ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 11 febbraio 2012

"SENTINELLE NEL POST-CONCILIO".


NEL LIBRO DI AGNOLI E BERTOCCHI, IL TRAVAGLIO DELLA CHIESA E LE FIGURE DI DIFENSORI INDOMITI - di Cristina Siccardi

di Cristina Siccardi

È l’ultimo, in realtà è il primo. Ossia, Monsignor Marcel Lefebvre (1905-1991) è l’ultimo a

comparire nel libro Sentinelle nel post-concilio. Dieci testimoni controcorrente, curato da Lorenzo Bertocchi e Francesco Agnoli (Cantagalli, pp.156, € 10,00), ma fu il primo che con coraggio, come sacerdote e come Vescovo, comprese la tragedia che stava avvenendo nella Chiesa: il Modernismo faceva la voce grossa e pretendeva, nel Concilio Vaticano II, di affermare le sue idee rivoluzionarie, bandendo la Chiesa costantiniana, la Chiesa che insegnava ai bambini e agli adulti un catechismo non ludico, non sociale, non ideologico, ma dottrinale.
Afferma Lorenzo Bertocchi: «Abbiamo inserito anche monsignor Marcel Lefebvre perché la sua figura, al di là dei preconcetti e delle controversie, risulta interessante per comprendere ciò che è accaduto durante e dopo il Vaticano II» (1), di cui il prossimo 11 ottobre ricorre il cinquantesimo di apertura. È proprio il caso di dirlo: Monsignor Lefebvre aveva ragione...

Il nuovo altare "rivolto al popolo" nelle chiese antiche

Il nuovo altare "rivolto al popolo" nelle chiese antiche: ambiguità, contraddizioni e forzature nella prassi e nella normativa.



Recentemente il Card. Kurt Koch [1], nel corso di una conferenza svolta presso la facoltà teologica dell’università di Friburgo [2], ha ribadito che “l’attuale odierna pratica liturgica non sempre trova il suo reale fondamento nel Concilio: per esempio, la celebrazione verso il popolo non è mai stata prescritta dal Concilio” [3].
Il Card. Joseph Ratzinger aveva scritto, in proposito, nel 2003:

Pare che..

Pare che i soldi del Vaticano siano stati trasferiti in Germania

Città del Vaticano
Lo Ior, Istituto per le opere di religione, in sostanza la banca del Vaticano, da circa un anno, ossia da quando Bankitalia ha imposto agli istituti di credito di considerarlo alla stregua di una banca extracomunitaria, non è più cliente di banche italiane ed ha trasferito gran parte delle proprie attività finanziarie in Germania.
Il progressivo azzeramento dell'operatività (nove gli istituti di credito italiani con i quali lo Ior era in rapporti, tra i quali Unicredit e Intesa), è emerso dall'esame dei rapporti finanziari acquisiti dalla procura di Roma nell'ambito dell'inchiesta su presunte attività di riciclaggio legate ad operazioni avviate dalla banca vaticana. Inchiesta scaturita dal maxisequestro di 23 milioni di euro (settembre 2010) dello Ior ritenuti dalla procura oggetto di una movimentazione caratterizzata da omissioni punite dalle norme antiriciclaggio.
Nella vicenda sono indagati il presidente Ettore Gotti Tedeschi e il direttore generale Paolo Cipriani. Il denaro è stato dissequestrato nel giugno dello scorso anno dal tribunale del riesame alla luce dei «rilevanti mutamenti sul piano normativo ed istituzionale» dello Ior in materia di antiriciclaggio. Tra queste l'istituzione dell'Autorità di informazione finanziaria (Aif) del Vaticano, con compiti di prevenzione e contrasto del riciclaggio e di scambio «a condizione di reciprocità» di informazioni in materia di operazioni sospette.

