ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 28 gennaio 2011

Apericena con… Martini


 

Pubblicato ilgennaio 25, 2011 daSatiricus

INVITO DI CORTESIA
del PR Satiricus
Dall’eucaristia come sacrificio alla cena del signore? Io propongo di più, giusto giusto per essere al passo con la benedetta modernità: perché no a un apericena liturgico?
Finalmente pronti ad entrare in una nuova era dello Spirito, a cogliere i fiori della Primavera della Chiesa, ravvolti in una brezza conciliante, o quantomeno disposti a un rinfresco a soli 7 euro. E per chi è stufo dell’oscurantismo romano – eccezion fatta per l’affascinante Theologia Crucis di Lutero ed epigoni – serviamo istanti di gioia, happy hours di cristianità non meglio specificata.
L’appuntamento non è in Chiesa.
Primo perchè le vecchie chiese fredde e borghesi non servono più e illudono chi le frequenta di essere un vero fedele; secondo perché le chiese moderne in pannelli di prefabbricato, disponibili nelle tre versioni (modello fabbrica, modello mattatoio, modello arena), sono difficili da trovare (mimetizzate tra magazzini di periferia, imboscate in scantinati metropolitani, difese da accecanti pareti a specchio) o sono già state date in affitto (tecnicamente in ‘allocazione’) al culto di altre confessioni non cattoliche; terzo perché Dio non vuole che ci troviamo come Chiesa ma come uomini di buona volontà, e lasciatemi dire che non c’è miglior buona volontà di chi sia disposto a mettere in disparte il papa e i suoi amici per far parlare la spontaneità di quel pezzetto di ateismo che alberga dentro ciascuno di noi.
L’appuntamento non è in chiesa, ma sulle colonne di un buon giornale. Al posto del vino consacrando, avremo una bella tazza di caffè, e così saremo pronti per il nostro quartodora (poco meno di una messa feriale, tanto più che – Guardini e Bianchi insegnano – non è mica necessario celebrare quotidianamente. Al contrario!) di fraternità. Che giornale? Il Corsera o La Repubblica, ovviamente. Avanti massonia!
Menù del giorno:
inutilità dell’esempio dei santi e della potenza dei loro miracoli da vivi o da morti, in alternativa si servono esegesi dell’autocompiacimento e boutades semi-gallicane (chef: un esegeta o neo-teologo a caso)
ottusità dell’esercizio della tradizionale autorità, in alternativa proponiamo emancipazione acritica di giudei, donne, teologi atei animatori anarchici di comunità eversive fanta-religiose (chef: Franzoni)
nominalismo del dogma e irrisione del potere pontificio, in alternativa omaggiamo ante-papismo e contaminazione coi non-credenti (chef: Martini)
denuncia dell’invadenza vaticana e rimozione dei meriti anti-comunisti e anti-apostatici, in alternativa degusterete falsa umiltà di ideologi asservitori della fede al partito e vescovi pedofili in esercizio non mortificato della loro attrattiva locale (chef: porporato o prelato non meglio identificato, comunque non ultramontanista)
Si ringraziano, tra gli sponsor, il rappresentante del laboratorio culinario www.palazzoapostolico.com e il curatore della rubrica umoristica di ammortamento mentale www.paroledivita.myblog.it

giovedì 27 gennaio 2011

Memento memorare Veritatem (=memory day)

Il Giorno della Memoria (a senso unico)
di Alessio Mannino - 28/01/2011

Fonte: il ribelle



Un paradosso inaccettabile e sottovalutato, fino alla rimozione: quegli stessi Ebrei che hanno subito le persecuzioni naziste si ostinano ad accanirsi contro i Palestinesi

