ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 24 marzo 2018

L'occhio limpido

LE PENTOLE DEL DIAVOLO


Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi. Un concetto non solo religioso, ma anche logico pressoché evidente: chi è nella luce vede le opere della luce; chi è immerso nelle tenebre vede e giudica ogni cosa secondo le tenebre 
di Francesco Lamendola   

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Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi, dice un antico proverbio scaturito dalla saggezza popolare: il diavolo è molto bravo a escogitare i suoi inganni, ma, naturalmente, essendo un mentitore, padre di tutte le menzogne, arriva sempre il momento in cui tutti hanno la possibilità di vedere, se possiedono gli occhi e una mente sgombra da errori, ciò che, al principio, poteva anche sfuggire agli sguardi dei più: vale a dire che di volgarissimi inganni si trattava, talmente enormi, talmente grossolani, anche se, in apparenza, confezionati con una certa abilità, che non si può fare a meno di domandarsi come sia stato possibile che non siano stati riconosciuti subito per ciò che realmente erano. Eppure, si tratta di un concetto non solo religioso, ma anche logico, pressoché evidente: chi è nella luce, vede le opere della luce; chi è immerso nelle tenebre, vede e giudica ogni cosa secondo le tenebre. 

Chi è il Papa?

Il Papa e la Chiesa docente

Chi sono i legittimi pastori della Chiesa? I legittimi pastori della Chiesa sono il Papa o Sommo Pontefice e i Vescovi uniti con lui.
Gesù Cristo prima promise a Pietro il primato magisteriale su tutta la Chiesa: Tu sei Pietro e su questa pietra Io edificherò la mia Chiesa, e a te darò le chiavi del Regno dei cieli (Mt 16, 19) e poi confermò la sua supremazia sugli altri apostoli: Pasci i miei agnelli..., pasci le mie pecorelle (Gv 21, 15-17), intendendo per agnelli i fedeli e per pecorelle gli apostoli e i loro successori. A tutti gli Apostoli, poi, diede il potere di insegnare, governare e santificare: Come il Padre ha mandato Me, così Io mando voi (Gv 20,21) Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura (Mc 16, 15-16) Chi ascolta voi, ascolta Me; e chi disprezza voi, disprezza Me (Lc 10, 16).
Gesù promise inoltre che la Chiesa sarebbe durata fino alla fine del mondo, finché vi fossero uomini da salvare: era dunque indispensabile che, alla morte degli Apostoli e di Pietro, vi fossero altri che prendessero il loro posto, per continuare la loro opera. Dunque, a S. Pietro successe S. Lino, poi S. Cleto, poi S. Clemente e così via, ininterrottamente per tutti i secoli, fino all' attuale Pontefice. Agli Apostoli successero moltissimi vescovi, in unione e dipendenza dal vescovo di Roma. In nessuna chiesa, al di fuori di quella Romana, è continuata ininterrottamente la successione del primato di S. Pietro. Il Papa è il successore di S. Pietro e il Vicario di Cristo. Perciò bisogna seguirlo e obbedirlo, come se si seguisse e obbedisse Pietro, cioè Cristo.

La retorica del “buon pastore”

SUPEREX: IN PRINCIPIO ERA IL BUON PASTORE. LE ALTRE FAKENEWS, A SEGUIRE….




Cari tutti, SuperEx – ex di Movimento per la Vita, ex di Avvenire e ex chissà di che cos’altro, ma fortunatamente non ex cattolico, si è svegliato dal letargo in cui cade periodicamente e ha inviato a Stilum Curiae questa riflessione. Ci sembra azzeccatissima, una fotografia di fatti e persone. Purtroppo. 
In principio era il buon pastore. Dopo il papa teologo, un po’ timido ed impacciato, finalmente un papa affabile, capace di parlare a tutti, anche ai più semplici.
E’ stata questa la prima grande fake news da inventare. Trasformare Bergoglio, da uomo schivo, severo, duro, come tutti lo conoscevano, anche Benedetto XVI (lo racconta lui in ‘Ultime conversazioni’, ma se lo è lasciato scappare anche Bergoglio), a papa del sorriso.

Il nulla della superficialità

CASO VIGANO’ – le incredibili dichiarazioni del vaticanista di Repubblica

VIGANO


Verrebbe voglia di sbobinare tutto, trascriverlo e pubblicarlo. Ma alla fine uno pensa: “ma si, che cuociano col loro brodo!” Pero restare totalmente silenti no. Non è possibile. Sono state dette delle cose incredibili che manco il più turiferario o il più leccascalze di Papa Francesco (definizioni coniate, rispettivamente, dal Vaticanista Rusconi e dallo stesso Bergoglio) sarebbe riuscito a dire.

La Chiesa sta vivendo il suo Venerdì Santo

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Bergoglio alle corde?


Evidenti segnali di debolezza arrivano dal Vaticano. Per il quinto anniversario dell’elezione di colui che in quattro o cinque anni, secondo i suoi maggiori promotori, avrebbe dovuto rifare la Chiesa, il responsabile del dicastero per la comunicazione, commettendo un’imperdonabile quanto maldestra falsificazione, presenta al mondo una lettera di Benedetto XVI di deciso appoggio al successore. Peccato che la lettera risalga a più di un mese prima e che la copia distribuita ai giornalisti sia stata tagliata con un banale ritocco informatico; sebbene ci sia una testimonianza secondo cui il testo, in conferenza stampa, sarebbe stato letto nella sua integralità, nessuno dei navigati vaticanisti – tranne uno – nota, stranamente, la manipolazione e tutti danno unanimemente fiato alle trombe per dar risonanza planetaria allo smaccato intervento di sostegno del “Papa emerito”… il quale, in realtà, si era limitato a rispondere alla missiva privata con cui lo zelante monsignor Viganò gli chiedeva una prefazione per la collezione di undici volumetti sulla teologia di papa Francesco che stava per essere lanciata in occasione dell’anniversario.

venerdì 23 marzo 2018

Fuori dalla palude della modernità

SIGNORE, E DA CHI ANDREMO?


È accaduto un fatto molto grave, che sta imprimendo un andamento anomalo alla vicenda della storia umana. L’uomo moderno è arrivato a dubitare di tutto: "è venuto il tempo di dirigere i passi fuori dalla palude della modernità" 
di Francesco Lamendola  

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Alla domanda di Gesù ai suoi discepoli, dopo che molti seguaci temporanei lo avevano abbandonato: Volete andarvene anche voi?, san Pietro rispose a nome di tutti: Signore, e da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna! Così, anche l’uomo moderno, l’uomo figlio della civiltà nata con l’Umanesimo e culminata con l’illuminismo, il positivismo, lo scientismo odierno, impastato di materialismo e, paradossalmente, anche di scetticismo, pessimismo e nichilismo, arrivato al limite estremo della delusione, dell’amarezza, della solitudine, deluso e tradito da tutte le ideologie che lo avevano sedotto, potrebbe e dovrebbe esclamare: Signore, e da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna!
Tutte le altre filosofie, tutte le altre dottrine, tutte le altre fedi lo hanno illuso e poi lo hanno lasciato più vuoto di prima, ogni volta un po’ più scoraggiato, ogni volta un gradino più in basso sulla via della disperazione. 

