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lunedì 18 dicembre 2017

Un cavallo di Troia


Samir: moschea sul terreno della Chiesa? Una follia


Un cavallo di Troia. E’ la costruzione della moschea di Sesto fiorentino su terreni ceduti dalla diocesi di Firenze all’Ucoii. Ne è convinto padre Samir Kahlil Samir, gesuita e islamologo di fama internazionale che non ha mai taciuto sul rischio di islamizzazione dell’Occidente. Secondo Samir, in questa intervista alla Nuova BQ, la decisione del vescovo di Firenze, mons. Giuseppe Betori, è provocata da un irenismo in buona fede, ma miope. La prima conseguenza infatti sarà che le associazioni islamiche andranno alla ricerca di altri terreni in altre diocesi per quella che diventerà un’operazione di conquista su larga scala. Una conquista islamica di cui non ci si vuole accorgere e che lui si incarica di denunciare nella scomoda parte di Cassandra.

Padre Samir, è così? Un cavallo di Troia?
Ma certamente. Un intento apparentemente buono, ma un esito pericoloso.
E’ già successo?
Ho visto vescovi concedere chiese non più utilizzate al culto diventare moschee. Ma con questa sistematicità, programmata e concordata no. Effettivamente è la prima volta.
Perché è pericoloso secondo lei?
Anzitutto perché è vero che dobbiamo andare d’accordo, ma non sappiamo e non sapremo mai chi finanzia queste costruzioni. E’ risaputo che centinaia di moschee tra le più grandi d’Europa sono finanziate dall’Arabia Saudita o da qualche altro stato. Non è che una comunità animata da fede sincera improvvisamente trova a suon di offerte i 240mila euro necessari per l’acquisto del terreno. Anche perché poi bisognerà trovarne molti di più per la costruzione del tempio. Ora, sappiamo tutti che l’Arabia Saudita difende la visione più fanatica e retrograda del mondo musulmano, che incita altri ad atti terroristici oppure atti contro i non-musulmani considerati come kuffār, empi, e dunque degni di essere eliminati, secondo il Corano.
E’ stato giustificato dal vescovo come un esempio di libertà religiosa…
I musulmani sono assorbiti tutto il giorno dall’appello alla preghiera. Ho letto che di fronte verrà eretta una chiesa. Ma come sarà possibile andare d’accordo con il muezzin che dal minareto proclamerà ogni giorno frasi che spesso sono anticristiane?
Si dirà: ma noi abbiamo le campane…
Sì ma le campane fanno parte dell’esistenza stessa italiana e poi sono soltanto un richiamo, non contengono il messaggio. L’imam dal minareto invece emette un messaggio, un messaggio in arabo spesso anticristiano che risuonerà nella zona: sarà l’unica voce del credente in Dio, come se gli altri non ci fossero.
Crede che sia un elemento del processo di islamizzazione dell’Occidente?
Assolutamente sì. Vede, l’islam è così, ha deciso di diffondersi lentamente, ma su una cosa è risoluto: non può mai fare passi indietro. Non è mai successo. L’Europa in questo momento sta pensando: sì dobbiamo aiutare, aiutare ad integrarsi nella cultura nella loro tradizione, ma non a diventare cristiani, cosa che non succede mai.
Quali saranno le conseguenze immediate di una cessione di un terreno in mano islamica.
Anzitutto che per loro questo resterà definitivamente territorio dell’islam e apparirà ai loro occhi simbolicamente coma la vittoria dell’islam sul cristianesimo perché la concezione materiale e concreta è quella. E’ un atto di una valenza simbolica e una portata enormi.
Sì, ma i musulmani non sono animati tutti da desiderio di conquista.
Questo è vero, la maggior parte degli islamici è pacifica e tranquilla, vuole vivere correttamente, ma tra di loro ci sono organizzazioni che seguono l’islam fanatico e hanno scopi politico-religiosi che, come è noto, sono due facce inscindibili, non conoscendo l’islam il concetto di laicità. Utilizzeranno il caso di Sesto Fiorentino per dire: ecco adesso facciamo un passo in più.
Cioè?
Farlo con altre diocesi e altre parrocchie. Il copione è questo, si rivolgeranno al prossimo vescovo e diranno: voi avete una chiesa che non usate più, che nessuno frequenta più oppure un terreno che dovete mettere a reddito e il gioco è fatto. Tutto questo rischia di allargarsi in tutto il Paese, sempre lentamente, senza accorgersene. Questa è una logica di conquista politica immersa nell’elemento religioso.
Come dovrebbero essere allora i rapporti?
Creare legami fraterni tra musulmani e cristiani, ma senza coinvolgere chiese e moschee, senza invitare loro a messa o viceversa. Una partita a calcetto può essere molto più proficua per stabilire rapporti di buon vicinato. Ma è chiaro che il problema è un altro.
Quale?
Il fatto che questo venga spacciato per libertà religiosa. La libertà religiosa in Italia e in Europa c’è già, è garantita, nessuno impedisce all’Ucoii di comprare un terreno. Ma non è libertà religiosa che un vescovo non sappia che cosa sia l’islam.
Ma le intenzioni…
I buoni sentimenti non hanno esperienza del mondo islamico. Questa è una lacuna terribile del clero occidentale, che non si informa seriamente. Questa cosa andava decisa e discussa insieme a tutti gli altri vescovi.
Ma così forse qualcuno si sarebbe messo di mezzo.