Circola in Rete un fotomontaggio che mostra l’ingresso del lager di Auschwitz con la scritta “Benvenuti in Palestina”. Il ricordo dell’orrore per il genocidio nazista degli ebrei, infatti, non può far passare sotto silenzio l’orrore per la tragedia attuale dei palestinesi, vittime dei figli e nipoti di quegli stessi ebrei perseguitati e sterminati sessant’anni fa (ma gli zingari, gli omosessuali, gli oppositori politici, i lavoratori forzati, morti a milioni sotto la svastica, non li ricordiamo mai?). 
Proprio perché discendenti di un’agghiacciante e mostruosa esecuzione razziale di massa, gli Israeliani si sono doppiamente macchiati di un terribile torto morale: aver oppresso, conculcato e affamato un intero popolo che aveva l’unica colpa di vivere nella biblica “Terra Promessa”, in realtà avamposto strategico per l’Occidente in un Medioriente ricco di petrolio. Ieri i criminali razzisti erano i tedeschi, oggi sono loro. È Israele, dal 1945 a oggi, lo Stato più razzista del mondo. Tanto che la destra di Netanyahu al potere vorrebbe imporre il riconoscimento di Israele come “Stato del popolo ebraico”, che implicherebbe limitazioni ai diritti della minoranza araba se non addirittura la sua espulsione. 
È un paese, la democrazia israeliana, che definire sciovinista e guerrafondaia è poco. Ha sistematicamente violato le delibere Onu che non gli aggradavano a cominciare dalla spartizione dei territori datata 1947, ha via via occupato nei decenni, scatenando conflitti su conflitti militari, le terre abitate dagli arabi fino a ridurle a tre aree grandi come francobolli (Gerusalemme Est, Cisgiordania, Striscia di Gaza), ha mantenuto la popolazione in uno stato di occupazione belligerante permanente, non facendosi scrupolo di massacrarla con vere e proprio operazioni di guerra (come la sanguinosa “Piombo fuso” di due anni fa) e ammassando  4 milioni di profughi strappati dalle loro case, ha impedito che si formasse un’economia capace di far sopravvivere dignitosamente i cittadini della Palestina chiudendoli in ghetti sottoposti ad embargo, come a Gaza. Da ultimo ha deciso di continuare l’espansione dei propri coloni in Cisgiordania facendo saltare anche l’ultimo accordo di pace, e ha favorito la feroce lotta intestina fra forze politiche palestinesi, con l’Anp di Abu Mazen da due anni illegittimamente al governo dopo la regolare vittoria alle elezioni dei fondamentalisti islamici di Hamas, non riconosciuta da Tel Aviv e dagli Americani perché, incorruttibili, non sono disposti a chinare la testa. 
Il peso di lutti, sofferenze e privazioni che gli Israeliani hanno inflitto al popolo palestinese grava come un macigno di dolore che oggi, in questo istante, in questo momento storico, nello stesso giorno di commemorazione degli ebrei finiti nelle camere a gas, schiaccia e inchioda sotto la sua tremenda responsabilità gli eredi della Shoah. Ricordare è un atto che serve alla coscienza dell’uomo pensante e libero, e noi certamente riconosciamo nei campi di concentramento hitleriani l’abnormità tutta moderna di una distruzione pianificata con metodi industriali; ma la memoria obbligata e celebrativa diventa un esercizio di insopportabile ipocrisia quando contemporaneamente viene dimenticata la schiavizzazione in atto di un intero popolo, che per giunta, con perfida ironia della storia, è seviziato da un altro che fu vittima di quella stessa, immane ingiustizia. 
Se poi, in modo ancora peggiore, il ricordo viene sciaguratamente sfruttato per giustificare ogni belluria commessa dallo Stato sionista, una siffatta memoria si degrada a indecente arma di ricatto politico. In pratica, se osi accusare gli ebrei pur avendo tutte le buone ragioni possibili, vieni automaticamente bollato come antisemita e zittito senza che ti portino uno straccio di contro-argomento. Davvero non fatichiamo a immaginarci le anime degli israeliti trucidati ad Auschwitz, a Mauthausen, a Treblinka e negli altri lager, guardare con triste ribrezzo le turpi azioni, degne dei nazisti, compiute in loro nome. 
PERCHÈ?