"Doverne uscire per fedeltà"

IL TRAUMA DI UN TRADIMENTO


Chi sono io per giudicare la dottrina ? "Duemila anni di saggezza" alla luce della "Tradizione", sono lì con lo splendore della "verità", si può non crederci e si resta fuori dalla Chiesa il dramma è: "doverne uscire per fedeltà" 
di Roberto Pecchioli  

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Quando ero bambino andare a dottrina significava, dopo la funzione domenicale delle 10, chiamata Messa del fanciullo, apprendere in parrocchia i fondamenti della fede cattolica nell’anno della Prima Comunione. Tanta acqua è passata sotto i ponti, e quasi tutto quello che ci hanno insegnato è stato revocato in dubbio, quando non del tutto rovesciato, a seguito della svolta antropologica di quella Chiesa che consideravamo madre e maestra.
La dottrina è passata di moda, tanto che si prova un benefico stupore a leggere le parole del cardinale Mueller, prefetto della congregazione intitolata alla Dottrina della Fede, che ne conferma la natura di “base per tutta la vita della Chiesa, altrimenti rimane solo una Onlus, un’organizzazione caritativa come tante”. Un’affermazione che conforta soprattutto perché pronunciata in tempi in cui è passato di moda il precetto evangelico “le vostre parole siano sì sì, no no, il di più vien dal maligno” ( Matteo 5,37). Sembra più attuale che mai la drammatica domanda di Gesù stesso, "quando tornerà sulla terra, il figlio dell’uomo troverà la fede?" (Luca, 18,8).
Sul trono di Pietro è salito un uomo dalle cui labbra è uscita una frase terribile, che ha fatto vacillare in molti, ed in chi scrive, la fede non in Dio, ma nella sua Chiesa la cui pietra angolare – parola di Gesù – è il papato. Bergoglio rifiuta con umiltà pelosa di giudicare il male, ma ha scandito davanti ad un suo interlocutore di fiducia, l’ateo anticattolico Eugenio Scalfari, “ciascuno di noi ha una sua visione del bene ed anche del male. Noi dobbiamo incitarlo a procedere verso quello che lui pensa sia il bene”. Nella mia dottrina di bimbo era tutto molto chiaro, addirittura con formule precise  a domanda e risposta da mandare a memoria. Eccone una : Dio è l’essere perfettissimo creatore del cielo e della terra. Quei forti  principi sono stati confermati – non poteva essere altrimenti – dal catechismo di Giovanni Paolo II.

Il gattopardo che si aggira dentro le mura leonine

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Dai loro riti li riconoscerete. Il sangue dei martiri e l’inchiostro degli scrivani 

Non si loderà mai abbastanza il povero Karl Marx, che ne ha sbagliate tante, ma ci ha lasciato quel saggio monito secondo cui la storia si presenta una prima volta in tragedia e la seconda si ripete in farsa. Va sempre a finire così quando ci sono di mezzo gli uomini che fornicano con il potere in amoris laetitia e si esibiscono gaiamente sotto i riflettori del mondo. Dunque il giallo, pallidissimo per la verità, della mezza lettera di Benedetto XVI sui saggi dedicati alla teologia di Francesco I non ha fatto eccezione, ed è arrivato in una sola settimana alla comica finale con le dimissioni di monsignor Dario Edoardo Viganò da Prefetto della Segreteria per la Comunicazione. L’evangelizzatore dei massmedia, il faro morale delle news che piacciono alla chiesa che piace ha lasciato la sua carica per aver spacciato una notizia semivera. O semifalsa, se si preferisce, che è la stessa cosa. Naturalmente, monsignore è uscito dalla porta della Segreteria come Prefetto per rientrarvi dal portone come Assessore, cioè come garante della continuità massmediatica secondo Bergoglio. Un’operazione, si sarebbe tentati di dire, all’italiana, o anche all’argentina, e invece tocca ammettere alla vaticana. 

Aridatece Ottaviani!

Decoro istituzionale



Sembrerebbe che lo scandalo Lettergate si sia concluso con le (non del tutto convincenti) dimissioni di Mons. Dario Viganò. Durante lo svolgimento dell’affairesono rimasto a guardare, tra il divertito e lo sconsolato. Ora che la vicenda sembra essere giunta al suo epilogo, senza tornarci sopra (è stato già fatto piú volte da altri e con grande competenza), vorrei fare un paio di veloci osservazioni marginali.


1. Se questi sono i risultati della grande riforma della Curia intrapresa cinque anni fa… aridatece Ottaviani! A parte le battute, quanto accaduto dovrebbe far riflettere sull’opportunità dell’accentramento di potere in corso. Che ci fosse bisogno di un coordinamento, era abbastanza evidente; ma pensare che i problemi della Curia si risolvessero con la creazioni di grandi carrozzoni e la scomparsa delle legittime autonomie è stata, diciamo, una grossa ingenuità. La concentrazione di tutti i media (Radio Vaticana, Osservatore Romano, internet, LEV, Tipografia Vaticana) nelle mani di un’unica persona si è rivelata una mossa piuttosto imprudente. In tal modo, l’errore di uno, finisce per mettere in crisi l’intero sistema.

Il diavolo in convento

Il diavolo in convento. Una memoria inedita del Sessantotto cattolico



Il cinquantenario della "rivoluzione" del 1968 si arricchisce ogni giorno di nuovi ricordi. Alcuni risaputi, altri no. Come quello – impressionante – messo ora per la prima volta per iscritto dal monaco benedettino camaldolese Guido Innocenzo Gargano, apprezzato maestro spirituale e grande studioso della Bibbia e dei Padri della Chiesa, già priore a Roma di San Gregorio al Celio, il monastero fondato da papa Gregorio Magno.
In un libro pubblicato per celebrare i 70 anni del suo confratello monaco Giovanni Dalpiaz – che oggi è priore dell'Eremo di San Giorgio presso il lago di Garda ma è anche sociologo fin dalla sua giovinezza –, Gargano ricorda che cosa accadde nella comunità monastica di Camaldoli negli anni tempestosi del dopoconcilio e del dopo Sessantotto, quando il giovane Dalpiaz fece il suo ingresso in monastero.
Dalpiaz – ricorda Gargano – veniva dall'università di Trento, covo ideologico del movimento sessantottino e fucina di terroristi armati, alcuni di matrice cattolica, che militarono poi nelle Brigate Rosse.