La "tesi Ocariz " contraddetta anche dalla " tesi Ratzinger "

          Cardinal Ratzinger : “[l’Istruzione “Donum Veritatis”] afferma - forse per la prima volta con questa chiarezza - che ci sono delle decisioni del magistero che non possono essere un’ultima parola sulla materia in quanto tale, ma sono in un ancoraggio sostanziale nel problema,innanzitutto anche un’espressione di prudenza pastorale, una specie di disposizione provvisoria. Il loro nocciolo resta valido, ma i singoli particolari sui quali hanno influito le circostanze dei tempi, possono aver bisogno di ulteriori rettifiche. Al riguardo si può pensare sia alle dichiarazioni dei Papi del secolo scorso sulla libertà religiosa, come anche alle decisioni antimodernistiche dell’inizio del secolo”. (Osservatore Romano, 27 giugno 1990, p. 6 ).

Monsignor Ocáriz : “il concilio Vaticano II non definì alcun dogma, nel senso che non propose mediante atto definitivo alcuna dottrina. Tuttavia il fatto che un atto del magistero della Chiesa non sia esercitato mediante il carisma dell’infallibilità non significa che esso possa essere considerato «fallibile» nel senso che trasmetta una «dottrina provvisoria» oppure «autorevoli opinioni». Ogni espressione di magistero autentico va recepita come è veramente: un insegnamento dato da Pastori che, nella successione apostolica, parlano con il «carisma della verità» (Dei verbum, n. 8), «rivestiti dell’autorità di Cristo» (Lumen gentium, n. 25), «alla luce dello Spirito Santo» (Ibidem)”. (Osservatore Romano, 2 dicembre 2011, p. 6)

Vaticano, la cricca giunge al Santo


di Giovanni Viafora (per Il Corriere del Veneto) 
Si intrecciano affari e scontri di potere dietro agli appalti per i lavori nella basilica di Sant’Antonio. Le rimostranze dei costruttori padovani dell’Ance, che si sono lamentati perché gli interventi più sostanziosi nell’edificio vengono affidati ad un ristretto giro di imprese romane, hanno scoperchiato un quadro controverso. La «Veneranda Arca del Santo», l’organismo centenario di natura laicale, che si occupa della manutenzione della Basilica, ha fatto sapere di aver commissionato negli ultimi cinque anni decine di interventi di restauro anche ad aziende del territorio (per una spesa totale di 4 milioni di euro). Ma il problema, come già spiegato, non sono i lavori commissionati dalla «Veneranda Arca», che è un ente morale e laicale esterno alla proprietà della Basilica (e che paga con fondi privati e sponsorizzazioni); ma quelli appaltati direttamente dal Vaticano.  

Salvate il soldato Ratzinger.


Il cardinale colombiano Darío Castrillón Hoyos “non parla coi giornalisti” dice il suo segretario personale. A parlare, infatti, è l’appunto “confidenziale” che l’ex prefetto del Clero ha inviato il 30 dicembre scorso al Papa e che ieri il Fatto quotidiano ha pubblicato per intero. L’appunto “autentico”, nel senso che effettivamente è arrivato sui tavoli della segreteria di stato vaticana, riguarda la possibilità di un complotto delittuoso per eliminare Benedetto XVI. Un complotto sul quale il cardinale arcivescovo di Palermo, Paolo Romeo – ex nunzio in Italia – si sarebbe soffermato con dovizia di particolari in un suo recente viaggio a Pechino nel novembre 2011. Qui Romeo avrebbe parlato con alcuni interlocutori cinesi – si dice soprattutto con il cardinale salesiano Joseph Zen Ze-kiun, vescovo emerito di Hong Kong, anche se Romeo ha ieri dichiarato: “Non ho detto quelle cose” – della possibilità che Papa Ratzinger muoia entro un anno e della possibilità che il suo successore sia il cardinale italiano Angelo Scola, già patriarca di Venezia e da pochi mesi nuovo arcivescovo di Milano. In realtà, secondo fonti interne, il convincimento di Castrillón secondo cui il Papa rischia la vita nasce da una vicenda ben nota in Vaticano e mai uscita in precedenza: nel 2005 un cittadino austriaco, poi identificato, si avvicinò al Papa nella basilica vaticana con in mano un coltello. Arrivò fino a venti metri da lui. Venne fermato, ma da quel giorno le guardie svizzere e la gendarmeria vaticana fecero salire la soglia di allerta perché, si disse di lì in avanti dentro la curia romana, “il Papa potrebbe morire”. “Potrebbe morire”, esattamente le stesse parole che Romeo avrebbe pronunciato in Cina.

