica, un tempo maestra di verità e di vita?
La ricerca di una soluzione non deve però spingerci a saltare all’estremo opposto, quasi fosse un sicuro rifugio. Molte persone, pur di trovare un punto fermo, si consegnano acriticamente a gruppi che soltanto in apparenza difendono la Tradizione, ma si sforzano in realtà di perpetuare un sistema religioso che già nella prima metà del secolo scorso era entrato in una profonda crisi. A parte la colpa di separarsi di fatto dall’unica Chiesa per costituire una sorta di Chiesa parallela con una gerarchia indipendente, il loro difetto principale (senza escludere, neanche in questo caso, le lodevoli eccezioni) consiste nel ridurre il cristianesimo a una costruzione formale. L’ineccepibile osservanza, reale o presunta, di tale sistema – che sia in ambito dottrinale, cultuale o morale – non assicura di per se stessa un’effettiva santificazione; al contrario, provoca spesso un’invincibile illusione di correttezza che nasconde la cattiveria e la superbia del cuore.
La conoscenza della verità e l’adesione ad essa devono plasmare l’intimo della persona; a tal fine è indispensabile che l’anima ricerchi sinceramente il bene e desideri efficacemente diventare sempre più umile e buona. Se l’informe e lassista etica postconciliare, secondo un processo di eterogenesi dei fini, si è evoluta in un moralismo opprimente funzionale alla feroce dittatura statale, la morale formalistica che imperversa in ambienti della Tradizione è paradossalmente sfociata nel medesimo esito, seppur per altra via. Dal dichiarare lecito un trattamento sanitario sperimentale che presuppone la tortura e la morte di esseri umani non ancora nati, si è rapidamente passati, sulla base di banali sillogismi dalle premesse false, al farne un dovere privo di fondamento. La sensazione è davvero quella di essere accerchiati, ma essa non deve assolutamente toglierci la lucidità della mente né indebolire la determinazione di rimanere fermi nel rifiuto della barbarie.
Non dobbiamo pertanto cedere alla pressione sociale per nessun motivo al mondo. Il regime, non potendo imporre esplicitamente a tutti l’obbligo della vaccinazione, ha studiato il modo, limitandone le libertà fondamentali, di indurre la gente ad accettarla per forza, pur di conservare il lavoro e avere accesso ai luoghi pubblici. I responsabili dovranno finire sotto processo per tale inaudita violazione dei diritti naturali e costituzionali delle persone; nel frattempo, però, occorre resistere senza lasciarsi impressionare dai decreti né fiaccare nell’intimo. Le disposizioni governative hanno una precisa scadenza, quella del 31 dicembre; non ha senso piegarsi ad esse per un così breve lasso di tempo, considerati gli effetti irreversibili che avrebbe l’iniezione. Lo stato di emergenza non può essere prolungato oltre i due anni; se ciò avvenisse, sarebbe un colpo di Stato a tutti gli effetti, ma in quel caso potrebbero reagire l’esercito e le forze dell’ordine, in cui già serpeggia un forte malcontento e di cui una larga fetta si rifiuta di sottomettersi all’abuso subìto dai colleghi.
In una situazione così fluida, poi, non è sensato prender decisioni radicali, come quella di espatriare o di abbandonare il posto di lavoro; passi del genere non vanno compiuti se non quando vi si è costretti. Per ora bisogna navigare a vista, procedendo giorno per giorno con fiducia nella Provvidenza e regolandosi di volta in volta secondo le evenienze. Non è ragionevole pretendere di prevedere il futuro sulla base di presunte profezie o dubbie interpretazioni dei testi sacri; l’avvenire è nelle mani di Dio ed è noto a Lui solo. Il cristiano non tenta perciò di usurpare il ruolo del Creatore, ma si abbandona alla Sua guida onnipotente, facendo ogni momento, con diligenza e perseveranza, ciò che gli è richiesto. Il governo del mondo appartiene al Signore Gesù Cristo, che dispone o permette ogni cosa per il nostro bene; lasciamo dunque a Lui il compito di dirigere gli eventi e curiamoci piuttosto di adempiere la Sua volontà nell’ora presente.
La prova attuale è stata voluta per la correzione del traviato popolo di Dio: sia di quanti professano il cristianesimo contraffatto del postconcilio, sia di quanti rivendicano una continuità puramente esteriore e artificiosa col passato, sia di quanti han sostituito la vera fede con gli pseudovalori della cultura dominante, dimenticando ogni forma di ragionevolezza e di moralità. Che non accada anche a noi di meritare, per esserci assimilati agli altri, il rimprovero rivolto alla generazione malvagia e irritante; per quanto sia penoso il sentirsi isolati e incompresi, bisogna custodire la pace del cuore appellandosi alla testimonianza della propria coscienza, capiti quel che capiti. Quando la prova sarà terminata, ne avremo onore e ricompensa da Dio stesso davanti a tutti; nel frattempo conserviamo la libertà interiore e difendiamo quella esteriore, a beneficio nostro e di tutti. Anche coloro che a torto ci giudicano e disprezzano ce ne saranno presto grati, visto che l’inganno e i suoi danni sono ormai così evidenti da non poter più essere occultati.
Non dimentichiamo che la condizione libera non si esaurisce nelle attività che si possono svolgere. La gioventù di oggi, sistematicamente manipolata dalla propaganda, non sopporta la benché minima limitazione delle opportunità di agire e, proprio in tal modo, è caduta schiava di un regime disumano che la manovra a piacimento facendo leva su bisogni indotti. I nostri nonni sopportarono i disagi della guerra e dell’immediato dopoguerra perché non avevano tanti grilli per la testa, anche se poi fecero crescere i figli con l’ideale del benessere economico, che ci ha resi completamente dipendenti dall’esterno. Così, oggi, abbiamo una massa di persone, giovani e meno giovani, che si immolano sull’altare della “scienza” per non rinunciare a frequentare palestre e pizzerie, cosa che – con buona pace dei chierici giurati, di qualunque estrazione siano – non è lecita per nessun motivo, nemmeno per evitare la sospensione dal lavoro (che non è il licenziamento).
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