Il sipario sta per calare sulla nostra civiltà

QUEL CHE RESTA DEL GIORNO

                     

Da almeno un paio di secoli stiamo corteggiando la rovina erigendo altari alla nuova religione del Nulla. Siamo i figli crepuscolari di una civiltà crepuscolare che sfrutta gli ultimi raggi di luce prima di sprofondare nel buio 
di Francesco Lamendola  

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Da almeno un paio di secoli stiamo corteggiando la rovina, il disfacimento, la putrefazione; stiamo proclamando il dovere del disincanto, della disillusione, del pessimismo radicale; stiamo erigendo gli altari della nuova religione del Nulla, del relativismo e dell’indifferentismo. Non c’è da stupirsi, quindi, se la luce si sta effettivamente spegnendo nelle nostre anime, e se il sipario sta per calare sulla nostra civiltà.
Siamo arrivato al crepuscolo: dopo averlo evocato così a lungo e così tenacemente, è effettivamente arrivato ed è troppo tardi per pentimenti, ripensamenti e rimorsi; non c’è più tempo per recuperare le risorse morali e spirituali gettate al vento, l’intelligenza sprecata in sterili giochi, il tradimento nei confronti di noi stessi. Siamo i figli crepuscolari di una civiltà crepuscolare, che sfrutta gli ultimi raggi di luce prima di sprofondare nel buio.
Era questo che volevamo? Oppure abbiamo scherzato col fuoco, abbiamo evocato imprudentemente dei fantasmi che, in fondo, non pensavamo sarebbero arrivati? Abbiamo sbagliato per volontà deliberata di autodistruzione, oppure per leggerezza irresponsabile? Comunque sia, non ha più molta importanza. I fantasmi si sono presentati, i mostri si sono scatenati; il gioco, se anche era tale, si è trasformato in qualcosa di terribilmente, mortalmente serio.
Abbiamo imparato qualcosa, almeno, dai nostri errori? Se potessimo tornare indietro, cambieremmo il nostro atteggiamento? Saremmo capaci di riconoscere il punto in cui ci siamo discostati dalla giusta via, per addentrarci lungo sentieri attraenti, ma ingannevoli, nei quali abbiamo finito per perdere completamente l’orientamento e il significato stesso del nostro andare? Che cosa ci è accaduto? Perché e come siamo arrivati a questo punto, a questa mancanza di speranza, di futuro, di autentico amore per la vita?

Alcuna simpatia in Santa Marta

Sodomo-Chiesa in porno-Stato

SONO APPENA STATA RINVIATA A GIUDIZIO

21 MARZO 2018

  • Sono appena stata rinviata a giudizio per diffamazione dal circolo Mario Mieli di Roma, circolo accreditato dall’Unar finanziato con denaro pubblico per svolgere azioni pedagogiche e di prevenzione sanitaria.
  • Per evitare altre imputazioni mi limito a fare copia e incolla con affermazioni di Mario Mieli, e copia e incolla con affermazioni linkate al sito del circolo Mario Mieli. Che i cittadini italiani giudichino da soli.

giovedì 22 marzo 2018

In quale dio crede il signor Bergoglio?

INDIFFERENTISMO DI BERGOGLIO


 «Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me»: non è vero che chiunque può avere la vita eterna, non risulta, dalle parole di Gesù non i giudei quindi, gli islamici, buddisti e massoni, altro che "indifferentismo religioso" 
di Francesco Lamendola  
  
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Con il pontificato di Francesco la Chiesa cattolica è stata condotta apertamente là dove, a piccoli passi, aveva cominciato a dirigersi fin dal Concilio Vaticano II, in particolare con la Nostra Aetate e con la pratica dell’ecumenismo e del dialogo inter-religioso: all’indifferentismo religioso, da sempre condannati dal Magistero e, in modo particolarmente netto, da Pio IX con il Sillabo, ma anche dai pontefici della prima metà del Novecento. Ora si direbbe che qualsiasi fede vada bene e che si possa adorare qualunque dio; si direbbe che vada bene anche l’assenza di Dio, e anche in questo caso il precedente c’è, e viene sempre dallo “spirito” del Concilio: la famigerata Cattedra dei non credenti, istituita dal cardinale (massone) Carlo Maria Martini nel 1987, al motto: Il credente e il non credente che sono in ciascuno di noi. Quanto al signor Bergoglio, ormai non si contano più le occasioni, ufficiali e ufficiose, nelle quali ha espresso il concetto dell’indifferentismo religioso. 

L’ora di ri-educazione spirituale

Neo-scuola & neo-chiesa unite nell’ora di ri-educazione spirituale 

I miei figli sono esonerati dall’ora di religione. Confesso che un po’ mi dispiace perché, privandomi delle loro cronache di vita vissuta, ho interrotto un inesauribile flusso di approvvigionamento di materiale fantascientifico di qualità tale che, a far conto sulla fantasia (sempre soccombente rispetto alla realtà), mai e poi mai potrà essere eguagliata.
Sarebbe stato bello raccogliere un bestiario IRC (Insegnamento Religione Cattolica, incredibilmente si chiama ancora così). Ma da quando mia figlia, con strilli scimmieschi della tenutaria della cattedra, è stata ripetutamente apostrofata come “eretica” perché refrattaria a professare il dogma darwinista (almeno per se stessa, non per la strillatrice, la cui contiguità coi primati non era in effetti da escludere a priori), ho capito che la mia passione rischiava di tradursi in crudeltà verso le mie, incolpevoli, fonti.
Dopotutto, sono finiti i tempi davvero creativi del virtuosismo a-cattolico, para-cattolico, simil-cattolico, anti-cattolico, tempi in cui ogni tenutario di IRC poteva offrire al pubblico il meglio di sé; con l’avvento del regime sudamericano, i protocolli dettati dalle diocesi, e a queste dalla centrale romana, esigono esecutori ligi e devoti, e c’è poco da scherzare.

Più papisti del Papa

Ora sul banco degli imputati finisce Benedetto XVI: "Aveva promesso di tacere"

Teologi e storici più papisti del Papa attaccano Joseph Ratzinger per la sua replica a mons. Viganò e tirano in ballo le prefazioni firmate dal Pontefice emerito ai libri dei cardinali Sarah e Müller

Il Papa emerito Benedetto XVI (LaPresse)
Roma. Nella brutta storia della lettera di Benedetto XVI censurata da parte della Segreteria per le comunicazioni ora priva del suo numero uno, si è in qualche modo passati alla fase-2, che vede il Papa emerito in mezzo a un campo di battaglia, strattonato tra i cosiddetti antibergogliani pronti a farne un vessillo da esibire e i cosiddetti ultrà bergogliani, più papisti del Papa che spesso usano Francesco come bandiera per teorizzare rivoluzioni che il più delle volte il vescovo di Roma non ha neppure ipotizzato. 