L’ospedale di Padre Pio valutato tra i migliori 360 al mondo 10 febbraio, 2012

La Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo (provincia di Foggia), struttura sanitaria creata ed inaugurata da Padre Pio il 5 maggio 1956, è un’opera che rispecchia fedelmente il pensiero del fondatore, il quale -come avevamo già avuto modo di sottolineare-aveva infatti intuito, già 50 anni fa, che la ricerca deve costituire parte integrante dell’impegno professionale dei medici in genere, in particolare di quelli della “Casa”, e parte attiva del progresso scientifico.
E’ stato in questi giorni valutato dal Sir world report tra i primi 365 centri al mondo per qualità della ricerca scientifica e per la copiosità delle sue pubblicazioni ritenute di qualità.  

venerdì 10 febbraio 2012

IL VIAGGIO IMMOBILE

Nel passato e nel futuro della Chiesa.


Vita, sangue e profezia in
Anna Katharina Emmerick

PRIMA TAPPA

PARAGRAFI
Premessa su cosa è la mistica. Inizio della passione. Ferocia delle consorelle e dei rivoluzionari; poi un amico: Brentano. Inchiodata al crocefisso. Viaggio immobile in Terra Santa. Una schiera di mistiche per i tempi bui. Ogni giorno la visita di un santo. Perchè quel lunghissimo tentativo di occultarla?

Il Concilio dove lo metto?

Un Vaticano III servirebbe pure, il problema è logistico

Il conservatore Weigel apre sul tema ai progressisti: ma i vescovi sono 5.000

Questa volta non è la rivista progressista National Catholic Reporter a tirar fuori il tema. E nemmeno i gesuiti d’America, la rivista newyorchese della quale fu direttore padre Thomas Reese, il teologo ribelle che il Vaticano costrinse qualche anno fa a dimettersi per le posizioni troppo liberal su matrimoni gay, rapporti con l’islam e atteggiamento che i politici devono tenere sull’aborto. Oggi, del Concilio Vaticano III e della sua eventuale (quanto improbabile) convocazione, parla a sorpresa George Weigel su First Things. Weigel, ovvero uno dei commentatori cattolici americani di più indiscussa ortodossia, autore noto in tutto il mondo per la biografia di Giovanni Paolo II dal titolo “Testimone della speranza” e per First Things, e cioè la rivista conservatrice fondata anni fa dall’ex pastore luterano Richard John Neuhaus e che raccoglie al suo interno il meglio delle firme dei cosiddetti “teocon” della chiesa americana, ex cattolici progressisti spostatisi a destra o ex protestanti convertiti.

Morituri?

Vaticano, i documenti "riservati" e quei complotti inesistenti

Sacri palazzi e complotti
SACRI PALAZZI E COMPLOTTI

Un appunto autentico, ma palesemente sconclusionato, scatena una ridda di ipotesi complottistiche su una possibile uccisione del Papa

ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO

Non passa ormai giorno che dai sacri palazzi vaticani, divenuti ormai uncolabrodo, non esca qualche appunto riservato. Quello che mette in pagina oggi il giornale italiano «Il Fatto Quotidiano» è un documento inviato il 30 dicembre scorso al Papa. Si tratta di un appunto «confidenziale» che il cardinale Darío Castrillón Hoyos, già Prefetto della Congregazione del clero, avrebbe ricevuto da un amico e che riguarda la possibilità di un «complotto delittuoso» per eliminare il Papa. La presunta «fonte», citata nel testo, è il cardinale Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo, ex nunzio in Italia, il quale, nel corso di un viaggio a Pechino nel novembre 2011, avrebbe parlato con alcuni interlocutori cinesi della possibilità che Benedetto XVI muoia entro un anno e della possibilità che il suo successore sia il cardinale italiano Angelo Scola, già patriarca di Venezia e da pochi mesi nuovo arcivescovo di Milano.

Il Satana dimenticato.