CI SI CHIEDE DI RICORDARCI DI IERI,
MA DI CHIUDERE GLI OCCHI SUL PRESENTE :
qualcosa non quadra, non tornano i conti.
Noi gli occhi non li chiudiamo,

noi non dimenticheremo:
ABBIAMO BUONA MEMORIA.
Il nostro sito e la nostra rete-web non celebrano la Giornata della Memoria. È nel nostro diritto farlo.
A meno che il rabbinato internazionale e le comunità ebraiche non riconoscano l'olocausto compiuto da oltre 60 anni a questa parte ai danni della popolazione araba di Palestina, cristiana e musulmana, che ha avuto come culmine il recente massacro di Gaza e che continua, quotidianamente, a Gaza come in Cisgiordania, in un lento, inarrestabile stillicidio.
Non si puo celebrare solo e sempre "una" memoria.
 O si è sensibili a tutte le disgrazie umane, o ci si considera l'unica rappresentanza umana per cui doversi dispiacere, mentre tutti gli altri sono solo "animali parlanti", poco più che bestie, come celebra il Talmud, e quindi indegni.
 Senza voler ferire la suscettibilità altrui per le sofferenze patite, ma o si celebrano le memorie delle sofferenze di tutti gli esseri umani, a partire da quelle più recenti e fresche di Gaza, oppure non intendiamo renderci complici di quella che è solo una campagna di propaganda, per ingrassare quella che anche l'ebreo Norman Finkelstein definisce "la fabbrica dell'olocausto".
 Non si può avere la memoria così corta da non vedere quel che succede sotto i nostri occhi adesso, pretendendo di imporci il monopolio di un'unica memoria. Memoria sulla quale oltretutto non è concesso investigare sulle dinamiche, nè è permessa a storici di professione la ricerca.
Memoria che viene imposta a senso unico e incontestabile. Strana memoria.
La comunità israelita, che sostiene ed è complice, apertamente o con il suo silenzioso assenso, dello Stato ebraico-sionista e ne approva l'operato genocida nei confronti della popolazione araba di Terra Santa, non può chiederci di chiudere gli occhi sui crimini compiuti dai suoi leader e nello stesso tempo volerci solidali con le proprie passate traversie: traversie grazie alle quali l'entità coloniale insediatasi in Palestina, Israele, si ingrassa sempre più, giustificando e coprendo così ogni suo crimine.
 Questa ostinata insensibilità verso i fratelli arabi di Terra Santa, espropriati e massacrati da decenni nella propria terra, non gioca a favore dei così definiti impropriamente "fratelli maggiori", ma anzi accresce nel mondo l'ostilità nei loro confronti.
Il loro motto preferito è "occhio per occhio, dente per dente": non si aspettino comportamento diverso nei loro confronti da chi non ha ancora svenduto all'ammasso la propria lucidità.
Se il rabbianto internazionale non riconoscerà le sofferenze ed i crimini commessi oggi ai danni della Palestina e del suo popolo, noi e tutti gli uomini ancora intellettualmente liberi non potremo onestamente riconoscere la loro memoria.
 Pochi sanno che il 14 di maggio, giorno in cui in Palestina si ricorda la Nakba, la catastrofe (significato simile a quello della shoà), quando la popolazione araba fu cacciata dai suoi villaggi, massacrata, deportata, è una giornata di commemorazione vietata per legge dallo Stato giudeocratico.
In quel giorno le frontiere ed i check-point vengono chiusi (è capitato anche a noi di ritrovarci blindati a Jenin l'anno scorso in quell'occasione) e sono vietate tutte le commemorazioni. E' vietato alla popolazione autoctona di Terra Santa, in quel giorno di maggio, ricordare i propri cari e le proprie sofferenze, fare visita a parenti, cimiteri, memoriali. Una giornata di lutto e di memoria vietata.
E si ha la faccia tosta di imporre una "giornata della memoria", mentre la si nega agli altri...
In quanto gli arabi sono sicuramente di ceppo semita, questa negazione della loro memoria è da ritenersi quale vero ed inconfutabile atto di antisemitismo.