«Fate voi»..

A quarant’anni dall’aborto in Italia (1978-2018)


L’attenzione di tutti media in Italia si è concentrata in questi giorni sul quarantesimo anniversario del rapimento di Aldo Moro. Il 16 marzo 1978, in un agguato a via Fani, l’uomo politico democristiano venne sequestrato e la sua scorta sterminata dalle Brigate Rosse. Il 9 maggio, dopo una prigionia di 55 giorni, il suo corpo fu ritrovato crivellato di colpi nel bagagliaio di un’auto in via Caetani. Nessuno ha ancora ricordato però che, in quella stessa primavera del 1978 venne discussa e approvata dal Parlamento italiano la legge 194 sull’aborto che, da allora, ha fatto sei milioni di vittime nel nostro Paese. 

Il crepuscolo della Chiesa nel ridicolo

IL NUOVO PERBENISMO TRASGRESSIVO


PS
A conferma dei suoi articoli (non ce ne sarebbe bisogno, è più una necessità mia di Cassandra inascoltata): da quando questa estate ho ricominciato ad andare a Messa e ho provato a parlare di questo Grande Inganno che sta via via giungendo al culmine, ogni giorno sono messo in stato di accusa dai miei genitori che operano veramente da psico-polizia:  sono convinti che appartengo ad una setta, che mi hanno fatto il lavaggio del cervello, mi hanno comprato libri sul populismo e sui pericoli delle notizie su internet, dicono “prova a non andare a Messa per una domenica, cosa vuoi che possa succedere?” oppure “ma masturbati!!”. Mentre i miei amici se ne proprio sbattono degli eventi e invece si attivano solo per parlare di cibo  –   e le mie amiche, da vere donne emancipate e cool, a 26 anni suonati esaltano la giornata mondiale del sesso orale (cade un mese esatto dopo a San Valentino), orgogliose di averlo ricordato loro ai loro fidanzati e chiedono a un nostro amico gay quando andrà a convivere e poi sposarsi con uno che conosce da appena un anno ( li vedono come un maschio ed una femmina e li trattano come tali)…”.

I “novatori”..

La nipote di padre Fidenzio Volpi indagata per associazione a delinquere


(Emmanuele Barbieri) «Manipolati, ridotti in schiavitù, costretti a mangiare sempre meno e a dare i loro averi ai capi dell’organizzazione: è questo che è toccato alle vittime della psico setta macrobiotica guidata da Mario Pianesi (il «maestro», famoso in tutto il mondo, che prometteva la cura a tutte le malattie attraverso un rigido regime alimentare)». Così Chiara Giannini, su Il Giornale del 15 marzo, presenta l’organizzazione guidata dal “guru” Mario Pianesi che, approfittando della debolezza psicologica di diversi soggetti, attraverso il rigido controllo dell’alimentazione e la negazione del mondo esterno, soprattutto medico, manipolava gli adepti, arrivando gradualmente a gestirne l’intera vita e a pretendere da loro donazioni di denaro. Le accuse della Procura di Ancona e di Forlì nei confronti di Mario Pianesi e dei suoi complici sono di associazione per delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù, maltrattamenti, lesioni aggravate ed evasione fiscale, ma vengono contestati loro anche reati di natura finanziaria per aver evaso il pagamento di imposte per centinaia di migliaia di euro. Oltre a Mario Pianesi, 73 anni, personaggio noto per i suoi rapporti di amicizia con Fidel Castro e Tara Gandhi (la nipote del Mahatma), sono sotto inchiesta la moglie Loredana Volpi e due responsabili della segreteria centrale dell’associazione Upm (Un punto macrobiotico), Giovanni Barniesi e Karl Xavier Wolfsgruber. Nessuno ha messo in rilievo che Loredana Volpi è la nipote di padre Fidenzio Volpi, il discusso cappuccino nominato, nel giugno 2013, commissario dell’Istituto dei Francescani dell’Immacolata, e morto in seguito ad un ictus il 7 giugno del 2015. 

Exit strategy

DOPO LO SCANDALO
Viganò, dimissioni "soft". Benedetto è il vero obiettivo

Dopo lo scandalo della lettera di Benedetto XVI e della foto manipolata, monsignor Viganò si dimette da "super-ministro" della Comunicazione, ma papa Francesco gli lascia un posto nello stesso Dicastero. Ma la vicenda personale di Viganò rischia di distogliere dalla vera partita che si sta giocando, la battaglia sulla morale e sui sacramenti, due capisaldi della fede cattolica.


IL CASO
Viganò si dimette, ma niente scuse a Benedetto XVI

Dopo lo scandalo della lettera di Benedetto XVI manipolata, monsignor Dario Viganò si dimette ma il Papa gli chiede di affiancare il nuovo prefetto per la Comunicazione. E intanto il cerchio magico arriva in soccorso sparando su papa Ratzinger.

Alla fine la lettera di dimissioni di monsignor Dario Edoardo Viganò da prefetto della Segreteria per la Comunicazione è arrivata; ma dopo aver concordato con il Papa stesso (come si evince dalla lettera di Viganò e dalla risposta di Francesco) una exit strategy. Il Papa ha infatti creato ad hoc per monsignor Viganò l’ufficio di Assessore per il Dicastero della Comunicazione così che l’ormai ex prefetto possa «dare il suo contributo umano e professionale al nuovo Prefetto», per portare a termine il progetto di riforma di tutto il sistema dei media vaticani che, dice papa Francesco, è «ormai giunto al tratto conclusivo».

Dunque bisognerà attendere la nomina del nuovo prefetto e le sue prime mosse per capire meglio se si tratta solo di una uscita “morbida” oppure un semplice spostamento per placare le polemiche e rimediare alla figuraccia planetaria ma lasciando monsignor Viganò a dirigere da dietro le quinte. Per ora, il tono delle due lettere fa propendere per la seconda ipotesi. Per spiegare la sua decisione di «farmi in disparte» Viganò fa riferimento alle «molte polemiche per il mio operato», una sintesi decisamente benevola e autoassolutoria.