9 febbraio 2012 -
Sabato scorso con questo lungo pezzo ho parlato sul Foglio del libro scritto con padre Amorth e da pochi giorni in libreria: “L’ultimo esorcista” (Piemme).
Un giorno padre Gabriele Amorth, l’anziano sacerdote paolino divenuto esorcista della diocesi di Roma nel 1986 per mandato firmato dal cardinale vicario di allora Ugo Poletti – da poco ha dato alle stampe “L’ultimo esorcista” (Edizioni Piemme, 266 pagine, 16,50 euro) –, viene ricevuto da un’eminenza importante della Santa Sede.
“Buon giorno eminenza, sono padre Gabriele Amorth. Sono un sacerdote paolino. Abito a Roma. Sono anche l’esorcista ufficiale della…”.
“So chi è lei. Ho sentito parlare di lei. Mi dica. Cosa vuole?”.
“Avrei bisogno di incontrarla”.
“Per quale motivo?”.
“Be’, vede, ho messo insieme un’associazione di esorcisti. Ci riuniamo a Roma per confrontarci e aiutarci. Sa, nel mondo siamo talmente pochi”.

giovedì 9 febbraio 2012

Cina. Il cardinale Zen contro Sant'Egidio

E anche contro una rivista di Comunione e Liberazione. "Con il buon cuore si possono fare cose cattive", scrive. E spiega perché le diplomazie parallele dei due movimenti recano più danno che aiuto ai cattolici cinesi 

di Sandro Magister



ROMA, 9 febbraio 2012 – Al termine della prima giornata del grande evento internazionale "Gesù nostro contemporaneo" – che è iniziato oggi a Roma e di cui ha dato notizia un precedente servizio di www.chiesa – fa spicco un'intervista di padre Bernardo Cervellera al cardinale Giuseppe Zen Zekiun, indomito combattente per la libertà e l'unità della Chiesa cattolica in Cina.

Ma già alla vigilia di questa sua uscita pubblica il battagliero cardinale ha mostrato di che pasta è fatto. Con un graffiante articolo su "Asia News", l'agenzia del Pontificio Istituto Missioni Estere diffusa anche in lingua cinese e diretta proprio da padre Cervellera.

Al suo articolo, il cardinale Zen ha voluto apporre questo sottotitolo: "In dialogo con la Comunità di Sant'Egidio e con Gianni Valente di '30 Giorni'".

È un sottotitolo che dice subito qual è il doppio bersaglio della polemica del cardinale.

VERITA' DIMENTICATE

 il dovere di difendere la Fede a viso aperto

Tratto dall'Enciclica Sapientiae christianae - 10 gennaio 1890 - di Leone XIII

Cedere all’avversario o tacere, mentre dovunque si alza tanto clamore per opprimere la verità, è proprio dell’inetto oppure di chi dubita che sia vero quello che professa. L’uno e l’altro atteggiamento sono ignobili e ingiuriosi a Dio; l’una cosa e l’altra contrastanti con la salvezza individuale e collettiva: sono soltanto giovevoli ai nemici della fede, perché l’arrendevolezza dei buoni aumenta l’audacia dei malvagi. Per questo è ancor più da condannare l’inerzia dei cristiani perché il più delle volte si possono confutare gli errori e le malvagie affermazioni facendolo spesso con poco sforzo; ma farlo sempre occorre un impegno molto più grande.

Preghiera del 9 febbraio 2012


9 febbraio 2012

San Paolo che nella Prima lettera ai Corinzi definisci il corpo “tempio dello Spirito Santo”, convinci qualche autorevole uomo di chiesa a prendere posizione contro il tatuaggio. Non è più una minuzia opinabile: l’altro ieri ci si tatuava per anticonformismo, ieri per conformismo, oggi per schiavismo. Una ditta americana ha offerto uno sconto perpetuo sui suoi capi di abbigliamento ai clienti disposti a farsi tatuare il marchio aziendale in modo indelebile. I poveretti sono accorsi numerosi, facendosi marchiare come bestie mentre io, chissà perché, sento odore di bestia dell’Apocalisse. Se credessi in una religione ridotta a elenco di divieti (“Non vi farete incisioni sul corpo per un defunto, né vi farete segni di tatuaggio”) non sarei cristiano bensì ebreo, ma quella radicata nel Levitico è una proibizione liberante: la libertà di non trovarsi a sessant’anni, o anche prima, col bicipite ormai flaccido imbrattato dal logo di un’azienda i cui vestiti non ci piacciono più.

