9 febbraio 2012
San Paolo che nella Prima lettera ai Corinzi definisci il corpo “tempio dello Spirito Santo”, convinci qualche autorevole uomo di chiesa a prendere posizione contro il tatuaggio. Non è più una minuzia opinabile: l’altro ieri ci si tatuava per anticonformismo, ieri per conformismo, oggi per schiavismo. Una ditta americana ha offerto uno sconto perpetuo sui suoi capi di abbigliamento ai clienti disposti a farsi tatuare il marchio aziendale in modo indelebile. I poveretti sono accorsi numerosi, facendosi marchiare come bestie mentre io, chissà perché, sento odore di bestia dell’Apocalisse. Se credessi in una religione ridotta a elenco di divieti (“Non vi farete incisioni sul corpo per un defunto, né vi farete segni di tatuaggio”) non sarei cristiano bensì ebreo, ma quella radicata nel Levitico è una proibizione liberante: la libertà di non trovarsi a sessant’anni, o anche prima, col bicipite ormai flaccido imbrattato dal logo di un’azienda i cui vestiti non ci piacciono più.
© - FOGLIO QUOTIDIANO
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