Tanto per riassumere velocemente, l’operato in questione infatti comprende: tentativo di raggiro ai danni del Papa emerito, truffa nei confronti dell’opinione pubblica, violazione della privacy tramite diffusione di lettera riservata, falsificazione di lettera e foto, menzogne reiterate. A fronte di tutto questo dire che il problema siano le polemiche è a dir poco riduttivo, tanto più che nella lettera non c’è traccia di scuse: solo una lunga lode a papa Francesco e al suo progetto di riforma che non deve essere fermato da contrattempi del genere.

La risposta di papa Francesco è in perfetta sintonia, e subito mette in chiaro che accoglie le dimissioni «non senza qualche fatica», affermazione che si comprende dalle lodi sperticate che riserva a monsignor Viganò. Da qui l’invito a restare a disposizione del Dicastero per la Comunicazione nella nuova posizione di cui sopra.
Insomma, il pasticcio creato aveva provocato nel mondo un così grave danno d’immagine alla Santa Sede che qualcosa andava fatto, ma evidentemente si è scelto per il minimo possibile. Del resto ricordiamo che non è mai stata resa nota la lettera con cui Viganò aveva chiesto a Benedetto XVI un contributo per la collana “La teologia di Francesco”, cosa che farebbe piena luce anche sulla risposta del Papa emerito.

La vicenda personale di monsignor Viganò rischia però di nascondere la vera questione in gioco, che questo scandalo ha rivelato con chiarezza e che riguarda il Magistero della Chiesa. E soprattutto ha ben altri protagonisti oltre a Viganò.

Da cosa nasce infatti tutto l’imbroglio? Dal tentativo di affermare una lettura teologica del pontificato di Francesco in aperta contrapposizione con il magistero di Benedetto XVI e Giovanni Paolo II facendola sponsorizzare proprio da papa Ratzinger, in nome di una presunta continuità. Un progetto perverso, che il Papa emerito ha immediatamente smascherato rifiutando di prestarsi all'operazione e facendo chiaro riferimento a uno dei protagonisti dei “volumetti” incriminati, quel Peter Hünermann del cui pensiero riferiamo nell’articolo di Luisella Scrosati (clicca qui). Ma certo non è il solo: basti ricordare che tra gli autori chiamati a celebrare il pontificato di Francesco c’è anche l’italiano Aristide Fumagalli, noto per le sue posizioni pro-gender.

Tutto perciò era stato costruito per poter annunciare al mondo che Benedetto non solo è il primo sostenitore di papa Francesco, ma ne condivide le linee teologiche secondo l’interpretazione data dai teologi chiamati a dar vita alla collana di 11 libretti al centro della vicenda. Sarebbe stato il delitto perfetto: Benedetto XVI che supporta una visione della morale e dei sacramenti in aperta contraddizione con quanto aveva sostenuto per decenni, prima da prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e poi da Papa. Avesse firmato uno scritto secondo le intenzioni di Viganò, Benedetto XVI si sarebbe screditato da solo.

Si è trattato di un vero e proprio agguato, tanta è la considerazione e il rispetto per il Papa emerito. E infatti, nella lettera di dimissioni di monsignor Viganò neanche una parola di scuse nei confronti di papa Ratzinger, che è stato vergognosamente trascinato contro la sua volontà in questa tempesta mediatica. Al contrario, il “cerchio magico” è subito sceso in campo a sostegno di monsignor Viganò e soprattutto dell’operazione che punta a stravolgere la dottrina. Da Alberto Melloni ad Andrea Grillo (grande estimatore di Hünermann) è stato tutto uno sparare su Benedetto XVI; i puntuali appunti del Papa emerito all’attività anti-magistero di Hünermann ridotti a diatriba teologica, le bugie di Viganò elevate ad atto di carità nei confronti di Benedetto XVI. Una menzogna dopo l’altra. Il problema va ben oltre Viganò.

Riccardo Cascioli

CHI È HÜNERMANN
Il teologo che "odiava" Ratzinger

Il teologo tedesco autore di uno dei volumi celebrativi di papa Francesco sostiene una interpretazione della Amoris Laetitia in chiaro contrasto non solo con il magistero di Benedetto XVI e di Giovanni Paolo II, ma con tutta la Tradizione. Una lettura che demolisce l'impianto della morale cattolica.


                                                       Peter Hünermann

Come è noto, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. Ed è altrettanto risaputo che al buon Dio non manchi il senso dell’umorismo. E così è avvenuto che la grande notizia che avrebbe dovuto sigillare definitivamente la continuità del Magistero del Pontefice regnante con quello del Pontefice emerito (e dei suoi predecessori), ha finito per porre davanti a tutti l’esatto contrario. Benedetto XVI curiosamente omette di parlare di una continuità “esteriore” e propone una non ben precisata continuità interiore. Ed indica anche in Peter Hünermann una specie di quintessenza dell’opposizione agli ultimi pontificati, fino al suo incluso.

Quelle di Benedetto XVI sono poche righe per cercare di blindare quanto è ormai da anni esposto al fuoco incrociato di nemici dichiarati e di tiratori franchi. Tre indicazioni in quelle poche righe, che dicono più di un’enciclica: Peter Hünermann, Kölner Erklärung, Veritatis Splendor. In altre parole: andate a vedere le critiche di Hünermann (e degli altri firmatari) contenute nella Dichiarazione di Colonia del 1989; fate attenzione soprattutto alla sua posizione nei confronti di Veritatis Splendor e dei temi etici, durante il periodo del pontificato di Giovanni Paolo II; unite i puntini e…

Andiamo con ordine. Anzitutto, una critica che Hünermann ha rivolto costantemente ai pronunciamenti etici del recente magistero, mirando principalmente su Humanae Vitae e Veritatis Splendor (l’altro bersaglio è la Dominus Iesus, che nel nostro discorso interessa meno) è che questi insegnamenti, estranei alla rivelazione, sarebbero stati imposti ai fedeli, ed in particolare ai teologi, come se si trattasse invece di insegnamenti contenuti nella rivelazione. Ratzinger, negli anni in cui era Prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, dovette fare indigestione dei continui slogan virulenti contro l’operato della Congregazione: fondamentalismo, assolutismo, centralismo romano, etc. Hünermann ha sempre rimproverato il fatto che le cosiddette affermazioni “tenenda” (cioè da tenere, osservare, in quanto legate indissolubilmente alla rivelazione, ma non direttamente contenute in essa) fossero un’invenzione, rifiutata dal Vaticano II.

Ecco perché nella Dichiarazione di Colonia, dopo aver chiaramente espresso l’accusa che «i concetti di verità fondamentale e di rivelazione divina vengono usati dal Papa per sostenere una dottrina estremamente specifica che non può essere fondata né ricorrendo alla Sacra Scrittura né rifacendosi alla tradizione della Chiesa», i firmatari  potevano affermare che «la norma sancita dall’enciclica Humane vitae del 1968 in materia di regolazione delle nascite rappresenta semplicemente un orientamento che non sostituisce la responsabilità della coscienza dei fedeli».