Riciclaggio di denari? No, di accuse, dicono in Vaticano

“Gli intoccabili” hanno colpito ancora. La trasmissione di Gianluigi Nuzzi su “la 7 che ha già fatto tremare le autorità vaticane rendendo pubbliche le lettere d’accusa dell’attuale nunzio a Washington Carlo Maria Viganò, è tornata la sera di mercoledì 8 febbraio a chiamare in causa l’Istituto per le Opere di Religione.
L’ha fatto sulla scia di un articolo di Angela Camuso uscito la mattina stessa su “L’Unità”:
Nella tarda serata dello stesso 8 febbraio, la sala stampa vaticana ha replicato con la dichiarazione riportata qui di seguito.
Là dove vi si legge che lo IOR “ha fornito informazioni anche al di fuori dei canali formali” ai magistrati italiani l’allusione è all’interrogatorio spontaneo al quale si è sottoposto il 30 settembre 2011 il presidente della banca vaticana, Ettore Gotti Tedeschi. La sua rinuncia alle procedure di rogatoria internazionale tra Stati esteri fu molto criticata dalle autorità vaticane.

A proposito di Confessioni sacrileghe..

 IV puntata
di Don Leonardo M. Pompei

Il sacramento della Penitenza, oggi poco praticato, è spesso ricevuto in modo sacrilego, mancando le necessarie disposizioni e condizioni da parte del penitente, o reso invalido dalla noncuranza del confessore. Vediamo come non incorrere in tale pericolo.
Iniziando l’analisi dei peccati contro il Primo Comandamento abbiamo visto che l’uso sacrilego dei Sacramenti rappresenta, in assoluto, la forma più grave di offesa diretta a Dio e alla sua divina Maestà. Oltre che le Comunioni sacrileghe, purtroppo, oggi è quanto mai diffuso un altro gravissimo peccato: quello dell’uso sacrilego del sacramento della Confessione.