Appunto. Una situazione nuova per la comunità cristiana, cioè fare business con un terreno ceduto ai musulmani, doveva essere analizzata da un organismo più allargato, non da un solo vescovo che potrà aver deciso pensando soltanto a casa sua, invece…E’ ovvio che il vescovo l’ha fatto come un gesto fraterno, ma una decisione così importante avrebbe dovuto, secondo me, essere presa insieme a tutto il vescovado italiano e con l’aiuto di alcuni ex-musulmani, cioè di persone che conoscono bene la mentalità musulmana, molto diversa sul piano religioso della mentalità italiana.
Perché dice che "fa business"?
Perché vendere un terreno senza sapere chi finanzierà la moschea vuol dire fare business. Negli anni scorsi i committenti erano noti, spesso c’erano Paesi come la Tunisia e il Marocco che finanziavano i luoghi di culto per i loro concittadini in Europa. Oggi è tutto coperto, grazie alla finanza. L’Arabia ha costruito centinaia di moschee in Indonesia che è il Paese a più alta concentrazione islamica con 220 milioni di musulmani. Era un Paese tranquillo e politicamente moderato, ma dopo la grande stagione delle moschee arabe è diventato un Paese in cui l’anticristianesimo è sempre più una minaccia, fino al martirio.
Che cosa pensa della decisione del comune di Cordoba in Spagna di utilizzare la cattedrale anche per il culto islamico?
Ero il mese scorso là, ho seguito la vicenda. Tutto è nato parecchi anni fa da uno spagnolo convertito all’islam. Faccio notare che prima, nel Medioevo c’era una chiesa cristiana, poi è arrivato l’islam, che l’ha distrutta e vi ha costruito il suo tempio. Successivamente con la Reconquista sono tornati i cristiani, ma non hanno distrutto niente; abbiamo celebrato la messa con tre vescovi dal 24 al 26 novembre scorso dentro la moschea rimasta tale quale. Riassumendo: i musulmani arrivano, distruggono e ricostruiscono, mentre i cristiani tornano ma non distruggono, bensì costruiscono dentro: questo è il vero dialogo.
E’ una concreta minaccia quella del doppio culto? 
Al momento sembra che si sia fermato, ma gli islamici sono spalleggiati da un governo di sinistra e anticattolico che amministra la città.
Anche questa è la mentalità di conquista che aveva visto San Giovanni Paolo II con la visione dell’invasione islamica?
Certo, questo esiste, non posso dire che ogni musulmano abbia questa mentalità, ma l’islam non manca occasione per dire che deve conquistare il mondo cominciando dall’Europa: non è il pensiero di tutti i musulmani, ma è il pensiero della tendenza attuale più attiva. Non fanno altro che guerre, anche interne, il loro ragionamento è: più ci sono immigrati profughi, più conquistiamo pezzo per pezzo, ci vorrà un secolo, ma ce la faremo. E’ un’invasione programmata, non illudiamoci.
Crede che i vescovi debbano fare di più per opporsi?
Questa fretta nell’accoglienza è bella, ma dove può portare? Quanti dei vescovi sono consapevoli che, come negli affari, se tratto con una persona non onesta sono rovinato? Quello che manca è una conoscenza profonda del progetto islamico. Bisogna formarsi per poter parlare con competenza e analizzare tutti gli aspetti prima di prendere decisioni come quella di Firenze. Non si può continuare a dire di essere informati perché si ascoltano le menzogne degli Imam che continuano a dire che islam vuol dire pace. No, salam vuol dire pace, islam vuol dire sottomissione. La sottomissione ad Allah che dà pace. 
Lei ha dei consigli?
Dobbiamo appoggiarci ai musulmani diventati cristiani, perché loro parlano per esperienza. Se si sono convertiti non è perché li abbiamo pagati, ma perché hanno capito che il vero messaggio di Dio è questo. Non si prende abbastanza sul serio il pensiero di questi nuovi cristiani. Ho visto che avete pubblicato Suad Sbai, avete fatto bene. E’ una persona splendida che si sta battendo. Oggi le loro storie sono drammi veri che vanno accolti e ascoltati.
Che cosa devono subire?
Rischiano la pelle con le famiglie di origine, con i mariti, con le comunità. Sono abbandonati a loro stessi perché nessun vescovo ha pensato di ideare programmi pastorali che prevedano anche loro testimonianze. Farebbe bene a loro a sentirsi accettati, ma farebbe bene a tutte le comunità cristiane, vescovi in primis per capire l’islam.
Sta dicendo che non sono ascoltati?
Peggio, vengono ostracizzati. In Francia è nata, tre anni fa, un’associazione chiamata “Gesù è il Messia”, composta da vecchi cristiani e di convertiti dall’islam al cristianesimo. Ebbene: abbiamo chiesto in varie diocesi di poterci riunire con loro in convegno per riflettere su “come annunciare il Vangelo ai musulmani”. Più vescovi hanno chiuso a noi le porte, con l’argomento “Noi cristiani non facciamo proselitismo”. Abbiamo ribadito : “Il Vangelo di Matteo si conclude con queste parole di Gesù: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo,  insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt 28, 19-20).
Dove porterà questa mentalità così arrendevole?
Sarà l’inizio della fine se non si invertirà la rotta.
Andrea Zambrano

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