L’8 ottobre 2000, dalle colonne dell’Osservatore Romano (riprendendo un’intervista del 22 settembre al Frankfurter Allgemeine Zeitung), il cardinal Ratzinger, dopo aver ribadito che in realtà il Vaticano II ha mantenuto e addirittura rafforzato la distinzione ed il valore delle proposizioni “credenda” e “tenenda”, dovette spiegare che «con insegnamenti a cui attenersi ("tenenda") si intende qualcosa di più di "teologicamente ben fondati"», perché questi ultimi «in realtà sono mutevoli. La letteratura annovera fra questi "tenenda" gli importanti insegnamenti morali della Chiesa (per esempio il rifiuto dell'eutanasia, del suicidio assistito), i cosiddetti fatti dogmatici (per esempio che i vescovi di Roma sono i successori di San Pietro, la legittimità dei concili ecumenici e così via)».

In altre parole, il Papa emerito scrive a Viganò di non poter minimamente dare l’impressione di approvare posizioni che ritengono di poter derubricare gli insegnamenti morali (e non solo) degli ultimi pontificati come semplicemente “teologicamente ben fondati”. Essi sono invece “tenenda”. Un chiaro messaggio a tutti quelli che stanno cercando di trasformare, medianti strani passaggi di teologia alchemica, la proibizione della contraccezione contenuta in Humanae Vitae, in una liceità caso per caso; come anche a quelli che stanno dissolvendo l’insegnamento chiaro di Veritatis Splendor, in particolare sulle azioni considerate come intrinsece mala (azioni intrinsecamente cattive), ricorrendo alla parola magica del discernimento.

Ma c’è un altro interessante aspetto della critica di Hünermann a Veritatis Splendor. In un suo recente contributo all’opera collettanea A point of no return? Amoris Laetitia on Marriage, Divorce and Remarriage l’affermazione di Veritatis Splendor, relativamente alle azione intrinsecamente cattive, andrebbe considerata nel seguente modo: «Esistono azioni intrinsecamente cattive, che non sono condizionate da circostanze esterne, ma che sono sicuramente condizionate da elementi interni, soggettivi». Questo significa che, poiché la “pista esterna”, quella cioè relativa all’azione in sé, non permette alcuna via d’uscita, occorre spostare il baricentro sulla “pista interna”, quella relativa ai condizionamenti soggettivi.

Si tratta di una originale formulazione dell’ormai noto “cambiamento di paradigma”: «Sebbene l’uomo sia obbligato in coscienza ad osservare i principi etici generali e i comandamenti, e ad agire di conseguenza, la consapevolezza di ciò non può mai sostituire la decisione della sua coscienza, che egli deve prendere personalmente – perché l’universalità dei principi morali e dei comandamenti non può mai raggiungere pienamente la singolarità e la particolarità delle situazioni e delle azioni individuali. Entrambe le autorità rimangono [cioè la legge universale e i comandamenti da una parte e la coscienza dall’altra, n.d.a.]. Esse sono nel contempo distinte e inseparabili».

In realtà Hünermann non salva né le capre né i cavoli, perché cade nel diffusissimo errore di impostare l’azione morale come l’applicazione di una legge generale ad un caso concreto, insabbiandosi nella secca della tensione tra l’universale, inteso come principio astratto, ed il concreto. Accettando questa imposizione si finisce sempre per porre il dilemma: salviamo la legge universale o la persona concreta? La prospettiva della legge morale, che si coglie sempre nella coscienza illuminata, come bene concreto della persona, è sparita. Si dà invece spazio alla pretesa di poter conoscere con esattezza il grado di imputabilità di un’azione - cosa che in realtà solo Dio conosce - e sulla base di una presunta diminuzione di consapevolezza e avvertenza si lascia che le persone continuino a commettere azioni che sono un male, anzitutto per loro e per tutta la Chiesa (il peccato, anche quello commesso da soli nel chiuso della propria camera - occorre ricordarlo -, ha sempre una dimensione “sociale”). Sarebbe come dire che ad un automobilista che ha contratto la consuetudine di passare col rosso, e che lo fa senza piena coscienza della pericolosità per sé e per gli altri di queste sue azioni, la polizia stradale conceda di continuare: dopotutto non lo fa apposta.

Ma attenzione all’ultimo passaggio di Hünermann: quanto affermato fin qui «spiega perché Amoris Laetitia non riporti certi passaggi di Familiaris Consortio, di Veritatis Splendor e del Catechismo della Chiesa Cattolica: è perché essi contengono delle erronee interpretazioni delle azioni intrinsecamente cattive. Affermazioni di Humanae Vitae non sono citate, perché contengono un’estensione della legge etica naturale nella particolarità delle azioni individuali». La necessità di “purgare” i documenti sopra riportati scaturirebbe dal fatto che Amoris Laetitia sposerebbe quindi la critica di Hünermann ai documenti sopra riportati. Quella critica che il Papa emerito sembra non gradire.

Luisella Scrosati

http://www.lanuovabq.it/it/vigano-dimissioni-soft-benedetto-e-il-vero-obiettivo

Vaticano, il monsignore di Francesco che fabbricava fake news
Dietro le dimissioni di Dario Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione del Vaticano, c'è l’ira di Benedetto XVI per la manipolazione di una sua lettera riservata. Le riforme di Bergoglio sono al palo. Per colpa dei nemici. Ma anche di troppi errori del cerchio magico del papa

DI EMILIANO FITTIPALDI
21 marzo 2018

Vaticano, il monsignore di Francesco che fabbricava fake news 
Papa Francesco con il monsignore Dario Edoardo Viganò
Le dimissioni di Dario Eduardo Viganò, potente prefetto della Segreteria per la Comunicazione, non sono motivate, come stanno scrivendo con approssimativa celerità alcuni ultrà bergogliani, dalla guerra della curia contro le riforme volute da Francesco. Né da piccoli «errori di comunicazione» che il monsignore esperto di comunicazione avrebbe pagato a prezzo troppo caro.
Le dimissioni di uno dei principali collaboratori di Bergoglio sono state provocate da una clamorosa manipolazione che il prefetto ha operato su una lettera, peraltro “riservata”, di Benedetto XVI. Che Viganò ha utilizzato per fabbricare quella che è, a tutti gli effetti, una fake news. Una contraffazione attraverso cui, qualche giorno fa, il Vaticano ha pubblicizzato non solo l'uscita di alcuni volumi sull'opera teologica di Francesco. Ma pure festeggiato al meglio – grazie alla lettura pubblica della lettera di Benedetto XVI, con significativi complimenti per Francesco – il quinto compleanno dell'elezione del papa argentino.