Prima di addentrarci in questa nuova cancrena che affligge dal profondo i figli della Chiesa, è bene osservare che uno dei precetti generali della Chiesa obbliga i fedeli all’uso minimo di questi due importantissimi Sacramenti: la Confessione almeno una volta l’anno e la Comunione almeno a Pasqua. Per la verità il santo Curato d’Ars piangeva quando doveva rammentare ai suoi fedeli questo precetto, parendogli assurdo che la Chiesa dovesse imporre sub gravi una cosa tanto bella come la santa Comunione, che dovrebbe essere ricevuta (secondo le intenzioni di Chi l’ha istituita) preferibilmente ogni giorno. Tuttavia, il santo Parroco doveva amaramente costatare che è tale e tanta la stoltezza dell’uomo, che la Chiesa, come madre premurosa di un figlio discolo, ha dovuto imporre quel minimo assolutamente indispensabile per evitare di lasciare i suoi figli in stato di dannazione. Conseguentemente, non solo chi profana, ma anche chi omette almeno questa frequenza minima a questi Sacramenti, non è scusabile da colpa grave. Ecco perché la prima cosa da dire quando si entra in confessionale è da quanto tempo non ci si confessa e, qualora il penitente non lo faccia, il sacerdote è tenuto a interrogarlo in merito. Qualora, infatti, non ci si confessasse da dieci, quindici, trent’anni il confessore capirebbe subito che sul povero fedele gravano dieci, quindici, trenta peccati mortali.
Ora, la Santa Chiesa, nel Concilio tridentino (di cui è eco fedelissimo il grande dottore sant’Alfonso Maria de’ Liguori, patrono dei confessori e dei moralisti, a cui faremo ampio riferimento) ha insegnato che per ottenere il perdono di Dio dei peccati commessi dopo il Battesimo occorrono alcune condizioni, in mancanza delle quali la Confessione o è invalida o, peggio, è sacrilega. Anzitutto oggetto obbligatorio della Confessione sono tutti e singoli i peccati mortali di cui il penitente abbia coscienza, che siano stati commessi da quando si ha l’uso della ragione al momento in cui ci si sta confessando. Tali peccati vanno confessati per numero, specie e circostanze e si otterrà la misericordia di Dio solo se di essi si è realmente pentiti ovvero se: 1) si prova dolore per il peccato commesso (perfetto se originato dal fatto di aver offeso Dio o imperfetto se scaturisce dal timore dell’inferno e dei castighi dovuti per i peccati); 2) lo si detesta con tutto il cuore; 3) si ha il fermo, risoluto e deciso proposito di non commetterlo più.
Il confessore, durante l’amministrazione di questo Sacramento, svolge, come insegna sant’Alfonso, quattro funzioni; quella di padre, in quanto interprete della bontà e della misericordia di Dio; quella di maestro, in quanto deve aiutare il penitente nell’esaminare e nel formare la sua coscienza, formulando alcune domande qualora abbia motivo di ritenere che il penitente non sia in grado di discernere le colpe gravi (cosa che oggi accade spessissimo); quella di giudice, in quanto deve verificare se la Confessione è sincera e se il penitente sia pentito, cercando, in caso negativo, di stimolarne o provocarne il pentimento durante la Confessione stessa. In quanto giudice il sacerdote deve verificare se può o meno assolvere il penitente; ed in caso positivo impartire una soddisfazione sacramentale (o penitenza) che sia proporzionata al numero e alla gravità dei peccati; quella infine di medico, in quanto deve, con le opportune esortazioni, indicare al penitente le vie di futura preservazione dal male. Anche nel decidere il tipo di penitenza da imporre, il confessore deve ricordare che sta agendo come un medico dinanzi ad un malato che ha bisogno di terapie per guarire e per ristabilirsi in perfetta forma fisica.
Dinanzi a tale disciplina, vediamo ora quando la Confessione è sacrilega. Anzitutto quando il penitente non è pentito, cioè non prova dolore per quello che ha fatto, ma soprattutto non ha intenzione di smettere. È inutile, in questi casi, andarsi a cercare confessori dalla “manica larga” (oggi, purtroppo, molto diffusi), perché se anche il sacerdote osasse assolvere un fedele non pentito, commetterebbe peccato mortale e sarebbe responsabile di tutte le comunioni sacrileghe fatte dal penitente, erroneamente illuso di essere stato assolto.
Seguono le Confessioni incomplete per colpa del penitente, o perché si vergogna o ha paura di rivelare qualche peccato, oppure perché (cosa peggiore) rifiuta di riconoscere qualche peccato come mortale (pochissimi, per esempio, oggi accettano che mancare alla Messa domenicale o commettere atti impuri sia peccato mortale).
La Confessione viene invalidata in via successiva se il penitente omette di fare la penitenza sacramentale che gli è stata imposta dal confessore, che va adempiuta seriamente e scrupolosamente. Essa, infatti, è requisito essenziale della Confessione, tant’è vero che per larga parte del Primo Millennio l’assoluzione veniva concessa solo dopo aver adempiuto alla penitenza imposta.
L’esperienza pastorale insegna che quei (pochi) fedeli che si confessano spesso lo fanno assai male e che purtroppo non pochi ministri, atteggiandosi a fare i buoni, causano una vera e propria rovina d’innumerevoli anime.
A conclusione di questo spinoso tema mi permetto di dare alcuni consigli per evitare d’incorrere in spiacevoli e gravi inconvenienti: 1) pregare Dio che ci faccia trovare un buon confessore ed avere, di norma, un confessore fisso, di sana dottrina, di vita tendenzialmente santa e animato da santo zelo. I modelli di confessori sono tre: San Pio da Pietrelcina, il santo Curato d’Ars e sant’Alfonso M. de’ Liguori, tutti pieni di misericordia ma anche di severità, di dolcezza ma anche di fermezza; 2) far bene l’esame di coscienza e chiedere di persona al confessore di essere interrogati, qualora si pensi di non essere in grado di discernere le colpe gravi; 3) essere sommamente sinceri e curare di confessare bene i peccati per specie (non basta dire “ho commesso atti impuri”: un conto è l’adulterio, un conto l’omosessualità, un conto la pornografia, ecc.), per numero (non basta dire “ho mancato alla Messa”, ma bisogna specificare il numero e, qualora non lo si ricordi, dare un ordine di grandezza) e per circostanze (se un padre bestemmia davanti a un figlio deve specificarlo); 4) preparare la Confessione ricorrendo all’ausilio della Beata Vergine Immacolata e pregare per il confessore, perché abbia da Dio la luce e la grazia per aiutarci a troncare con il peccato, giacché, come diceva il santo Curato d’Ars, «se non c’è in noi un completo cambiamento, non abbiamo meritato l’assoluzione: e c’è da temere che il nostro sia solo un sacrilegio. Ah, se almeno ogni trenta assoluzioni ve ne fosse una valida, come si convertirebbe presto il mondo!».

