A lato statua del Laocoonte in Vaticano
L’episodio del Cavallo di Troia, a cui si riferisce Omero nella Iliade, inquadra bene quanto avvenuto a Roma, Cittadella della Chiesa cattolica nella quale fu introdotto lo spirito del Vaticano 2º e i suoi artefici in veste clericale.

Al tempo dell’assedio di Troia, Laocoonte, sacerdote di Apollo, intuito il pericolo che il cavallo di legno costruito dai Greci e lasciato di fronte alle mura di Troia rappresentava, scagliò la sua lancia contro il cavallo. Ora, Laocoonte, contro la volontà di Apollo, si era sposato e aveva figli. Così, quando sacrificòa Nettuno, dio dei mari e amico dei Greci, Apollo mandò due serpenti marini che hanno ucciso il sacerdote e i suoi figli, com’è figurato nella famosa scultura, che è in Vaticano.
Riguardo al cavallo, per un sentimento di curiosità, fu introdotto entro le mura della città, e da questa manovra scaturì la sua rovina.
Qui non intendiamo ricordare questa celebre opera greca per il confronto di impronta artistica; l’anatomia tra dionisiaco e apollineo, o qualsiasi altra cosa,ma per ricordare che il ‘pathos’ del Laocoonte nello studio dell’arte, riflette una tendenza decadente, anche mentale. Infatti, il motivo dell’afflizione raffigurata in una visione contorta rappresenta decadenza estetica riguardo all’equilibrio impassibile della precedente disciplina scultoria; tendenza che denota, riguardo al pensiero, il sentimento che prevale sulla ragione: decadenza dell’arte che riflette quella del pensare e agire, anche religioso.
Ciò applicato al nostro tempo, indica, riguardo al pensiero cattolico, un degrado del sentimento che prevale sulle ragioni della Fede. Così, il sentimento di lodevole pietà filiale verso la figura del Papa, dolce Gesù in terra, finisce per essere irragionevolmente diretto a chi promuove perfide iniziative che sono gravemente offensive all’onore stesso del Salvatore, messo al livello delle più svariate divinità e culti terreni.
Ecco cosa fu la «riunione delle grandi religioni del mondo», la cui prima scandalosa seduta avvenne nel 1986 ad Assisi, di cui il video annesso registra le torbidi sequele:
https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=de7ABkg8KjM#t=116s

Tale «spirito di Assisi» è oggi il grande ispiratore della «chiesa conciliare».
Per converso, il sentimento di riverenza che nel presente è applicato ai promotori di tale manifestazione a favore di una falsa chiesa, si dimostra degenerato riguardo allo spirito cattolico. Ciò in vista dell’inganno per cui un chierico vestito da papa avrebbe autorità per indurre un satanico sincretismo ecumenista, che mette la religione della Trinità Divina al livello di qualsiasi altro culto, anche idolatrico.
Si tratta di un sentimento «patetico» trucemente degenere perché implica dare prestigio all’atto scellerato di un uomo, vero tradimento riguardo alla difesa e conferma della Fede, che è la ragione stessa della carica papale usata nell’infida prevaricazione di tali chierici.
Purtroppo non c’è difficoltà nell’applicare il termine «patetico» al decadente sentimento tradizionalista presente, che nell’accettazione di tali «papi» riflette pure una decadenza mentale. Non vi è la scusa di “coprire le vergogne” della posizione papale, come è stato dovuto al patriarca Noè. Potrebbe essere il casose si trattasse di un papa debole nella sua missione di rappresentare il Salvatore, senza alterare però la conformazione alla Fede. No, qui Giovanni Paolo 2°, con i predecessori e successori conciliari falsano la Fede e il Culto unici della Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo. Qui si tratta di chierico che, abusando della posizione d’autorità papale, altera e distorce la Tradizione, mettendo così in pericolo la missione della Chiesa e di conseguenza la salvezza di molte anime.
Sui prodotti di questo sentimento degenere che porta a riconoscere e ubbidire a una falsa autorità che degrada la visibilità dell’unica Chiesa di Cristo nel mondo, classificato da Mgr. Marcel Lefebvre come «il colpo maestro di Satana», vi è un lungo elenco. Si tratta di seminare la disubbidienza alla Tradizione della Chiesa in nome dell’«ubbidienza»!
E qui subentra quel fatale «sentimento» di rispetto, paura o conformismo verso l’uomo in veste papale, che fa invertire il fermo pensiero cattolico per cui si deve ubbidire prima a Dio che agli uomini (At 5,29). Il concetto d’ubbidienza s’inserisce per forza, nella più profonda e ordinata gerarchia degli esseri e dei fini poiché tutto quanto voluto da Dio è ordinato al fine divinamente disposto. Ecco che il vero concetto d’ubbidienza è essenzialmente subordinato alla verità naturale e soprannaturale. E poiché questa verità è riconosciuta dalla ragione e non dai sensi o sentimenti, l’ubbidienza ordinata alla verità non può far prevalere dei sentimenti sulla ragione per cui si ubbidisce.
Se non vi fosse il peccato nel mondo, né l’originale né l’attuale, non vi sarebbe neppure la necessità di ogni tipo di coazione per moderare l’attività umana. Tutti ubbidirebbero spontanea e ordinatamente alla Legge Divina naturale e soprannaturale; ci sarebbe solo una intelligenza e una sola volontà, essenzialmente ordinate alla Verità e al Bene.