Ebbene, si è presto scoperto che nel comunicato stampa fatto circolare da Viganò, capo assoluto di tutti i media della Santa Sede, sono stati diffusi solo alcuni capoversi del documento di Ratzinger. Quelli (che hanno subito fatto il giro del mondo) nei quali il teologo tedesco respingeva con fermezza «lo stolto pregiudizio» secondo cui Francesco sarebbe solo «un uomo pratico privo di particolare formazione teologica o filosofica» e Benedetto XVI «unicamente un teorico della teologia che poco avrebbe capito della vita concreta di un cristiano oggi».

Gli altri due capoversi della missiva, invece, sono stati espunti, cancellati. Come mai questa scelta? Il motivo è nel contenuto imbarazzante della missiva.

Ratzinger infatti non solo definisce ironicamente «volumetti» i libri dedicati al suo successore, ma chiarisce anche di non volerli leggere sia «per ragioni fisiche» sia «per altri impegni che ho già assunto», e aggiunge che per questi motivi non scriverà la prefazione agli stessi che Viganò, in una precedente lettera, gli aveva chiesto. Un gran rifiuto, dunque.

Non è finita. Nella lettera “personale-riservata”, che porta la data del 7 febbraio e che il prefetto dimissionario decide di sfruttare (risulta all'Espresso senza l'autorizzazione del papa emerito) un mese dopo per la campagna di lancio dell'opera teologica su Francesco, Benedetto XVI bacchetta pesantemente gli ideatori di tutta l'operazione. Spiegando a Viganò di essere rimasto «sorpreso per il fatto che tra gli autori figuri anche il professor Hunermann, che durante il mio pontificato si è messo in luce per avere capeggiato iniziative antipapali».

Un teologo, continua Ratzinger, «che attaccò in modo virulento l'autorità magisteriale del papa specialmente su questioni di teologia morale». Benedetto XVI si congeda così: «Sono certo che avrà comprensione per il mio diniego (a scrivere la prefazione all'opera su Francesco, ndr) e la saluto cordialmente».

Ricevuta la risposta negativa, Viganò non si dà per vinto. Da audace uomo della propaganda decide di usufruire (possibile che Francesco non avesse letto la lettera e non avesse contezza della strategia di Viganò?) delle prime righe a suo vantaggio. Omettendo scientemente le parti più imbarazzanti (il capoverso sui «volumetti» viene letto in sala stampa, ma cancellato nel comunicato ufficiale; le critiche ai teologi autori dei libri del tutto espunte) e usando persino un programma di photoshop per rendere illeggibili, in una foto in cui compare la lettera a fianco ai “volumetti”, alcune righe del documento.

La strategia sembra inizialmente funzionare: tg e giornali raccontano la lettera come la prova definitiva della profonda sintonia tra i due pontefici.

La vicenda della manipolazione, una di quelle fake news che lo stesso Francesco ha definito come «serpenti astuti», viene alla luce qualche giorno dopo, grazie agli scoop del blog dell'Espresso Settimo Cielo di Sandro Magister e a quelli dell'Ap firmati da Nicole Winfield. Gli articoli provocano – soprattutto all'estero - enorme scalpore: il passo indietro di oggi è il finale inevitabile.

Viganò, nella lettera di dimissioni pubblicata stamattina, non fa però alcun mea culpa al suo operato, né Francesco fa alcun cenno alle motivazioni per cui accetta, seppur a malincuore, la rinuncia l'incarico.
Lo scandalo è rilevante, e dà un nuovo, duro colpo alle riforme portate avanti da Bergoglio. Che ha visto cadere, in pochi mesi, gli uomini che aveva messo a capo dei due dicasteri che lui stesso aveva creato per riformare la curia romana: se Viganò, a capo della Segretaria per la Comunicazione, è uscito di scena in queste ore, il cardinale George Pell, prefetto della segreteria dell'Economia, è stato sospeso dall'incarico lo scorso luglio perché accusato da un tribunale australiano di molestie sessuali su alcuni minori.


Le riforme di Francesco tornano all'anno zero. Ma non solo per colpa degli oppositori interni, che pure sono molti e battaglieri. Ma anche per l'insipienza di alcune scelte di Bergoglio nella selezione della classe dirigente vaticana, e degli errori marchiani dei fedelissimi del suo cerchio magico.
http://espresso.repubblica.it/attualita/2018/03/21/news/il-monsignore-di-francesco-che-fabbricava-fake-news-1.319840

Censurò le critiche a Bergoglio: già pronto un incarico su misura
Si dimette Viganò il portavoce del Papa. Censurò le critiche di Ratzinger a Bergoglio

Fabio Marchese Ragona - Gio, 22/03/2018 - 08:59

L'ultimo faccia a faccia, due sere fa, a casa Santa Marta. Papa Francesco aveva accolto monsignore Dario Edoardo Viganò per un incontro informale, amichevole.


Uno dei soliti. Il fedelissimo del Pontefice, uomo forte delle comunicazioni del Vaticano e artefice della riforma dei media della Santa Sede, aveva già fatto avere al Santo padre, il giorno prima, la sua lettera di dimissioni da Prefetto della Segreteria per la comunicazione, il super dicastero vaticano che raggruppa e sovrintende a tutti i media della piccola città-Stato. Viganò, in realtà, era intenzionato a farsi da parte già da diversi giorni, da quando si era scatenata la bufera sul caso della lettera «tagliata» di Benedetto XVI e cavalcata nell'ultima settimana soprattutto dai detrattori di Francesco. Gli stessi che, sempre più spesso, avevano tentato di colpire in ogni modo Viganò, colpevole ai loro occhi di volere stravolgere gli equilibri all'interno del Vaticano.

Brianzolo, classe 1962, il monsignore chiamato da Francesco per riformare il sistema dei media per creare nuove sinergie nel corso dell'incontro con il Papa non ha usato mezzi termini: «È bene che io mi faccia da parte, per il bene della riforma. Il problema adesso sono io». E Francesco, dopo alcune resistenze, alla fine ha accettato, a patto però che Viganò rimanesse in Vaticano, all'interno della Segreteria per la comunicazione, con un ruolo di «assessore», un incarico nuovo di zecca, cucito su misura dal Papa per il suo stretto collaboratore, per dare una mano al nuovo Prefetto che sarà nominato nelle prossime settimane. «In questi ultimi giorni», aveva scritto il prelato al Papa lo scorso 19 marzo, «si sono sollevate molte polemiche circa il mio operato che, al di là delle intenzioni, destabilizza il complesso e grande lavoro di riforma che Lei mi ha affidato nel giugno del 2015 e che vede ora, grazie al contributo di moltissime persone a partire dal personale, compiere il tratto finale». Poi la richiesta dell'ormai Prefetto emerito, ribadita anche a voce al Santo padre: «Nel rispetto delle persone che con me hanno lavorato in questi anni e per evitare che la mia persona possa in qualche modo ritardare, danneggiare o addirittura bloccare quanto già stabilito, le chiedo di accogliere il mio desiderio di farmi in disparte, rendendomi, se lei lo desidera, disponibile a collaborare in altre modalità».