"Guai a voi scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all'esterno sono belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume...Serpenti, razza di vipere, come potrete scampare dalla condanna della Geenna?" (Mt. 23, 13-36)


martedì 25 gennaio 2011

Come commentano gli ecumen/modernisti?

   
Cristo è mediatore di una migliore alleanza.

Dalla lettera agli Ebrei (Eb 8, 6-13)
Fratelli, [Gesù, nostro sommo sacerdote,] ha avuto un ministero tanto più eccellente quanto migliore è l’alleanza di cui è mediatore, perché è fondata su migliori promesse. Se la prima alleanza infatti fosse stata perfetta, non sarebbe stato il caso di stabilirne un’altra.
Dio infatti, biasimando il suo popolo, dice:
«Ecco: vengono giorni, dice il Signore,
quando io concluderò un’alleanza nuova
con la casa d’Israele e con la casa di Giuda.
Non sarà come l’alleanza che feci con i loro padri,
nel giorno in cui li presi per mano
per farli uscire dalla terra d’Egitto;
poiché essi non rimasero fedeli alla mia alleanza,
anch’io non ebbi più cura di loro, dice il Signore.
E questa è l’alleanza che io stipulerò con la casa d’Israele
dopo quei giorni, dice il Signore:
porrò le mie leggi nella loro mente
e le imprimerò nei loro cuori;
sarò il loro Dio
ed essi saranno il mio popolo.
Né alcuno avrà più da istruire il suo concittadino,
né alcuno il proprio fratello, dicendo:
“Conosci il Signore!”.
Tutti infatti mi conosceranno,
dal più piccolo al più grande di loro.
Perché io perdonerò le loro iniquità
e non mi ricorderò più dei loro peccati».
Dicendo alleanza nuova, Dio ha dichiarato antica la prima: ma, ciò che diventa antico e invecchia, è prossimo a scomparire.
 

domenica 23 gennaio 2011

Altri " deliramenti " di Mons. Gianfranco Ravasi.