Perciò in questo mondo dove vige il peccato, l’ubbidienza è un mezzo non un fine in sé stessa. E poiché il correlativo in opposizione alla coazione e all’ubbidienza è la libertà, a livello di Legge naturale e divina, un «diritto alla libertà religiosa» sorge in netto contrasto col corrispondere adempimento all’obbligo correlativo di ubbidienza ordinata al Vero e al Bene. A questo punto sarebbe rotto il rapporto tra Vero = Bene = Diritto; si tratterebbe di un anti-diritto; di una trasgressione di dimensione metafisica che solo una falsa autorità potrebbe dichiarare come dottrina religiosa! Ciò è accaduto nel Vaticano 2º e continua ad opera dei «papi conciliari», invertendo il senso del vero diritto, autorità e ubbidienza. Eppure, sono ricevuti come cattolici!
Lo spirito satanico della Rivoluzione, nemico di Dio e degli uomini, nel suo intento abominevole di attaccare il Corpo Mistico e degradare gli uomini, con astuzia diabolica, non si contenta con una qualche disubbidienza verso la Legge Divina e naturale. No, vuole distruggere lo stesso principio dell’ubbidienza a Dio, relativizzandolo con la falsa autorità che assolutizza l’ubbidienza come fine in se stesso. Così, per essere cattolici fedeli si dovrebbe ubbidire a quanti alterano e deturpano la Religione divina?
Il colpo da maestro di Satana consiste in perpetuare la semina della disubbidienza alla Tradizione in nome dell’ubbidienza! Una «patetica» inversione mentale!
In questo quadro concettuale di falsa ubbidienza, come fine a se stessa, i nemici della Chiesa hanno assicurato la massonizzazione che l’avrebbe distrutta dal suo interno. E ciò poiché anche le anime più pietose non riescono a liberarsi dal falso sentimento di ubbidienza a dei «papi» che deturpano la Fede con la truce operazione ecumenista.
Colpo da maestro poiché con un sentimento pietoso verso chi si presenta come autorità, riesce a colpire non solo la vita del Corpo Mistico di Gesù Cristo, ma iniettare nelle sue vene i veleni di quei falsi principi modernisti che alterano le ragioni della Fede nella testa dei credenti. Essi li assimilano attraverso applaudite battute delle false autorità per intorpidire le genti, che li seguono con sentimenti d’allegra ubbidienza verso l’abisso.
E i tradizionalista che fanno? Pur con un’ubbidienza intermittente, non sono da meno.
Infatti, non si vogliono rendere conto che la finta resistenza improntata sul rispetto a una simile autorità papale che opera tali abominazioni, implica la passiva complicità con esse. Né vogliono capire che sono gli stessi conciliari a rinunciare alla loro carica di autorità cattolica, dichiarando il «diritto» religioso d’ignorare e contraddire in foro esterno la Legge Divina, proprio sulla quale si fonda l’Autorità della Chiesa.
Perciò è inevitabile segnalare l’estensione della miseria religiosa, intellettuale e morale di quanti si prodigano da anni a fornire elementi «canonici» per riconoscere legittimità delle false autorità promotrici di atti ed eresie contrarie all’Autorità divina della Chiesa. E ciò scagliandosi con livore verso chi denuncia tale operato diabolico.
Viviamo allora in quei tempi finali per i quali il Signore ha detto, affinché i Suoi non rimanessero scandalizzati: “Vi cacceranno dalle sinagoghe, viene anzi l’ora in cui chi vi ucciderà penserà di rendere omaggio a Dio. Lo faranno perché non hanno conosciuto né il Padre né me.” (Gv 16, 2-3)
Si misconosce Gesù unico Pastore, a cui sono ordinati nella fede tutti gli altri: “Io sono il buon pastore e conosco le mie e le mie conoscono Me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre. Io per le mie pecore do anche la vita.” (Gv 10, 14-15)
Può il cattolico riconoscere come papa e supremo giudice della Chiesa l’uomo che la disonora rifiutando seguire quanto stabilito dal Magistero e reclamato dai fedeli?
«Avete udito ciò che dice il giudice ingiusto? E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che lo invocano giorno e notte? Tarderà ad aiutarli? Io vi dico che prontamente farà loro giustizia. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà ancora fede sulla terra?». (Lc 18, 6-8)
Non si tratta forse della fede d’invocare giustizia per l’onore di Dio e della Sua Chiesa? Ma come si può invocare questa giustizia allo stesso tempo che si riconosce con un sentimento patetico autorità divina in chi inverte deliberatamente la Fede della Chiesa?
È urgente, quindi, che i cattolici ritornino a una vera intelligenza di questa santa Fede, senza lasciasi intorpidire da falsi sentimenti e false ubbidienze di convenienza. Che ritornino a un profondo esame di coscienza, per non cadere vittime del lamentabile e fatale inganno di prendere il mercenario, o peggio di riverire il lupo travestito da pastore, come Vicario di Cristo.
Solo la deprecabile, «patetica» decadenza mentale, che colpisce pure il mondo tradizionalista, rende questo inganno possibile, se perfino di fronte a tanta perfidia e apostasia si continua a riconoscere e onorare come sommo pastore cattolico chi di fronte al mondo paganizzato corrompe la Fede in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo.
Solo il Signore è il buon pastore che conosce le Sue pecore, che Lo riconoscono con la fede, per mai confonderLo col mercenario – o peggio – col lupo in veste di bonario pastore!
L’EDITORIALE DEL VENERDI
di Arai Daniele
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