Un chiaro segnale per il Papa: se la riforma deve andare avanti, è bene che io adesso mi faccia da parte. E così, ieri, Francesco, ha preso carta e penna e ha scritto una lettera al monsignore in cui accetta «non senza qualche fatica» le sue dimissioni, manifestandogli al contempo la sua stima e il suo affetto.

«Le chiedo», ha scritto il Papa ieri a Viganò, «di proseguire restando presso il Dicastero per potere dare il suo contributo umano e professionale al nuovo Prefetto e al progetto di riforma voluto dal Consiglio dei cardinali, da me approvato e regolarmente condiviso. Riforma ormai giunta al tratto conclusivo con l'imminente fusione dell'Osservatore Romano all'interno dell'unico sistema comunicativo della Santa Sede e l'accorpamento della Tipografia vaticana. La riforma della Chiesa non è anzitutto un problema di organigrammi quanto piuttosto l'acquisizione di uno spirito di servizio». Un messaggio del Papa che, confermando la sua fiducia nei confronti di monsignore Viganò, non lascia alcun dubbio: la riforma dei media andrà comunque avanti, se il tentativo era quello di bloccare la rivoluzione in corso, così non sarà.
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/si-dimette-vigan-portavoce-papa-censur-critiche-ratzinger-1507842.html

PS – Non mi occupo di monsignor Viganò.

Alcuni lettori vogliono da me un commento sulle dimissioni di Viganò,  che nella foga di compiacere El Chapo ha  sostanzialmnente falsificato una lettera – critica – di Ratzinger facendola apparire favorevole a El Chapo. Rispondo che  in genere non mi occupo di crimine organizzato, nemmeno quando il ganster, maldestro,  sbaglia mira e  si spara sull’alluce. Marco Tosatti, Socci e Sandro Magister dicono  meglio di me tutto quel che c’è da dire della farsesca  , ridicola e alquanto  delinquenziale vicenda.  Posto qui questo commento solo per notare come  l‘irresponsabilità  generale  e  la cecità che stanno mostrando i vertici europei, ha contagiato  il potere insediato in Vaticano.
Aggiungo che Radio Radicale ormai dedica ore di trasmissione a difesa di “Francisco” e di Viganò. Ovviamente, è la stessa Radio Radicale che ogni mattina legge religiosamente, sul Washington Post e New York Times, sul Wall Street Journal  e La Monde, e approvandole, le false informazioni diffuse dalle centrali della propaganda bellica che ha ordinato di dipingere Putin come il nuovo Hitler.
tratto da:
ROMANA VULNERATUS CURIA SU VIGANÒ, RICCARDI E LA POTENZA DI SANT’EGIDIO

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, l’intervista che il prof. Andrea Riccardi, fondatore di Sant’Egidio e ministro nel governo Monti ha rilasciato all’Espresso in tema di Chiesa italiana ed elezioni oltre che in Pezzo Grosso ha suscitato qualche emozione e reazione anche Romana Vulneratus Curia (RVC per brevità) che ce ne ha scritto, senza tralasciare un accenno allo scandalo Viganò che come sappiamo si è arricchito di nuovi affascinanti e gesuitici sviluppi. E Romana Vulneratus Curia, per la sua lunga e dolorosa frequentazione degli ambienti clericali in genere sa di che cosa parla…Ecco a voi la sua lettera.
“Scusi Tosatti, le dimissioni di mons. Viganò e la implicita vittoria contro gli Anti-Ratz mi fanno molto piacere, ma non mi soddisfano pienamente. Forse sono un giustizialista non misericordioso, ma i tempi sono caldi e stretti. C’è un’altra persona – gruppo di potere, che preoccupa molti osservatori cattolici e non, ben più di un dilettante come Viganò (le cui dimissioni, mi vien detto, faranno stappare champagne all’Osservatore Romano, Radio Vaticana e TV 2000) ed è Andrea Riccardi con la sua Sant’Egidio, su cui, mi vien detto, vi sono anche “attenzioni” da parte della nuova America di Trump. Questa nuova America è incuriosita dalla massa di risorse di cui dispone e dal potere che ha ed esercita sulle nunziature dei paesi africani, che sembrano piuttosto “influenzati” da Sant’Egidio & Co. Perché non si comincia, per esempio, a fare trasparenza? Perché non si pubblicano i loro bilanci certificati da external auditor, con il rigore di un Milone, per esempio? E’ passato inosservato quello che ha scritto questo signor “Pezzo Grosso” sul suo Stilum Curiae, la settimana scorsa? Per l’ex ministro del “provvidenziale” governo Monti, la sconfitta della nostra Chiesa è dovuta al risultato delle ultime elezioni dove trionfano 5Stelle e Lega. Le conseguenze di questa vittoria, per Riccardi, sono drammatiche per la Chiesa, perché, oltre alla fine del PD, non si farà lo jus soli, si fermerà l’afflusso di immigrati, risulterà più difficile l’integrazione europea (quella voluta dai radicalcomunisti Altiero Spinelli e Ernesto Rossi, non quella voluta dai leader cattolici quali De Gasperi, Adenauer, Schumann..). Ora la riflessione (fatta da “Pezzo Grosso” su Stilum Curiae ), non va lasciata cadere. Riccardi con la sua intervista citata, sull’Espresso, lamenta la sconfitta di una Chiesa che si occupa di immigrazione, jus soli e di Europa (dirigista), probabilmente a guida luterana. Non di una Chiesa che si occupa del Vangelo, di Dio Padre e Figlio, di Maria Intercedente e di evangelizzazione. Pertanto chiedo che il prof. Riccardi, oltre a pubblicare i bilanci, certificati da Milone, di Sant’Egidio, si ritiri con il suo mons. Paglia, al monastero di Bose. Così potrà sostituire Enzo Bianchi, fin troppo occupato a fare meditazioni sulla Quaresima nelle varie diocesi italiane, invitato dai nostri Vescovi (cattolici ?)”.
RVC

MARCO TOSATTI
http://www.marcotosatti.com/2018/03/22/romana-vulneratus-curia-su-vigano-riccardi-e-la-potenza-di-santegidio/