1° IL LIBRO DEI SALMI
Al versetto 10 del Salmo 16:«Né lascerai che il tuo fedeleveda la fossa», Ravasi nonsolo lo traduce diversamentedalla traduzione greca e latinache dice: «non abbandonerailʼanima mia negli inferi, né lasceraiche il suo santo vedala corruzione», Ravasi, poi,non parla neppure della risurrezionedi Gesù.Anche della interpretazione“autentica” del Salmo 15, fattada San Pietro e da SanPaolo (Atti 2 e 13), egli diceche è solo una “rilettura” fattadalla prima comunità. Ma questodice quale abisso separi la“nuova esegesi” razionalista dallʼesegesi veramentecattolica!2° “SANTO”, “SACRO”E “PROFANO”“Il racconto del cielo” (Mondadori,1995) è un libro del modernistaMons. Gianfranco Ravasi.Nellʼintenzione dellʼAutore,questo libro sarebbe unaguida per poter leggere e comprendereil Vecchio Testamento,dopo una lacuna che avrebbeimpedito, in questi ultimi duemillenni, di leggere e comprendereil Vecchio e il Nuovo Testamento.Considero, qui, qualche passodi questa “guide bleue”, comela chiama Ravasi, che appartienealle tante eresie diffuse daquesto prete modernista.A pag. 138, e ss. egli fa una disquisizione sui significatidi “santo” e di “sacro”, tipica dei movimenti e sac. dott. Luigi Villa
delle ideologie integraliste, isola e rigetta il “profano”,ma confondendo il significato di “santo” conquello di “sacro”, perché la radice verbale “qadosh”(ebraica) significa, inprima istanza, “separare”,porre una frontiera tra lʼareadel tempio-palazzo reale equella profana. Ma Ravasidoveva sapere che ai tempidi quella radice verbale “qadosh”,Israele non avevané un tempio né un palazzoreale, perché impedito adaverli dalla stessa prescrizionedivina.Perciò, lʼesegesi di Ravasiè solo un assieme di deduzionisuperficiali, fondatedalla scuola ateo-razionalista.Inoltre, Ravasidoveva sapere che non puòesistere una realtà mondanae unʼaltra profana, cheguardano la realtà dellʼuniversosenza rivolgersi a Dio,e quindi contrapponendolealla realtà delle cose divine.Comunque, Ravasi dovevasapere che quel suo concepire il “santo” e il “sacro”è unʼeresia manichea e gnostica, che, purtroppo,circola anche nelle facoltà teologiche, sullascia dei Martini e dei Ravasi.3° I VANGELI:STORICAMENTE NON ATTENDIBILIMons. Gianfranco Ravasi, su “Famiglia Cristiana”del 1° novembre 1989, scrisse un articolo: “Processoa Gesù: assurda la tesi antisemita”.Per lui, «lʼunica documentazione diretta disponibile èquella dei Vangeli. Quindi, per Ravasi, irrefutabile testimonianza,per la responsabilità dei Giudei nellacrocifissione di Gesù Cristo, di San Pietro e di SanPaolo (cfr. Atti degli Apostoli; per San Pietro cc. 1-12; per S. Paolo cc. 13 ss), e unica documentazionedisponibile, è solo quella dei Vangeli. Ma anche quelladei Vangeli, però, sarebbe attendibile fino a un certopunto. Difatti, Ravasi sentenzia: «Documentazioneche, storicamente parlando, non è ineccepibile,essendo di parte e con finalità più teologicheche rigorosamente storiografiche».Quindi, per Ravasi quel che conta non è il fatto storico,ma solo il sentimento che suscita in noi.Lʼinattendibilità storica dei Vangeli, perciò, deriverebbedal principio ermeneutico: «Bisogna tener bendistinti due ambiti: quello dei fatti storici e quellodel loro significato teologico». Quindi, il processodi Gesù a livello storico-giuridiconon poteva essere ladivinità in sè del Cristo,quanto piuttosto, il suo arrogarsi,in parole ed atti, la divinità».Perciò, per riconoscere la divinitàdel Cristo, occorre un“salto nella fede” che “vaoltre le prove, pur significative,dei miracoli e delpersonaggio straordinariodel Cristo”. In questi terminidel modernista Ravasi,“storicamente parlando, lacondanna a morte, Gesùse lʼè voluta Lui”.Infatti, Ravasi scrive: «Sitrattava di un comportamento(lʼarrogarsi la divinità)passibile di giudiziosecondo il Diritto Ebraico,perché configurava il reatodi bestemmia punibilecon la pena di morte». Difatti,Caifa, il Presidente del Sinedrio, scatta: “Ha bestemmiato!”