Sic transit gloria mundi..


Cl e il suo leader politico tra lo stallo e la “prossima mossa”

La caduta di Berlusconi e altre curve ecclesiali mettono in crisi un sistema di consenso e di governo forti

Che farà dunque Cl in politica, o almenoi suoi liberi e laici politici? Milano e la Lombardia, ma pure l’Italia intesa come campo politico, da tempo vanno strette a Cl. L’offuscarsi dello schema bipolare, della stella polare del berlusconismo come scelta di campo “ragionevole”, sono elementi che dicono che il futuro del governatore e della sua folta pattuglia sarà tutto da inventare. Anche se non va dimenticata la propensione alla responsabilità di Cl di fronte alla politica, e l’obbedienza alle indicazioni della gerarchia (uno dei problemi è, anzi, la loro attuale e totale nebulosità, in epoca post ruiniana). E soprattutto l’esistenza di un anello di Saturno piuttosto esteso, milanese e lombardo, di un mondo che dalle imprese della Cdo alla dirigenza della sanità ruota molto stretto attorno all’attuale asse orbitale, e che difficilmente accetterà o riuscirà ad autodissolversi come neve al sole. Qualunque strada prenderanno i formigones, è difficile immaginare uno sganciamento da un voto ciellino “in libera uscita”.

Il voto cattolico non esiste

Chi sono i cattolici pronti a tradire Obama e la sua guerra laicista

In America il voto cattolico non esiste, ma fino a un certo punto. I cattolici, che costituiscono il 27 per cento dell’elettorato, in passato hanno contribuito all’elezione del correligionario democratico Kennedy, del quacchero Nixon, si sono spesi per Clinton, hanno preferito il battista Al Gore al metodista Bush, salvo poi scegliere quest’ultimo quando la sfida era con John Kerry. Il cattolico John Kerry. Nel 2008 il 54 per cento dei fedeli di Roma ha votato per Barack Obama, e curiosamente è la stessa percentuale che due anni più tardi ha massacrato il suo partito alle consultazioni di midterm. Se dunque esiste in America un elettorato fluido, eterogeneo, pragmatico, non allineato e sensibile ai tratti personali dei candidati è quello cattolico. A ogni tornata elettorale gli strateghi si interrogano intorno all’impostazione politica dei rapporti con la chiesa e spesso finiscono per scoprire che l’alleanza con l’istituzione non garantisce il voto dei fedeli comuni e viceversa. Obama ha saputo dragare i voti nella comunità mentre la gerarchia era divisa fra il fronte dei vescovi che lo accusava di essere un liberal  infanticida e le suore con l’adesivo del candidato democratico sulla porta del convento, infatuate dalle sue promesse di giustizia sociale. Alla Casa Bianca Obama ha messo in campo una strategia di appeasement del mondo cattolico che in parte ha funzionato, ma adesso il presidente rischia che a forza di tirare verso il paradigma della secolrizzazione, la corda si spezzi. 

mercoledì 8 febbraio 2012

Società di Caìno

 

Abbiamo ucciso Dio per non dovergli rendere conto di nostro fratello 


De Maistre diceva che la cultura moderna è teofoba, odiatrice di Dio: e realmente, se si osserva il riflesso condizionato con cui i nostri intellettuali, nella stragrande maggioranza, reagiscono con fastidio, con ironia, con scherno, a qualsiasi discorso sul divino, più o meno come reagisce il Diavolo quando lo si spruzza, nel rito dell’esorcismo, con l’acqua benedetta, vien da pensare che ci sia qualcosa di più di una semplice disaffezione, di un semplice allontanamento.