.Per questo, Gesù, la condanna a mortese lʼè voluta Lui! Quindi: «resta illegittima e assurdala tesi antisemita per la quale gli Ebrei diieri e di oggi sono “in solido” responsabili diquella operazione giudiziaria».Ma questa sentenza di Ravasi è manifestamente erronea,contro le Sacre Scritture del Nuovo Testamento,per il quale è una verità di Fede divina e cattolica,affermata dalla Tradizione e dal Magistero dellaChiesa di sempre. Ma, per Ravasi, il “riconoscerela divinità” è solo compito della fede. È un parlaremodernista dei moderni esegeti, per i quali anche larisurrezione di Cristo esula dal campo storico, perché“è spettanza di un altro livello, quello della fede”,come per Ravasi anche le “Apparizioni di GesùSalvatore” risorto non furono reali (cfr. “FamigliaCristiana”, 18 aprile 1998, p. 80 ss).Quello che ci meraviglia è che questo “divo” modernistapropagatore di “eresie”, sia stato nominatomembro della Pontificia Commissione Biblica e, oggi,sia persino Cardinale. Questo mi fa ricordare che leApparizioni di Fatima iniziarono con un Angelo che“inginocchiatosi a terra, curvò la fronte al suolo”, ripetendo:“Mio Dio, credo, adoro, spero e Ti amo; Tichiedo perdono per coloro che non credono, nonadorano, non sperano e non Ti amano”!4° LAZZARO, MORTO MA NON RISORTOSu “Famiglia Cristiana” n. 30/1994, due lettori,scandalizzati dal gesuita Brendan Byrne, che affermavache la risurrezione di Lazzaro è una “gonfiatura”teologica della primitiva comunità cristiana, il solitoMons. Gianfranco Ravasi, il “teologo” di “FamigliaCristiana”, risponde: «Certo, il libro del Byrnenon è adatto a chi muove i primi passi nellaBibbia o a chi ha scelto la “via fondamentalistaper cui vale solo la lettura del testo così comesuona”». Poi, spiega due punti fondamentali dellalettura critica dei Vangeli. Dice: «Innanzitutto, nonci si stancherà di ripetere che i Vangeli non sonolibri di storia accademica né biografie storiografiche». E continua: «Le parole e gli atti di Gesù sonoilluminati, trasfigurati, elaborati per finalitàche non sono storiografiche, ma di fede».Perciò, Ravasi dice: «Sono da evitare due estremi:1) credere che Gesù risuscitò Lazzaro da morte,nel modo e nei particolari descritti da Giovanni;2) che lʼintera storia è una pura invenzionedellʼevangelista».E conclude: «È qui che appare la diversa concezione:per noi, il miracolo è prevalentemente unprodigio; per lʼuomo della Bibbia è un “segno”.Ed è proprio così che Giovanni chiama i sette miracolidi Gesù da lui selezionati nel suo Vangelo.Se sono “segni”, è naturale che essi rimandanoad altro, ed è questo altro ciò che interessaallʼevangelista non tanto il fatto in sè».Così, Lazzaro, risuscitato dopo quattro giorni, quando“jam fetet”, può anche essere semplicemente un“moribondo” guarito.È lo stesso Ravasi che lo dice: «Sulla base diquanto detto, ci chiediamo qual è lʼevento e qualela sua funzione di “segno”ʼ. Lʼevento (storico) èdifficile da definire, per indicare lʼirreversibilitàdella sua situazione. Chiara è, invece, la finalitàdel “segno”: celebrare Cristo come efficace sorgentedi “risurrezione e vita”, alla luce appuntodella sua Pasqua».Di sicuro, quindi, nella “vicenda” di Lazzaro cʼè soloil segno spirituale, inteso dallʼevangelista o dallacomunità primitiva.A Ravasi, quindi, “ciò che interessa allʼevangelistaè non tanto il fatto in sè” ma, nel caso di Lazzaro,la guarigione insperata, ma naturale, di un moribondo,descritto, però, “come già morto e sepolto”.Ma, per noi, per la risurrezione di Lazzaro, morto daquattro giorni e in via di decomposizione, non si possonoinventare soluzioni psicologiche, ma, o si ammettela potenza divina di Cristo, o si nega la risurrezionedi Lazzaro.Sono semplicemente “castelli in aria” questospropositare di Ravasi, che non meriterebbe alcunaattenzione. Ma purtroppo non cʼé più alcuno che,che in alto, intervenga non solo a smentire questimodernisti della “Nuova Pontificia CommissioneBiblica”, né tanto meno per condannare siffattimembri, tipo Martini e Ravasi!
sac. dott. Luigi Villa